Montecastello 20-25 ottobre 1970 giorni di ritiro spirituale
La prima difficoltà della preghiera coincide con quella di fare la volontà di Dio e non la nostra. Gesù supera la paura, la ripugnanza, la tristezza della difficoltà di compiere la volontà del Padre con la drammatica preghiera: “Abbà, Padre! Tutto ti é possibile; allontana da me questo calice; però non quello che io voglio ma quello che vuoi tu” (cf Mc 33,36)
Le difficoltà della preghiera
Per valutare l’importanza e percepire la validità della preghiera, é indispensabile farne una certa esperienza. Mettiti a pregare e vedrai se vale la pensa di pregare, oggi. E’ sostanzialmente la risposta di un libro recente che ha avuto una certa ripercussione nel mondo. Come per arrivare a gustare la poesia é indispensabile non solo conoscere la grammatica, la sintassi, il vocabolario, come per la musica é indispensabile non solo conoscere le note e gli elementi che entrano nella composizione di un brano musicale, come occorre immergersi in queste espressioni dell’arte umana, così occorre pregare fino a fare una vera esperienza di preghiera per rispondere agli interrogativi e alle diffidenze su di essa.
Altri, sono del parere che bisogna pregare con spontaneità, quindi, che é il caso di pregare quando viene naturale il farlo, che non é il caso di pregare quando non si sperimenta nessuna attrattiva verso la preghiera. La risposta abbastanza popolare la conoscete tutti: per le persone che soffrono di inappetenza il miglior modo per superarla é quello di abituarsi a mangiare; quanto più si astenessero dal mangiare, tanto più aumenterebbe l’astinenza.
La difficoltà di fare la volontà di Dio
La prima vera difficoltà della preghiera coincide con quella di fare la volontà di Dio e non la nostra. In questi giorni abbiamo capito che pregare non é tanto il nostro andare a Dio per domandare a Dio quello che importa a noi, ma é incontrarci con Dio che viene a noi con un suo piano, con un suo disegno, con una sua volontà da proporre a noi. Gesù ha fatto l’esperienza di far coincidere la sua preghiera con la volontà del Padre in un modo del tutto singolare, in un dramma unico nella storia dell’umanità. Gesù supera la paura, la ripugnanza, la tristezza della difficoltà di compiere la volontà del Padre con la preghiera “Abbà, Padre, tutto ti é possibile, allontana da me questo calice però non quello che io voglio, ma quello che vuoi tu” (Mr 33,36).
La preghiera presenta le stesse difficoltà della conversione. “Anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, noi pure interiormente gemiamo nell’attesa dell’adozione, del riscatto del nostro corpo” (Rm 8,23);
La preghiera esige la disposizione di seguire Gesù. ” Se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce” (Mt 16,24); La preghiera matura la nostra disponibilità all’abbandono. E’ la meta della conversione. Ecco l’ancella del Signore, avvenga a me secondo la sua parola” (Lc 1,38) anche se in bocca alla Madonna ha un altro significato.
La paura di pregare
In certi casi la difficoltà di pregare equivale alla paura di pregare: si teme che diventino chiare e urgenti le esigenze dell’amore di Dio, si ha paura di dover arrivare alla resa di fronte a Dio, conseguentemente si ha paura di dover abbandonare ciò a cui siamo legati. Si ha il timore di arrivare ad una scelta espressa molto chiaramente da nostro Signore Gesù Cristo: “Se qualcuno ama i campi, la casa, la moglie, i figli più di me non é degno di me”. Sono espressioni paradossali che ci mettono dinnanzi all’insondabile volontà di Dio che esige, che siamo totalmente i suoi figli.
La difficoltà della situazione dell’uomo di oggi
C’é la difficoltà e ognuno di noi può averne una certa esperienza, della situazione in cui viviamo. Si é sempre detto che l’uomo é naturaliter christianus. Noi a riguardo della preghiera potremmo dire: l’uomo é naturaliter religiosus, ma é problematico affermarlo oggi. Invece l’uomo concreto, l’uomo dell’esistenza quotidiana può diventare religioso a condizione di emergere da tutti i condizionamenti da cui é sommerso.
La preghiera rimane sempre, da parte nostra, una decisione, un impegno ed uno sforzo. Si tratta di andare -come si dice- controcorrente e soprattutto di andare contro una corrente che si fa sempre più travolgente. L’uomo moderno ha difficoltà particolari. Vorrei dire cose molto semplici, possibilmente anche chiare. L’uomo di oggi ha sviluppato quasi unilateralmente le sue facoltà. In lui ha il primato la ragione sempre più imponentemente sottomessa al rigore della scienza e, al tutto calcolato della tecnica. La realtà, tutto ciò che l’uomo é, e tutto ciò che lo circonda, sta davanti a lui come oggetto senza orizzonte e non come segno che evoca un di più che sorpassi l’orizzonte raggiunto dagli strumenti di misura e di calcolo.
Nell’uomo di oggi, molto più che già in passato, nella nostra cultura occidentale: intuizione, immaginazione, fantasia, sensibilità, sentimenti non entrano nel calcolo. Di fatti non rendono, non producono, non concorrono all’incremento della produzione. Però anche l’uomo moderno si é dovuto costruire un al-di-là. Il marxista ha dinanzi a se l’avvenire della classe, il trionfo del proletariato. Il capitalista si apre al “sempre-di-più”, che le possibilità scientifico-tecniche gli fanno intravedere: quando si andrà sulla luna, quando ci sarà più progresso, quando ci saranno maggiori profitti.
Di fronte a questa situazione noi cristiani siamo nell’atteggiamento di chi si trova in uno stato di inferiorità e per farci accettare magnifichiamo anche il progresso, la scienza, la tecnica, ci gettiamo a sinistra, o a destra, eccetera, per dire che anche noi si vale, che anche noi realizziamo come loro. Si capisce che: se l’al-di-là é questo sempre-di-più, l’uomo é completamente alienato da se stesso, è deviato dalla possibilità di incontrare Dio. Perché l’uomo moderno possa arrivare a percepire il bisogno della preghiera deve essere umanizzato.
Conoscete la polemica particolarmente viva nei paesi dove tutto é stato concepito in funzione dello sviluppo della tecnica e, tutto ciò che riguarda la cultura nel senso autentico del termine é stato relegato nel campo delle ideologie. Questa problematica e questa ribellione da parte di scrittori, in particolare di oltre cortina, si può pensare che nascano dal bisogno di integrare l’uomo non nel sistema, ma nella natura. L’uomo ha bisogno di essere umanizzato nel senso dello sviluppo armonico della molteplicità di tutte le sue facoltà.
L’uomo é uomo non semplicemente per la sua intelligenza, per la sua capacità produttiva. Lo é meno di tutto – uomo o donna – per questa sua capacità. Noi siamo creature concepite da Dio in un progetto veramente cosmico. Il corpo, i sentimenti, i sensi, la sensibilità, la fantasia, la creatività, la memoria, l’immaginazione ci mettono in comunione con tutti gli elementi del creato perché siano sviluppati tanto quanto l’intelligenza, così da formare un tutto armonico, equilibrato, sintonizzato alla grandezza, alla potenza, alla bellezza, all’armonia, alla gioia, al canto o al pianto di tutte le creature.
Soltanto questa é la via per una vera umanizzazione. Solo così corrispondiamo al progetto di Dio e siamo noi stessi. Ancora una volta ripeto: in questo sviluppo armonico, che ci fa comunicare con tutto l’universo e con tutto il mondo, siamo nella condizione di diventare voce di ogni creatura, cioè, preghiera.
Dobbiamo quindi svilupparci armonicamente per essere noi stessi, altrimenti siamo degli scompensati e non soltanto nella sfera psichica ma in tutto il nostro essere, quindi non soltanto nei nostri rapporti con le persone e con le cose, ma soprattutto nella possibilità dei nostri rapporti con Dio.
Tutte le facoltà dell’uomo, armonicamente sviluppate, devono poi essere unificate ed emergere dall’io profondo e libero. Ognuno deve essere padrone delle sue facoltà. Chi é padrone, oggi, dei suoi nervi, dalla sua fantasia, dei suoi sentimenti? Chi può, quindi, porre tutto se stesso in atteggiamento di ascolto?
Tutte le facoltà sono dei mezzi con cui umanizzare e sviluppare il suo “io”, la sua personalità, sono dei mezzi coi quali può comunicare con gli altri e con il mondo, sono dei mezzi con cui può accogliere tutto ciò che lo circonda e tutti quelli che lo circondano perché entrino nella sua vita per un arricchimento vicendevole e per fare della vita una comunione. Se queste facoltà non sono armonicamente sviluppate, armonicamente unificate l’uomo non é uomo.
L’uomo educato in questo senso ha la possibilità di essere tutto se stesso e di essere presente e impegnato nella realtà con tutto se stesso. Noi raramente ci sentiamo di essere totalmente noi stessi, nel senso di avere maturato tutto quello che c’é di possibilità in noi, e ancora più raramente ci applichiamo totalmente a quello che facciamo per interiorizzarlo.
La realtà percepita nella sua ricca varietà e armonica unità da tutte le facoltà dell’uomo, ritornerà ad essere “segno” e non soltanto “oggetto”.
La realtà percepita come “segno” porta ad un “al-di-là”, che stabilisce i suoi confini all’infinito, fino ad essere segno di Dio, e quando arriva la luce della fede si entra nella pienezza della realtà che é il mistero del Dio nascosto e presente. “Fin dalla creazione del mondo le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere compiute” (Rm 1,20). Perciò san Paolo rimprovera i romani e li dice inescusabili perché, avendo visto ciò che Dio ha fatto, non sono saliti fino a Lui creatore.
E’ una affermazione che ha valore ontologico, ma é contraddetta dalla realtà esistenziale, ma cozza contro l’uomo in ogni caso disumanizzato e immerso nel peccato. In questa situazione e per arrivare al Dio della rivelazione, valgono le parole di san Giovanni ” Dio, non lo ha mai visto nessuno (e lo dice al principio del suo vangelo 1,18), il Figlio unigenito che é nel seno del Padre, Lui ce lo ha rivelato”.
Noi conosciamo Dio e possiamo metterci in rapporto con lui nella preghiera solo per la grazia della rivelazione della fede. Ed é un dono che va chiesto nella preghiera. Anche l’uomo moderno, dopo che in un certo qual senso sarà stato rieducato, avrà bisogno di sperimentare con un impegno di preghiera se vale la pena di pregare.
Ci sono i surrogati della preghiera personale. Vedi Von Balthasar pag. 191 ss
Ricordiamo: – attenzione – concentrazione – desiderio – motivazioni consapevolezza – meditazione (flusso continuo di pensiero su Dio che mi salva) – tempo – Rimuovere gli ostacoli (1Cr 2,10) – Educarci alla contemplazione
La preghiera non é una ricerca intellettuale, é dono, è Dio che si comunica questa comunicazione é dono dello Spirito Santo
OM 333 Preghiera 70
MN 476 manoscritto