EXCELLENTISSIMO – PRAESULI
CARLO FERRARI
QVEM – CHRISTUS IN – TERRIS – DVLCIS
AD – ECCLESIAM – MONOPOLITANAM
DOCENDAM- REGENDAM – SANCTIFICANDAM
MAGISTRVM – PRAECLARVM
PASTOREM – EGREGIVM
PONTIFICEM – MAGNVM
NON – IGNARO- MISIT – NVMINE
SOLLEMNI -APPROPINQVANTI – RITV
PRIMVMQVE – PERAGENTI – INGRESSVM
CLERVS – VNIVERSUS
ATQVE
OVANS – CHRISTIADVM – COETUS
COELESTIVM – RORE – MVNERVM – EFFVSE – IMPLORATO
PROSPERA – QVAEQVE – FIDO – CORDE- OMINANTES
LAETABVNDI OCCVRRVNT
VNO – CONCINENTES – ORE
BENEDICTVS – QVI VENIT – IN – NOMINE – DOMINI
IV – IDVS – AVG – MCMLII
S. E. Mons. CARLO FERRARI è nato a Fresonara il 20 aprile 1910; ha studiato nei Seminari di Tortona, dove è stato consacrato Sacerdote il 29 giugno 1935. Ha esplicato dapprima la sua attività nel Seminario di Stazzano come insegnante, come Direttore Spirituale del Seminario Minore e Maggìore della Diocesi. Ultimamente è stato Rettore del Convitto dei Sacerdoti novelli, Professore di Teologia Morale, Direttore dei Missionari del S. Cuore, Direttore dell’ Ufficio Catechistico Diocesano e assistente dell’A. I. M. C.
F. Lisi Sacerdote dalla Abazia di Noci (Bari)
Il Borgo Editore: Soc. Apulia Direttore responsabile Iginia Campana Registrato alla Cancelleria del Tribunale di Bari al n. 72 Tipografia Colucci Via Castelfidardo,1-3 Monopoli
O Spirito Santo, Avvocato e Consolatore,
che nella tua opera santificatrice applichi alle anime i frutti della Redenzione,
noi Ti invochiamo per il nostro Pastore CARLO FERRARI,
perché Ministro di tutti i Sacramenti;
moltiplichi i membri vivi del Corpo Mistico di Gesù Cristo,
fortifichi i soldati della Sua Sacra Milizia
e arricchisca le nostre chiese di santi e operosi Sacerdoti.
Mons. A. Olivieri
Fiori al padre
Abbiamo fiori tutti per Te, Padre
che da lontano giungi e ci sorridi e benedici.
Piú che d’aiuole fiori, fiori d’anime:
occhi di bimbi lieti, occhi di mamme,
lacrime dolci di vecchiette tremanti silenziose
sorrisi aperti su volti abbronzati dalla fatica,
stupore e sogno degli adolescenti…
Accoglili coi fiori dei giardini.
Per altra festa
di là dall’ombra grande, possa,o Padre,
procedere Tu, come in questo giorno,
dinanzi a noi,
sereno, umile e forte, con le braccia
tese alla LUCE che non ha tramonti.
10, agosto 1952
Luigi Reho
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Umilmente prostrato sento il bisogno di esternare i sensi del mio filiale e devoto attaccamento al novello Pastore della Diocesi Mons. Carlo Ferrari
Rinnovo pertanto all’lllustre Prelato gli auguri che già personalmente ebbi l’onore di presentare a Tortona nel dì della Sua Consacrazione. Che Iddio ce lo conservi a lungo e che la Sua opera
sia feconda e prosperi di luce e di apostolato.
Il Vice Sindaco di Monopoli, Avv. Nicolò Treglia
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Benedetto colui che viene nel nome del Signore
E’ cantico di esultanza nella lunga ansiosa aspettazione (Salmo 117,26);
è duro ammonimento sulle labbra del Redentore divino (Mt. 23, 39);
è tripudio del cuore nello spontaneo canto trionfale (Mt. 21,9; Mc. 11,10; Luca 19,38);
La Chiesa lo ha fatto proprio nella Liturgia del Trisagio;
oggi Monopoli lo intona festevole, per salutare il suo Vescovo.
Lo aspettava da tanto tempo;
lo implorava con gemiti e sospiri…. eccolo… sia benedetto!
Il Vescovo
è l’angelo che annunzia fedele il messaggio divino,
e Monopoli lo accoglie plaudente;
è la luce trasparente che si diffonde dal cielo,
e Monopoli lo saluta felice;
è I’acqua zampillante fino ai penetrali dell’eternità,
e Monopoli vi si disseta per non aver sete in eterno.
Questo dieci Agosto sia la data di ogni giorno!
Ad essa si riporti sempre Monopoli e pensosa si ripeta:
Benedictus qui venit in nomine Domini!
Gregorio Vescovo di Conversano
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E’ stato scritto:
i tramonti sono degli uomini, le albe di Dio.
La vostra venuta, Eccellenza,
voluta e benedetta da Dio,
sia un’alba che non tramonti mai
per la Diocesi di Monopoli.
Mons. Pasquale Guarini, Parroco di Polignano
Gita a Tortona dell’ On. Luigi Russo
Dopo la morte del Vescovo Bianchi si avvertì nella nostra cittadinanza un motivo di inquietudine.
Non so per quali indizi precisi si temè che a Roma, in altissimo loco, si pensasse di sacrificare la sede Vescovile di Monopoli.
Non era certo pericolo che poteva lasciarci indifferenti perché si sussurra da tempo che si sia studiando una riforma, una sistemazione nuova delle Diocesi, specialmente delle più piccole. E la nostra non è grande certo, se si guardi al numero delle anime, ma non per questo meno bisognosa di cure assidue, capillari e dirette.
La buona gente mi rivolgeva continue domande, anche per iscritto, ed invocava aiuto come se un Parlamentare avesse voce in capitolo nelle faccende della Curia Roma, ma circondate da necessaria e prudentissima riservatezza.
Dirò con candore che se la minaccia si fosse avverata, non io solo mi sarei trovato in bei pasticci, e, nella confusione solita e comoda del sacro col profano certamente si sarebbe andati incontro a pericolosi scogli.
Allorchè il 22 aprile presi in mano il telefono non fu per cosa fastidiosa e solita. Una persona di oltre Tevere mi comunicava che il nuovo Vescovo era stato eletto e che la notizia era riportata nell’Osservatore Romano.
Notizia piena di gioia nello stesso giorno che si facevano le esequie del nostro compianto Vicario Mons. Annese. Non disse Platone che la gioia ed il dolore sono legate ad uno stesso filo?
Vidi con sollievo dissiparsi la nuvola minacciosa dal cielo di Monopoll e mi prodigai in telegrammi e che non ebbero pregio di novità, perché la notizia era stata intercettata dalla radio vaticana. Telegrafai altresì al Vescovo a nome di tutti, di cui mi resi interprete.
La risposta tardò e fu di una cortesia riguardosa e diplomatica, non corrispondente allo slancio del mio cuore. Compresi dopo il motivo; il mio nome e cognome a causa d’una famosa omonimia aveva suggerito un certo riguardo per riflessi religiosi e politici.
Contrario per natura e per necessità ai viaggi fuori programma, profittando della vacanza del 25 aprile, decisi di recarmi a Tortona.
Consultai l’enciclopedia Treccani, detti uno sguardo agli orari ferroviari, che per me hanno il fascino delle tavole logaritmiche, e mi affidai ad un autorevole collega del nord che fu felice di prendermi sotto la sua guida. Ci facemmo buona compagnia per tutta la notte e la mattina seguente, ma la sua esperienza non seppe impedire che a Genova perdessi la pur garantita coincidenza per Tortona.
Giacché dovevo proseguire per Milano potetti visitare la Mostra dì Wan Gogh, allestita al palazzo reale. Mi trattenni così nella metropoli qualche ora tra la mostra ed il Duomo di cui guardavo trasognato l’architettura, seduto su una panchina nella gran piazza accanto all’impiegato in vacanza che portava a spasso i suoi piccoli, rincorrenti i colombi.
Avrei voluto telefonare a qualche amico, ma non ne feci nulla. Dopo una colazionaccia corsi alla ferrovia e mi toccò un treno lumaca che mi obbligava a sobbalzare ad ogni stazione proprio quando un sonnellino cominciava a farsi ghiotto.
Una volta a Tortona cominciarono le emozioni per la ricerca del Collegio Ecclesiastico. Tutte gentili certo le persone interrogate, ma, chissà perché, non avendo idee molto chiare, ti mandavano da Erode a Pilato. Stanco e deluso credetti alfine di trovare il tipo che faceva per me, un ometto raggiante che in quel momento usciva da un locale. Non commetterò mai più errore psicologico sì marchiano, che il mio tipo era brillo e sordo per giunta .
Scoperto il Collegio semideserto, non vi trovai il Vescovo che, come appresi da un convittore, dimorava in altra sede. Era un profugo dalmata, un bravo ragazzo che credeva di sbrigarsela con molti “volti a destra e volti a sinistra”.
L’obbligai cortesemente ad accompagnarmi se proprio aveva pietà di me e lui riluttante, perché non c’era altri che lo sostituisse, mi fu utile scorta fino alla meta desiderata.
Il mio pessimismo mi faceva passare per la mente anche l’eventualità che il Vescovo fosse assente e questo pensiero, anche per altri morivi, mi dava fastidio.
Invece l’ Eletto c’era e sarebbe sceso subito in parlatorio. Attesi non molto, ma più del previsto.
Il Vescovo credeva forse di trovarsi di fronte all’ lnnominato, ad un personaggio complesso, ad una personalità arcigna e, invece, ad onta delle apparenze, il mio sentimento era quello di un figlio nei confronti del Padre.
Mi accompagnò benevolmente nelle sue modeste stanze e lì mi parve di chiarire l’equivoco del nome. Parlai con libertà di tante cose per fare un rapido panorama della Diocesi da Cisternino a Polignano, affinché il Pastore meglio la conoscesse e più l’amasse. La conversazione fu interrotta da una suora che recava I’ultimo omaggio, un bellissimo vaso di gardenia in fiore. Confesso che questa parentesi mi rinfrancò molto.
Detti anche uno sguardo a Tortona, alle sue vie, alle sue Chiese e tornai a l’ora stabilita per la cena cui ero stato invitato. Ad onta della puntualità, i sacerdoti del Convitto erano già a mensa.
Li, saluti, presentazioni, intrecci di cortesie e di domande, nonché cenni eruditi. Ci fu chi chiese notizie di Egnazia e fece riferimento al noto passo di Orazio. Dopo cena era tardi ed il Vescovo aveva un impegno; ma lo seguii non ostante la stanchezza. Egli si recava ad un concerto tenuto dagli operai di un complesso industriale a qualche chilometro dal centro.
Mi accompagnò con la sua macchina guidata giovanilmente da lui stesso. Vedendolo apparire gli operai lo festeggiarono moltissimo. Erano con lui personalità del Governo e del mondo economico.
Tra l’altro l’Ecc. Brusasca, vedendomi, mostrò la sua meraviglia. Monopoli è molto lontana da Tortona. Mi spiegai con un gesto, indicandogli il suo amico mons. Ferrari. Comprese a volo, si congratulò con l’eletto e rivolse parole carine a me per la premura dimostrata.
Cascavo dal sonno, ma Mons. Ferrari mi intrattenne a lungo nella cameretta, messa a mia disposizione. Poi si accomiatò scusandosi che l’indomani non mi avrebbe rivisto. Mi svegliai di buon’ora per prendere il treno. Tutti i sacerdoti erano fuori per il loro lavoro e il convitto era deserto, cappella compresa, e mi pareva di trovarmi nel castello d’Atlante. Stetti un po’ in Cattedrale e il caffè lo presi in uno strano chiosco in vista della Stazione.
Portavo al ritorno una certezza: Monopoli aveva non solo il suo Vescovo, senza pregiudizio quindi per l’autonomia secolare della Diocesi a “immediate subiecta”, ma le era stata destinata una personalità distinta, comprensiva, soave ed energica ad un tempo, prudente e saggia, requisiti preziosi per un pastore di anime.
Nella giornata commovente della Consacrazione le impressioni si radicarono in me, specialmente dopo le parole profonde ed eloquenti di Mons. Melchiori. Quando nell’affollato banchetto mi dettero la parola che non avevo chiesto, dissi tra l’altro che recavo a Mons. Ferrari come singolare omaggio la chiave del cuore dei miei concittadini, adagiata sul guanciale del mio cuore.
La vecchia frase francese sortì il suo effetto, anche perché sincera. Non solo per la chiave allegorica, ma forse un poco per il cuscino, pure se disadorno e sdrucito.
Senatore Luigi Russo
Monopoli, Agosto 1952
Il Borgo Editore: Soc. Apulia Direttore responsabile Iginia Campana Registrato alla Cancelleria del Tribunale di Bari al n. 72 Tipografia Colucci Via Castelfidardo,1-3 Monopoli
Evviva Evviva il Novello Pastore
Lieto un canto si levi festoso
e ripeta una nota giuliva
dica un nome, ed echeggi un evviva
che fin voli alle porte del Ciel!
Al Pastore Novello che viene
di lontano incontro ai suoi Figli ,
noi spargiamo di rose e di gigli
un gran serto ove posi il suo piè.
Lunga vita Egli viva tra noi
e ricolma di sacre dolcezze!
Questo e il voto! E non mai amarezze
provi il dolce paterno suo cuor.
Dalla VERGINE SANTA all’Altare
ogni giorno Ei ci veda raccolti
e di pace e d’amore sui volti
veda il raggio risplendere ognor.
Passi Ei sempre con gioia e a noi dica:
“Oh, voi siete i miei figli diletti!
E noi sempre fedeli ai suoi detti
sentir tutto il paterno suo amor!
Seminarista Salvatore Carbonara
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Omaggio in poesia
al novello Pastore della Diocesi
Più dolce del canto delle sirene, abitatrici delle nostre Grotte,
più alto del muggito del nostro mare in tempesta,
giunga al novello Pastore della Diocesi il palpito filiale dei nostri cuori.
Nell’ora della gioia e soprattutto in quella del dolore,
gli saremo sempre vicini,
pronti a servire in Lui l’Apostolo che viene a portare la Buona Novella,
in nome di Chi ha vinto il mondo.
Vitantonio Labbate Sindaco dl Polignano
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Saluto augurale a S. E. il Vescovo
Carlo Ferrari
Per tema che Le sembri un manierismo
insulso e senza senso, fori loco,
una corsa sfrenata a l’arrivismo
che si smorza nel tempo, a poco a poco,
mi stavo in dubbio se d’opportunismo
saria stato tacciato il verso roco,
oppure accolto in puro misticismo
d’un’Arte che mi strugge col suo foco.
Alfin prevalse nel pensiero terso
di rendere gli omaggi al Sacerdote,
al Pastore col misero mio verso
Ed il verso Le cinge e capo e gote,
servo di Dio e de la gente mia
con la Grazia di Cristo e di Maria.
Stefano Alò
Il Borgo Editore: Soc. Apulia Direttore responsabile Iginia Campana Registrato alla Cancelleria del Tribunale di Bari al n. 72 Tipografia Colucci Via Castelfidardo,1-3 Monopoli
Si riaccese la face
E’ triste la vita senza la luce!
Lo sentimmo, a mezzo Agosto
con i solenni lugubri rintocchi de l’alte torri della città.
Ricordate ?
S’era spento il Padre, il Pastore… la Luce.
E’ ben triste la vita da orfani, nella notte.
Piangemmo.
Poi, silenzio… La Cattedra senza il Maestro;
il Candelabro senza la Face.
Venne l’inverno,
inaridì le zolle,
sfrondò le piante,
vacillò la speranza.
Con l’Aprile solatìo tornammo a sperare.
La speranza non più speranza, fu gaudio.
Grazie, o Signore,
non siamo più orfani,
non più nelle tenebre:
si riaccese la Face.
Ora venga ed illumini.
Venga, riscaldi.
Venga, consoli.
Siamo in tanti: venga per tutti.
*
La nostra Face, Eccellenza, siete voi.
Venite per noi Sacerdoti: quanto soffrimmo senza Padre. . .
Ma altri fan ressa… Ii vedo, sono gli uomini..
tutti gli uomini.
Ricordano i Sacri Ritiri, le Comunioni,
le mani iunte,
I’alma tornata bambina
Sorridete ad essi,
ed il sorriso sia sacra promessa.
Ma poi… quanti incalzanti: guardate i bimbi: sono i più.
Guardate i vecchi, i malati,
Le bimbe, le fanciulle, le madri.
Siam certi, Eccellenza:
la luce di Cristo Signore, che da Voi si diparte,
Ci farà buoni.
E’ bella la Face, che Cristo Signore,
per mano del Suo Vicario in terra,
ci manda riaccesa!
*
A questa Luce, o fratelli,
si ravvivino le nostre lampade:
ritroveremo il sentiero del cielo smarrito.
Sac. Giuseppe Todisco
Delegato Vescovile per l’ A. C.
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A Monopoli
Salve, mia patria d’adozione,
Tu mollemente ti distendi ed offri
Le belle membra al voluttuoso amplesso
Dell’Adriaco mare.
Bei colli adorni di festose viti
E bianche ville e casolari sparsi
Fra lo svariare argenteo degli ulivi
Ti fan corona.
Le diritte vie, le larghe piazze, il ” borgo”
Nobile centro di tua industre vita,
Le chiese, i monumenti, gli opifici
Ammiro ed amo.
La cattedrale maestosa e risplendente
Di preziosi marmi, affreschi e tele
Della divinitá profondo il senso
Nel cor m’infonde.
Sorride in essa a noi benedicendo
La Vergine Maria dal quadro antico
Venuto qui su l’onde, come narra
La pia leggenda.
Sotto l’usbergo della Santa Vergine
Nuovo Palladio, immune sempre fosti
E tal sempre, o Monopoli, sarai
Dalla sventura.
O nobile città, patria di Querno,
Di Comes, di Rendella e di Perricci,
Di Capitanio, Barnaba e altri molti
Uomini insigni,
Or ti risveglia a nuovi ed alti sensi
Di civiltà, concordia e cortesia
In questa sopratutto della storia
Ora solenne.
La natural virtù dei figli tuoi
Riviva ancora sotto l’alta guida
Del nobile Pastor che oggi a te viene
Si mite e buono
A pascere il suo gregge e a richiamare
Nel nome del Signore alla sua gente
Di Carità, d’amor, di fratellanza
Il gran messaggio.
O cara terra che dolce dimora
Mi offri e l’ossa accogli dei miei avi,
Sempre più lieta e prosperosa vita
Il ciel ti dia!
E’ questo il voto fervido e verace
Che per te faccio e poichè solo il cuore
Per te me lo dettò, voglio sperare
Ti sia gradito.
Monopoli, Agosto 1952.
Maddalena Palmieri Campana
Il Borgo Editore: Soc. Apulia Direttore responsabile Iginia Campana Registrato alla Cancelleria del Tribunale di Bari al n. 72 Tipografia Colucci Via Castelfidardo,1-3 Monopoli
La Madonna della Madia e il Vescovo Romualdo
Monopoli nel 1117: una piccola città fortificata da un solido baluardo di muraglie. Le case si aggruppano intorno a stradette e vicoli tortuosi, con finestrelle anguste come pertugi, ripide gradinate inerpicantisi sui fianchi esterni dei muri, balconcini di pietra, portoni patrizi dagli antri bui, dove cavernose cisterne d’acqua piovana o sorgiva, diffondono gemiti di carrucole e catene cigolanti.
I venti che dominano quel seno di terra semicircondato dal mare, s’intrufolano nelle viuzze, fan mulinello sugli spiazzi, s’incanalano nei vicoli, urtano contro gli ostacoli, s’azzuffano negli angiporti e intrecciano intorno alle case furiose sarabande di streghe.
Un’atmosfera di tregua incombe la notte sul sonno degli abitanti. Verrà il nemico dal mare ?
Verrà il nemico dal retroterra?
Ciurme di feroci corsari, soldatesche crudeli, assalteranno le mura vincendo col favor delle tenebre, la massiccia difesa dei bastioni e delle torri?
Guerre e guerre, dominatori e dominatori si sono succeduti attraverso gli anni e i secoli.
Nel tempo, la piccola città non ha conosciuto che brevi tregue di pace.
I cuori delle brune fanciulle palpitano d’inquietudine per l’incerto domani.
E forse, agli ululati selvaggi di questo vento invernale, esse tendono l’orecchio con un senso vago d’inquietudine e d’attesa.
16 Dicembre 1117. Le onde s’impennano contro le scogliere, spruzzano di spuma le muraglie, cullano il paese addormentato con una nenia di strepiti cupi. Ma verso la cittadella di cui il normanno Ugo Toute Bone aveva fatto insabbiare il porto per rendere impossibile l’accesso alle grandi navi, non navigano galere greche veneziane e saracene.
Di flutto in flutto avanza una strana zattera formata da travi saldamente legate l’una all’altra.
E sulla zattera, mantenendosi ritta come se invisibili ali la equilibrassero, posa un’effigie di Madonna dai lunghi grandi occhi,dalla veste e dal manto nero orlato con fasce d’oro.
Il Bambino che regge tra le braccia, ha in mano un rotolo di papiro.
Una greca è un santo stanno genuflessi ai lati inferiori del quadro.
L’immagine misteriosa procede portata dalle travi, imbocca il porto e scivola sulle acque, via via meno increspate dal flusso e riflusso delle correnti.
Sono certo le preghiere del Vescovo Romualdo che l’hanno tratta sin qui, col suo carico di legno prezioso. Il Vescovo Romualdo, che le cronache definiscono «Santo», ha invocato fervidamente la Madonna, perché gli offra il modo di completare il tempio (già dedicato al culto di Mercurio e di Maja) che è stato da lui ingrandito con l’aiuto di Roberto di Bassavilla, conte di Conversano. Per costruirne la volta non si trovano nelle selve lontane e vicine legnami utilizzabili.
Una voce che ordina di correre al porto, sveglia intanto un pio cittadino. Egli va solo verso la cala, scorge la figura sacra al chiarore della luna che sta montando l’orizzonte; ma invano tenta accostarlesi, immerso nell’acqua che gli sale sino al mento perchè il quadro indietreggia e s’allontana. Allora il pio uomo muove verso la dimora del vescovo: i suoi passi veloci risuonano sul lastricato sconnesso delle straduzze e dei chiassuoli.
Ed ecco, nel pieno della notte invernale, subitamente quieta e serena, suonano a stormo le campane. È un suono di festa. Dietro le finestrelle si accendono luci tremolanti, uomini e donne, vecchi e bambini, si levano in fretta, si vestono, corrono fuori… E tutto il popolo accorre, tra torce e salmodie, verso la rada, ove giunto, il Vescovo cammina nell’acqua agitando il turibolo.
Odor di salsedine e d’incenso impregna l’aria e il quadro avanza, si avvicina, penetra nel cuore della profonda insenatura, rasenta i gradini che salgono verso la cinta.
L’immagine bizantina dal magnetico sguardo venne portata in trionfo nel tempio, il suo dono di profumato cedro del Libano, completò la casa di Dio, mentre, col nome di Madonna della Madia, Ella divenne protettrice di questa città.
Nell’ultima ricostruzione le travi furono raccolte e conservate su un altare. Ancora oggi si mantengono intatte e odorose, col taglio levigato in cui biondeggia l’alburno chiaro.
Ordunque, per le preghiere di un santo vescovo ci giunse, forse dalla lontana Siria, varata da mani cristiane che una divina volontà muoveva, questa dolce Madonna il cui approdo irradia di miracolo e poesia la notte dei tempi.
Elsa Raimondi
Il Borgo Editore: Soc. Apulia Direttore responsabile Iginia Campana Registrato alla Cancelleria del Tribunale di Bari al n. 72 Tipografia Colucci Via Castelfidardo,1-3 Monopoli