Mantova, Domenica delle Palme l969
Carissimi Sacerdoti, vi rivolgo un caldo invito a venire a fare la nostra Pasqua insieme la mattina del Giovedì Santo, celebrazione più espressiva della nostra unità nell’unico Sacerdozio di Cristo e della nostra disponibilità a servire i nostri fratelli secondo il senso del suo Sacrificio; sarà pure il momento più felice di attingere alla sorgente della nostra mutua carità e della nostra dedizione, perché tanto più è espressiva la celebrazione sacramentale tanto più è aperta la misura della grazia. Ho vivo il desiderio che la gioia pasquale, di trovarci come fratelli insieme, pervada il cuore di tutti.
Giorno per giorno facciamo la scoperta che il precetto del Signore si presenta come una necessità più che come un dovere.
La nostra esistenza di sacerdoti è sempre più minacciata dai pericoli dell’isolamento, la nostra azione pastorale si rivela tanto meno efficace quanto meno è organica, si impone la comunità come forma autentica di vita cristiana e di vita umana, la solidarietà è acutamente avvertita a tutti i livelli. Il nostro Maestro ci ha indicato la via per sfuggire a pericoli che non sono mai apparsi così incombenti e così dannosi, e nello stesso tempo ci ha proposto la via sicura per soddisfare le esigenze più impellenti della nostra natura: accogliamo incondizionatamente il suo invito e mettiamo al primo posto l’impegno dell’Unità nell’amore tra di noi e intorno a noi.
Sono le esigenze della unità nella carità che rendono la Chiesa effettivamente cattolica, quando la carità ci rende solleciti per tutte le Chiese e crea un conseguente senso di responsabilità che si estende quanto è estesa la Chiesa e la sua missione. La Diocesi nella Chiesa e come Chiesa particolare non è solo una entità giuridica e amministrativa che interessa il Vescovo; proprio se vogliamo liberare il Vescovo dai condizionamenti del giuridismo e del burocraticismo che tutti deploriamo, lo dobbiamo costringere in una comunione di corresponsabilità che metterà lui in condizione di essere più padre e pastore e renderà ogni membro del Presbiterio impegnato nella totalità di una unica missione, che pur essendo necessariamente incanalata nelle linee della istituzione è vivificata dall’anima della carità. (A.A., 3).
Le elezioni che si stanno svolgendo (mentre scrivo non sono ancora terminate) vanno intese in questo senso di corresponsabilità per la nostra unica missione nella Chiesa mantovana e in tutta la Chiesa: vi siete scelti liberamente i Vicari Foranei e gli altri sacerdoti che con essi entreranno come membri del Consiglio presbiterale; ciò che importa è che essi siano una espressione sempre più effettiva della vostra unità ai diversi livelli diocesani. Io vi ripeto la mia fiducia nella sincerità del vostro desiderio, tante volte e in tanti modi espresso, di avviarci a questo stile di vita ecclesiastica proposto da nostro Signore ed esigito dai nostri fratelli. Sono sicuro della vostra comprensione se in continuità di questo discorso richiamo concretamente la vostra corresponsabilità su due problemi della nostra Diocesi: il Seminario e le nuove chiese.
Il Seminario ci impegna su tre punti: le vocazioni, la loro cura e il problema amministrativo.
Il problema delle vocazioni è posto davanti alla nostra comune responsabilità con estrema chiarezza dal magistero del Concilio al N. 11 del ” Presbiterorum Ordinis “. Diamo la dovuta importanza all’inciso di far comprendere l’eccellenza e la necessità del sacerdozio ” con la testimonianza, di una vita in cui rifletta chiaramente lo spirito di servizio e la vera gioia pasquale “. Riconosciamo con umiltà che per una serie di comportamenti ecclesiastici di cui siamo incolpevolmente eredi risulta poco chiaro come il nostro ministero sia un servizio reso agli uomini perché siano in grado di raggiungere n da uomini ” e da credenti gli affascinati traguardi della civiltà interplanetaria.
Molte volte sono le circostanze stesse che rendono angusti i confini della nostra azione, che di conseguenza appare svilita agli occhi esigenti dei fedeli e dei giovani in particolare: forse dobbiamo fare meno cose, ma sviluppare più decisamente dei rapporti personali veramente sacerdotali. In questi rapporti, valutiamo quanto sta decisivo che chi ci avvicina rimanga colpito e scosso dalla nostra gioia di essere sacerdoti, proprio perché l’esserlo in pienezza comporta tante rinunzie e impone tante volte l’assunzione della tristezze più sconfortanti? Evidentemente non possono essere le cosiddette “gioie del ministero» che ci rendono stabili nella n vera gioia pasquale “, ma unicamente la profondità a cui è radicata la nostra vita spirituale, cioè i nostri rapporti di fede con Dio, ” porzione della nostra eredità ”
Per la cura delle vocazioni non mi riferisco tanto alla vostra responsabilità in tempo di vacanza. I nostri seminaristi, a mano a mano che crescono, captano tutti i riflessi della vita diocesana e specialmente di quella ecclesiastica; e come per tutti i giovani di oggi anche per loro non valgono tanto gli ideali del sacerdozio quanto il grado di validità esistenziale dell’azione dei sacerdoti che conoscono e sono propensi a dare maggiore credito a chi è impegnato nel ministero che ai loro Superiori, anche se di loro hanno una stima sincera. E’ quindi decisivo per la loro formazione che l’azione pastorale sia espressa chiaramente nelle sue componenti interiori da cui trae una autentica efficacia evangelica, altrimenti si accredita un attivismo che rischia di distoglierli dal loro impegno spirituale e culturale inculcato dai superiori. Così è il seminario oggi, questi sono i nostri seminaristi e queste sono le responsabilità a cui nessuno di noi può sfuggire.
E veniamo alle dolenti note del problema amministrativo.
Sta davanti a voi il quadro che vi è stato esposto negli incontri vicariali. Qui faccio appello alla vostra sensibilità: ciò che si è fatto e ciò che rimane da fare per la ricostruzione del seminario si doveva e si deve fare; ne avete dato atto largamente; non è giusto che chi ha la gravissima responsabilità di attendere alla formazione dei nostri futuri sacerdoti sia angustiato da preoccupazioni amministrative che riguardano la istituzione più tipicamente diocesana. Io vi sono personalmente riconoscente per la serietà con cui vi siete immedesimati al problema, sono grato a quanti hanno già dato una risposta concreta, la attendo da tutti. So che tutti amate il Seminario, in tempi passati esistevano altre risorse, oggi anche l’amministrazione è un problema di tutti. Prendiamone coscienza noi e sollecitiamo questa coscienza nei nostri fedeli.
La Domenica ” in Albis ” si celebra in Diocesi la giornata per le nuove chiese. In tempi di competizioni campanilistiche una simile iniziativa sarebbe stata inconcepibile. Oggi che la Parrocchia avverte l’esigenza di vivere e di esprimersi come comunità, va anche maturando nel senso della apertura verso le altre comunità che tutte insieme formano runica Chiesa di nostro Signore. Tutto il nostro ministero ha questo traguardo da raggiungere: far sorgere e far maturare delle comunità. Ricordiamo come Paolo impegnasse le chiese a fare le « collette” per le più povere e quanta importanza annettesse a queste espressioni di carità materiale. A poco a poco deve entrare nelle coscienze come sia doveroso pensare alle comunità che sono prive di una loro chiesa prima di impegnarsi a rendere più funzionale o più decorosa la propria.
E ora scusatemi se vi ho trattenuto a lungo; tuttavia mi preme ancora che troviate anche per iscritto gli auguri più affettuosi di una santa Pasqua per voi, per i vostri cari e per i vostri fedeli.
Mantova, Domenica delle Palme l969.
OM 210 Sacerdoti 69