Il primo giorno dell’anno vi dicevo che il 1974 è l’anno santo caratterizzato dal Giubileo, perciò è un anno che nell’intenzione di Dio espressa dalla chiesa, dovrebbe essere un tempo destinato a sostare e a riflettere per mettere a segno la nostra esistenza, per dare alla nostra vita l’orientamento giusto.
Il segno, la meta è Dio: Dio che si manifesta, Dio che si rivela, Dio che si auto-comunica. Oggi celebriamo la solennità dell’Epifania che vuole appunto dire: manifestazione di Dio Signore della storia, manifestazione di Dio Signore della natura, manifestazione di Dio Signore della salvezza. I Magi ricordati nella liturgia di oggi, il miracolo compiuto a Cana di Galilea, il battesimo al Giordano, sono tre momenti della manifestazione: Epifania di Dio nel suo Figliuolo Gesù Cristo.
I Magi che si muovono ad un cenno di Dio, sono un piccolo simbolo del rassicurante mistero che Dio nel Figlio suo é il Signore della storia. Questo è evidente, chiaro, manifesto, quindi rivelato nella storia di Israele, ma c’è una pienezza di rivelazione nella persona e nella vita del figlio di Dio. Gesù Cristo, lasciando il mondo per ritornare al Padre, ha garantito alla sua chiesa rappresentata dagli apostoli, che sarebbe rimasto sempre con noi fino al termine della storia, per essere “Dio con noi” nella nostra storia: negli avvenimenti della storia in cui noi viviamo.
L’acqua trasformata in vino per la gioia dei commensali è un altro indizio della sapiente e sovrana presenza di Dio, che in Cristo concepisce, crea e dà consistenza a tutte le cose. “Tutto per mezzo di lui è stato fatto e niente esiste che non sia stato fatto senza di lui”. L’ abbiamo ricordato nell’ultima Messa del giorno di Natale. A Cana Gesù Cristo manifestò di essere il padrone della natura trasformando l’acqua in vino.
Il Battesimo di Gesù al Giordano è la garanzia sulla parola di Dio: “Questo è il mio Figlio diletto ascoltatelo” che l’alleanza é compiuta che nell’unico Cristo é presente il Figlio di Dio e il figlio dell’uomo. Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio! Ecco la pienezza della rivelazione che è comunicazione!
La rivelazione non sono soltanto parole che si dicono, da parte di Dio, perché noi sappiamo qualche cosa di Lui. La rivelazione è Dio stesso che nel suo amore infinito manifestato nel suo Figlio e operante dallo Spirito Santo, vuole intrattenersi con gli uomini come con degli amici, e vuole rendere gli uomini partecipi della sua natura per ammetterli,- insegna il Vaticano II -, col progredire di una conoscenza che non è solo quella della mente, alla comunione di vita con sé per tutta l’eternità. Allora ci sarà la pienezza della rivelazione, la pienezza della comunicazione, la pienezza del dono di Dio a noi.
Fratelli, Dio non tace. Dio non è inerte. Dio non è indifferente.
Dio non tace. Gesù Cristo è la sua parola personale e attuale che pronuncia oggi per noi. Gesù Cristo è la sua parola operante oggi, che compie tutto quello che egli dispone affinché noi siamo noi stessi, affinché raggiungiamo lo scopo della nostra esistenza.
Dio non è inerte. Gesù Cristo é vita e vuole che questa vita irrompa nel mondo e che sia sovrabbondante. E’ il desiderio del cuore di Dio ed è quindi il desiderio del cuore di Gesù Cristo. Ed è dal cuore aperto di nostro Signore Gesù Cristo che sgorga la chiesa e la vita della chiesa che è la sua grazia, che fluisce attraverso i canali dei sacramenti affinché qualche cosa della vita e dell’essere stesso di Dio pulsi nella nostra vita.
Dio non è indifferente. In Gesù Cristo abbiamo l’espressione estrema dell’amore di Dio: “Così Dio ha amato il mondo da dare il suo figlio unigenito”. Quante volte abbiamo sentito queste parole di Giovanni! Ma crediamo veramente a questa rivelazione di Dio? crediamo veramente a questa manifestazione del suo amore? crediamo veramente a questa comunicazione del suo amore che si consuma in croce nel sangue versato da nostro Signore Gesù Cristo? crediamo veramente che diventa un sangue vivo incandescente nel calice della messa?
crediamo veramente che Gesù è risorto onde essere veramente la sorgente di una vita di amore che si celebra nel dono di sé nella eucaristia, nella partecipazione alla eucaristia?
Miei cari, dové il nostro interesse per la Epifania? Per la manifestazione di Dio? Per la sua rivelazione? Per la sua auto-comunicazione? Noi siamo in chiesa. Noi diciamo di credere. Allora siamo veramente sicuri che Dio, presente in Cristo nella chiesa e per mezzo della chiesa, tiene in mano i destini della storia, di questa storia che sfugge a tutti? Di questa storia che nessuno controlla? Di questa storia nella quale pare che Dio sia veramente morto? Allora, noi credenti scorgiamo attraverso la fede più che attraverso le notizie, un movimento interiore a tutta la umanità che cerca Cristo, perché sente di averne bisogno, perché scopre che è lui il Signore che conduce verso i destini della salvezza. Allora scorgiamo perchè gli uomini sono così insipienti nei disegni del loro stolto orgoglio!
Noi diciamo di credere. Noi oggi crediamo ancora che Cristo nella chiesa e per mezzo della chiesa – la chiesa luogo operante di Gesù Cristo col suo Spirito – difende l’uomo che ha rivolto contro di sé le forze della natura e le energie dell’universo. Se noi credessimo profondamente dovremmo vedere tutti i giorni Gesù Cristo che trasforma l’acqua, il vino, il pane, l’aria, l’universo, perché tutto è proiettato verso di Lui in una liturgia infinità, che ha il suo apice sull’altare, ma che ha la sua estensione oltre ogni confine concepito dalla mente dell’uomo.
Noi diciamo di credere. Miei cari, crediamo all’Amore? L’apostolo Giovanni esclama: “Et nos credidimus charitatis “. Noi siamo quelli che abbiamo creduto all’Amore. Credere a una persona che ci ama: é abbandonarsi a questo amore, è rimettersi sotto l’azione di questo amore, é lasciarci forgiare dalla potenza di questo amore. Indubbiamente credere all’amore di Cristo: è rimettersi nelle sue mani, é un andare in croce nel senso del seme gettato nella terra perché non rimanga sterile, ma possa germogliare e spuntare a nuova vita, é andare in croce per risorgere ed essere nuovi nella partecipazione stessa della vita di Dio, per la potenza della sua risurrezione.
Questa Epifania non deve essere come quella che abbiamo celebrato negli altri anni della nostra esistenza. Questa é l’Epifania dell’anno santo. Dobbiamo veramente metterci in ascolto, renderci disponibili, credere all’amore. Così celebreremo un anno santo. Così ci convertiremo. Così il nostro venire in chiesa sarà un attingere, giorno per giorno, a Cristo Signore della storia, sorgente della vita, sorgente dell’amore, che vuole comunicare la salvezza trasformandoci da uomini legati ad interessi che ci fanno piccoli uomini, in uomini aperti ad un amore
che ci rende figli di Dio e fratelli di tutti.
OM 508 Epifania 74