Seminario vescovile di Mantova, Ottavario per l’unità delle chiese
Miei cari, prendiamo coscienza di vivere un momento di tutta la vita della chiesa, e non semplicemente, ma di essere noi stessi un momento di questa vita: di essere un respiro, una pulsazione, un impulso, un carico di energie che si produce nel corpo di tutta la chiesa, per la nostra celebrazione.
Il senso di questa celebrazione non soltanto intenzionalmente, ma per la parola di Dio che abbiamo ascoltato e che meditiamo e per la celebrazione eucaristica a cui partecipiamo nel modo più vivo, più vitale, più intenso, hanno un significato ben chiaro, che ci porta nella profondità del mistero della nostra esistenza mistero che secondo la volontà di Dio, secondo l’opera compiuta da nostro Signore Gesù Cristo attraverso l’alleanza nuova che ha stabilito per mezzo del suo sangue, per l’azione dello Spirito Santo che è attuale e viva nel cuore di ciascuno di noi, nel cuore della chiesa, noi arriviamo a rispondere all’invito Dio, all’intenzione di Dio, come dice Gesù: “Siano una cosa sola come noi”, che tutti corrispondiamo degnamente alla nostra vocazione di essere stabiliti nell’unità della pace di nostro Signore Gesù Cristo, nel vincolo della perfezione che è la carità.
L’unità della chiesa non è soltanto una nota.
E’ il fatto stesso della chiesa.
E’ il mistero stesso della chiesa.
E’ il mistero stesso della vita di Dio:
di tre Persone un Dio solo,
e di noi che essendo molti dobbiamo formare una cosa sola.
Noi vogliamo vivere questa unità in questo momento, per scoprirla, per approfondirla, per acquistarne tutta la conoscenza che ci dona lo Spirito Santo, per entravi incondizionatamente con tutte le nostre disposizioni, e vogliamo viverla come apporto continuo e quindi costruttivo dell’unità di tutte le chiese, perché vi sia l’unica chiesa di nostro Signore Gesù Cristo Qui si tratta di un fenomeno di vita, di una legge di vita.
La chiesa si descrive, si definisce come corpo di Cristo che cresce nella pienezza della statura voluta da lui, e un corpo cresce per la vitalità di ciascuno delle sue membra.
Un membro vivo, vitale, carico di energie produce vita, produce vitalità in tutto l’organismo.
Sapete che si parla di un ecumenismo spirituale.
E’ quello che dobbiamo realizzare noi nella comunità di esistenza in cui trascorriamo i nostri giorni.
Che si faccia l’unità tra noi e gli ortodossi, tra noi e i protestanti, eccetera, tra tutte le denominazioni della chiesa, sarà il frutto di una unità più intensa, che esiste da qualche parte della chiesa.
Non sarà la conseguenza di speculazioni dottrinali, non sarà la conseguenza di trattative tra personalità di diverse chiese, sarà la conseguenza del frutto del dono dello Spirito Santo che nella chiesa può essere più presente, più attivo, perché in qualche parte della chiesa c’è un accoglimento del tutto singolare e particolarmente incondizionato, che realizza una sintonia perfetta -per quanto è possibile a delle creature – con quello che egli vuole fare: portare a compimento la missione di nostro Signore Gesù Cristo, realizzare la sua preghiera: “ut unum sint”.
Voi capite dove vogliono tendere le mie parole.
Molto semplicemente e molto naturalmente, proprio come conseguenza di questa determinata celebrazione: ” fratelli, vi supplico di condurre una vita degna della vocazione alla quale siete stati chiamati con tutta umiltà, pazienza, mitezza, sopportandovi, a vicenda, solleciti a conservare l’unità dello spirito mediante il vincolo della pace.
Questa è la vita cristiana,
questa è la nostra vocazione,
questo è il senso del ministero sacerdotale,
questo è il senso della missione a cui vi preparate.
Ci sono tante cose più appariscenti che sembrano più urgenti, più necessarie.
Tenete bene in mente che non è vero.
Tenete bene in mente:
che l’opera di Dio è la sua Chiesa,
che l’opera di Gesù Cristo è l’edificazione della chiesa,
che l’opera dello Spirito Santo è il compimento della edificazione della Chiesa,
che la Chiesa è la salvezza degli uomini.
Non è semplicemente nella chiesa che si compie la salvezza degli uomini.
La chiesa è la salvezza degli uomini,
la Chiesa è la salvezza di ogni singolo uomo,
la chiesa è la salvezza di tutta l’umanità,
la chiesa è la salvezza di tutto il creato.
E noi dobbiamo essere chiesa
per edificare la chiesa,
per piantare la chiesa,
per fare crescere la chiesa.
Dobbiamo essere chiesa nella nostra persona,
– non soltanto per l’accettazione e la partecipazione ai mezzi della grazia stabiliti da nostro Signore Gesù Cristo;
– non soltanto per una disponibilità ad un ordine voluto da Dio, che si esprime nella volontà di quelli che rappresentano la volontà di Dio;
– non soltanto per una disponibilità a un ordine morale;
– non soltanto per la fedeltà alla legge di Dio,
ma perché
– c’è qualche cosa di più profondo, di più importante, di più essenziale,
– c’è qualche cosa di fronte a cui un giorno tutto scomparirà e sola rimarrà.
San Paolo si esprime con le parole: la fede scomparirà, la speranza scomparirà, ciò che rimarrà sarà la carità, l’amore vicendevole.
Educarci a questo amore vicendevole, è educare domani il popolo di Dio ad essere popolo di Dio nell’amore vicendevole.
E’ una educazione difficile ma noi dobbiamo puntare su questa forma della vita cristiana, della vita spirituale cristiana.
Noi dobbiamo puntare decisamente su questo aspetto della nostra vita, allora il nostro impegno è quello che ci indica san Paolo.
Per arrivare all’unità dello spirito nel vincolo della pace:
ci vuole umiltà, e umiltà in funzione della carità;
ci vuole mitezza “imparate da me che sono mite ed umile di cuore”;
ci vuole la mansuetudine di nostro Signore Gesù Cristo.
Non è facile stabilire questa compostezza pacifica di tutto il nostro essere, non è facile attuare dei rapporti pacifici con gli altri.
“Sopportandovi con pazienza a vicenda”: perché dobbiamo riconoscere che se abbiamo da sopportare gli altri, gli altri hanno da sopportare noi. Non è che dobbiamo sopportare il male che fanno gli altri, dobbiamo sopportare gli altri come gli altri sopportano noi. Questa è la grande pazienza.
C’è un’espressione della Sacra Scrittura -non so se si può applicare correttamente per rinforzare questo pensiero- “in patientia vestra possidebitis animas vestras”.
Arrivare al possesso di noi stessi e quindi alla capacità di disporre di noi stessi al servizio degli altri come espressione di amore verso gli altri, è il nostro piccolo ma serio e profondo esame:
davanti a questa responsabilità ecumenica,
davanti a questa responsabilità ecclesiale,
davanti a questa responsabilità della nostra vocazione particolare e della nostra vocazione di cristiani.
OM 192 sacerdoti 69 – Seminario vescovile di Mantova, Ottavario per l’unità delle chiese