A 5 anni dalla morte e a 30 dall’ inizio del ministero nella nostra diocesi
L’omelia di mons. Caporello nella celebrazione del 1 dicembre in Duomo
Non c’era molta gente in Duomo lunedì corso per ricordare il Vescovo Carlo Ferrari a cinque anni dalla morte e a trenta dall’inizio del suo ministero a Mantova. Ma la serata era inclemente, inoltre il Vescovo mons. Caporello aveva sollecitato a fare questa memoria anche nelle comunità parrocchiali e in comunione con il ricordo sempre vivo celebrato domenica scorsa nella diocesi di Monopoli-Conversano (vedi cronaca in questa pagina).
«Memoria- ha detto mons. Caporello nell’omelia- che ciascuno di noi evoca, che fa compagnia con i tocchi di esperienza personale vissuta. Memoria da vivere insieme, qui nella cattedrale: da estendere cioè, davanti al Signore, come preghiera, come riconoscimento e come nuova corresponsabilità». C’è un preciso dovere, attestato dalla Parola di Dio, di riconoscere le guide spirituali: “Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la Parola di Dio; considerando attentamene l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede: Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre” (cfr. Ebr 13).
«Quelli che celebriamo oggi – ha continuato il Vescovo sono rapporti di familiarità vissuta, purificata ora da comunione dei santi: per il Vescovo Carlo, per i vescovi Antonio, Domenico, Paolo Origo, e i tanti sacerdoti che, fatta strada con loro e con noi, sono passati da questo mondo al Padre».
Riferendosi al tempo di Avvento appena iniziato, il Vescovo ha poi ricordato ragioni, contenuti e realtà vitale della speranza cristiana richiamando anche l’invito del Santo Padre ad «accelerare il passo della speranza» e ad entrare con il carisma cristiano nella «corrente di speranza da riaccendere…». La speranza – ha detto tra I ‘ altro – vive di verità non frantumate né di mezze verità, ma di tensione a verità piena; vive di carità e di servizio, di libertà responsabile spesa con giusta causa e giusta passione; nasce da comunione, si sperimenta e si compie nella comunione».
Mons. Caporello ha poi dedicato l’ultima parte dell’omelia al ricordo del Vescovo Carlo. Prendendo spunto dalla visione di Isaia, ha richiamato la “visione di Dio” che al Vescovo Carlo è stata più cara e da lui con più insistenza ribadita nella sua predicazione, la visione del Dio cristiano, cioè del Dio Trinità di persone. Fino a compiacersi dell’appellativo che qualcuno gli aveva dato e che poi divenne patrimonio e linguaggio comune: “Padre Carlo della SS. Trinità”.
Mons. Caporello ha illuminato altri aspetti del ministero di mons. Ferrari, richiamandosi a quell’ultima Messa da lui celebrata, febbricitante, in Seminario il 4 novembre 1992: «Ha in quell’occasione consegnato con efficace chiarezza il suo testamento di Vescovo nelle mani dei sacerdoti dicendo: “Siate una cosa sola, e il mondo crederà; tenete tra le mani la Parola di Dio, e siatene testimoni per la vostra gente!”. Poi se ne andò, già molto sofferente ma sereno.
In questa provocazione all’unità e alla testimonianza, purificato ed esaltato dalla morte, è il senso della sua vita e di tutto il suo ministero: non solo per quanto riguarda direttamente noi sacerdoti, ma per il nostro servizio nelle parrocchie; per il nostro primario ‘impegno di cristiani e di Chiesa tra la gente.
Lui, che parlava poco ma bene, aveva da dire solo questo. Lo disse con pacatezza e insistenza quotidiana; lo disse da vero Maestro. Lo disse non solo a parole, ma celebrando con fede, in ogni parte della diocesi, questo ministero di unità e questa promessa di testimonianza del Vangelo.
Noi mentre preghiamo per lui, gliene siamo grati. Soprattutto, noi comprendiamo che potremo onorarne la memoria se erediteremo consapevolmente quanto egli ci ha dato ed è ora nelle nostre mani: una tensione inesauribile di comunione e di corresponsabilità; il coraggio di una forte e quotidiana coerenza evangelica, testimoniata nella Chiesa e nel nostro vivere sociale».
Benito Regis
Da “La cittadella” 7 Dicembre 1997