Natale 1980 in sant’Andrea
Questa notte, in un modo inconsueto, ci troviamo in una chiesa per celebrare il Natale. Quale forza o quale motivo ci ha indotto ad essere qui, in questo momento? Ciascuno interroghi se stesso. Tutti, però, abbiamo bisogno di una risposta sicura e convincente. La risposta non viene da me che presiedo questa solenne assemblea. La risposta viene dalla Parola di Dio, da Dio stesso che ha ispirato questa parola, tramandata dalla Scrittura e dalla viva voce della chiesa attraverso quasi duemila anni.
L’apostolo Paolo, come avete già sentito, si rivolge al discepolo Tito e gli scrive: carissimo, è apparsa la grazia di Dio apportatrice di salvezza per tutti gli uomini. Cioè nella storia si è verificato questo fatto, questo dono gratuito di Dio che non è arrivato a noi per i nostri meriti, ma perché abbiamo tanti demeriti. E’ un dono gratuito che porta con sé luce alla l’intelligenza per capire, forza alla volontà per essere coerenti, amore per il cuore per essere uomini e donne umani.
Questo dono vale per la vita presenta e vale anche per un’altra vita che non si consuma nel mondo con noi, ma vale per la vita presente perché possiamo essere umani. Questa grazia ci insegna a rinnegare l’empietà, a respingere i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà.
Ci insegna a rinnegare l’empietà. Che cos’è l’empietà? E’ tutto ciò che è contrario all’amore, alla bontà, alla comprensione vicendevole, al rispetto e quindi anche alla giustizia. I nostri cuori si sono fatti indifferenti, sono diventati insensibili. Siamo tanto deboli che facciamo l’abitudine a tutte le situazioni. C’è il pericolo di fare l’abitudine anche alle situazioni di violenza, se non stiamo attenti a rinnegare noi stessi. L’empietà che c’è in noi,
è la mancanza di sensibilità,
è la mancanza di comprensione,
è la mancanza di accoglimento,
è la mancanza della capacità di commuoverci,
è la mancanza di turbarci dinnanzi a ciò che fa soffrire il prossimo.
è mancanza di amore. Capite che questo vale per la vita presente, per la vita del mondo? Questa parola antica, scritta da un apostolo ad un suo discepolo duemila anni fa è attuale per i giorni nostri.
Ma il quadro non si chiude qui. La prospettiva non si ferma a questo mondo, ai giorni in cui abbiamo la sorte e la grazia di vivere in questo mondo. Se la prospettiva si chiudesse con la morte corporale e quindi totale di tutto il nostro essere, chi saremmo noi uomini intelligenti, coscienti, di fronte alla assurdità della morte, della sofferenza della ingiustizia? Tutto diventerebbe assurdo. Tutto avrebbe lo stesso significato perché il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il retto e il colpevole, tutto, alla fine si risolverebbe nel nulla. Ma la parola di Dio nella quale, stasera, cerchiamo una risposta, ci dice che siamo nell’attesa della beata speranza della manifestazione del nostro Dio e salvatore Gesù Cristo.
Quel bambino annunziato ai pastori che hanno potuto vederlo con i loro occhi e toccarlo con le loro mani, è cresciuto, ha percorso tutte le contrade della Palestina, ha parlato, ha dato la vista ai ciechi, l’udito ai sordi, la vita ai morti. E’ anche morto, ma è risuscitato e ci ha dato la garanzia che al di là di questa esistenza c’è un Padre, al di là di questa vita c’è una vita e questa nuova vita è la partecipazione alla vita stessa di Dio.
Miei cari, questo vale per chi celebra il Natale. Quel bambino è il dono di questa grazia e ci apre gli occhi per farci vedere come deve essere il nostro comportamento in questo mondo, che deve essere rinnegamento dell’egoismo ed espansione della bontà, dell’amore, ma con gli occhi rivolti alla speranza eterna di una vita, di cui ci ha dato la garanzia Gesù risorto, questo bambino potente, Dio forte, principe della pace.
Apriamo dunque il cuore alla speranza, coltiviamo nel cuore questa speranza. Non richiudiamo i nostri orizzonti agli spazi che possono abbracciare gli occhi o ai desideri mondani perché la vita sarebbe troppo piccola, tanto angusta e inumana. Rinasciamo con nostro Signore Gesù Cristo a Natale. A Natale nasce Gesù bambino nel mistero della stalla di Betlemme. A Natale nasce Gesù Cristo nel mistero del nostro Battesimo. A Natale nasce Gesù Cristo nel mistero della nostra celebrazione e nasce per crescere, per svilupparsi, per maturare.
Maturiamo! Non rimaniamo bambini nella fede! Diventiamo bambini nei sentimenti, nell’innocenza – se è possibile- nella tenerezza, nella chiarezza e limpidità dei sentimenti, ma vigorosi, forti, aperti e pronti ad affrontare qualsiasi ostacolo per affermare non noi stessi ma la nostra fede, la nostra speranza in Gesù Cristo nostro Signore.
Questo è il Natale. Questa è la nascita nuova che il vostro Vescovo, padre e fratello nella fede, vi augura di tutto cuore.
OM 694 Natale 80