La pienezza della lode della gloria di Dio è espressa nel mistero eucaristico; questo mistero, in sintonia con lo svolgimento e il contenuto di queste pagine, è eminentemente trinitario ed è la fonte dell’impegno della vita cristiana.
Le tre affermazioni appariranno evidenti nella struttura delle Preci Eucaristiche: la seconda è la piú semplice e la piú chiara. Leggiamola.
“Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito, perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore.
Egli, offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi. Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: Prendete, e bevetene tutti. questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me.
Celebrando il memoriale della morte e risurrezione dei tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua Presenza a compiere il servizio sacerdotale. Ti preghiamo umilmente: per la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.
Come si vede, il testo ha un andamento chiaramente e decisamente trinitario. Noi ci rivolgiamo al Padre perché effonda lo Spirito e lo Spirito trasformi i doni, il pane e il vino, nel corpo e sangue di Gesù Cristo.
Quindi l’eucaristia non si riduce alla sola presenza dei Cristo sotto i segni dei pane e del vino, ma è il termine della presenza e dell’azione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. L’evento dell’unità delle Divine Persone è attuale nella celebrazione della liturgia eucaristica, sorgente e culmine della loro storia e della loro opera.
Diventa pure chiaro che la trasformazione del pane nel corpo e del vino nel sangue di Gesù, mentre è significata dalle parole del racconto dell’ultima Cena, avviene tuttavia per l’azione del Padre che opera per mezzo del suo Spirito.
Si ha così un momento privilegiato della fede nel mistero trinitario, destinato a spalancare gli orizzonti sulla pienezza della divina Rivelazione.
La celebrazione eucaristica è il memoriale, cioè rende presente in modo solenne, della Morte e Risurrezione del Figlio di Dio. In passato si sosteneva che la Messa era l’atto con cui la Chiesa rinnovava il sacrificio della Croce; mentre è chiaro che si fa memoria di tutto il mistero di Gesù, della sua morte e della sua risurrezione: sarebbe vana la morte del Signore se Egli non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede e la predicazione del Vangelo (cf 1 Cor. 1 5, 14).
La Preghiera eucaristica continua con una affermazione che dà pieno senso alla Rivelazione e alla vita cristiana: la presenza del Padre e il servizio sacerdotale.
Abbiamo affermato che il Dio cristiano non è tanto un Dio esistente, ma un Dio presente. Il Padre realizza un momento della sua presenza in modo sacramentale, concreto e sensibile a questo punto della celebrazione eucaristica. La nostra gratitudine, con tutto il complesso dei sentimenti della fede è rivolta al Padre presente, che sta donandoci il Figlio nello Spirito.
Il popolo cristiano che è un popolo sacerdotale, in questo momento esercita il suo ministero, con l’offerta al Padre, nella grazia dello Spirito, del pane della vita e del calice della salvezza.
In questa prima parte della celebrazione chiediamo esplicitamente che lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo: una grazia che risponde al piano di Dio e al comando del Signore. Ogni celebrazione liturgica ha un senso comunitario e contiene una grazia particolare di comunione fraterna, per questo si chiama assemblea e attualizza un momento della Nuova Alleanza. E’ da notare che l’invocazione allo Spirito avviene in due momenti: prima della Consacrazione, perché santifichi i doni del pane e del vino; dopo la consacrazione perché santifichi l’assemblea.
La preghiera continua pregando per il Papa, per il Vescovo, per la chiesa perché sia perfetta nell’amore; prega per i nostri fratelli che si sono addormentati nella speranza della risurrezione; prega per noi tutti perché godiamo della misericordia di Dio per avere parte alla vita eterna insieme con la beata Vergine Maria e con tutti i santi.
Nel capitolo precedente ho tentato di mettere in evidenza il compito e il dovere primario della creatura umana di dare lode alla gloria. Le Preci Eucaristiche esprimono questa finalità: la lode della gloria di Dio non è il finale della celebrazione ma è il fine. Questo è un aspetto non ancora adeguatamente evangelizzato e non ancora entrato nella coscienza e nella spiritualità sia di molti celebranti come dei fedeli.
La Preghiera conclude: «per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen».
L’Amen conclusivo ha un significato incalcolabile. Si può affermare che l’assemblea vi esprime il culmine della sua prerogativa sacerdotale. E’ la ratifica di tutto ciò che è avvenuto nella celebrazione, è il “sì” a tutte le parole del celebrante, è la manifestazione del proposito di vivere fino in fondo il senso della vita cristiana. Per un motivo pedagogico mi permetterei di suggerire, che almeno nelle Messe festive, l’Amen sia cantato.
La celebrazione termina con la comunione eucaristica. Essa prende senso già dalla preghiera del Signore: il Padre nostro. Si tratta concretamente di figli raccolti intorno al Padre. Dal contesto, ciò che risulta piú significativo non sono le singole invocazioni, ma il grado di unione tra fratelli. A questo ci dispone l’atto che stiamo per compiere in risposta al comando del Signore: «prendete e mangiate»; «prendete e bevete».
Il corpo e il sangue di Cristo non sono una cosa, ma una persona. Prendere e mangiare sono l’espressione di una assimilazione destinata a fare una cosa sola: «come tu Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,22).
Senza forzature si può affermare che il modello della comunione eucaristica è la comunione delle Divine Persone.
La comunione non è un atto di devozione e tanto meno un momento di intimismo; ma è un rapporto vitale tra persone.
S. Agostino ha una espressione diventata classica: «prendi e mangia e non temere di trasformare me in te, ma sarò io a trasformare te in me» (Confessioni). Del resto San Paolo aveva già detto con chiarezza: «non sono piú io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).
Quindi è un evento di amore tra persone: le Divine Persone e la persona di tutti i partecipanti all’assemblea. E’ una cascata di amore: parte dal Padre, attraverso lo Spirito, si esprime nel mistero pasquale del Figlio e tende ad espandersi a tutti i fratelli e le sorelle. E’ lo Spirito Santo che ci immerge nel vortice travolgente dell’amore delle Divine Persone, al fine di rendere operante l’evento della Salvezza.
La comunione è il momento privilegiato nel quale ciascuno di noi diventa, in forma partecipata, modello e sorgente del mistero di Cristo, che tende a raggiungere tutti coloro che Dio vuole salvare e che incontriamo sulla nostra strada: siamo modello perché conformati a Cristo e quindi esemplari; siamo sorgente perché saturi della vita di Cristo diffondiamo la sua grazia; anche con la sola presenza.
In questo senso la comunione eucaristica diventa un impegno al servizio della diffusione e della crescita della vita cristiana.
Il servizio nella chiesa non è una semplice attività esteriore, ma una irradiazione del divino.
L’immersione nel divino non ci isola dal quotidiano, ma ci dà la capacità di leggere il senso delle situazioni e degli eventi e di scoprire i rimedi piú efficaci per orientarli secondo il Vangelo.
Quindi il servizio risponde al senso della Incarnazione: «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della beata Vergine Maria e si è fatto uomo».
Oggi si dà la massima importanza alla dimensione della testimonianza e si fa pacificamente coincidere con qualsiasi forma di impegno sociale o di servizio al prossimo: bisogna però evitare il pericolo dell’attivismo e dell’efficientismo e di credere che qualsiasi impegno, politico, economico, culturale possa sostituire l’opera della salvezza o renderla piú efficiente. Purtroppo questa mentalità è molto diffusa.
La testimonianza ha bisogno di essere interiorizzata e la comunione eucaristica deve essere sempre piú il punto di riferimento e la sorgente di ogni impegno cristiano: solo così si raggiunge lo scopo della salvezza che è quello di dare lode alla gloria di Dio e di adempiere il comando del Signore di amare i fratelli come lui ci ha amati