Natale in Sant’ Andrea-1969 – ore 11
Vorrei augurare il buon Natale non soltanto con la parola, ma soprattutto col cuore di un fratello posto dinnanzi a voi, per esercitare un servizio a Nostro Signore Gesù Cristo che vuole essere in ciascheduno di voi con il suo amore.
Siamo entrati in questo luogo sacro e siamo stati invitati ad entrare in noi stessi per incontrarci col nostro Dio poiché crediamo in Lui, e l’invito si fa insistente perché riconosciamo che siamo dei peccatori, siamo delle persone che non sono degne di stare dinnanzi alla santità di Dio, perché siamo dei figli che non si interessano ad un Padre così buono.
La Parola di Dio é caduta come un seme in questa disposizione di riconoscimento dello stato della nostra vita morale.
La Parola di Dio che é caduta come un seme in mezzo noi, é destinata proprio per sua natura a germogliare in ogni cuore.
La Parola di Dio però, é sempre una parola difficoltosa da intendere, perché non siamo abituati al linguaggio del Libro Sacro.
Molte delle letture che si fanno nelle nostre chiese sono enigmatiche e si fa fatica ad intenderle, allora qui si pone il ministero dei sacerdoti e del vescovo, per fare intendere ai propri fratelli qualche cosa del senso della Parola di Dio.
Abbiamo ascoltato il racconto della nascita di Gesù Bambino. Tutti noi siamo nella condizione dei pastori che hanno ricevuto l’invito di andare a vedere ciò che era accaduto. I pastori andarono e trovarono Maria, Giuseppe e il bambino posto in una mangiatoia. La loro attenzione, come era naturale, era tutta rivolta a quel bambino misterioso, una piccola debole creatura, manifestazione eloquente d’umiltà, un bambino povero non soltanto perché come gli altri bambini aveva bisogno di tutto ma perché intorno a lui non c’era niente. Non c’era niente anche per Giuseppe per la madre Maria. La fede ci illumina e ci guida, forse meglio di quanto non abbiano fatto gli angeli per i pastori, e ci scopre il mistero di questo bambino.
Questo bambino non si trova in quella condizione umilissima per forza di cose o per volontà degli uomini, ma perché ha scelto deliberatamente di assumere questa espressione sincera di umiltà profondissima. Questo Bambino non é povero di pane, perché il sistema in cui si é introdotto, é ingiusto e costringe molti alla povertà, ma ha scelto lui stesso d’essere povero. Ha scelto lui stesso, perché Egli esisteva prima del tempo, perché Egli é il padrone e il signore di tutti gli eventi, perché Egli é Dio in persona: la seconda Persona della Santissima Trinità.
Gesù, questo Bambino ha scelto liberamente di essere l’ultimo, il più piccolo, l’umiltà in persona; ha scelto di essere povero, il più povero, la povertà in persona perché aveva un compito da svolgere in mezzo a tutta l’umanità per tutti gli uomini. In tutti gli uomini, tra gli uomini, c’è ognuno di noi quindi, Dio ha fatto questo per ognuno di noi, per nostro amore, perché noi abbiamo bisogno di essere salvati. Miei cari fratelli, da che cosa abbiamo bisogno di essere salvati?
Abbiamo bisogno di essere salvati dal peccato, ma il peccato, in concreto, che cosa é?
Il peccato é l’orgoglio. Il peccato é il voler essere al di sopra degli altri, in concorrenza con gli altri, nella disposizione di sorprendere gli altri in errore. Il peccato è il volere emergere rispetto agli altri quindi, porre noi al di sopra e gli altri sotto a noi. Neppure al nostro livello, ma al di sotto! Pensate, miei cari, quanti di questi sentimenti trovano espressione nella nostra esistenza quotidiana! Dal vestito, alla casa, ai regali! Noi siamo degli orgogliosi e il Figlio di Dio viene in mezzo a noi come un piccolo bambino, come il più bisognoso d’aiuto, come il più povero dei poveri.
Il Figlio di Dio ci parla di povertà. Che parola sconcertante é mai la povertà! E’ la parola con cui il Cristo incomincia il suo discorso agli uomini: “Beati i poveri”! La parola povertà è sconcertante ma oggi è diventata di moda e noi dobbiamo difenderci dalla moda e penetrarne il senso autentico non tanto del termine, quanto del contenuto. Poveri davanti a Dio, significa prima di tutto riconoscere che abbiamo bisogno di tutto il perdono di Dio, significa riconoscere che tutto in noi e fuori di noi dipende da Dio, anche se abbiamo dei mezzi tecnici potentissimi. Più potenti sono i mezzi e più insicuri diventiamo noi, perché non sono le cose che ci fanno grandi. E’ Dio, il nostro creatore che, semmai, ci può fare grandi.
Poveri davanti a Dio, significa che abbiamo bisogno di Dio e non delle molte cose. In mezzo ai nostri fratelli nessuno vuole vedere la miseria. Neppure nostro Signore Gesù Cristo vuole la povertà come miseria, come indigenza, come bisogno. Nostro Signore Gesù Cristo vuole la povertà di quelli che hanno bisogno di essere liberati dal dominio, dalla schiavitù del possesso umiliante dei beni materiali, delle ricchezze. Gesù Cristo ci vuole padroni nel senso di signori e dominatori delle cose e non possessori.
Forse potrà sembrare un gioco di parole. Padrone o signore é colui che dispone delle cose con libertà senza esserne condizionato, senza essere vincolato nei suoi pensieri, nei suoi sentimenti, nelle sue decisioni. Possessori sono quelli che, in fin dei conti, sono posseduti dalle cose, sono condizionati dalle cose, fanno dipendere tutto il loro comportamento e tutti i loro sentimenti dalle cose, e, siccome le cose sono inanimate, siccome le cose sono materiali e sono grette, così abbiamo delle persone che sono grette, che non hanno sentimenti, che non hanno di cuore, che sono irrigidite nelle cose.
Gesù ci insegna l’umiltà e la povertà come atti d’amore perché ci vuole bene, perché vuole a noi tutto il bene che si può desiderare: il bene di tutto il nostro essere, il bene di tutta la nostra persona, il bene della nostra vita.
Gesù ci dà la grazia e il dono dell’umiltà. Gesù viene perché noi abbiamo l’altissima dignità di figli di Dio, quindi non schiavi, non egoisti, non ingiusti, non cattivi. Figli di un Padre buono, così infinitamente buono!
Gesù ci dice: siate perfetti, siate grandi, siate dignitosi, siate retti, siate soprattutto buoni come é buono il Padre vostro che é nei cieli, che fa piovere sul campo del giusto e sul campo di chi non é giusto, che fa sorgere il sole per i giusti e per gli ingiusti, perché é un padre che vuole bene a tutti i suoi figli. Ecco vedete che, sull’umiltà che ci insegna Gesù Cristo si erige la nostra vera vita, la vita dei figli di Dio. E questi figli di Dio si devono distinguere dalla bontà e devono dare una testimonianza che non può essere diversa da quella dell’amore.
Il Concilio richiama fortemente a tutti i membri del popolo di Dio che hanno la dignità di essere figli di Dio, hanno uguale impegno e uguale dovere di amare. Oggi, purtroppo ne siamo testimoni dolorosamente, c’è qualcuno dei nostri fratelli che crede di poter risolvere i problemi umani con la violenza. No. I problemi umani si risolvono con l’amore e l’amore non é debolezza. L’amore é forza. L’amore é la forza che prima di fare la giustizia degli altri, la opera in noi stessi.
Abbiamo bisogno di amore, non perché ci sia intorno a noi una vita pacifica, o per tacitare voci che gridano forse vendetta al cospetto di Dio. No. Di amore per impegnarci tutti in un’unica responsabilità, che é la responsabilità dei figli di Dio, che é la responsabilità dei membri del popolo di Dio, che é la nostra responsabilità personale che diventa più viva e più urgente proprio oggi.
OM 269 Natale 69 – S. Andrea-1969 – ore 11- pontificale