II testimoni
Questo tema si può considerare sotto molteplici aspetti; noi dobbiamo necessariamente restringere il nostro sguardo soltanto ad alcuni di questi aspetti, messi particolarmente in evidenza nei testi della divina Rivelazione.
Noi dobbiamo sempre tenere presente che parliamo di vangelo, di lieto annuncio e l’oggetto di questo lieto annuncio è la salvezza dell’uomo che deriva dall’amore di Dio, dalla sua misericordia, dal perdono e dalla tenerezza: è nella nostra vita e nella nostra esistenza che dobbiamo rendere evidente per i nostri fratelli questo vangelo, così in modo di sviluppare la dimensione missionaria.
La dottrina tradizionale proponeva il tema del buon esempio; il buon esempio riguarda principalmente la condotta esteriore del cristiano, mentre il nostro tema deve evidenziare essenzialmente l’aspetto interiore; di conseguenza non si può prescindere dalla presenza e dalla azione dello Spirito Santo in noi.
Come abbiamo già detto, lo Spirito Santo ci dà la testimonianza che siamo figli di Dio, ci introduce nel significato della vita cristiana tutta intera e soprattutto diffonde nei nostri cuori l’amore di Dio che riguarda le divine Persone e i nostri fratelli. Chi porta in sé questo Spirito diffonde la grazia con tutte le sue ricchezze a chiunque incontra sulla sua via: questo è estremamente importante per comprendere pienamente il significato della testimonianza che è soprattutto interiore.
Noi ci fermeremo prevalentemente sulla presenza e l’azione dello Spirito Santo, scegliendo tre temi biblici che comprendono globalmente tutto il nostro tema: la testimonianza, il modello e l’esempio.
La testimonianza
La testimonianza nella Sacra Scrittura è largamente trattata sotto l’aspetto giuridico: testimoniare specialmente in tribunale davanti al giudice. Noi invece incominciamo da Dio testimone di se stesso e di tutte le sue parole. Egli diventa il supremo testimone presso gli uomini, specialmente quando si rivolgono a Lui con il giuramento. La Bibbia presenta Dio come testimone di se stesso e di tutte le sue parole in particolare quando rivela a Mosè il proprio nome e quando attesta di essere il Dio unico. Egli dà anche testimonianza a riguardo dei Comandamenti racchiusi nella legge: per questo le tavole della Legge sono chiamate « testimonianza » e, collocate nell’Arca, ne fanno l’arca della testimonianza e il Tabernacolo diventa la dimora della testimonianza.
La testimonianza di Dio è presente nelle solenni attestazioni dei profeti, con le quali denunciano i peccati di Israele, per indurlo alla conversione. La testimonianza di Dio resa dai profeti è estesa a tutto il popolo, il quale è responsabile di testimoniare il Dio unico davanti a tutti i popoli in opposizione agli idoli. In questo senso la testimonianza assume un valore nettamente religioso.
Gesù in persona è il Testimone fedele, venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità. Egli testimonia ciò che ha visto e sentito presso il Padre, testimonia e dà le prove che egli stesso è Dio: la sua confessione dinanzi a Pilato è la suprema testimonianza che rende manifesto il disegno di Dio della salvezza.
Per continuare e rendere sempre presente nella chiesa e nel mondo questa testimonianza, egli costituisce i Dodici per la predicazione del Vangelo in tutto il mondo: gli Apostoli sono costituiti testimoni di Gesù; essi dovranno attestare solennemente davanti a tutti gli uomini i fatti avvenuti dal battesimo di Giovanni fino all’Ascensione di Gesù, e specialmente la sua risurrezione che ha coronato tutta la sua testimonianza, così che i Vangeli e tutti gli scritti apostolicisi possono chiamare una testimonianza.
Paolo sulla via di Damasco è costituito testimone di Gesù risorto specialmente dinanzi ai pagani: davanti a loro attesta dovunque la risurrezione di Gesù e la fede delle Comunità consiste nell’accettazione di questa testimonianza
Teniamo sempre presente che è lo Spirito Santo effuso su questi testimoni che rende possibile la comprensione del mistero contenuto nei fatti narrati.
È naturale che ogni credente è chiamato a diventare testimone della sua fede davanti ai propri fratelli e che la suprema testimonianza è il martirio, il quale non consiste necessariamente nell’effusione del sangue, ma nel dare il proprio sangue, goccia a goccia, ogni volta che si è chiamati ad attestare la propria fede dinanzi alle molteplici persecuzioni del mondo.
Il modello
Dio da perfetto educatore, per accondiscendere alla nostra debolezza propone dei modelli. Le affermazioni « siate perfetti come è perfetto il Padre vostro », « siate santi perché io sono santo », « siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso », sono da prendere nel loro giusto senso: da una parte va salvaguardata e tenuta presente la trascendenza di Dio che la creatura non può raggiungere,
dall’altra la vocazione del credente a tendere alla perfezione che consiste nella pienezza della carità.
La storia della salvezza è piena di questi modelli e i sapienti fanno sfilare davanti agli occhi dei loro discepoli queste figure esemplari: dai Patriarchi ai Profeti, da Giobbe a Tobia, da Ruth a Ester, ecc. I credenti hanno sotto i loro occhi i testimoni di cui abbiamo detto, devono imitare la fede dei loro padri e la condotta di coloro che sono modelli. Paolo esorta spesso i fedeli ad essere suoi imitatori; gli anziani siano, come lui, dei modelli affinché le loro comunità crescano nella fede.
Per il fedele c’è un solo modello perfetto, di cui gli altri sono il riflesso: Gesù Cristo. Si deve imitare Paolo perché Paolo imita Cristo: è grazie al Figlio di Dio che questi può imitare il suo Signore.
Teniamo sempre presente un essenziale principio di vita cristiana: Gesù Cristo non è soltanto modello, ma è sorgente di quella vita piena che egli ha portato sulla terra. Mi permetto di insistere su questo aspetto della vita di Gesù: da Lui non ci viene solo l’esempio, ma la forza, la vita, l’energia per poterlo imitare; ogni atteggiamento di Gesù contiene una grazia che come Capo comunica alle sue membra: Gesù umile ci comunica la grazia per essere umili, Gesù paziente ci comunica la grazia per essere pazienti, e così via. È evidente che ogni cristiano, che si rifà al modello di Dio e del suo Figlio Gesù Cristo, sotto l’azione dello Spirito Santo, deve a sua volta diventare modello per i suoi fratelli.
Gli esempi
I modelli ci sono offerti perché li riproduciamo nella nostra persona e nella nostra esistenza con le opere esemplari. Per non diffonderci oltre misura ricordiamo i modelli della carità, della povertà, dell’obbedienza e della castità.
Non insisto sul tema della carità che è già stato illustrato abbondantemente; riprendo invece i cosiddetti « consigli evangelici ».
L’idolo che si oppone più decisamente alla vita cristiana è il danaro. Gesù è esplicito nell’affermare che non si può servire Dio e mammona. L’idolo dei nostri tempi, dinanzi al quale la maggior parte degli uomini si prostra, impegna le proprie energie, mette al primo posto nell’ordine dei valori è il guadagno, il profitto, il benessere economico. Il danaro è l’idolo più deformante della persona umana, la quale piega la sua dignità non dinanzi alle persone ma alle cose.
Gesù dice esplicitamente che non è venuto per fare la sua volontà, ma la volontà del Padre e per fare questa volontà agonizza nel Getsemani e sulla croce fino al punto di non avvertire più la presenza del Padre e muore per compiere la volontà del Padre e salvare tutti gli uomini.
Sappiamo che questa obbedienza ha il suo riscontro nella risurrezione. L’orgoglio e la superbia ci impediscono di essere conformi alla volontà del Padre e di capire la lettera e lo Spirito del Vangelo.
La castità secondo il Vangelo è duplice: quella per il Regno che è riservata a coloro che la capiscono ed è un dono di Dio; la castità del Vangelo che consiste, oltre che nel dominio degli istinti, nel pensare, nel sentire, nel comportarsi secondo ciò che è positivo. È significativa l’esortazione di Paolo che afferma: « Fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri… e il Dio della pace sarà con voi » (Fil 4,88). È evidente allora che la castità può essere testimoniata solo all’interno di un cammino di conversione.
ST 393 Misericordia 88 – 03
15-16-17 ottobre 1987