Può sembrare un gioco di parole parlare della presenza di Dio, piuttosto che della sua esistenza. Eppure in ordine alla vita cristiana c’è una differenza essenziale.
Tutta la divina Rivelazione è un discorso su Dio presente. Il Concilio ha ripreso questo tema e ha dichiarato a grandi lettere: Dio nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con loro, per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé (cfr DV 2). La Bibbia è il racconto della storia di questa presenza.
A principio Dio si intrattiene con Adamo ed Eva e fa con loro dei lunghi discorsi; dopo il peccato ritorna ancora da loro e promette un liberatore; anche con Caino, dopo il suo grande peccato, si intrattiene e promette che non sarà vendicato. Dio dialoga con Noè al tempo del diluvio. E’ significativa e carica di promesse la presenza di Dio con i patriarchi: dalla confidente preghiera di Abramo a Dio perché salvi Sodoma e Gomorra, alle promesse fatte ad Abramo di una discendenza senza numero, alla nascita e al sacrificio di Isacco e alle nozze con Rebecca, alla visione della scala di Giacobbe: tutto costituisce la radice da cui spunterà Israele, il “popolo di Dio”; proprio questo popolo sarà definito dal “Dio con noi”.
La presenza di Dio diventerà imponente con Mosè: la storia del piú grande dei Patriarchi è tutta connessa con il Dio presente. Il suo impressionante inizio è al roveto ardente: da questo momento Dio entra sensibilmente in un rapporto personale con lui, garantito da segni portentosi. Egli dà a Mosè la missione di liberare il popolo di Israele dalla opprimente schiavitù degli egiziani: colpirà l’Egitto con piaghe spaventose che spezzeranno il cuore del Faraone, il quale finalmente lascerà partire gli Ebrei.
Da questo momento Dio accompagna il popolo di Israele con grandi portenti e manifesta la sua presenza con la nube, che protegge i fuggiaschi di giorno per difenderli dal sole del deserto, e con la colonna di fuoco che li guida durante la notte. La presenza di Dio diventerà incontenibile e spaventosa negli incontri tra Mosè e il suo Dio sul monte Sinai. La maestà del monte sarà percorsa dai sussulti fragorosi del tuono e dei lampi che la incendieranno, e la voce che parla avrà il suono squillante di una tromba potente: è la voce di Dio che parla a Mosè per disporre il popolo al solenne evento dell’Alleanza.
Viene costruita la tenda, secondo le indicazioni di Dio, per contenere l’Arca dell’Alleanza e Dio manifesterà la sua presenza, quando Mosè entra nella tenda avvolgendola con la nube.
Con segni particolari della sua presenza e della sua potenza, Dio chiama, illumina e manda in mezzo al popolo i Profeti, perché si converta e ritorni a Lui.
Il “Dio con noi” avrà la sua pienezza e il suo culmine con la incarnazione del Verbo nel seno della Vergine Maria.
La presenza nel mondo del Figlio di Dio fatto uomo a Betlemme è rivelata dagli angeli che cantano gloria a Dio e pace agli uomini, dalla venuta dei pastori e dalla adorazione dei Magi; è proclamata in modo unico e solenne al Giordano, dove Gesú è indicato da Giovanni come colui che toglie il peccato dal mondo, e dove la voce del Padre lo dichiara suo Figlio diletto, mentre lo Spirito Santo si posa su di lui visibilmente in forma di colomba.
Il “Dio con noi” si manifesta in modo irrefutabile durante tutta la sua vita pubblica: con il suo continuo riferimento al Padre e con la lieta novella che Dio è nostro Padre, con la sua dottrina che nessuno aveva mai udito e particolarmente con i miracoli. I grandi misteri della passione, morte, risurrezione sono la prova estrema della presenza di Dio nel suo Figlio, il quale concluderà la sua missione con la promessa « ecco io sarò con voi fino alla fine dei secoli » (Mt 28, 20).
Il ritorno di Gesú in cielo non segna la fine della presenza di Dio in mezzo agli uomini; questa continua nel mistero, nella vita e nel ministero della chiesa: quando la chiesa parla è Dio che parla; quando la chiesa celebra le sue azioni liturgiche è il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo che unifica nella carità è Dio che coinvolge nell’amore verso di sé, verso i fratelli e verso tutte le creature.
Con una espressione inconsueta si può affermare che il Dio cristiano ha la sua “geografia”. Percorrere il deserto dal mare Rosso al Sinai, visitare i luoghi significativi della Palestina non ha lo stesso senso che visitare Tebe, Cartagine, Roma, Londra: questi sono semplici richiami della memoria, quelli sono segni di una presenza di vita che continua, particolarmente in chi crede. Questa è la testimonianza di innumerevoli pellegrini e la mia personale.
La mia lunga esposizione ha lo scopo di mettere in evidenza, ancora una volta, che la vita cristiana non consiste nella osservanza della legge, ma nel rapporto personale con il Padre e con il Figlio e con lo Spirito Santo: Dio, dal monte Oreb al Cenacolo, è Dio con ognuna delle nostre persone, e ha promesso che verrà e stabilirà la sua dimora in noi (cfr Gv 14, 23).
Il Dio presente dà una forza e una grazia di conformità al suo Essere, molto piú impegnativa che la pura manifestazione della sua volontà, espressa nella Legge.
Ora è necessario un rilievo decisivo: la presenza di Dio non è soltanto l’effetto della sua potenza e della sua sapienza, ma è anche legata gioiosamente allo splendore della sua bontà e della sua tenerezza, è legata all’opera meravigliosa di tutta la salvezza dal male, dal dolore, dal peccato e dalla morte.
Solo così si spiega l’invocazione che percorre tutta la Bibbia: « vedere il volto di Dio ».
La vicenda del vedere il volto di Dio ha il suo inizio drammatico nel dialogo di Mosè con il suo Dio sul monte Sinai: « disse il Signore a Mosè: anche quanto hai detto io farò perché hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome. Gli disse (Mosè): mostrami la tua Gloria! Rispose (Dio): farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore, davanti a te… Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo. Aggiunse il Signore: ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere » (Es 33, 17-23).
La presenza di Dio è così indicibile e incontenibile che, nonostante si sappia che vedere Dio significa morire, l’anelito di vedere il volto di Dio rimane il desiderio piú potente dell’uomo biblico.
L’anelito della visione è particolarmente espresso nei Salmi; mentre da una parte è un desiderio che si sa inappagabile, dall’altra è legittimo come speranza: è il paradosso del Dio trascendente che entra nella vita della creatura.
Riporto alcune espressioni dei Salmi a modo di indicazione: « fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?» (Sal 12); « Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe » (Sal 23); « Di te ha detto il mio cuore: cercate il mio volto; il tuo volto, Signore, io cerco » (Sal 26); « fai splendere il tuo volto sul tuo servo, salvami per la tua misericordia » (Sal 30); « L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il tuo volto? » (Sal 4 I); « Rispondimi, Signore, benefica è la tua grazia; volgiti a me nella tua grande tenerezza. Non nascondere il tuo volto al tuo servo » (Sal 68); « Rialzaci, Signore, nostro Dio, fai splendere il tuo volto e noi saremo salvi » (Sal 70).
Il tema del volto di Dio e della sua presenza avrà il suo peso nel Nuovo Testamento. Intanto il profeta dice del Messia: « Tu sei il piú bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia » (Sal 44).
Gesú conferma la dottrina dell’Antico Testamento, e dichiara che in lui, sia pure nell’enigma e nel mistero, Dio si è fatto visibile: « Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato » (Gv 1, 18). Quindi Gesú alimenta il desiderio di vedere il volto di Dio: come abbiamo già notato, egli parla così bene e con tanto entusiasmo e gioia del Padre, che Filippo, a nome dei discepoli, gli chiede: « Signore, mostraci il Padre e ci basta » (Gv 14, 8). Conosciamo la risposta di Gesú: « chi ha visto me ha visto il Padre » (Gv 14, 9).
Si legge nei Vangeli un episodio enigmatico che conferma tutta la dottrina rivelata e riassume tutti i desideri di vedere il volto di Dio: è il mistero della Trasfigurazione. Sul monte Tabor, Gesú si trasfigura davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni: « il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui » (Mt 17, 2-3). Qui i grandi protagonisti dell’Antico Testamento rendono testimonianza, insieme a Gesú, della presenza della Gloria di Dio. Con questa rivelazione Gesú vuole confermare i suoi apostoli in vista della sua passione. Ma è significativo ]che la chiesa orientale sostenga che la Trasfigurazione non è un episodio isolato, ma costituisca la condizione abituale del Salvatore.
La trasfigurazione di Gesú è una proiezione della gloria futura, alla quale noi tutti credenti siamo incamminati, secondo le parole di Paolo: « e noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore » (2 Cor 3, 18), « il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso » (Fil 3, 21).
Come si vede, il tema del Dio presente termina con l’azione dello Spirito Santo, il quale porta a compimento nelle nostre persone la gloria del volto di Dio in ogni istante della nostra esistenza cristiana.
In conclusione, noi dobbiamo lasciarci raggiungere da questa presenza e pensare decisamente che non siamo noi a metterci e a stare alla presenza di Dio. E’ Dio presente che, se bene inteso, crea in noi il bisogno di stare attenti e disponibili davanti al suo volto.