Epifania 1967 – in Cattedrale a Monopoli
Miei cari, celebriamo l’Epifania, la manifestazione di Gesù, la manifestazione del Figlio di Dio fatto uomo, la manifestazione di Gesù Cristo Figlio di Dio. Ripetutamente al nostro orecchio é arrivato l’annuncio della liturgia che ripete a noi le parole del Signore:
é apparsa l’esistenza e la gloria del Salvatore nostro Gesù Cristo.
Tutto il ciclo delle feste natalizie con l’aggiunta della festa odierna è la celebrazione della manifestazione, della comparsa nel mondo, della rivelazione di questo fatto atteso nei secoli, oggetto delle speranze del popolo di Dio e delle speranze incoscie di tutti i popoli. Sarebbe dovuto venire un Salvatore e l’annuncio di questa promessa era espresso nei termini più comprensibili, per esprimere anche sensibilmente il senso di sollievo, di gioia, di pienezza di gaudio che avrebbe accompagnato questo avvenimento.
I termini sono quelli della luce. La luce dopo la notte, il giorno dopo le tenebre é come la vita dopo la morte, è come la pienezza dopo il vuoto, è come la gioia dopo la tristezza. E Dio é la luce di questo mondo. Dio nel suo atto creativo separa le tenebre dalla luce e secondo il rito della comparsa e scomparsa della luce é segnata tutta la nostra esistenza che ha un termine, che non vuole la notte, che rifiuta le tenebre, che ha orrore della notte e cerca affannosamente la luce e si aggrappa ad ogni accenno di luce.
E la luce finalmente risplende. La luce é in mezzo a noi: “lux magna descendit de coelo” si canta in questi giorni. Una grande luce é discesa dal cielo e questa luce é Gesù Cristo, questa luce é il Figlio del Padre, questa luce é la luminosità del Padre, questa luce é la gloria piena di splendore della sostanza stessa del Padre. Questa luce é con noi.
Domani dice il profeta, la luce sarà con voi. Questo domani del Profeta é un domani lungo nel tempo, ma é un domani che si é verificato nei tempi nuovi, che si é verificato per noi ed é il Cristo: il bambino che diventa grande, il bambino che cresce in età e in sapienza e in grazia, il bambino che si proclamerà: “Io sono la luce del mondo”.
E Gesù, luce del mondo, viene per rischiarare gli uomini. La luce é venuta nel mondo e tutti quelli che ricevono questa luce diventano figli di Dio. Quando Gesù incomincerà a parlare per dare inizio al suo vangelo, cioè al suo ministero di luce, di illuminazione, dirà ai suoi discepoli: “voi siete la luce del mondo”; il mondo intero veda le opere vostre e glorifichi il Padre che sta nei cieli perché voi siete la luce del mondo. Miei cari, in queste brevi parole cerchiamo di capire il senso di questa discesa della luce grande che inonda il mondo intero per portarci la salvezza.
Luce é il Padre che discende in mezzo al mondo nella luminosità del Figlio suo. Il Figlio illumina i credenti e quelli che credono nella luce, cioè in Gesù Cristo,devono diventare a loro volta luce per tutti i fratelli, luce per tutto il mondo.
Questo linguaggio della Scrittura, però, va inteso bene. Non ha soltanto in un significato simbolico, descrittivo, espresso attraverso un linguaggio pittoresco, poetico, ma va inteso in tutto il suo realismo. Secondo il linguaggio della Scrittura: – la luce corrisponde al momento della Vita, – la Vita produce la Verità, – la Verità produce la Salvezza.
Non posso illustrare tutti questi concetti e la loro relazione questa mattina, ma voi cercate di intendere.
La luce di Dio é la sua stessa vita. Il Cristo che dice: “Io sono la luce del mondo”, dice anche, “Io sono la vita” e “sono venuto per portare la vita”. E, la vita che porta nostro Signore Gesù Cristo é la sua grazia, é la sua carità, é la sua luminosità comunicata agli uomini, é la sua sostanza, é la sua Verità. E la sua Verità non é una verità semplicemente astratta o una verità nobile, come si suol dire, ma é una verità di cose vere, è una verità fatta di cose vere.
Ora la luce che ci porta nostro Signore Gesù Cristo, deve essere la verità della nostra stessa esistenza per cui siamo luminosi dal momento che abbiamo accolto nostro Signore Gesù Cristo e abbiamo la ventura di essere figli di Dio non soltanto di nome ma di fatto. Allora ci incombe il dovere, l’obbligo di diventare a nostra volta, luce per gli altri, vita per gli altri, verità per gli altri, quindi: calore di grazia e di salvezza per gli altri. La religione cristiana: non é fatta per gli individui solitari, non è fatta per vivere indipendentemente da tutti gli altri che vivono in questo mondo, non è fatta per vivere indipendentemente da tutti gli altri che sono i figli di Dio. No.
La nostra religione é la religione dell’uomo, é la religione di tutti gli uomini, é la religione delle creature di Dio. Di tutte le creature di Dio! é la religione di tutti i figli di Dio: di quelli che già lo sono, di quelli che lo diverranno proprio attraverso quella luce che sarà riflessa tra di noi e che noi a nostra volta riflettiamo sui nostri fratelli. “Videant” dice nostro Signore Gesù Cristo. Vedano le opere buone e glorifichino il Padre, e conoscano il Padre, e giungano anch’essi alla fede per lodarlo con tutti i popoli, in tutte le nazioni, in mezzo a tutte le creature e costituire insieme la grande famiglia dei figli di Dio.
Io mi domando, e ci domandiamo insieme questa mattina: dov’é la luminosità che deve risplendere nelle nostre opere perché i nostri fratelli e tutto il mondo abbia a riconoscere e glorificare iddio? La nostra luminosità, la nostra luce deve sprigionarsi secondo il desiderio di Dio espresso da san Giovanni: dalla manifestazione concreta del calore della nostra carità.
L’epifania in tutto il mondo – anche nel mondo non credente é legata per delle coincidenze storiche, a graziose tradizioni di costume, all’abitudine di assumere, noi grandi, una funzione fisica di una figura fiabesca che rallegra normalmente in un modo indicibile i nostri piccoli. La parte migliore di noi stessi e di ogni bambino si può dire nel mondo civile, questa mattina si é destata lieta, più o meno sorpresa secondo l’età, per la gioia di trovare qualche cosa che almeno per una giornata renderà lieto.
Proprio pochi minuti fa davanti a me passava un bambino con una pistola in mano. Va bene. Quel bambino è felice e i grandi sono felici della felicità dei loro piccoli. E’ una bella cosa. Però, é una bella cosa che, come tutte le cose di noi uomini, può diventare manifestazione di egoismo e di vanità, invece che di amore.
Miei cari, vorrei attirare la vostra attenzione su questo punto. Siete pochi. Al pontificale ormai viene poca gente. Siete pochi, ma guardate che vi incombe ancora di più il dovere di essere luce per gli altri, di propagandare questa parola del Signore che voi ascoltate e che io sono sicuro ritenete benissimo nel vostro cuore. Il punto su cui voglio richiamarvi é questo. Quanto si sarà speso a Monopoli, fino ieri sera, per offrire motivi di gioia ai bambini? Ed é una bella cosa! Ma io mi riferisco alle cose inutili, alle cose che possono fare male alla salute e allo spirito.
Quanti saranno stati i genitori che, accalcati ai luoghi di vendita per assicurarsi l’oggetto della befana dei loro piccoli, avranno pensato ai bambini di tutto il mondo? Quanti saranno stati i genitori di Monopoli che hanno pensato ai bambini che non hanno nutrimento, vestito e pace, ai bambini che non hanno padre e madre anche se hanno vestito, pace e nutrimento? Miei cari, non possiamo essere cristiani se rimaniamo soltanto: nell’ambito degli interessi della nostra persona, nell’ambito degli interessi della nostra casa, nell’ambito degli interessi della cerchia delle nostre parentele, delle amicizie e conoscenze. E’ sempre stato così, ma oggi lo é in modo preminente.
Ogni nostro progetto, ogni nostro sentimento, ogni nostro pensiero deve abbracciare tutto il mondo se crediamo in Dio, perché Dio é Padre mio ed é Padre dell’ultimo africano o asiatico che languisce per la fame o per l’inedia o per la malattia. Anche se non cristiano, basterebbe essere uomo, basterebbe essere donna per capire che non posso sciupare, non posso buttare via, ignorando chi ha estremamente bisogno.
Non voglio sentire dire: -questi sono giorni belli e faccio come voglio-. Se la vita della creatura umana viene prima dei giorni belli, viene prima dei “miei conti” ed viene prima di tutti i miei interessi, allora il mio cuore é un cuore di uomo, e se il mio cuore é il cuore di un cristiano deve essere aperto alla visione di tutti i bambini del mondo.
Oggi c’é la questua per la santa infanzia. In altre parole, c’è la questua per i bambini di tutto il mondo, in particolare del mondo missionario. Se noi chiedessimo a voi, che venite in chiesa, di dare tanto quanto avete speso per i vostri bambini… di dare la metà…di dare la decima parte….oserei dire che sarei già contento. Date la centesima parte di quello che avete speso per i vostri bambini e i missionari di tutto il mondo, chissà per quanti giorni avranno latte, pane, vestiti per i bambini e farli stare meglio. E’ giusto che i nostri bambini siano soffocati dai giocattoli e annoiati per i propri giocattoli e altri bambini muoiano di fame?
Pensiamoci un po’ davanti a Gesù Bambino. Noi che pretendiamo che Lui sia il nostro salvatore, noi che attendiamo che Lui muoia in croce per noi, noi che attendiamo da Lui la risurrezione e la vita, noi che attendiamo da Lui la luce del mondo eterno, possiamo chiudere il cuore egoisticamente nella cerchia dei nostri piccoli interessi? Possiamo non estendere i nostri sentimenti e le opere che devono derivare dai nostri sentimenti a tutti gli altri? Possiamo escludere i bambini di tutto il mondo? Domandiamocelo sinceramente, con lealtà, con la forza di convertirci, con la volontà di cambiare i nostri modi di pensare e di cambiare anche le espressioni del nostro costume, perché chi ci vede possa guardare a noi come al candelabro posto in alto ad illuminare tutti quelli che stanno nella casa di Dio, nel mondo intero.
OM 63 Epifania 1967