Canneto 9 aprile 1972 ore 17.30
1986 America
Vedo la vostra chiesa gremita. Forse quelli che sono in fondo non hanno neppure la possibilità di entrare. E’ un conforto vedere tanta gente in chiesa: vuol dire che ci sono ancora dei cristiani, vuol dire che ci sono ancora dei credenti. Ma, miei cari, per poter dire che noi siamo credenti in Gesù Cristo e che perciò siamo dei cristiani, noi abbiamo bisogno di confrontarci con la Parola del Signore.
Non è sufficiente che noi constatiamo se veniamo o non veniamo in chiesa e come veniamo in chiesa. Il fatto di venire e di essere in chiesa potrebbe essere un fatto puramente professionale, o puramente materiale. Invece, il fatto di essere credenti, cioè seguaci di nostro Signore Gesù Cristo importa ben altro.
Io questa sera in mezzo a voi e con voi, voglio fare un esame del nostro comportamento, un esame del nostro atteggiamento profondo, quello che sta alla radice della nostra persona e della nostra vita, per renderci conto se siamo cristiani, per renderci conto in quale misura noi siamo cristiani e conseguentemente, per prendere quelle decisioni che sono indispensabili perché di fronte alla chiesa e di fronte a Dio e di fronte al mondo e in particolare di fronte a questi ragazzi e a queste nostre ragazze che oggi ricevono la santa Cresima, possiamo sentirci tranquilli. Possiamo sentirci al nostro posto se il gesto di venire in chiesa corrisponde a qualche cosa che realmente è dentro di noi, perché è veramente nostro. Per fare questo esame ci aiuta la Parola di Dio.
E’ dalla Parola di Dio che il nostro Cristianesimo deve essere giudicato. Abbiamo celebrata insieme questa parola del Signore. L’Apostolo Pietro dice ai seguaci di Gesù Cristo, ai fedeli di Gerusalemme: “Voi siete ricolmi di gioia”. Io rivolgo a me stesso e a ciascheduno di voi la domanda: veramente oggi siete ricolmi di gioia? C’è veramente dentro di voi un motivo di gioia, oggi? Non lo chiedo a questi bambini e a queste bambine, perché potrebbero avere tanti motivi di gioia: il vestito, il ricevimento, i parenti e tante altre motivazioni. Lo chiedo a me stesso e lo chiedo a ciascheduno di voi adulti, lo chiedo ai papà e alle mamme, lo chiedo a tutta la comunità parrocchiale. Noi siamo della gente contenta, della gente soddisfatta. Siamo della gente che ha un sostegno sicuro, per dare senso alla propria esistenza? E questo sostegno sicuro, questa motivazione profonda è quella che ci è indicata dallo stesso apostolo Pietro e che l’apostolo Pietro constatava nei seguaci di nostro Signore Gesù Cristo, nella comunità di Gerusalemme?
Essi erano ricolmi di gioia per questo fatto: avevano coscienza che Dio, per la sua misericordia, ha mandato in questo mondo il suo Figliolo a redimere i nostri peccati, a distruggere la morte, a portare una nuova vita.
Iddio nella sua misericordia ci fa rinascere, ci dà qualche cosa di concreto che si instaura nella nostra persona e la trasforma radicalmente in conseguenza della morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Per cui noi, ciascheduno di noi, personalmente, non è nato semplicemente alla vita umana ricevuta da un padre e da una madre di questa terra, ma anche a una nuova vita, reale come la prima, vera come la prima: alla vita dei figli di Dio, alla vita di nostro Signore Gesù cristo, per cui Dio è nostro Padre, come padre é il nostro papà, come madre é la nostra mamma.
Il papà e la mamma ci hanno generati con il loro amore e Dio con l’amore con cui ha mandato il suo Figlio nel mondo a morire per noi, fa di noi le nuove creature. Noi per la morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo siamo nuove creature, nate dall’acqua e dallo Spirito Santo nel giorno del battesimo e siamo nuove creature conformate in questa esistenza nuova con il dono definitivo dello Spirito Santo con la cresima. Con la cresima, questa nostra vita è destinata a svilupparsi, a crescere, a maturare, a dare i suoi frutti innanzi a tutti gli uomini, innanzi a tutti i fratelli, innanzi a tutta la creazione.
Dio ha fatto così bene la sua creazione! Io non dimentico dove sono. Non dimentico le vostre colture, le vostre belle campagne e mi presento davanti a voi questa sera e vi dico che il mondo é bello, è meraviglioso, è grande. Vi dico anche che il mondo é fatto per l’uomo. Il mondo è per l’uomo. Ma tutte queste cose chi le ha fatte? Chi ha dotato l’uomo d’intelligenza per guardare il mondo?
Dio all’uomo ha dato anche qualche cosa di più oltre la bellezza e l’intelligenza per la sua persona, per l’essenziale della sua persona, per la sostanza della sua persona. Ha dato qualche cosa di infinitamente più stupendo, di infinitamente più grande, di infinitamente più bello della creazione intera. Ha dato la sua stessa vita, attraverso il mistero della Passione e morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo e perciò: ciascheduno di noi è figlio di Dio, ciascheduno di noi ha una bellezza straordinaria, incomparabile di fronte al mondo intero.
Noi siamo le creature predilette di Dio. Noi siamo i figli di Dio. Dio ci ha amati e ci ha accolti. Noi abbiamo il compito di prendere coscienza di questo tesoro e dobbiamo anche prendere coscienza della responsabilità che abbiamo di fronte agli altri.
Per gli altri noi dobbiamo essere delle persone che in se stesse, nell’intimo della loro natura, nell’intimo di loro stessi, portano qualche cosa che ha: un significato nuovo per il mondo, un significato nuovo per tutti gli uomini nostri fratelli. un significato nuovo di salvezza per la dignità dell’uomo, un significato nuovo di salvezza per i diritti dell’uomo, perché l’uomo sia al vertice di tutti i valori che esistono. I valori politici, economici, culturali, scientifici, cosmici devono servire all’uomo, perché l’uomo sta nel cuore di Dio, perché solo l’uomo è figlio di Dio.
Che Dio è Padre lo capite molto bene. In un certo qual senso ve lo fa capire anche il vostro “pretino”. Ma, come può avere senso questo discorso? Come possiamo prendere coscienza di questa realtà, di cui siamo dotati da Dio? Questa realtà come può avere un influsso nella nostra vita cristiana, nel nostro comportamento abituale? Come possiamo alimentare il senso di responsabilità che abbiamo di fronte ai nostri fratelli, dinanzi al mondo e dinanzi al creato?
Non so se riuscirò a farmi capire. Di tutto quanto abbiamo detto fino questo punto, noi dobbiamo fare l’esperienza. Noi, quotidianamente, facciamo una nostra esperienza. Noi, quotidianamente, nella nostra mente raccogliamo parole, ricordi, immagini. Noi, quotidianamente, siamo sollecitati a prendere un atteggiamento dai nostri fratelli che si presentano alla nostra attenzione. Questa è la nostra esperienza abituale.
L’esperienza dei figli di Dio dove la facciamo? Quando la facciamo? Bisogna riconoscere che siamo molto lontani da questa esperienza. Voi direte: ma é possibile fare un’esperienza di questo tipo? E’ possibile arrivare ad avere una coscienza chiara del nostro essere di figli di Dio, della nostra dignità di figli di Dio, del valore della nostra esistenza di cristiani, della grandezza del compito che abbiamo in mezzo al mondo e dinanzi a tutto il creato, così da assolvere a questo compito? Io vi rispondo di sì.
Vi rispondo di sì e non so se la risposta vi soddisfa. Non so se questa risposta diventa un fatto possibile per la vostra esistenza, però io sono sicuro della risposta, perché non è parola mia. La risposta che vi dò è la Parola di Dio, è la Parola registrata nella Sacra Scrittura, nel libro di Dio, è la Parola del Vangelo, è la Parola di nostro Signore Gesù Cristo, è la Parola dell’esperienza di cui parla l’apostolo Pietro. Perché i primi cristiani – noi siamo soliti usare questa espressione – non erano più perfetti di quanto non lo siano i cristiani di oggi che prendono sul serio la fede? Perché il cristianesimo ha fatto dei progressi. Oggi chi prende il cristianesimo sul serio, é un cristiano più completo di quanto non lo fossero i primi cristiani. Ma voi della fede cristiana che cosa ne avete fatto?
Ecco che cosa ci dice la Parola del Signore: “i fratelli erano perseveranti nella predicazione degli apostoli, nell’unione, nella frazione del pane, nella preghiera”. Vogliamo essere cristiani? E allora dobbiamo fare quelle cose che sono indispensabili: per mantenere viva la nostra fede, per rendere possibile in noi la coscienza della nostra dignità di figli di Dio, per essere costruiti dall’esperienza che è valida per la vita di coloro che credono in nostro Signore Gesù Cristo, che si sentono figli di Dio.
Gli Atti degli Apostoli riferiscono che i fratelli, i credenti, erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli. Dico a voi: se la Parola di Dio non diventa la Parola che risuona con più frequenza, con più evidenza, con più incisività nel nostro spirito, nel nostro spirito rimangono altre parole e allora la visione cristiana della vita si spegne. Rimane la pratica della vita cristiana, ma non rimane la vita cristiana. Rimangono le tradizioni cristiane, ma non rimane il Cristianesimo nelle nostre persone.
Gli Atti degli Apostoli dicono che erano perseveranti nella preghiera e nella frazione del pane. Miei,cari, io vi rivolgo questa domanda: pregate? Pregare ha un significato ben preciso. Pregare vuol dire rivolgersi a Dio nella fede e con molta semplicità. Pregare é incontrarsi con quel Dio personale, che é il Padre, che è Gesù Cristo, che è lo Spirito, che ci ha fatto rinascere nel Battesimo e ci ha confermati nella Cresima.
Pregare non è soltanto recitare tanti “Padre nostro”… può servire… Pregare è incontrarsi con Dio. Pregare è stare per qualche spazio di tempo con Dio. Non si può fare l’esperienza di una vita di figli di Dio, quando non si sta col Padre, pensando al suo amore, pensando a quello che ha fatto per noi, pensando a quello che vuole farci prendere coscienza: di essere figli di un unico Padre.
La preghiera è un bisogno fondamentale, essenziale della nostra vita, per mantenere il contatto con Dio, per poter stabilire dei rapporti personali con Lui. Questo importa la preghiera e capite come possa essere sperimentabile il cristianesimo come rapporto di figli col Padre e con Gesù Cristo sotto l’azione dello Spirito Santo.
C’è una terza cosa: erano perseveranti nello stare insieme. Nello stare insieme tra persone che credevano, nello stare insieme tra persone che pregavano, nello stare insieme tra persone che si nutrivano del Corpo e del Sangue del Signore nostro Gesù Cristo, tra persone che frequentavano i sacramenti. Noi non siamo fatti per essere dei cristiani isolati. Noi non siamo fatti per essere dei cedenti per nostro conto. Noi siamo fatti per essere famiglia dei figli di Dio. Noi siamo fatti per vivere una vita di amore insieme. Noi siamo fatti per vivere una vita di fede insieme. Noi siamo fatti per vivere una vita di speranza insieme.
Senza gli altri noi non possiamo fare un’esperienza di vera vita cristiana. Queste realtà devono cominciare dalla famiglia dove i piccoli hanno la prima educazione cristiana. Nella famiglia bisogna fare insieme la propria esperienza cristiana, ma le famiglie devono essere sempre delle comunità aperte. Allora ci sono tutte le condizioni per vivere un autentico cristianesimo.
Direte: è venuto qui per fare la Cresima, ci ha fatto una lunga predica e non ci ha fatto capire niente. Ecco, siamo stanchi e la Cresima dove l’ha lasciata? La Cresima è qui: nella Passione e morte e risurrezione, nostro Signore Gesù Cristo ci dona il suo Spirito, perché noi abbiamo ad intendere a quale prezzo siamo stati resi figli di Dio e sia chiaro, perciò, il nostro impegno di cristiani autentici.
Ecco allora come tutti siamo impegnati veramente a pregare, dopo aver ascoltato la Parola di Dio, perché lo Spirito Santo si ridesti in tutte le vostre coscienze, nella coscienza di ciascheduno, perché lo Spirito Santo scenda e conforti questi piccoli, i quali hanno tutto il diritto di trovare accanto a loro il sostegno, che deve venire dalla famiglia e dalla comunità parrocchiale nelle quali essi compiono la loro esperienza cristiana.
OM 575 Canneto 72
Canneto, 9 – 4 – 1972