Sabato 8 Febbraio 1969 incontro CIF sul tema: Chiesa – Trinità – Eucarestia
Da qualche mese sono all’opera per tenere un discorso a tutta la Diocesi. Mi pare che sia il discorso fondamentale da cui dobbiamo partire per continuare tutti i discorsi degli anni successivi, che il Signore ci darà da trascorrere insieme. Cioè, mi pare che nella vita della Chiesa ci veniamo a trovare in un momento di sintesi dei grandi misteri del cristianesimo.
Quando si dice sintesi, convergere, unificarsi dei grandi misteri del cristianesimo, si dice necessariamente: momento di intensità di vita. Quando c’è sintesi tra i viventi c’è un’espressione di vitalità. Il punto in cui i genitori, i figli, gli insegnanti, gli alunni avranno superato il momento dialettico e saranno arrivati alla sintesi, quello sarà il momento esistenziale pieno e felice.
Questa sintesi da quali avvenimenti nasce? Nasce da un dono di Dio. E’ una grazia che Iddio concede alla sua Chiesa nei nostri tempi. E’ una grazia che ha la sua storia evidente per tutti, anche se necessariamente ha dei precedenti con il pontificato di Papa Giovanni, con la celebrazione del Concilio, con il pontificato di Paolo VI, con tutta l’attività postconciliare.
Tutti i documenti del Magistero della Chiesa, da Papa Giovanni ai giorni nostri, portano la nostra attenzione sul mistero cristiano concepito come mistero ecclesiale. Il Concilio ha posto la Chiesa al centro del suo insegnamento. Si è preoccupato del rinnovamento, di un aggiornamento, di un ritorno della Chiesa alle sue sorgenti perché corrisponda all’immagine, alla realtà che si è proposto nostro Signore Gesù Cristo nell’adempiere la volontà del Padre e nel mandare il suo Spirito in mezzo agli uomini. Ma questa realtà in cui si incentra la vita cristiana, che è la Chiesa, ha alle sue spalle tutta un’altra realtà da cui la Chiesa prende consistenza e capacità: le Divine Persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Il Padre il Figlio e lo Spirito Santo, che sono la sorgente e il modello della vita della chiesa, sono presenti in un altro mistero della nostra fede: il mistero eucaristico che noi molte volte abbiamo considerato più come un mistero per la nostra devozione che come mistero profondamente vitale, quindi dinamico, attivo strumento dell’azione del Padre del Figlio e dello Spirito Santo per realizzare quel disegno che termina alla Chiesa. Partiamo da questa realtà terminale del piano di Dio: la Chiesa come l’ ha concepita Iddio e non come l’abbiamo concepita noi.
Iddio ha concepito la Chiesa: come Popolo di Dio, come Corpo del Figlio suo, come Tempio del suo Spirito. Sono le tre grandi immagini bibliche con cui la Sacra Scrittura, la Tradizione, il Magistero ci presentano la natura, la vita, l’attività della Chiesa.
C’è un fatto singolare nel principale documento del Concilio, la Costituzione sulla Chiesa. Dopo aver parlato del mistero della Chiesa – e la chiesa è un mistero perché è il risultato dell’azione del Padre del Figlio e dello Spirito Santo,- invece di parlare delle funzioni della Chiesa e quindi del Papa, dei Vescovi e dei sacri ministri con cui abitualmente noi identifichiamo o confondiamo la Chiesa, parla immediatamente del Popolo di Dio. Solo nel terzo capitolo parla della Gerarchia. Nel secondo capitolo parla della Chiesa illustrandola con le altre immagini bibliche di cui ne abbiamo ricordato due.
Al principio di questo secondo capitolo è detto espressamente: “Dio non volle santificare e salvare gli uomini individualmente senza nessun legame tra di loro, ma volle di essi fare un unico popolo che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse”. Quindi, il piano che il Padre porta avanti durante tutta la storia dell’Antico Testamento è di fare di tutti i popoli, un solo popolo, una sola famiglia, un solo gregge di un solo ovile. Perciò è evidente l’ intenzione del piano di Dio di unificare gli uomini tra loro, di non volere stabilire dei rapporti unicamente individuali tra lui e gli uomini, ma di volere stabilire dei rapporti personali con delle persone.
Ora la persona non è mai un individuo isolato. Perché un uomo o una donna siano una persona e, secondo il nostro modo di esprimerci, abbiano una personalità, debbono realizzare dei rapporti con gli altri. Una madre non è madre perché è perfetta, bella, graziosa, è madre quando stabilisce rapporti veramente materni con i figli. Potrà avere le doti più belle ma non sarà mai una persona nel senso vero della parola, non avrà mai una personalità, se non nella misura in cui avrà realizzato i suoi rapporti con i figli. Una sposa, evidentemente, non sarà sposa in modo personale se non nella misura in cui avrà attuato i suoi rapporti pieni con il proprio sposo.
Proporzionatamente, questa realizzazione di rapporti, di sua natura è portata ha raggiungere tutte le proprie possibilità, a moltiplicare i rapporti fino a dove arriva l’ambito di azione e d’influenza di una persona. Qui veramente si realizza la sostanza di una persona , che è quella di esprimersi e di esprimere il meglio di se stessa, che è l’amore, che è il donarsi agli altri. Una madre è veramente madre nella misura in cui si dona ai propri figli, una sposa è veramente sposa nella misura in cui si dona al proprio sposo. Così nei rapporti con gli altri.
Iddio ci ha fatto a sua immagine e somiglianza e vuole che realizziamo questa immagine della sua natura, e questa somiglianza con la sua esistenza. Perché Iddio a principio ha detto: “Creiamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”? Può averlo detto in tantissimi sensi ma è sicuro che lo ha detto anche in questo senso: In che cosa dobbiamo assomigliarci alle Divine Persone? Nel senso della loro esistenza.
Entriamo nel profondo del mistero trinitario. Il Padre è Padre perché è tutto rivolto al Figlio, è tutto per il Figlio, è tutto nel Figlio, si dona totalmente al Figlio. Il Padre è Padre in quanto non è ripiegato in se stesso, non é chiuso in se stesso, per se stesso, ma è tutto riferito al Figlio.
Il Figlio è Figlio, per la stessa ragione per cui il Padre è il Padre, è tutto rivolto al Padre, è tutto per il Padre, è tutto nel Padre. Essere totalmente dell’altro costituisce l’essere stesso delle Divine Persone.
Poiché questo essere “l’uno per l’altro”, “l’uno nell’altro”, “l’uno dell’altro” è un atto di amore infinito ed eterno, necessario, che non può non esserci, è qualche cosa che esiste. Questo qualche cosa che sussiste, è una Persona, è lo Spirito Santo che è l’amore del Padre per il Figlio, che è l’amore del Figlio per il Padre, che è un Amore infinito.
Ecco perché Iddio ci vuole salvare non individualmente senza alcun legame con gli altri, ma vuole costituire di noi un popolo che possiamo definire come una comunione di rapporti nell’amore. Questa è tutta l’opera che il Padre svolge durante la lunga storia dell’Antico Testamento ma che ha il suo epilogo con la venuta del Figlio suo, che svolge, porta a compimento l’opera del Padre fondando la Chiesa.
La chiesa fondata da nostro Signore Gesù Cristo, secondo una immagine biblica cara a san Paolo, è il Corpo di nostro Signore Gesù Cristo, cioè, sono tutti gli uomini che nei confronti di nostro Signore Gesù Cristo sono talmente legati tra di loro, in diversità di compiti e di funzione ma in unità di vita, in unità di amore, da fare di tutti una cosa sola secondo il senso della preghiera di nostro Signore Gesù Cristo: “Che siano una cosa sola o Padre come io e te siamo uno solo” ” Santificali nell’amore”, cioè: rendili perfetti, capaci di amarsi scambievolmente.
Quindi la novità del precetto di nostro Signore Gesù Cristo è “amatevi come io vi ho amati” e Gesù Cristo ci ha amato perché ha dato tutto se stesso. Ecco, dare tutto se stesso. Questo è il mio comandamento “che vi amiate gli uni gli altri”
“In questo riconosceranno che siete miei discepoli perché vi volete bene”.
Questo volersi bene come si devono volere bene le membra di un solo corpo le quali capiscono -siamo in una immagine- che non possono essere le une senza le altre, una senza tutte le altre e tutte le altre senza una a rischio che il corpo non sia perfetto è la realtà della chiesa che corrisponde alla comunione di vita che deve esistere tra i figli di uno stesso Padre. Quando viene il compimento della pienezza dei tempi, lo Spirito Santo è mandato agli uomini. Allora incomincia veramente: l’edificazione del nuovo popolo di Dio, l’edificazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa, il tempio nello Spirito. Siamo a Pentecoste.
Lo Spirito Santo era già stato preannunziato dai profeti. Gioele ha detto: verrà il tempo in cui Dio porrà nei vostri petti un cuore di carne e vi toglierà il cuore di pietra perché manderà il suo Spirito. Gesù Cristo dice: “io vi manderò il mio Spirito”; verrà un altro avvocato, il Paraclito, Colui che verrà mandato dal Padre e dal Figlio, che prenderà del mio, – come Gesù ha preso dal Padre,- perché tutto in Dio è comune e vi suggerirà, vi farà intendere quello che io vi ho detto. Intanto, adesso, non sareste in grado di capire tutte quelle cose che ho da dirvi, Egli vi introdurrà nella intelligenza della verità, ma soprattutto sarà in voi una forza, vi sarà dato perché diffonda la carità nei cuori. Lo Spirito Santo ci è dato perché ci porti la capacità di amare come vuole Iddio. Lo Spirito Santo ci porta questa novità di vita perché ci rende partecipi della esistenza stessa delle Divine Persone, in quanto sono l’una per l’altra in quanto si amano infinitamente, e in quanto sono rivolte l’una verso l’altra: sono l’una per l’altra.
San Pietro nel suo primo discorso dopo la Pentecoste richiama proprio questo concetto. La prima definizione dei documenti della Rivelazione del cristiano è questa: voi siete le pietre vive che si edificano nello Spirito. Pietre, quindi, non separate le une dalle altre, pietre che si edificano nell’unico tempio dello Spirito, e le pietre che edificano un edificio non sono pietre giustapposte, ammucchiate, ma cementate tra loro in modo da formare una cosa sola. Proprio attraverso il compimento dell’opera di Dio che termina a questa realtà, a questo tipo di vita, a questo stile di vita che si esprime nell’amore vicendevole, noi cogliamo la rivelazione del mistero trinitario, la rivelazione di un Dio solo.
Voi sapete come tutta la Rivelazione insite sull’unità di Dio: c’è un Dio solo, non c’è altro Dio, Dio è unico ma nello stesso tempo si rivela nella sua esistenza personale come Padre, come Figlio, come Spirito Santo, ma sono un Dio solo.
Secondo la nostra capacità di intendere e di esprimerci, possiamo quasi dire così: non è un Dio solo che si divide in tre persone ma piuttosto sono le tre Divine Persone talmente unite nell’amore da fare un Dio solo. E’ un modo molto improprio per esprimere un mistero, – il mistero è insondabile ed è inesprimibile – ma perché nella nostra mente rimanga qualche cosa di quest’altissima realtà, che è il mistero fondamentale della nostra fede, dobbiamo essere attenti a considerarlo in questo senso dinamico, personalissimo, in questo senso di convergenza di relazioni tra persone.
Lungo la storia di tutta la Rivelazione avviene questo: il Padre si rivela rivolto al Figlio durante tutta la storia dell’Antico Testamento. Quindi tutta questa storia, tutti gli avvenimenti dell’Antico Testamento sono proiettati verso colui che dovrà venire, verso il Figlio. Quindi tutto l’Antico Testamento è una proiezione naturale dell’atteggiamento che il Padre ha nei confronti del Figlio: è tutto rivolto al Figlio, è tutto riferito al Figlio.
IL Nuovo Testamento, l’incarnazione del Figlio, la sua vita pubblica, è tutta orientato al Padre. Dal momento in cui il Figlio di Dio assume personalmente una umanità in tutto simile alla nostra, il suo primo impulso, il suo primo atto, come rivela la prima lettera ai romani è in nella espressione: “Non hai più voluto ostie ed olocausti mi hai dato un corpo, ecco Padre, vengo a fare la tua volontà”. Nostro Signore Gesù Cristo lo troviamo sempre in quest’atteggiamento.
Nel tempio a dodici anni cosa risponde, come si giustifica con Maria e con Giuseppe? “Non sapevate che devo essere intento alle cose che riguardano il Padre mio?”; “Il mio cibo è fare la volontà del Padre”; “Io faccio sempre la volontà del Padre”. Nel momento drammatico della notte del tradimento dirà: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta” fino al punto in cui dirà: “consummatum est”: ho compiuto tutto, ho fatto tutto quello che tu mi hai dato da fare.
Quello che – moralisticamente – noi siamo abituati ad interpretare come una virtù morale di Gesù nei riguardi del Padre, che si traduce nella virtù dell’ubbidienza, è invece un atteggiamento ontologico, è un atteggiamento che prende tutto l’essere di nostro Signore Gesù Cristo e tutta la sua vita. Ed è tutta la sua missione il portare a compimento la volontà del Padre: l’opera del Padre che vuole costituirsi un popolo che lo riconosca nella verità e lo serva fedelmente, che vuole fare di tutti gli uomini i suoi figli, che ama talmente gli uomini da non dare loro semplicemente il nome di figli ma da dare loro l’essere di figli. Questa preoccupazione di nostro Signore Gesù Cristo traduce il suo essere di Figlio di Dio, il suo essere tutto riferito al Padre. Quindi il Nuovo Testamento ha tutto un orientamento inverso che porta verso il Padre: essere del Padre, essere nel Padre, essere per il Padre.
Questi sentimenti, questi atteggiamenti sono espressi negli ultimi capitoli del vangelo di San Giovanni dove Gesù fa le sue confidenze intime ai discepoli. Dice che è tutto del Padre e vuole che i suoi siano tutti del Padre in quella rivelazione graduale che egli fa del mistero di Dio:
Dio Padre,
Dio suo Padre,
Dio nostro Padre verso cui noi camminiamo.
C’è una espressione nel Vangelo che potrebbe sorprendere. Gesù dice ai suoi discepoli: “Ecco voi siete tristi perché vi ho detto che vado al Padre ma è necessario che io vada al Padre perché, altrimenti, non potrà venire l’altro, il Paraclito che il Padre manderà nel nome mio” Perché questa necessità che venga l’altro? Perché, se non viene l’altro non si compie il ciclo.
Il Padre è rivolto tutto al Figlio -vecchio Testamento-
il Figlio è tutto rivolto al Padre -Nuovo Testamento-.
Il mistero della incarnazione e della redenzione non si salda se non c’è la presenza e l’azione personale dell’amore di Dio che è lo Spirito Santo.
La missione dello Spirito Santo che incomincerà con Pentecoste è: portare a compimento, in ognuno di noi, il disegno del Padre, l’opera che ha compiuto il Figlio, perché si attui quella comunione di vita nell’amore, quell’unità nella carità che sta al vertice di tutto il piano di Dio. E allora siamo nel tempo vero della chiesa, nel tempo in cui la chiesa si attua veramente, si edifica, si dilata, veramente esiste per quell’azione intima, profonda, misteriosa, che è propria dello Spirito Santo, che è lo Spirito del Padre, che è lo Spirito del Figlio. Siamo nel tempo in cui la chiesa si attua attraverso quei canali, quegli strumenti stabiliti da nostro Signore Gesù Cristo, perché sia garantita l’azione dello Spirito Santo.
Lo Spirito Santo edifica la Chiesa per mezzo della Parola. La Parola è destinata a convocare il popolo di Dio, a stabilire una congiunzione, un collegamento, una armonia nella membra del Corpo di nostro Signore Gesù Cristo. La Parola di Dio è quella che dà le linee del tempio che si edifica nello Spirito e dà la forza perché avvenga questa edificazione.
Il ministero pastorale non è una posizione di comando ma di servizio nella chiesa come è servizio quello del Pastore.
Il Pastore, secondo l’immagine biblica, è colui che, a differenza del cattivo pastore, non fugge ma sta sempre con le sue pecorelle, le conosce, le chiama per nome, le conduce nei pascoli buoni e, se è il caso, dà la vita per loro. Gesù Cristo dice:”Io sono il buon pastore” e ha realizzato tutto il contenuto di questa immagine dando proprio se stesso.
Ma c’è un altro canale attraverso cui si attua l’azione dello Spirito che porta a compimento il disegno del Padre e l’opera del Figlio, la edificazione della Chiesa, ed è l’azione liturgica che ha il suo centro nel mistero eucaristico. Nel mistero eucaristico troviamo il punto d’incontro delle azioni delle di Divine Persone e della vita e dell’azione della chiesa.
Noi per molto tempo abbiamo troppo isolato il mistero eucaristico con una presentazione essenzialistica e quindi vera sostanzialmente, ma non in tutte le dimensioni di questo mistero L’Eucarestia è il Corpo e il sangue di nostro Signore Gesù Cristo dato per noi, versato per noi: ha dato il sangue suo per riconciliarci con il Padre e per unificarci tra di noi. Ma, non è soltanto il corpo e il sangue. E’ Cristo in persona.
Quando Gesù promette la Eucarestia, nel sesto capitolo di san Giovanni, dice: ” Chi mangia me vivrà di me”. Espressione che ha dato tanto fastidio a quelli che lo ascoltavano perché sembrava proponesse un cannibalismo. Ma, Gesù Cristo, nella realtà storica della Rivelazione, è il Figlio che ci viene dato dal Padre, e ci viene dato dal Padre proprio per raggiungere lo scopo di fare di tutti noi una cosa sola. Basterebbe leggere la lettera ai Colossesi, la lettera agli Efesini per vedere come il piano del Padre è quello di incentrare tutte le cose in nostro Signore Gesù Cristo, è dare nostro Signore Gesù Cristo come capo di tutti e di tutto e formare, quindi, di tutto e di tutti, l’unico Corpo di nostro Signore Gesù Cristo.
Quando lo fa, immediatamente, hic et nunc nel tempo e nello spazio per ognuno di noi? Lo fa in questo momento sacramentale: nel momento in cui il corpo e il sangue di nostro Signore Gesù Cristo ci è dato come la massima espressione dell’amore del Padre per fare di noi i suoi figlioli. Quindi: non dietro a nostro Signore Gesù Cristo nella Eucarestia, ma in nostro Signore Gesù Cristo, con nostro Signore Gesù Cristo, per nostro Signore Gesù Cristo. E, Gesù Cristo per noi, porta con sè la presenza e l’azione del Padre.
Non dico che dobbiamo definire l’Eucarestia come il sacramento della presenza del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Immediatamente direttamente è il segno del suo Corpo, del suo sangue, ma il corpo e il sangue di nostro Signore Gesù Cristo sono l’epilogo di una storia di cui il Padre ha l’iniziativa. E’ il Padre che decide di darci il suo Figlio, é il Padre che ci ama fino al punto di darci il suo Figlio. Proprio nel momento della celebrazione eucaristica dà il suo Figlio, per cui la Messa non è “qualche cosa” che sale dal basso verso l’alto ma, prima di tutto, è quel avvenimento straordinario che dall’alto fa scendere Dio verso gli uomini e si mette in comunione di vita con gli uomini.
E nostro Signore Gesù Cristo ci dà il suo corpo e il suo sangue come elementi di nutrimento spirituale; ci dà il suo corpo e il suo sangue sotto i segni del pane e del vino che esprimono nutrimento, commensalità. Non si mangia ognuno per proprio conto! Il grande rimprovero che fa San Paolo nella prima lettera ai Corinti è questo: quando voi vi radunate insieme non è per mangiare la cena del Signore perché ognuno mangia per proprio conto, e c’è chi è ancora affamato e chi è saziato e addirittura ubriaco. Se volete mangiare fatelo nelle case vostre. Quando si conviene per mangiare la cena del Signore quello che importa è essere uniti. Non ci devono essere divisioni. Se tra di voi ci sono delle divisioni voi non avete capito il significato del corpo del Signore.
S.Agostino commentando dice: mi chiederete che cos’è l’Eucarestia? Voi avete sentito l’apostolo che dice: noi siamo le membra del Corpo di Cristo, ebbene voi mangiando il Corpo di Cristo ricevete quello che siete: le sue membra – e conclude – siate quello che vedete, corpo e membra. E’ un pensiero serio, molto denso quello di S Agostino.
E’ nostro Signore Gesù Cristo che si dà a noi come nutrimento durante il banchetto sacrificale. Il sacrificio è suo. Per mezzo del suo sacrificio ci riconcilia con il Padre e ci riconcilia tra di noi, perché Cristo: è la nostra pace, è la nostra pacificazione vicendevole, è la sorgente della nostra pacificazione: fa di due uno solo, fa di molti uno solo.
Quando Gesù Cristo ci riconcilia con il Padre e tra di noi abbattendo il muro della divisione? Proprio nel momento in cui ci dà il suo corpo e il suo sangue perché diventino nutrimento di unità nell’amore, di unità nella carità. Ci sono delle indicazioni tanto nel vecchio come nel Nuovo Testamento che non ci si può accostare all’altare di Dio se non siamo in pace con i nostri fratelli. Noi nel Nuovo Testamento possiamo dire: alla mensa del Signore. E, quanto più ci accostiamo bene alla Mensa del Signore tanto più diventiamo commensali, cioè delle persone che siedono volentieri insieme alla mensa, non persone che vanno a prendere ognuno il proprio boccone e poi lo consumano guardando di traverso il proprio vicino.
L’azione di nostro Signore Gesù Cristo nella celebrazione eucaristica, come l’azione del Padre, viene portata a compimento dallo Spirito Santo.
Quel corpo che noi riceviamo è concepito per opera dello Spirito Santo. Quel corpo che riceviamo è il corpo risuscitato di nostro Signore Gesù Cristo, Gesù Cristo è stato risuscitato dalla potenza del Padre mediante lo Spirito, quindi è il corpo vivificato dallo Spirito Santo e reso vivificante. Nel Credo diciamo: “credo nello Spirito Santo che è signore e dà la vita” : quindi vivifica.
Quando lo Spirito Santo ci comunica quella vita espressa nella unità della carità?
Quando lo Spirito Santo diffonde l’amore nei nostri cuori perché siamo una cosa sola?
Particolarmente quando arriva a noi con quella potenza vivificante con cui ha risuscitato il corpo di nostro Signore Gesù Cristo che diventa nostro nutrimento: nutrimento vivificante proprio per l’opera dello Spirito Santo e vivificante – ripeto ancora- nel senso voluto da Dio, per cui la nostra vita deve essere soprattutto espressione di amore vicendevole.
Ecco esposto, con una lunga chiacchierata , il rapporto che esiste tra questi grandi misteri:
il mistero della Chiesa,
il mistero della Trinità,
il mistero Eucaristico.
Noi che frequentiamo la celebrazione liturgica, noi che frequentiamo il mistero eucaristico dobbiamo sempre più scoprirne e la dimensione – per dire così- trinitaria e la dimensione ecclesiale. Celebrando l’Eucarestia noi siamo, di per sè, nell’atto di esprimere che cos’è la chiesa: molti che sono una cosa sola anche se in chiesa magari ognuno ci sta per proprio conto. Ma è contro il senso della celebrazione liturgica! Il senso della celebrazione liturgica è: compiere una unica azione tutti insieme. Quando ci arriveremo a questo punto? Ci vuole altro che la Messa dei giovani!
Poi, soprattutto, in conseguenza della celebrazione liturgica e della partecipazione del mistero eucaristico che è essenzialmente partecipazione un banchetto sacrificale, che é commensalità al corpo e al sangue di nostro Signore Gesù Cristo dato per noi, siamo gente che si siede con gioia alla stessa mensa per celebrare il memoriale della passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo, in attesa che Egli ritorni, venga per introdurci alla partecipazione del banchetto eterno, alla partecipazione piena della vita del mistero di Dio che è la comunione di vita tra il Padre,il Figlio e lo Spirito Santo e che dovrà diventare una realtà vivente, per sempre, tra i figli degli uomini.
OM 199 CIF 69 – C.I.F. Sabato 8 Febbraio 1969 ore 16