A Villa Specchia per i maestri cattolici
Dio non ci considera individualisticamente ma personalisticamente. Egli ha dato se stesso per noi, lo abbiamo visto, per riscattarci da ogni iniquità e purificare per sé un popolo che gli appartenga e sia zelante per le opere buone.
Dove tende questa preoccupazione? Dove tende la redenzione di Gesù Cristo con quell’atto d’amore infinito con cui ci vuole ricongiungere tutti, attraverso il sacrificio della croce, per mezzo dunque del lavacro del suo sangue? Tende solo per portare ognuno di noi individualmente verso Dio e verso il Padre suo? Oppure il piano di Dio é un altro?
Il piano di Dio é che: non ci considera individualisticamente, ma ci considera invece personalisticamente, come membri di un popolo, come membra di un corpo sociale che é lo stesso corpo di Dio fatto uomo. Eccoci giunti al punto su cui dobbiamo fissare la nostra attenzione in questa seconda meditazione per capire il piano di Dio.
Iddio ci salva in un modo misterioso ma ben determinato, preciso, espresso con molta chiarezza, quella chiarezza che é manifestata dalla Sacra Scrittura con vari modi di dire: Iddio raduna il suo popolo, Iddio sceglie un popolo lo costituisce e ha cura di questo popolo, Iddio vuole instaurare il suo regno in mezzo agli uomini, Iddio vuole condurre a termine in mezzo agli uomini il regno dell’amore suo, perché sfoci nel regno dei cieli, perché sia definitivo come regno.
Se Dio é il pastore delle anime nostre, se Dio é Padre, se Gesù Cristo é il Figlio primogenito, se Dio vuole radunare tutti i figli dalla dispersione e dalla schiavitù in un solo popolo, vuole dire che: Dio non ci guarda individualisticamente, ma ci guarda come degli esseri che devono essere in comunicazione di vita con gli altri, cioè, ci guarda personalisticamente, quindi: non ci guarda isolatamente come se ci fossero soltanto degli interessi e dei rapporti tra Lui e la nostra persona individuale, ci guarda, invece, personalisticamente nel senso che ci vede nella nostra realtà concreta di esseri che hanno necessariamente delle relazioni con gli altri, anzi, sono proprio queste relazioni con gli altri -si può dire- che interessano massimamente, essenzialmente Dio.
Gesù Cristo vuole purificare, per sé, un popolo. Non vuole purificare per sé un’anima o delle anime o molte anime, cioè molti individui ognuno per proprio conto.
Io personalmente ho dei rapporti con Lui in quanto ricevo la grazia della redenzione. Questa grazia della redenzione deve produrre in me dei rapporti col Padre e dei rapporti con gli altri. In certo qual senso deve mettere in evidenza un punto particolare del piano di Dio. Cioè, a Dio interessano maggiormente le relazioni che intercorrono tra noi, più di quanto gli interessano le relazioni che debbono intercorrere tra noi e Lui. Questo modo di dire é vero anche se può sembrare eccessivo e misterioso. E’ misterioso perché non ne comprendiamo tutta la portata, ma è anche indice che c’è una portata particolare in quest’affermazione, in questo modo con cui Dio vuole i nostri rapporti tra noi più di quanto sembri, che voglia i nostri rapporti con lui.
Questi rapporti sono determinati dal fatto dell’Incarnazione, dal venire di Dio che varca la distanza infinita tra lui e noi. Cioè dalla discesa di Dio, qui, in mezzo a noi, non semplicemente per fare una comparsa, non semplicemente per stare un momento per divina condiscendenza in mezzo ai figli degli uomini, ma proprio per stabilire la sua dimora in mezzo a noi, per piantare la sua tenda in mezzo alle tede degli uomini, per edificare la sua casa tra le case degli uomini, per fare di noi il tempio del suo Spirito per essere l’abitazione di Dio in mezzo agli uomini.
Questo fatto é così concreto, è così reale, é così importante, é così essenziale, é così determinante, per cui, quando si riuscisse ad orientare i nostri rapporti in senso giusto, in un senso buono verso gli altri, i nostri rapporti andranno a finire verso Dio.
Verso Dio: perché Dio vuole essere in ciascuno di noi, perché Dio é in mezzo a noi, perché Dio é in noi, perché è il nostro Salvatore, é il “dominus nobiscum”, é l’Emanuele, è il Dio con noi.
Questo non é una specie di panteismo o una specie di divinismo. Questo è un fatto concreto, determinato, personale. Iddio Padre, Figlio e Spirito Santo non si confonde con la nostra persona. Iddio non confonde la sua natura con la nostra natura. Non c’è nessuna confusione. Rimane una distintissima differenza come rimane una strettissima unione. Permane un’altissima ed infinita trascendenza e comincia un’intimissima presenza, una vicinissima vicinanza, per cui Gesù Cristo può dire: “Tutto ciò che avrete fatto ad uno dei più piccoli l’avrete fatto a me”.
Ecco perché, durante la celebrazione del Concilio, negli interventi dei Padri, nei documenti conciliari, in particolare nel discorso del Santo Padre é stata insistente quest’affermazione: la religione cristiana é la religione dell’uomo! Perché la religione che é un fatto divino, prima di esser un fatto degli uomini, non fa niente altro che manifestare l’amore di Dio per gli uomini.
Se il centro delle intenzioni di Dio, se il centro delle preoccupazioni dell’amore di Dio é l’uomo, alla Chiesa deve interessare più l’uomo che Dio. Non é una eresia. Se la Chiesa vuole essere fedele a Dio, se la Chiesa vuole fare la volontà di Dio deve essere la Chiesa degli uomini, deve avere come centro del suo interesse l’uomo. Questo é un altro passo dell’apertura del Concilio.
Notate: niente di nuovo in ciò, perché Gesù prende un bambino, lo mette in mezzo a loro e dice: “Se non diventerete ecc…. oppure “i poveri, i ciechi…tutto ciò che avrete fatto a uno di essi ecc…” Non va a cercare se sia samaritana, se sia giudeo, se sia greco, uomo o donna, ma l’uomo perché é uomo.
Questa esplosione dell’interessamento pieno di carità soprannaturale e d’affezione umana sta avvenendo in questi giorni. Stanno accadendo delle cose dolorose, incresciose che sfuggono al controllo degli uomini della civiltà, come la guerra del Vietnam. Il fatto che, il rappresentante di Gesù Cristo sulla terra, per ottenere la pace, per evitare il male, per assicurare benessere a quegli altri che nella maggior parte sono buddisti, pagani, eccetera vada a pregare il governo della Russia sovietica, vada a pregare il capo del governo di Pechino della Cina comunista, é un fatto religioso.
Il Santo Padre – felice anche quando dice le cose e non soltanto quando le compie – ha detto: -abbiamo messo in atto tutto quello che si chiama la nostra azione diplomatica, ma non vale niente. Noi ora ci serviamo di un’altra diplomazia, quella di pregare Dio perché ci doni Lui la pace”. Questo dopo aver pregato gli uomini, dopo non aver trascurato nessun mezzo!
Il Papa, rappresentante di nostro Signore Gesù Cristo, va ai piedi dei capi di stato che organizzano i loro governi in senso ateo, pur di ottenere qualche cosa di favorevole agli uomini! Non ha importanza se questa voce sarà accolta o non sarà accolta. L’importanza di questi gesti sta nel fatto che sono stati compiuti, e guai se sono considerati soltanto alla stregua di gesti umani. Allora sono sforzi esigui, ha detto il Papa, allora sono degli sforzi inutili.
Dunque il pensiero su cui eravamo attenti é questo: a Dio interessano tutti i rapporti tra di noi, più di quanto non interessino i rapporti con lui. Quest’affermazione é giusta ma contiene in se un senso di mistero. Se poi andiamo a fondo per quanto la rivelazione – cioè Dio – ci vuole rivelare dei suoi piani, noi ne comprendiamo anche la giustezza perché Dio si é incarnato e, nostro Signore Gesù Cristo non è soltanto in quelli che hanno ricevuto il battesimo con la sua presenza di Salvatore, con la sua presenza di creatore. Dovunque c’é la natura umana ivi c’é la dignità da rispettare perché, lì punta, lì si dirige, lì urge la parola di Dio. Dunque, Gesù ha fatto tutto quello che ha fatto per purificare per sé un popolo, un popolo che gli appartenga, un popolo che sia suo.
C’é sulla terra un popolo che gli appartiene? Sì. C’era nell’Antico Testamento. C’era il popolo di Israele, un popolo di dura cervice, ribelle, infedele eccetera, ma era suo popolo. Poteva essere tutto quello è stato, ma se qualcheduno lo toccava, in quanto era popolo di Dio, Dio lo salvaguardava. Per quanto questo popolo fosse infedele, c’era sempre un piccolo resto di fedeli e, bastavano questi pochi perché Dio guardasse tutto il popolo.
Gesù é venuto per costituire il nuovo popolo che, nasce non più dalla carne e dal sangue umano come il popolo di Israele che era un popolo di una determinata razza. Si apparteneva a quel popolo perché si discendeva per via di carne da quel popolo. Quest’altro popolo che si acquista nostro signore Gesù Cristo, invece, nasce dalla Parola e dall’acqua: dalla Parola di Dio e dai Sacramenti. E questo popolo é la Chiesa.
La Chiesa nel significato di gente: che sta insieme perché é stata convocata a stare insieme, che sta insieme perché é stata convocata da un rappresentante di Dio, che sta insieme perché é alimentata dalla Parola di Dio, che sta insieme perché é santificata dalla grazia che ha portato Gesù, che sta insieme per compiere il proprio cammino sulla terra dalla schiavitù del peccato, alla terra promessa dei cieli, attraverso un lungo passaggio, attraverso una lunga pasqua, attraverso un lungo cammino nel deserto, attraverso la morte per giungere alla terra promessa della risurrezione, della vita nuova ancora su questa terra, della vita nuova definitiva in cielo.
E, questa gente adunata nel nome di nostro Signore Gesù Cristo che ascolta la sua parola e celebra la pasqua, dà lode a Dio, appartiene a Dio, é di Dio, fa risplendere la santità di Dio, la purezza della vita di Dio, la ricchezza della grazia del Signore. Dunque questo popolo, oggi, é la Chiesa e Gesù, ci salva proprio per mezzo della Chiesa, nella Chiesa, come Chiesa.
Notate.
Quando si dice, Gesù ci salva per mezzo della Chiesa, non dobbiamo pensare soltanto ai vescovi e ai preti che sono, sì, gli strumenti della salvezza, ma sono gli strumenti nella Chiesa, non solo perché sono inseriti nella Chiesa, ma in quanto agiscono nella Chiesa, nel clima della Chiesa, e soprattutto nel complesso sociologico della Chiesa.
Che cosa può essere la salvezza prodotta dal sacramento del battesimo, se il battezzato non é accolto in quella prima cerchia della Chiesa che é la sua famiglia e fosse abbandonato a se stesso?
Se non fosse accolto in quella più vasta cerchia della Chiesa che é l’ambiente pedagogico e che in pratica coincide con l’ambiente scolastico?
Se poi non é accolto in un ambiente di tante altre famiglie che favoriscono la sua fede, che sostengono la sua speranza, che alimentano la sua carità? Come può essere salvo costui anche se ha ricevuto il battesimo?
Come può giovare il pane disceso dal cielo, la santa eucaristia ad uno individualmente, se poi rimane isolato nella sua unione con Gesù, se intorno a lui non ha il supporto, il conforto, il sostegno di altri che credono con lui, che si comunicano come lui, che si comunicano insieme a lui? Il significato ecclesiale della comunione eucaristica é comunicare con gli altri. Se non ci sono questi altri con cui comunicare, la comunione che io faccio é una povera comunione. E se io mi faccio “la mia comunione”, tradisco il piano di Dio, tradisco l’intenzione di Gesù che vuole alimentare un corpo, non una carogna fetida di egoismo. Scusate l’espressione.
Ecco perché c’é una preoccupazione che si può dire personale di Paolo VI, che era già personale di papa Giovanni, che hanno trasfuso in tutti i Padri della Chiesa e alla quale noi dobbiamo fare attenzione.
Paolo VI da quando, come arcivescovo di Milano, ha scritto una lettera pastorale in preparazione al Concilio – e che noi a Monopoli commentammo – durante l’unico intervento che ha fatto come cardinale di Milano, che é stato un commento memorabile perché ha suscitato varie reazioni, a quando nel suo magistero, in particolare con l’enciclica “Ecclesiam suam”, la sua più grande preoccupazione si esprime più o meno in questi termini: prendere coscienza della Chiesa, approfondire il mistero della Chiesa, fare entrare in noi il mistero della Chiesa, acquistare il senso della Chiesa. Studiare la Chiesa e meditarla non sarà mai abbastanza.
L’insegnamento della catechesi cattolica sino ai giorni nostri a riguardo della Chiesa, é stato un insegnamento molto esteriore che ha messo in luce quasi esclusivamente gli aspetti istituzionali, gli aspetti giuridici, gli aspetti esteriori che sono semplicemente una impalcatura portante di una realtà molto più ricca, molto più decisiva, molto più essenziale.
La realtà interiore della Chiesa corrisponde alla vita. La realtà esteriore corrisponde, più o meno, ad uno scheletro. Se manca la vita, manca tutto. Vero é che su questa terra é indispensabile anche lo scheletro, ma passato il periodo del nostro pellegrinare, ciò che sarà decisivo sarà la vita. Ciò che sarà decisivo, è ciò che permane oltre il tempo, oltre lo spazio. Ed é questa la parte vitale della Chiesa che non corrisponde semplicemente alla gerarchia: papa, vescovi, sacerdoti, ma che corrisponde massimamente alla parte del popolo di Dio.
Il popolo di Dio é essenzialmente la Chiesa. Passato questo passaggio attraverso il tempo, il papa non ci sarà più, di vescovi non ce ne saranno più, i preti non ci saranno più. Ci saranno semplicemente dei figli di Dio e dei fratelli tra di loro senza distinzione. L’unica distinzione sarà il grado di figliolanza che avranno acquisito esercitando la loro fratellanza durante la vita presente. La loro personalità, in cielo, il loro grado di felicità, come siamo soliti esprimerci, il loro grado di partecipazione alla beatitudine celeste sarà dato dal grado di figliolanza che avranno, più o meno, acquistato esercitando la loro fratellanza nell’amore, nella carità.
E’ questa la realtà della Chiesa.
Comprendete voi che avete un grado di cultura non disprezzabile, con la vostra cultura storica, che la storia ha sempre presentato la Chiesa come una istituzione in mezzo alle altre istituzioni, che di questa istituzione ha registrato particolarmente dei fatti e dei fatti del tutto marginali che, potevano essere compiuti magari più felicemente da Carlo Magno o da qualsiasi altra persona della storia, compreso il duce.
La storia della Chiesa deve essere sempre più identificata con la storia dei cristiani, con la storia dei credenti perché tutto il resto é “tramite”.
Invece tutti, in quanto battezzati, in quanto cristiani, in quanto credenti alla parola di Dio, in quanto vivificati dall’amore nella carità, siamo Chiesa. Allora la Chiesa non é semplicemente una responsabilità del Papa. Allora la Chiesa non sono semplicemente i vescovi responsabili con lui. Allora la Chiesa urge sempre di più perché nel suo seno, ci sia una fede da adulti.
Adulto chi é? E’ colui che é responsabile di se stesso. E’ colui che dispone responsabilmente di se stesso. Quando in una famiglia i figli diventano adulti, non é detto che il padre non sia più padre e che la madre cessi d’essere la madre, però tutto l’andamento della famiglia, tutto il controllo della famiglia sarà condiviso dai figli. Ormai hanno un’età di persone responsabili e devono prendersi la porzione della loro responsabilità.
Nella Chiesa dei tempi nostri, tempi che socialmente sono più maturi dei tempi passati, che anche culturalmente sono più maturi degli altri tempi, la responsabilità deve essere condivisa da tutti quelli che ritengono di essere adulti. Adulti nella fede e non adulti per gli anni perché ci può essere l’infantilismo a qualsiasi età e ci può essere l’infantilismo della fede a qualsiasi età.
Pensate: Si parla di dialogo all’interno della Chiesa prima che di dialogo della Chiesa con gli altri. Allora é un dialogo tra padri e figli! Allora é un dialogo tra fratelli maggiorenni! Perché, se il dialogo si deve intrecciare tra padre e il figlio, e il figlio tira fuori il problema del divorzio, allora il figlio non parla da figlio adulto nella fede, ma parla da adulto nella ignoranza religiosa. Se i figli vogliono interloquire, cioè dialogare, col padre di altri problemi, per esempio della pillola antifecondativa, sanno che cosa il padre dice.
Molte balordaggini gravissime sono state avvallate anche da persone molto responsabili con posizioni culturali molto alte, come se la Chiesa ad un certo punto della storia potesse intervenire e mutare -notate bene – le leggi biologiche che regolano naturalmente il fenomeno della procreazione. Chi parla così, parla da insensato. Se c’é un problema, questo spetta alla scienza. Non nella violazione, di una legge morale – notate – ma di una legge naturale perché, ogni violazione di una legge naturale, determina disordini anche sulla psiche dei coniugi, anche sulla conformazione fisica della prole.
La scienza, oggi, ha fatto progressi enormi in campo fisico, matematico, ed anche biologico, ma biologico della digestione, della sopravvivenza dell’essere somatico, ma non nel campo specifico della procreazione. Tanto é vero che l’alta medicina ufficiale riconosce, che tutti i metodi che tutti gli interventi antifecondativi sono antiscientifici. Li usano perché li usano! Li usano perché la gente li vuole e perché sono pagati bene. Li usano per preoccupazioni di carattere economico come la moltiplicazione della popolazione nel mondo, il problema della fame ecc. Ma sono cose che sono riconosciute antiscientifiche. La scienza deve ancora studiare.
Non é che la Chiesa non debba studiarle. Potrà arrivare solo dove arriva la scienza. Non é che, Dio ha rivelato qualche cosa sul problema biologico. Ha rivelato qualche cosa sulle leggi morali, ma in nessuna indicazione della legge morale c’é la risposta a questo quesito. Dunque, dicevo: adulti nella fede e in ciò non c’entrano né il divorzio né la limitazione della prole. C’entrano i cristiani adulti nell’interno della Chiesa perché sono persone responsabili, zelanti per le opere buone, che sentono la responsabilità nei confronti dei problemi missionari, che sentono la responsabilità del dialogo con i fratelli separati, con quelli che stanno fuori, con gli atei.
Notate bene: non in senso politico.
Avete visto tutte le reazioni, i tentativi, le pressioni che sono state fatte perché la Chiesa scendesse a dire una parola politica. No. Non ha voluto dirla. Ha identificato con chiarezza estrema dov’é il male. La Chiesa ha bisogno di chiarezza, non é preoccupata del male, bensì del bene che si impedisce. E poi, se é instaurato un regime economico diverso da quello di un altro, a lei non interessa. A Lei interessa l’uomo.
Con quella dichiarazione che sarà caratteristica di questo Concilio sulla libertà religiosa, in fondo, non ha fatto il suo interesse. Ha fatto l’interesse dell’uomo e quindi questa libertà, se vorranno valersene, sarà un fatto che si instaurerà nel mondo, – cosa molto difficile, che avverrà chissà quando – allora, il confronto tra le religioni non avverrà attraverso il prestigio, attraverso il numero, attraverso la forza. No. Avverrà attraverso l’efficienza che si riscontra in gente che vive la fede da persone adulte. Se il cristianesimo é valido deve essere valido nella vita, deve essere valido nell’esistenza e non nelle parole. Quando tra i credenti, tra i cristiani, sarà evidentissimo l’osservanza del precetto della carità, il mondo crederà e non avrà più dubbi.
Giornata di ritiro con i maestri cattolici
OM 16 Villa Specchia 1966