Istanbul, 6-11 febbraio 1972 per le suore della scuola italiana
Questa mattina abbiamo tentato di dire qualche cosa della Chiesa.
– Abbiamo accentuato l’aspetto di mistero e di sacramento,
– il rapporto della Chiesa con Gesù Cristo,
– il rapporto della Chiesa con lo Spirito Santo,
– l’aspetto istituzionale e quello vitale della Chiesa. Il primo è riferito a nostro Signore Gesù Cristo, cioè al mistero della Incarnazione e della sua Pasqua. Il secondo riferito alla missione dello Spirito Santo.
Siamo al punto critico del nostro ritiro e abbiamo bisogno che lo Spirito Santo ci illumini e ci introduca nella verità di nostro Signore Gesù Cristo. E non nella verità degli uomini! Abbiamo bisogno dell’assistenza di Maria santissima, madre della Chiesa, perché ci faccia scoprire il nostro posto nella Chiesa. Fin tanto che si tratta di definire il posto dei vescovi nella Chiesa é relativamente facile.Quando si deve definire il posto nella Chiesa della vita religiosa, mi pare che le cose, da un punto di vista teologico, da un punto di vista della rivelazione, non siano altrettanto chiare. La vita religiosa nella vita della Chiesa costituisce il punto di partenza per il tempo che ci rimane da trascorrere insieme, nella grazia di Dio.
Intanto diciamo in che cosa consiste la vita religiosa, e poi tenteremo di accostarci a quello che sembra essere il fondamento vero della vita religiosa. La vita religiosa non si definisce dalla struttura della Chiesa. Questo lo dice esplicitamente il Concilio quindi la vita religiosa non appartiene all’ordine gerarchico. Tutti i membri del popolo di Dio, da quelli che appartengono alla gerarchia a qualsiasi laico, possono essere soggetti della vita religiosa. Per lo meno, fino a questo momento – che io sappia – nostro Signore Gesù Cristo non ha istituito nessun sacramento per costituire la vita religiosa. Questo é significativo.
La vita religiosa non si definisce dalla missione della Chiesa. La Chiesa ha la missione di annunziare il Regno di Dio in mezzo agli uomini. La Chiesa ha la missione di costruire il Regno di Dio in mezzo agli uomini. La Chiesa ha la missione di essere «segno» del Regno di Dio in mezzo agli uomini. Questa missione é di tutta la Chiesa. Questa missione é di tutto il popolo di Dio. In questa missione sono coinvolti tanto i membri della sacra gerarchia come tutti i battezzati e quindi anche tutti i religiosi.
Allora cerchiamo di orientarci come – del resto – fa il Concilio. Al n. 46, alla fine della Costituzione sulla Chiesa, nel capitolo della vita religiosa si legge: lo stato che é costituito dalla professione dei consigli evangelici, pur non appartenendo alla struttura gerarchica della Chiesa, interessa tuttavia indiscutibilmente alla sua vita e alla sua santità. Qui lo dice in un modo attivo: interessa alla santità della Chiesa. Vediamo se si può cambiare la posizione e dire: la vita religiosa va inserita nella vita della Chiesa, nella santità della Chiesa, allora bisogna intenderci sulla vita della Chiesa e sulla santità della Chiesa.
La vita della Chiesa é relativa a nostro Signore Gesù Cristo. Gesù Cristo é il modello e la sorgente della vita della Chiesa.
San Giovanni e San Paolo dicono in un modo esplicito: “mihi vivere Christus est”: per me vivere é Cristo.
“ Vivo ego iam non ego, vivit vero in me Christus”, quindi la vita della Chiesa: é relativa a nostro Signore Gesù Cristo, dipende dalla vita stessa di nostro Signore Gesù Cristo, é una partecipazione alla vita di nostro Signore Gesù Cristo. Gesù Cristo dice: io sono venuto nel mondo perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Dice ancora Gesù:” Io sono la vita”. San Giovanni scrive: l’ abbiamo visto pieno di vita e di verità e della sua pienezza noi tutti abbiamo attinto”. Quindi la vita della Chiesa é il prolungamento della vita di nostro Signore Gesù Cristo, come da capo alle membra.
Guardate che la figura paolina del Corpo che é la Chiesa, non serve principalmente per mettere in evidenza la signoria di nostro Signore Gesù Cristo – Cristo capo, Cristo padrone- ma serve principalmente per mettere in evidenza come la vita delle membra, l’organicità delle membra tra loro, derivi da nostro Signore Gesù Cristo. Se la vita della Chiesa é relativa a Cristo, ne viene di conseguenza che bisogna seguire nostro Signore Gesù Cristo non semplicemente come modello morale, ma principalmente come sorgente di vita nuova.
C’è stato un tempo in cui si guardava molto ai modelli. Non é che ai tempi nostri non si debba più guardare ai modelli, ma il modello rimane qualche cosa che sta al di fuori di noi, il modello é qualcuno che é di fronte a noi. Quando il modello é nello stesso tempo sorgente, allora deriva da questa sorgente la possibilità di imitarlo. Quindi Cristo, sorgente di vita nuova, ci permette di configurarci a Lui, morto, sepolto, risorto, per essere interamente configurati a Lui quando egli ritornerà.
La santità della Chiesa. Non é che la vita di Cristo non sia santità, ma: la vitalità di questa vita, la ricchezza di questa vita, i frutti di questa vita sono relativi alla missione dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo ci é stato dato perché noi abbiamo la possibilità di vivere la vita di nostro Signore Gesù Cristo, che é il solo Santo.
L’azione dello Spirito Santo che é relativa alla nostra santificazione, in che cosa consiste? Consiste soprattutto -in un modo specifico nell’alimentare l’amore. Lo Spirito Santo é animatore e ci anima della vita stessa di nostro Signore Gesù Cristo. Lo Spirito Santo é unificatore, é il punto di partenza della nostra unificazione con Dio e con i fratelli. Lo Spirito Santo é la carità.
Quando noi diventiamo capaci di osservare i due grandi comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo? Quando la carità é diffusa nei nostri cuori, quando l’amore stesso di Dio che é lo Spirito Santo, ci comunica qualche cosa dell’amore di Dio, affinché diventiamo capaci di amare Dio come Dio ama se stesso e, diventiamo capaci di amarci tra noi come Dio ci ama, come Gesù Cristo ci ha amato. Ecco la santità della Chiesa che é relativa allo Spirito Santo.
Ma non abbiamo ancora dato la risposta alla domanda: dove si colloca la vita religiosa nella vita della chiesa.
Tutti sono tenuti a vivere della vita di nostro Signore Gesù Cristo e lo Spirito Santo é dato a tutti.
Tutti sono inseriti in nostro Signore Gesù Cristo nel battesimo.
Tutti sono radicati più profondamente in nostro Signore Gesù Cristo, nella Chiesa, per l’azione dello Spirito Santo nella cresima.
Tutti si nutrono della Parola di Dio che é Gesù Cristo in persona.
Tutti si nutrono del corpo e del sangue di nostro Signore Gesù Cristo nell’unica Eucarestia.
Quindi, tutti sono chiamati a vivere la vita della Chiesa,
tutti sono chiamati a vivere la santità della Chiesa.
E’ significativo che, nella Costituzione sulla Chiesa, il capitolo della vita religiosa sia preceduto dal capitolo sulla vocazione universale dei battezzati alla santità. E allora? Vi dico con molta semplicità che le cose si complicano. Quando si tratta di seguire nostro Signore Gesù Cristo per vivere la sua vita, l’invito é rivolto a tutti. Gesù dice: “Se qualcuno vuole venire dietro di me lasci la casa, il padre, la madre… “ se vuoi essere perfetto… “se la vostra giustizia non sarà più perfetta di quella degli scribi e dei farisei,..” L’invito é per tutti!
Notate che in questo invito di nostro Signore Gesù Cristo c’é un aspetto negativo e un aspetto positivo. Nelle parabole dice: chi ha scoperto un tesoro va, vende tutto quello che ha e si assicura il tesoro; chi ha scoperto una perla preziosa, vende tutto quello che ha e si assicura la perla preziosa. Quindi, c’é l’aspetto dell’abbandono, del distacco e della rinuncia,ma c’è l’acquisto del tesoro e della pietra preziosa. La pietra preziosa, il tesoro è Gesù Cristo e ciò che caratterizza il cristiano é la sequela di nostro Signore Gesù Cristo.
San Pietro interroga Gesù: noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. Questo importa avere seguito nostro Signore Gesù Cristo. E’ chiaro che il motivo dominante della vita cristiana, la ragione dominante della vita cristiana, l’assoluto decisivo della vita cristiana é nostro Signore Gesù Cristo, é aderire a nostro Signore Gesù Cristo, é sottomettersi a Dio, é appartenere totalmente ed esclusivamente a Dio. Le altre cose sono condizioni variamente necessarie per raggiungere lo scopo.
Ultimamente ho letto una conferenza di Padre Congar su san Francesco di Assisi, il poverello di Dio, il santo della povertà. Stiamo attenti di non farne una bandiera ad uso sociale se non addirittura socialista! San Francesco si caratterizza dal fatto che é stato folgorato dalla grazia di Dio e si é totalmente aggrappato a nostro Signore Gesù Cristo, e tutto il resto – come dice san Paolo – per lui é una perdita. Se nella vita di san Francesco non ci fosse questa presenza totale, assoluta, incondizionata di nostro Signore Gesù Cristo che ha la possibilità di conformalo a se stesso fino a identificarlo nel mistero della sua crocifissione, poco importerebbe di san Francesco. Anche Diogene era povero, aveva abbandonato tutto, ma non per questo é santo.
Guardate che, siamo in tempi critici nei quali possiamo fare delle confusioni. Sta bene dire alla Chiesa che deve essere povera. Sta bene dire ai religiosi che devono essere un segno della povertà della Chiesa ma, se dimentichiamo Gesù Cristo, se dimentichiamo la ragione del distacco e della rinuncia, non siamo affatto cristiani, e tanto meno siamo religiosi. Quindi Gesù Cristo é l’assoluto che si impone alla persona che lo segue.
Quando si parla di sequela di nostro Signore Gesù Cristo e dalla sequela si tenta di definire la vita religiosa, le cose non stanno del tutto chiare. Gli storici dei primi secoli della Chiesa mettono in grande evidenza il fenomeno del monachesimo. Si può dire che il padre dei monaci più conosciuti e più tipico, é sant’Antonio abate, di cui sant’Atanasio ha scritto la vita. Sant’Antonio abate ha venduto tutto, ha vissuto nel deserto, ma da quello che dice sant’Atanasio, il deserto era soltanto a due passi dalla porta di casa e sua sorella lo aveva affidato alle pie signore.
Il fenomeno monachesimo era certamente determinato dal desiderio, che proviene da un invito della grazia, di essere fedeli seguaci di nostro Signore Gesù Cristo fino in fondo. Questa fedeltà a nostro Signore Gesù Cristo fino in fondo, noi la riscontriamo nella prima comunità cristiana di Gerusalemme, e nella prima comunità cristiana di Salonicco. Sono comunità fervorose – almeno idealmente – perché Luca vuole descrivere una comunità ideale e perché Paolo vuole molto bene ai tessalonicesi. Non è detto che non ci siano stati degli inconvenienti. Questo é normale. Non si può pensare che non ci siano degli inconvenienti in convento! Questo é nella natura umana inficiata dal peccato non ancora totalmente redenta e non ancora entrata nel Regno.
Quando il cristianesimo passa dal suo stato di comunità (Gerusalemme- Tessalonica) dove tutto era in comune – dove tutti convenivano per ascoltare la parola degli apostoli, pregare e celebrare l’Eucarestia – e il cristianesimo si estende anche numericamente, i nuovi cristiani non possono più essere seguiti alla stessa maniera. Non si poteva più esigere tutto da tutti. Già gli apostoli non esigevano tutto da tutti. Pensate all’episodio degli Atti dove Paolo dice: eravate liberi di tenere il vostro patrimonio. Sono morti, non perché hanno detto una bugia e non perché non hanno portato tutto!
Allora, ci sono state delle persone che sotto l’impulso della grazia di Dio, si sono ritirate, hanno abbracciano lo stato monastico per poter seguire nostro Signore Gesù Cristo più fedelmente. Il fatto importante consiste nel definire se i monaci, in questo modo, si sono allontanati dalla Chiesa o si sono avvicinati alla Chiesa. Se per Chiesa intendiamo genericamente la comunità e non guardiamo la vita di tale comunità, noi possiamo essere condotti a non discernere convenientemente le cose.
I monaci, i religiosi, con questo gesto di ritrarsi per fare vita comune o vita monastica, si sono allontanati dalla Chiesa o si sono avvicinati? Si sono ritirati per allontanarsi dalla Chiesa o per avvicinarsi? Vedete quanto é importante tenere presente il mistero della Chiesa, prima che l’aspetto puramente istituzionale della chiesa, prima che l’aspetto puramente visibile della Chiesa. Gli storici danno risposte varie. Attraverso i tempi – mi pare intorno al 6° secolo- per garantire una autonomia allo svolgimento della vita religiosa, i monasteri acquistano una certa indipendenza dalla chiesa locale: dai vescovi. Questo avrà uno sviluppo notevole nei grandi ordini monastici dell’occidente: benedettini e relative famiglie, mendicanti, francescani e domenicani. La loro prima preoccupazione é stata di avere l’approvazione pontificia. Poi viene il diritto canonico con l’istituzione delle esenzioni per gli istituti e le congregazioni.
Per questo, una volta proprio ad I.., io ho turbato le suore. Mi venne fuori proprio questa espressione: le suore accolgono molto volentieri il vescovo in salotto, ma non volentieri in direzione. Sia come si sia! Fatto sta ed é che il diritto canonico… A me pare che dobbiamo camminare per altra via, e cioè che dobbiamo camminare secondo il senso della Rivelazione, secondo il senso della Parola di Dio, secondo il senso del mistero della Chiesa.
Ora, il mistero della Chiesa come é stato illustrato in questi ultimi tempi, come ci é stato magistralmente proposto dal Concilio ecumenico vaticano secondo, porta una tale chiarezza nella vita e nella santità della Chiesa che mi pare dobbiamo prescindere, tanto dalla questione storica come dalla questione canonica, per entrare nel vivo di questa realtà.
Nel vivo di questa realtà, la vita religiosa deve o non deve alimentarsi alle sorgenti vivificanti e pure della Parola di Dio? Qual é la via o lo strumento per attingere con sicurezza, con pienezza e con efficacia alla Parola di Dio? E’ il ministero della Parola.
I vescovi – come sono presentati dal concilio – hanno come loro compito precipuo, come loro compito eccellente il ministero della Parola. Questo ministero della Parola – notate bene- nasce da un sacramento: il sacramento dell’Ordine. Io predico in mezzo a voi accompagnato dalla grazia della mia consacrazione episcopale. Anche se sono fuori dalla diocesi, sono sempre un vescovo della Chiesa e non é una cosa trascurabile che il mio ministero sia accompagnato da una grazia che deriva dal sacramento.
Può venire qui un personaggio più chiaro nell’esposizione, meno noioso, più eloquente. Se non ha la mia grazia perché non ha ricevuto sacramento che ho ricevuto io, la Parola di Dio non arriva a voi con la stessa efficacia soprannaturale come vi raggiunge attraverso l’esercizio del mio ministero. Questo é un fatto ecclesiale.
Chi vuole vivere la vita di nostro Signore Gesù Cristo deve attingerla alla fonte dei sacramenti. Chi presiede all’amministrazione di tutti i sacramenti? La presiede il vescovo. Anche a questo proposito é caratteristico che il Concilio, parlando del presbitero, dica che il presbitero fa le veci del vescovo, rende presente il vescovo, rappresenta il vescovo. Questa non é una diminuzione del presbitero, perché il presbitero non compie un’azione a nome del vescovo, ma in comunione a quell’unico sacerdozio che é comunicato al vescovo centro del presbiterio, come centro della comunione, come centro della carità.
Per questo la Costituzione della liturgia al numero 41 dà una importanza unica alla celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo. Lì si esprime in un modo del tutto particolare il mistero della Chiesa:il mistero di tutta la Chiesa. Anche a questo punto c’é da intendersi!
La Chiesa siamo noi quando celebriamo insieme. Noi non celebriamo per nostro conto! Noi siamo in chiesa insieme a tutte le comunità del mondo e, se non siamo una comunità che comunica con tutte le chiese del mondo, noi non siamo la Chiesa vera. Se comunichiamo con tutte le chiese del mondo, si realizza il mistero della Chiesa perché la chiesa é proprio il mistero di essere nel tutto come nelle parti, così come nell’eucaristia Gesù Cristo é presente in tutta l’ostia e in ciascun frammento.
Per attingere alla sorgente dell’unità, la vita religiosa comporta principalmente la comunione di vita. Bisogna essere uniti nella chiesa. Qui entra la questione della giurisdizione. La giurisdizione non é mai stata chiarita prima del Concilio Vaticano Secondo. E’ per questo che dobbiamo, oggi, guardare le cose dal punto di vista del Magistero della chiesa, che é rinnovante. Mai é stato detto che la giurisdizione, il potere di governo deriva al vescovo dalla consacrazione. Il vescovo nella consacrazione riceve la grazia di poter unificare quelli che si trovano nella Chiesa, in primo luogo i presbiteri – oserei dire – in secondo luogo i religiosi e gli altri.
Notate. Anche a questo proposito, storicamente e canonicamente, sono accadute delle cose. ( il vescovo toglie la voce al registratore e riprende) Scusate se ho un po’ sconcertato i vostri progetti. Ho cercato di riportarli al progetto di Dio. Qui siamo ancora nel progetto di Dio, nell’azione che Dio compie per la nostra salvezza, perché noi facciamo comunione tra di noi e partecipiamo alla comunione di vita con Lui.
Non é necessario, dopo aver parlato della sequela Christi, insistere anche sulla missione dello Spirito Santo. Noi siamo nati dall’acqua e dallo Spirito Santo. “Lo Spirito verrà su di voi e voi mi sarete testimoni”. Lo Spirito Santo ci rende testimonianza dal di dentro che siamo figli di Dio. Lo Spirito Santo ci unifica. Ho già detto che questa é una riscoperta del Concilio non ancora soddisfacente nei documenti, ma più soddisfacente nei testi liturgici. Ci sono le tre nuove preci eucaristiche. In queste preci prima della consacrazione, si invoca lo Spirito Santo perché trasformi il pane e il vino nel corpo e sangue di nostro Signore Gesù Cristo. La Consacrazione é azione dello Spirito Santo. E’ lo Spirito Santo che anima e dà efficacia alle parole del sacerdote.
Insisto ancora, dopo queste considerazioni, a dire: tutti i credenti sono coinvolti nella corrente della vita e della santità della Chiesa. E i religiosi? Alcune indicazioni ci vengono dal Concilio.
Pare che il fondamento, il valore, la funzione della vita religiosa consista nell’essere espressione sacramentale della Chiesa. Qui noi vediamo il posto della vita comune. La vita comune é una vita di Chiesa. La comunità ecclesiale é una espressione visibile, frutto di una grazia invisibile.
Pare che il fondamento,il valore, la funzione della vita religiosa sia relativo alla funzione profetica di annunzio, nella Chiesa e dinnanzi al mondo, del Regno di Dio.
Pare che il fondamento, il valore, la funzione della vita religiosa nella Chiesa sia l’annunzio profetico del Regno dei Cieli.
OM 437 Istanbul 72
Istanbul, 6-11 febbraio 1972