lettera ai sacerdoti del giugno 1974
Vorrei mettere a capo di tutto il nostro discorso una osservazione che mi pare fondamentale: il problema è anzitutto quello dei ragazzi che avendo una vera vocazione sacerdotale non la realizzano, anche se non può non esserci una preoccupazione per la scarsità degli alunni del Seminario Minore. Non che sia il caso di entrare nella questione attinente il mistero della economia della salvezza, se e perché, in un determinato momento storico, Iddio non conceda in abbondanza il dono della vocazione al ministero sacerdotale; la questione concreta è posta dalla constatazione, sufficientemente suffragata dai fatti, che un certo numero di ragazzi che danno segni ragionevolmente sicuri di essere chiamati, in realtà non attuano la loro vocazione.
Ora, aldilà di ogni considerazione di utilità ecclesiale, se così si può dire, si impone il fatto che Dio elargisce i suoi doni per la ricchezza, la varietà la vita della chiesa del suo Figlio e che questi doni vengono vanificati. Di più, questi doni corrispondono alle possibilità di realizzazione di persone ben individuate, le quali per se stesse, per la chiesa e per la società vengono a costituire delle realtà mancate.
Nasce di conseguenza una responsabilità tanto più personale e impegnativa quanto più diretti e immediati sono i legami con questi « eletti »; e la responsabilità è di quelle che non toccano solo tangenzialmente i rapporti con Dio e con i suoi figli, ma entra in un preciso, grave disegno di Dio di realizzare la misura della conformità di una persona ben individuata al mistero e alla missione di Cristo ha una portata morale molto più grave di quella di aver impedito che un legittimo erede entri in possesso di una grossa f fortuna. (… )
Ricerche e studi aggiornati sulle diverse componenti del fatto vocazionale, considerato come fenomeno umano oltre che nella sua dimensione soprannaturale, oggi non mancano. Qui mi limito a richiamare alcune delle conclusioni più attendibili e di maggiore interesse per la nostra prospettiva:
a) La scelta della professione è un lungo processo evolutivo, che può essere orientato sia favorendo la maturazione delle capacità e degli interessi, sia aiutando il ragazzo e l’adolescente a conoscersi in modo più adeguato.
b) Gli interessi professionali formulati negli anni della Scuola Media sono ancora poco stabili perché influenzati fortemente dal fattore emotivo; ciò non toglie che nello stesso tempo il ragazzo incominci a tener conto delle proprie capacità e interessi in ordine alla professione futura.
e) Da richieste specifiche sulle vocazioni al sacerdozio risulta che oltre il 50% dei giovani avviati alla vita sacerdotale hanno avvertito questa particolare inclinazione prima del 13° anno. Tale inclinazione inoltre appare dotata di una sua consistenza con un certo anticipo rispetto alle altre inclinazioni professionali.
d) Va rilevato peraltro che l’inclinazione è solo un aspetto della vocazione, la quale deve essere controllata e convalidata con l’insieme dei tratti e delle qualità personali. Tutti gli elementi necessari per una scelta libera e definitiva non si acquisiscono normalmente che a partire dai 18 anni circa.
Questo insieme di dati e le considerazioni che suggeriscono convergono su una precisa indicazione operativa che dovrà essere ben presente alla nostra responsabilità pastorale, sia per escludere altre soluzioni astrattamente ipotizzabili, sia per impegnarci in una scelta che ci trovi convintamente uniti e partecipi.
Vi è un’azione educativa, da svolgere nei riguardi di ogni ragazzo e in particolare di quelli che manifestino il desiderio di diventare sacerdoti, che deve tendere a creare le condizioni più favorevoli a che essi chiariscano a se stessi le proprie idee e il proprio mondo interiore e maturino in coerenza le proprie scelte.
Il Seminario Minore offre una possibilità concreta per la creazione di un clima educativo cristiano che aiuti il ragazzo a chiarire, consolidare e sviluppare una eventuale chiamata al sacerdozio. Non è l’unica possibilità, ma si presenta a tutt’oggi, a determinate condizioni, come Ia più vantaggiosa e funzionale rispetto ad altri ambienti educativi: tutt’altro che da sottovalutare, questi ultimi, ma compromessi da troppo gravi carenze e involuzioni per potersi almeno per il momento sostituire o porre sullo stesso piano del seminario minore.
Non si tratta di tendere a condizionare dei ragazzi con le strutture del seminario, in una specie di gioco di forza con altri condizionamenti di segno diverso ma di sapere come realizzare veramente all’interno del seminario un clima orientativo cristiano di maturazione della chiamata vocazionale nella libertà e nella fede. Il problema quindi non è da porre in termini alternativi (seminario sì o no) ma migliorativi: come realizzare nel seminario quell’ambiente, quei processi e quei traguardi educativi che solo possono motivarne la presenza.
Così posto, il problema riguarda indistintamente ogni sacerdote e si affida alla coscienza, all’impegno, alla corresponsabilità di tutti.
Lo Spirito Santo ci aiuti a entrare nel mistero di Cristo perché possiamo rendere testimonianza del suo amore pastorale con tutta la nostra vita e in particolare con l’accogliere e l’aver cura di ogni suo dono vocazionale a cominciare da quello inestimabile e insurrogabile, della chiamata al sacerdozio.
Se da una parte è salutarmente emotiva, dall’altra quanto è seria in questo contesto l’affermazione di Gesù: ” Chiunque accoglierà un fanciullo come questo in nome mio accoglie me » (Mt. 18,5)!
CARLO FERRARI Vescovo
ST 375 Seminario 74
stampa: foglio del settimanale “La Cittadella” sul quale non si legge alcuna data (il riferimento è ad una lettera ai sacerdoti del giugno 1974).