Seminario, sabato 16 maggio 1970 vigilia di Pentecoste
Mons. Carlo Ferrari con don Salvatore nel 1990 a Monopoli
Richiamiamo alla nostra mente ciò che è indispensabile per stabilirci in un atteggiamento di preghiera, quindi d’ascolto di ciò che Dio vuole comunicare al nostro spirito, per essere nel vivo di un avvenimento in cui si opera la nostra salvezza per l’azione di Dio e per la nostra collaborazione.
Si verifica indubbiamente qui ciò che si è verificato la prima volta nella vita della chiesa, dove coloro che si preparavano a portare il peso della missione di nostro Signore Gesù Cristo, gli Apostoli, erano nell’atteggiamento della grande attesa, uniti tra loro e in mezzo a loro Maria Santissima, che aveva anticipato nella sua persona l’evento della missione dello Spirito Santo.
Tutto quello che è accaduto allora, continua certamente in mezzo a noi, perciò il nostro impegno deve essere quello di raccogliere i nostri pensieri, le immagini che possono essere nella nostra fantasia, i ricordi che possono essere più o meno vivi nella nostra memoria e costringere tutto noi stessi ai piedi di nostro Signore Gesù Cristo, per stare in ascolto.
Lo Spirito parlerà attraverso questo atto di ministero, che io e voi dobbiamo cercare di percepire nella sua realtà soprannaturale, nella sua portata spirituale, non dico spersonalizzando noi stessi e i nostri atti, ma pensando che al fondo di noi stessi e dei nostri atti c’e Qualcuno che conta più di noi, che ama stare con noi e che vuole incontrarsi con noi. In un ritiro, che si svolge alla vigilia della celebrazione liturgica di Pentecoste, mi pare giusto fermare l’attenzione sulla missione dello Spirito Santo, possibilmente in un modo conciso per avere dei punti di riferimento. Pensiamo allo Spirito Santo nella persona, nella vita, nell’opera di nostro Signore Gesù Cristo.
Gesù è concepito per opera dello Spirito Santo. Non é una realtà che si impone unicamente come un fatto. Ha un significato. Tutto ciò che Dio compie nei nostri confronti, è un fatto di amore e l’amore in Dio é personale, l’amore in Dio è lo Spirito Santo. Questo grande atto di amore, che da parte del Padre si esprime nel dono del Figlio suo a noi, si realizza appunto per l’azione dello Spirito Santo in Maria Santissima che concepisce il Figlio di Dio fatto uomo. C’è un altro momento in cui è evidente l’azione dello Spirito Santo in nostro Signore Gesù Cristo all’inizio della sua missione durante il battesimo. Lo Spirito Santo in forma di colomba discende su nostro Signore Gesù Cristo e la voce del Padre ratifica la missione di Gesù con le parole. “Questi è il mio Figliolo diletto nel quale ho posto la mia compiacenza. Ascoltatelo”
Come si può rilevare in tantissimi momenti della vita di Gesù Cristo e in tantissimi momenti della vita della Chiesa, il Padre testimonia la sua presenza e il suo amore in ciò che egli compie, attraverso il dono dello Spirito Santo. Così Cristo condotto dallo Spirito Santo non soltanto entra nel deserto, ma entra nel pieno della sua missione apostolica, quando va per offrire al Padre tutto se stesso in testimonianza di amore e per la nostra salvezza. Nella morte di nostro Signore Gesù Cristo è operante lo Spirito Santo secondo quello che esplicitamente spiega San Paolo: é attraverso lo Spirito Santo che il Padre risuscita nostro Signore Gesù Cristo e lo stabilisce Signore e padrone.
Quindi c’è un rapporto strettissimo tra le Divine Persone. C’è un’azione unica concepita dal Padre, eseguita da nostro Signore Gesù Cristo, portata a compimento dallo Spirito Santo ed è l’opera della nostra salvezza, che è l’amore di Dio che si comunica a noi, nel senso che ci introduce nella vita stessa di Dio. Lo Spirito Santo passa, per dire così, dalla persona di Gesù nella Chiesa.
Gesù al termine della sua vita parla insistentemente di Colui che dovrà venire e lo abbiamo ricordato insistentemente nelle letture di questi ultimi tempi. Gesù dichiara che egli ritorna al Padre, che Egli se ne va perché possa venire Colui che è stato promesso fin dai tempi dei profeti dell’Antico Testamento. Quello che i profeti hanno descritto nei tempi messianici, è il tempo in cui sarebbe stato dato lo Spirito. La promessa di Gesù si compie il giorno di Pentecoste. Noi sappiamo i fatti.
Rileviamo per l’intesa chiara della condotta di Dio, che lo Spirito Santo è stato dato prima agli apostoli e, attraverso il loro ministero, a tutti i credenti. Gli apostoli dopo aver ricevuto lo Spirito Santo nel cenacolo predicano nostro Signore Gesù Cristo, battezzano nel nome di nostro Signore Gesù Cristo e aggregano i credenti nella comunità e nell’unione della chiesa in nome di nostro Signore Gesù Cristo e nasce la prima comunità cristiana, la comunità di Gerusalemme. Che cosa è accaduto per gli apostoli? A me piacerebbe pensare che cosa é accaduto in Maria molto prima che negli apostoli e nei credenti, come conseguenza del dono dello Spirito Santo, come conseguenza della presenza dello Spirito Santo nella loro persona.
Lo Spirito Santo fa – specificamente proprio come sua missione – dei credenti “i rinati”, cioè delle persone che sono nate di nuovo. Importante è la questione sollevata da Nicodemo: “Come può uno che è già adulto nascere nuovamente?”. E Gesù risponde: questo avviene attraverso una rinascita dall’acqua e dallo Spirito Santo, per cui per mezzo dello Spirito Santo si diventa delle nuove creature. Qualche cosa di nuovo ma di reale, di concreto, di ontologico – come ci si potrebbe esprimere filosoficamente – accade nella persona del credente.
Il credente è una nuova creatura – la parola non è bella -, è un nuovo prodotto della potenza creatrice dell’amore di Dio che supera infinitamente quello che aveva compiuto prima, perché questa nuova creatura porta in sé, per la testimonianza dello Spirito Santo, per una coscienza che crea in noi lo Spirito Santo, la certezza di essere figli di Dio. In questo consiste la rinascita, in questo consiste l’essere creatura nuova, in questo consiste non essere più nati dalla carne e dal sangue, ma nati da Dio per opera dello Spirito Santo. La certezza di essere figli di Dio Padre, e quindi il senso della paternità di Dio e il senso della nostra figliolanza divina, viene dallo Spirito Santo.
Ricordiamo ancora una volta. Queste certezze della vita spirituale ci vengono solo da Dio. Dobbiamo tanto ricordare, come dicevamo al principio della novena che: se Iddio non si rivela, noi non capiamo niente di Dio. E’ solo lo Spirito di Dio che dà a noi questa sicurezza, questa certezza che non sempre é certezza psicologica, che non sempre é certezza razionale, che non sempre coincide con le esigenze della stessa natura – di essere sicuri, di aver coscienza, di credere veramente- perché noi siamo nel vivo del mistero che ci supera, perchè siamo nel vivo del mistero che va di là da tutto ciò che noi siamo e di tutto ciò che noi possiamo fare.
Questi momenti di abbandono, di oscurità, di aridità o di altro sono prove normali affinché prendiamo coscienza di un altro fatto: che “da noi” non ci arriviamo, che la nostra salvezza ci viene gratuitamente e unicamente da Dio, dalla sua azione e che senza di Lui non possiamo fare niente. Quindi: sempre per l’azione dello Spirito Santo noi diventiamo – per dirlo schematicamente – capaci di credere, capaci di aprirci al senso della Parola di Dio, pronti ad essere introdotti nel senso della Parola di Dio, quindi, capaci di abbandonarsi alla Parola di Dio, capaci di correre il rischio e quindi di distaccarci da tutti gli appoggi della vita, dell’esistenza, per fissarci unicamente su questo punto consistente, su questa base solida, su questa roccia.
Tante volte, Dio nell’Antico Testamento e Gesù Cristo, sono definiti come roccia, come pietra angolare, come punti di appoggio, come punto “ubi consistant”, sul quale poter fare leva per tutta la vita! La roccia, la pietra, il punto di appoggio è la capacità di credere e di sperare, che è opera dallo Spirito Santo. Abbiamo ricordato da poco, che lo Spirito Santo ci introduce in quella verità che neppure nostro Signore Gesù Cristo è stato capace di farci intendere, in quella verità che é la pienezza della verità che Gesù Cristo non aveva detto agli apostoli perché non erano in grado di comprenderla: cioè; questo senso di sicurezza che ci viene dallo Spirito Santo e che c’è dato come Paraclito.
Comunemente si traduce in “consolatore”, ma il Paraclito, più che consolatore è il confortatore, è colui che aggiunge forza alla nostra debolezza, è colui che ci sostiene: è il punto d’appoggio che fa sì che noi ci appoggiamo su dei motivi validi, su delle certezze e soprattutto su delle Persone che non ci ingannano, che non tradiscono la nostra fiducia è colui che fa sì che diventiamo capaci di amare in un modo nuovo, di amare da nuove creature. L’essere capaci di amare, è il fatto che definisce la nostra vita, è il fatto che rende la vita veramente umana.
Ma com’è difficile amare!
Diventiamo capaci d’amare in un modo nuovo. Non è semplicemente avere una forza più grande di amare che ci viene dal dono dello Spirito Santo. E’ una capacità nuova di amare che non si aveva prima. E’ un amore che non ha soltanto le sue motivazioni, ma che ha le sue origini, la sua sorgente nell’amore stesso di Dio perché: se la vita cristiana, se la nostra novità di vita è la partecipazione alla vita di Dio, il nostro esistere cristiano deriva da questa nostra partecipazione all’azione di Dio. Quindi al suo amore!
Allora chi è rinato e vive ed è condotto dallo Spirito Santo, poco a poco possiede il senso di Dio.
Ecco allora che, la cosa che potrebbe non sembrare pratica, ma che è di capitale importanza è questa: se non c’è una vita spirituale non possiamo pensare di essere veramente creature nuove che vivono da creature nuove. Che cos’è questo senso di Dio di cui si parla tanto? Non è una cosa definibile. E’ la certezza. E’ la convinzione che Dio è sempre il “di più”, – Dio non lo possiamo mai restringere in nessuna delle nostre categorie – E’ la convinzione che Dio è l’infinitamente di più di ciò che noi pensiamo. E’ la comvinzione che Dio è sempre al di là di tutto ciò che è intorno a noi e che può essere oggetto delle nostre esperienze, dei nostri calcoli, dei nostri raziocini, delle nostre misure.
Tutto è un segno. Tutto è piuttosto un valore evocativo. Un valore indicativo di qualche cosa che è sempre più grande, che vale sempre di più. Quindi il senso di Dio è il senso del mistero.
Lo Spirito Santo, che è la Persona più misteriosa di Dio, se è attivo in noi, se è in noi, se può svolgere la sua azione in noi perché lo lasciamo agire in noi, ci porta a poco a poco ad entrare nel senso del mistero.
Il senso del mistero prima di tutto è senso di oscurità, anche se non è unicamente senso di oscurità. E’ quella oscurità, è quell’accecamento che viene da una potenza luminosa che non possiamo sopportare. E’ il senso di essere introdotti e coinvolti in qualche cosa, in un avvenimento, che ci supera infinitamente. Questo non è gioco di fantasia. Questo è semplicemente la verità. La realtà di Dio è questa. La realtà di Dio non è quella delle nostre sperimentazioni, non è quella dei nostri calcoli, non è quella della nostra razionalità. Se Dio fosse soltanto così non sarebbe Dio.
E’ troppo facile cadere nel naturalismo. E’ più facile che cadere nel materialismo della vita che è più pericoloso, perché il materialismo anche con un atto della nostra ragionevolezza può essere respinto, guidato, dominato, Ma il naturalismo no, perché può avere le sue giustificazioni nell’essere naturali, nell’essere spontanei, nell’essere tante cose che sono positive, ma non sul piano di una vita spirituale, – non sul piano di una vita religiosa, non sul piano di un rapporto con Dio che è autore della natura, che non nega la vita ma che la supera infinitamente e che ci porta in questa zona del superamento non dell’annientamento della prima creazione, perché siamo in una nuova creazione.
E quindi il senso dell’ineffabile, dell’inesprimibile. Per intenderci: tante cose noi le dobbiamo definire. Dobbiamo cercare le parole per comunicarcele e per comunicarle agli altri. Ma ricordiamo che ogni volta che comunichiamo qualche cosa di Dio, noi nello stesso tempo limitiamo Dio e le realtà che Dio vuole comunicare a noi. Dobbiamo avere sempre presente questa avvertenza. Guai a noi pretendere di parlare di Dio come se lo avessimo toccato con le nostre mani e misurato con i nostri concetti!
Quindi il senso della meraviglia. Ciò che Dio compie è meraviglioso proprio perché porta il segno del suo essere infinitamente al di sopra di tutto ciò che è semplicemente naturale. E’ la meraviglia che noi dobbiamo cogliere nella stessa creazione in quanto è allusiva del Creatore.
Guardate il mondo in cui viviamo non per parlarne male, ma per essere avvertiti della situazione in cui ci troviamo e dei pericoli che corriamo. Il mondo della tecnica, il mondo della scienza, il mondo della economia, il mondo che fa tutto secondo determinate leggi, fa tutto secondo quegli schemi che sono indispensabili, secondo i quali tutto risulta esatto, secondo i quali tutto corrisponde alle attese – pensate all’operazione stupenda del recupero degli astronauti perduti nell’universo – E’ tutto frutto di calcolo precisissimo.
Noi possiamo diventare schiavi di questa precisione che non è soltanto una mentalità, ma che è proprio tutta una vita organizzata, così che la vita diventa sempre più meccanicistica e può soffocare la nostra stessa ricchezza personale, e può soffocare in noi il senso di ciò che va al di là, “infinitamente” al di là di queste cose, al di là della scienza, della tecnica, della organizzazione, che sono già così grandi.
Noi non siamo religiosi perché diciamo dei “Pater noster”.
Noi non siamo religiosi perché facciamo delle belle liturgie.
Noi siamo religiosi perché abbiamo il senso di Dio che trascende ogni senso.
Scusate se ho insistito, ma mi pare che sia tanto necessario.
Come conseguenza: il senso di Dio porta al senso della Paternità di Dio, porta a questo Dio ineffabile che compie meraviglie, a questo Dio che abita in una luce inaccessibile e accecante, ma che è mio Padre che esprime una paternità vera. Il senso della paternità di Dio ci fa dire “Padre nostro che sei nei cieli”.
Essere condotti dallo Spirito Santo significa acquistare conseguentemente un senso figliale nei confronti di Dio. Il senso della comunione con Dio. Non dimentichiamo mai: i nostri rapporti con Dio si concretizzano nei nostri rapporti con i fratelli intesi nel senso del mistero, nel senso dell’ineffabile, nel senso della meraviglia.
Guardate che è abbastanza facile essere amici, ma è difficile volersi veramente bene nel senso della vita spirituale, nel senso della vita cristiana, nel senso della esigenze della convivenza cristiana. Se non è operante questo superamento di tutto noi stessi, nella grandiosità e nella straordinaria potenza della forza di Dio, – come dice S. Paolo – rimaniamo nella nostra meschinità.
Chi corrisponde all’azione dello Spirito Santo, se è una nuova creatura, è nuovo tutti i giorni. Qui ci sarebbe proprio un tema molto bello che si potrebbe amplificare e non è detto che io mi sento capace di affrontarlo, perché è una cosa anche difficile e delicata. Bisogna acquistare questa capacità di essere nuovi tutti i giorni, perciò diventare capaci di creatività. Siamo monotoni!
“Emitte Spiritum tuum et renovabis faciem terrae”. E’ la nostra faccia che dobbiamo rinnovare tutti i giorni.
Essere rinnovati è diventare capaci di rinnovare!
Siamo creature nuove. Se lo Spirito ci fa nuovi tutti i giorni, se lo Spirito tende a farci nuovi tutti i giorni, noi non dobbiamo essere uguali a noi stessi, tutti i giorni. Mi capite bene! Allora “tutti i giorni” deve essere un impegno – un’espressione che può suonare poco bene – di guadagnare la nostra vita spirituale. Fate un po’ un parallelismo tra il guadagnarsi il pane tutti i giorni, e il guadagnarsi la vita spirituale tutti i giorni, non tanto nel senso di farsi dei meriti tutti i giorni, ma nel senso di conquistare la sovrabbondanza di doni che lo Spirito Santo comunica a ciascuno di noi perché siamo nuove creature.
Quindi si può e si deve diventare profeti: profeti dell’unica parola che lo Spirito Santo detta di dentro, che è quella di nostro Signore Gesù Cristo.
Quindi si può e si deve diventare tutti i giorni sacerdoti, secondo l’ordine e la misura e l’espressione del sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo che è stato una continua lode del Padre.
Quindi si può e si deve diventare la lode perenne della gloria della Grazia di Dio con il rinnegamento di noi stessi, con il dono di noi stessi, con la partecipazione al sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo attraverso il quale viene la grande crisi, lo stretto passaggio, l’autentica Pasqua per cui si entra nella terra nuova.
Quindi si può e si deve diventare degli edificatori di unità. Chi è condotto dallo Spirito edifica nell’unità. Mi riferisco ai santi.
Oggi è di moda la così detta contestazione. Lunedì mi sono trovato per un momento di incontro abbastanza interessante ad Assisi. San Francesco fra non molto riceverà il dottorato. San Francesco e Santa Caterina da Siena, erano dei contestatori che andavano a disturbare anche il Papa e certamente i Vescovi, anche i preti e i monaci, ma con quale amore! C’era tutto il dono di se stessi, c’era tutta la loro capacità di sacrificarsi, c’era tutto il loro impegno di essere uniti a nostro Signore Gesù Cristo per portare gli altri sulle orme di nostro Signore Gesù Cristo. Sono santi perché animati dallo Spirito Santo e quindi nella loro vita non hanno fatto altro che unificare con un’autentica contestazione.
Continuate a pensare queste cose. Mettervi sotto l’azione dello Spirito Santo. Pregate la Madonna, che lo richiama con la sua presenza più vivamente in mezzo a noi, perché tutta questa novità di vita ci investa pienamente.
OM 289 seminario 70 – Seminario, vigilia di Pentecoste 1970