e si riassume nella carità
Martina Franca 1967 – Incontro con i sacerdoti -04-
Lo Spirito Santo – é detto nel decreto sull’ecumenismo al numero due: ” Lo Spirito Santo che abita nei credenti e tutta riempie e regge la chiesa, produce una meravigliosa comunione di fedeli e tanto intimamente tutti unisce a Cristo, da essere il principio dell’unità della chiesa”
Credo sia sempre più chiara nella nostra mente che l’unità nella chiesa é il culmine a cui tende il piano di Dio, é la meta ultima a cui vuole portarci il beneplacito della volontà di Dio, che vuole ricapitolarci, tutti, con tutte le cose, in Cristo Gesù.
Quest’unità é opera dello Spirito Santo. La vita cristiana é la riproduzione, analoga nel mondo, della vita trinitaria. Lo Spirito Santo, come ogni Divina Persona, opera nel mondo, ciò che del Padre é principio, ciò che del Figlio é espressione sostanziale del Padre.
Lo Spirito Santo che é l’amore del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre, congiunge – per così dire – unisce, vincola le Divine Persone nell’amore che é lui stesso in persona, lui stesso infinito, sostanziale, personale. Ciò che lo Spirito Santo produce nel mondo é, l’amore che unisce, è la carità che vincola e che fa di tutti noi “uno solo” in Cristo Gesù. Lo Spirito produce l’amore.
Tutto ciò che c’é in Dio é amore: “Deus caritas est”.Quod est mandatum maximum in lege, diliges. Ecco la risposta all’amore infinito di Dio. Tutto ciò che é di Dio é amore: sic Deus dilexit. Tutto ciò che deve corrispondere a questo amore di Dio, che é Dio in persona, non può essere che amore. Perciò : “Diliges Deum tuum ex toto corde tuo, ex tota anima tua, ex omnibus viribus tuis et proximum tuum sicut te ipsum. Il secondo comandamento é simile al primo. Mi pare che, si possa rilevare che, noi abbiamo ristretto la legge di Dio ai dieci comandamenti sradicati dal loro fondamento che é l’amore. I dieci comandamenti non sono che una specificazione dei due comandamenti dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo.
Noi abbiamo fatto dei comandamenti una legge morale, moralistica, legalistica, proprio perché li abbiamo sradicati dal contesto generale dei nostri rapporti con Dio e dei nostri rapporti con il prossimo che, sono caratterizzati dall’amore, che nascono dall’amore soprannaturale, dono di grazia, diffuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo, che ci é stato dato. Anche la legge cristiana, come ce la presentano certi manuali di teologia, quando prescinde dalla grazia di Dio, è una legge che finisce col non essere più la morale cristiana.
E’ possibile l’osservanza della legge senza la grazia di Dio? E’ possibile l’osservanza dei comandamenti senza l’intervento dello Spirito Santo che diffonde nei cuori la capacità di amare e quindi d’osservare i comandamenti della legge di Dio? Quante volte noi proponiamo dei doveri gravissimi di morale, senza proporre il mezzo indispensabile per osservarli! Vedete per esempio quale errore pastorale noi stiamo commettendo ribadendo, sostenendo la necessità, la moralità dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale. Il vincolo matrimoniale, secondo la volontà di Dio, é indissolubile, ma l”impegno di fedeltà ad un sì pronunciato davanti all’Altare é possibile unicamente per l’intervento della grazia di Dio! Se noi insegnassimo che questo é possibile senza l’intervento della grazia di Dio, noi negheremmo il peccato e la necessità della redenzione.
Possiamo auspicare che la legislazione favorisca quest’impegno e possiamo lavorare perché avvenga, ma non dobbiamo pensare che un impegno del genere diventi possibile perché il legislatore riconosce il vincolo matrimoniale dell’indissolubilità secondo la legge naturale e non secondo la legge di Cristo. Lavoriamo pure anche in quel campo ma, quello in cui noi dobbiamo lavorare é rendere operante la grazia di Dio che, rende possibile l’osservanza di questo vincolo. Questo vuole essere solo un esempio.
Lo Spirito Santo ci rende capaci di amare. Siccome il rapporto di Dio con noi é un rapporto di amore, il nostro rapporto con Lui dove essere un rapporto di amore. Come é questo rapporto di amore con Dio? Ecco un punto caratteristico del cristianesimo.
Già in antico Dio non ha mai separato ciò che si deve a Lui da ciò che si deve al prossimo. Iddio che elegge il suo popolo, che lo sceglie fra tutte le nazioni, che lo costituisce come popolo donandogli una legge che lo consacra popolo sacerdotale perché gli dia lode in mezzo a tutte le nazioni, che gli dà prescrizioni dettagliatissime circa il culto, che lo premunisce contro l’idolatria, lo colpisce quando diventa idolatra, potrebbe sembrare un Dio preoccupato unicamente di ricevere il culto, la lode, i sacrifici rituali dal popolo che si é eletto, ma noi sappiamo che Iddio in tanto accoglie il culto di questo popolo, in quanto é il culto di un popolo che esprime la giustizia che vive, sia nei rapporti sociali che nei rapporti con gli altri popoli.
Arriva al punto di fare dire ai profeti che Egli rigetta in faccia al suo popolo lo sterco delle sue solennità, quando opprime il debole, sfrutta il timido, angaria le vedove. Dice espressamente che, ciò che egli chiede é un cuore contrito ed umiliato. Non solo. La penitenza che egli vuole é: dare da mangiare all’affamato,vestire l’ignudo, accogliere il pellegrino… Già in antico! Quando la legge riceve il suo perfezionamento in Gesù Cristo, questa caratteristica diventa più evidente e l’amore per Dio passa attraverso l’amore del prossimo al punto di identificarsi col prossimo. “Tutto ciò che voi avrete fatto ad uno di questi miei più piccoli l’avrete fatto a me”. Ecco perché, più si fa chiara, più diventa matura la relazione dei nostri rapporti con Dio, più si va verso un perfezionamento dell’amore per i fratelli.
L’amore dei fratelli é la misura dell’amore di Dio. Nessuno può dire di amare Dio se non ama il fratello. Come potrà amare Dio che non vede, colui che non ama il fratello che vede? E’ un bugiardo! Lo dice Giovanni nella prima lettera (4,20). Quando la legge riceve il suo perfezionamento in Gesù Cristo, l’amore per Dio passa attraverso l’amore del prossimo, al punto di identificarsi col prossimo, fino al punto che, la nostra giustificazione si opera per l’amore del prossimo. Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Perciò, Gesù dirà: “vi do un comandamento nuovo”.
La novità consiste nella perfezione. La novità consiste nel grado di perfezione che ha raggiunto questo comando già dato agli antichi. Agli antichi era stato dato secondo la capacità che potevano avere, allora: occhio per occhio, dente per dente. Ma Io vi dico che, se uno dice al suo fratello, “stolto”, “é degno del fuoco della geenna”. Hoc est! “Amerai il tuo prossimo”! Così leggiamo nel vangelo. “Mandatum novum do vobis ut diligatis invicem”. “Hoc est praeceptum meum”. Lui, Gesù, il perfezionatore della rivelazione, ci dice: ut diligatis invicem sicut ego dilexi vos. Non dice di amare in una certa misura e in qualche modo ma, “Che vi amiate come io ho amato voi”.
In hoc conoscent omnes quia discipuli mei estis, si dilectionem habueritis ad invicem Dové la testimonianza cristiana? Dove é la perfezione dell’umiltà, della castità, dell’obbedienza, della povertà? E’ nella perfezione dell’amore: in hoc conoscent omnes quia discipuli mei estis, si dilectionem habueritis ad invicem! Potete avere tutto quello che volete, se non avete la carità, non siete miei discepoli e voi non mi rendete testimonianza. Gli altri non crederanno perché il segno, affinché gli altri possano credere, é che voi siate uno solo nella carità.
C’é una legge dell’economia della salvezza tutta incentrata ed organizzata nella carità. – Il progresso del cristianesimo, – l’efficacia dell’apostolato, – l’espansione della chiesa, – l’edificazione della chiesa, – la perfezione della vita cristiana, – la perfezione della vita della chiesa sono legate alla carità. Per questo si deve, senza riserve, parlare di un primato della carità in se stessa e della carità che deve animare ogni azione, ogni virtù. E’ più importante la carità della castità. Non c’é da togliere una virgola! La castità é prima di tutto un’espressione di carità e di amore. Non é un’altra cosa. Prendiamo un esempio dei più impressionanti. Gli atti che la castità come virtù morale, vuole ordinare, moderare, sacrificare, di loro natura non sono atti cattivi, sono degli atti ordinati da Dio creatore e salvatore, e sono comandati.
Quando questi atti vanno contro la legge di Dio? Quando questi atti che di loro natura esprimono l’amore nel modo più profondo e più umano, non esprimono più l’amore ma l’egoismo. Questi atti vanno contro la castità solo nel caso in cui, liberamente, uno abbia scelto un amore più grande di quello del marito per la moglie o della moglie per il marito. Il consiglio evangelico della castità c’è solo in questo caso. La castità può venire meno quando l’egoismo porta a trasgredire la carità. La castità é grande, solo quando é espressione di carità.
Noi a volte abbiamo paura fare certe affermazioni. Perché la legge di Dio non é osservata? Perché si dimentica Dio, perché si dimentica l’amore di Dio e l’amore del prossimo, perché ci si mette al di fuori della possibilità di osservare questa legge per il fatto che si ignora che, in tanto é possibile osservare la legge di Dio in quanto c’é in noi, attiva, l’azione dello Spirito Santo che diffonde nei nostri cuori la capacità di amare.
Mi pare siano sufficienti queste affermazioni per dire che la nostra formazione personale deve incentrarsi sulla carità, in una capacità di amore che giorno dopo giorno, deve giungere ad una maturazione sempre più perfetta. Questa capacità di amare ci é stata posta nell’animo il giorno del battesimo con l’infusione della virtù teologale della carità, ci é stata confermata nella cresima e si sviluppa per il concorso dell’azione dello Spirito Santo e per la nostra corrispondenza.
Noi dobbiamo essere preoccupati di crescere nell’amore e di dare a tutte le virtù il significato giusto di espressione di amore di Dio e di amore per il prossimo, di amore per Dio che passa attraverso l’amore per il prossimo. Tutte le virtù devono avere questo senso e la sorgente di tutte le virtù é lo Spirito Santo. Allora il primo esame di coscienza che dobbiamo fare é questo. Siamo degli uomini? L’uomo è una creatura capace di amare. Lo abbiamo definito animale ragionevole! No. E’ una creatura capace di amore, perché è una creatura introdotta nel circolo della vita di Dio che é amore. L’uomo anche come creatura, in tanto ha valore in quanto ha un cuore. Le grandi intelligenze hanno il loro valore, ma come uomini hanno valore se le loro doti sono accompagnate da altrettanta capacità di amare. Noi amiamo? L’interrogativo di Gesù a Pietro “diligis me”?
La problematica di tutti i tempi, ma oggi esasperata, parla dell’integrazione affettiva del sacerdote; parla dell’aridità del cuore del sacerdote, dell’insensibilità del sacerdote, della mancata educazione della sua sensibilità e della sua capacità di amare. Molte volte si descrive un fenomeno che purtroppo é vero. La nostra formazione, l’edificazione della nostra personalità non ha avuto il senso ecclesiale, che parte dalla carità e si riassume nella carità. Siamo stati educati all’obbedienza, alla disciplina, alla mortificazione, alla castità, all’umiltà ma mai educati all’amore di uomo, di ragazzo, di adolescente, di giovane, di persona matura. Mai educati all’obbedienza, alla castità e all’umiltà come espressioni di amore. Abbiamo messo i frutti prima della pianta! Abbiamo messo le foglie prima delle radici! Abbiamo costruito un edificio senza le fondamenta. Diligis? Il nostro primo punto di esame è per vedere le espressioni di mancato amore e di amore.
Non voglio tingere di fosco il quadro ma, quanti scontenti, quanti tristi e quanti insoddisfatti! Quante tristezze religiose e sacerdotali dietro il paravento dell’austerità, della serietà, della gravità! (pausa molto lunga) Tutte finzioni! Quante espressioni di piccineria, di grettezza, di egoismi possono nascondersi dietro queste parvenze di serietà religiosa o sacerdotale! Quanta incapacità di amare! Un uomo che non ama, é un insoddisfatto.
Pensiamo alla nostra formazione e alla formazione da dare agli altri. Noi dobbiamo essere gli educatori dell’amore per essere gli edificatori della chiesa. Stiamo attenti che il bambino ami, che vinca i suoi piccoli egoismi, che si guardi attorno, che si commuova, che abbia un cuore buono e poi anche se dice qualche bugia … Non diciamo mai: hai disubbidito alla mamma quindi non le vuoi bene. Il bambino vuole bene alla mamma. Il disubbidire dipende dalla sua condizione di bambino, di creatura debole.
Non sconfortiamo le suore quando dicono che non amano il Signore, perché non hanno osservato qualche regola.
Con la debolezza ci può essere anche l’amore. Ci può essere l’amore e il peccato? Meno male che il Santo Ufficio é chiuso! Il peccato può essere manifestazione di una debolezza momentanea, ma accompagnato dal rimorso e dal desiderio di cambiare, é espressione di amore. Quanto amore ci può essere in questo!
Educhiamo l’adolescente all’uso della libertà non comprimendola o mortificandola. Non ironizzando sulle sue espressioni di libertà, ma mettendola in una bella luce, facendola scoprire come la cosa più impegnativa e aiutandolo perché l’amore é nella libertà. Se l’amore non é espressione di libertà, non é amore. Tutti quelli che vanno a messa per abitudine o perché gli altri li guarderebbero male se non ci andassero, o ci vanno perché pensano di ricavarne un utile e fanno la comunione per le stesse ragioni, non amano, non sono liberi! Il primato della carità va predicato sopra ai tetti!
Noi vogliamo delle chiesuole o la chiesa di nostro Signore Gesù Cristo? Tutti quelli che stanno arroccati intorno al campanile, chiusi nella sacrestia o in un parlatorio perché non possono vedere gli altri, perché non possono sopportare gli altri e nella migliore della ipotesi ignorano ecclesiasticamente e religiosamente gli altri… fanno delle chiesuole.. Qual é il nostro grande male? E’ la nostra divisione: I preti si ignorano, i preti ignorano i religiosi e viceversa, i religiosi si ignorano tra loro. Ci vuole altro che facciamo la meditazione, tutti i giorni, se che poi non guardiamo in faccia i nostri confratelli, non li salutiamo, non ci facciamo due passi con loro, non scambiamo due chiacchiere cordiali. Che meditazione abbiamo fatto? Ci vuole altro che noi facciamo una lunga adorazione davanti al santissimo sacramento: se poi non andiamo ad invitare il nostro confratello se non ci facciamo vedere insieme anche dalla gente, se poi non ci prestiamo volentieri ad aiutare i nostri confratelli anche quando non c’é lo stipendio.
Che cosa sono queste affermazioni nuove nella chiesa volute dallo Spirito Santo: la centralità del mistero della chiesa, la centralità del mistero dell’unità nella chiesa, la collegialità dei vescovi e l’unità del presbiterio dei sacerdoti intorno al vescovo, e tanti altri richiami fatti dai documenti conciliari? Il decreto sull’ecumenismo, la dichiarazione sulle religioni non cristiane che cosa sono se non un richiamo a questo bisogno, a questo dovere, a questo imperativo dell’ora presente, di essere uniti nella carità, di dare agli altri l’esempio che ci vogliamo bene perché riconosciamo che siamo i discepoli di nostro Signore Gesù Cristo e affinché il mondo creda?
Cosa valgono le nostre organizzazioni, le nostre iniziative, le nostre opere, i nostri successi pastorali se non c’é la carità segno dell’unità? San Paolo, ricordate: …se parlassi… se avessi… se facessi… se possedessi… ma non ho l’amore, io non sono niente. Nihil sum! Non scendo ai dettagli sulle manifestazioni della carità fraterna. Riassumo: – rispetto verso gli altri, – prendere gli altri così come sono, – compatirli, – aiutarsi, – farsi tutto a tutti per conquistare tutti a nostro Signore Gesù Cristo.
OM 91 Martina Franca_04 1967