San Silvestro 7 febbraio 1970 25° di sacerdozio di don Gildo
Mons. Carlo Ferrari e don Gildo
Miei cari, la prima volta ci siamo incontrati in un momento solenne che abbiamo definito storico della vita della comunità parrocchiale, quando abbiamo consacrato l’altare nuovo. Ma l’altare richiede la presenza del sacerdote. Sono due realtà religiose che non si possono separare.
L’altare, abbiamo detto allora, è simbolo della presenza di nostro Signore Gesù Cristo.
La presenza di nostro Signore Gesù Cristo è qualche cosa di vivo, di attuale di operante in mezzo a noi, ma questa presenza simboleggiata dall’altare, simboleggiata da una cosa, da una pietra, può essere bella, può essere ornata, ma è sempre una cosa.
Quando noi vogliamo esprimere i nostri sentimenti religiosi non ci accontentiamo di incontrarci con le cose anche se queste sono un simbolo, un tramite per raggiungere la persona di Dio attraverso il suo figliolo nostro Signore Gesù Cristo con la grazia dello Spirito Santo.
Il nostro incontro con Dio diventa tanto più immediato, tanto più diretto, tanto più facilitato quando avviene attraverso le persone che rappresentano Dio stesso tra noi. Questi è il sacerdote.
Il sacerdote che è vescovo o parroco o un altro prete – potrei dire che non ha importanza perché ciò che fa il vescovo lo fa anche il sacerdote in sua rappresentanza – tanto il vescovo come il sacerdote partecipano all’unico sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo, e sono l’espressione del sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo in mezzo ai fedeli.
Chi è Gesù Cristo in mezzo a noi, in mezzo a tutti.
Gesù Cristo in messo a tutti noi è il nostro Salvatore in quanto è il Figlio di Dio mandato dal Padre, che si è fatto uomo, che è diventato uno di noi ed ha preso sopra di se tutto il peso e le responsabilità delle nostre colpe per riconciliarci con il Padre e per riconciliarci tra noi perché le nostre colpe quando sono contro il Padre che sta noi cieli sono sempre anche colpe verso i nostri fratelli o sorelle che stanno in mezzo noi, perché tutti siamo figli di Dio.
Cristo ci riconcilia con il Padre e tra di noi, non con un atto giuridico, non con una carta bollata, non con un atto notarile. Nostro Signore Gesù Cristo ci riconcilia con il Padre e ci riconcilia tra di noi nel suo sangue offerto per noi. Non come qualche cosa di materiale nel quale possiamo essere vivificati, ma con il suo sangue come espressione del suo amore, attraverso cui noi veniamo trasformati al punto da diventare figli di Dio e fratelli tra di noi. E’ l’offerta del sacrificio compiuta da nostro Signore Gesù Cristo.
Abbiamo ascoltato insieme la Parola di Dio, ciò che ha fatto il figlio di Davide, Salomone, offrendo dei grandi sacrifici. Ma che cosa faceva Salomone? Che cosa facevano i sacerdoti dell’Antico Testamento quando offrivano i sacrifici? Offrivano delle cose. Sì che era nelle loro intenzioni che queste cose esprimessero i loro sentimenti, ma erano sempre cose al di fuori di loro, non era la loro persona.
Nostro Signore Gesù Cristo invece, al Padre, per riconciliarci con lui e con i nostri fratelli, non ha offerto delle cose ma ha offerto se stesso. Questa è la differenza tra i sacrifici graditi a Dio nell’antica legge e il sacrificio nuovo che Gesù Cristo istituisce nella sua persona e nella sua vita.
Tutta la vita di nostro Signore Gesù Cristo è stata un compiere la volontà del Padre, un sacrificio, cioè, un aprirsi al Padre, un andare verso il Padre e nello stesso tempo un andare verso i fratelli per servire Dio. Ora Gesù Cristo, che è asceso al cielo e siede alla destra del Padre e non è più visibile in mezzo a noi, deve continuare ad offrire il suo sacrificio per la nostra riconciliazione con Dio e per la nostra riconciliazione con i fratelli. Perciò Gesù ha radunato intorno a sé gli apostoli e ha dato a loro il potere di continuare l’offerta del suo sacrificio in croce, che egli ha racchiuso – per dire così – simbolicamente ma con la forza della potenza della sua grazia nel pane e nel vino. Che sono il suo corpo e il suo sangue offerti per noi, dati per noi come espressione del suo amore per noi, quindi come prezzo della nostra elezione, della nostra salvezza, della nostra riconciliazione.
Gesù ha detto agli apostoli: in memoria di me fate quello che io ho fatto questa sera, – era l’ultima cena – prendete il pane, prendete il vino dite come ho detto io, questo è il mio corpo, questo è il mio sangue.
Il sacerdote nella persona di nostro Signore Gesù Cristo, per la grazia di nostro Signore Gesù Cristo, per la forza che gli viene da nostro Signore Gesù Cristo sale all’altare, prende quel pane che è il frutto della fatica degli uomini e delle donne, prende quel vino che è frutto della fatica degli uomini e delle donne e pronuncia le parole di nostro Signore Gesù Cristo, che sono le parole del Figlio di Dio.
E, come la Parola di Dio è bastata per creare i cieli, così la Parola di Dio è capace di trasformare il pane nel Corpo di Gesù Cristo e il vino nel sangue di nostro Signore Gesù Cristo e noi che ci accostiamo con fede a mangiare questo pane a bere questo vino a questa mensa che è l’altare, siamo riconciliati con Dio, e costituiamo sempre più fortemente e sempre più strettamente la famiglia dei figli di Dio.
Ma questa sera torno ad insistere sulla funzione del sacerdote quale rappresentante di nostro Signore Gesù Cristo.
Il sacerdote, perché attinge alla persona di nostro Signore Gesù Cristo per la nostra riconciliazione con il Padre e per la nostra riconciliazione con i fratelli e ripete in mezzo a noi tutto quello che ha fatto nostro Signore Gesù Cristo, ci assicura la Parola di Dio, ci assicura che Gesù Cristo è Parola di Dio, ci assicura che Gesù Cristo è la Parola decisiva di Dio e che il vangelo che contiene la Parola di nostro Signore Gesù Cristo, è la grande Parola data agli uomini per la loro salvezza.
Che cosa sarebbe il mondo senza la luce del vangelo? Che cosa sarebbe ognuno di noi senza quel pur minimo barlume di luce del vangelo che illumina la nostra persona?
Anche quando noi non siamo assidui alla chiesa, anche quando noi non siamo impegnati nello studio del vangelo, anche quando noi, forse, non siamo portati allo studio del vangelo, tuttavia qualche cosa di questa luce ci raggiunge o ci ha raggiunto perché veniamo da una famiglia cristiana, perché viviamo in un ambiente che per lo meno ha delle tradizioni cristiane, perché almeno qualche volta ascoltiamo la Parola di Dio.
Ma sentite questo: mentre il sacerdote ha la terribile responsabilità di tenere vivo il vangelo di nostro Signore Gesù Cristo in mezzo ai suoi fratelli, pensate alla responsabilità del vostro dovere di ascoltare la Parola di Dio, di approfittare del ministero del sacerdote che ci rende presente Gesù Cristo che annuncia la buona novella agli uomini.
Come è facile vedere il sacerdote sotto un’altra luce! Come è facile vederlo come un funzionario, come uno che fa questo mestiere invece di un altro, come uno che organizza sia pure attività di carattere religioso e spirituale! Andiamo più a fondo, miei cari e vediamo attraverso la persona di qualsiasi sacerdote la presenza misteriosa ma vera di nostro Signore Gesù Cristo.
Il vangelo di nostro Signore Gesù Cristo è una “Parola” che culmina con una Parola di amore. Il Vangelo è tutto una Parola di amore: è la parola di nostro Signore Gesù Cristo, è tutta la rivelazione dell’amore di Dio per noi, per tutta la creazione, per tutti i nostri problemi, per tutte le nostre cose, per tutte le nostre vicende. Iddio, rivelatosi in nostro Signore Gesù Cristo e che il sacerdote continuamente ci propone, non è un Dio lontano, non è un Dio astratto. E’ il Dio vivente, è il Padre di nostro Signore Gesù Cristo, è il Padre nostro che sta nei cieli.
Gesù Cristo è la rivelazione dell’amore del Padre. Gesù Cristo è l’espressione dell’amore del Padre per noi. C’è una persona al mondo che ci vuole tanto bene da morire per noi? Questo ha fatto Gesù Cristo. Questo, il Figlio di Dio continua nella celebrazione eucaristica che avviene all’altare, dove il sacerdote ripete i gesti e le parole di nostro Signore Gesù Cristo con la sua stessa potenza trasformatrice. Ma Dio che si rivela, come amore nel suo vangelo in nostro Signore Gesù Cristo, per il ministero del sacerdote vuole suscitare in mezzo a noi l’amore.
L’amore di Dio deve essere qualche cosa di vivo, che si trasmette da Dio Padre a Gesù Cristo nello Spirito Santo ad ognuno di noi.
Questa è la forza della vita cristiana e questo è l’impegno della vita cristiana. Iddio, per mezzo del suo Spirito diffonde nel nostro cuore il suo stesso amore perché noi diventiamo capaci di amare lui e di amarci tra noi come egli ama il suo Figliolo nell’unità dello Spirito Santo.
Questo il sacerdote vuole fare in mezzo a noi e, per la missione ricevuta da nostro Signore Gesù Cristo, ci sollecita continuamente a stare insieme, a volerci bene, a sradicarci dal nostro egoismo, a caricarci di amore e di una grande apertura di cuore capace di accogliere tutti, e di comprensione, di sopportazione, di mitezza, di umiltà, per sopportarci vicendevolmente. Questo è solo qualche cosa, detto un po’ confusamente, di quello che è il sacerdote nella chiesa santa di Dio, del sacerdote espressione della persona di nostro Signore Gesù Cristo.
Il sacerdote celebra un sacrificio, che non è soltanto quello eucaristico che rivolge al Padre. Il sacerdote celebra il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo nella propria persona con lo spendere giorno per giorno la sua esistenza per i suoi fratelli.
Gesù Cristo come è stato accolto da noi? Avete sentito dal brano del vangelo che mormoravano contro di lui perché non si lavava le mani. Capite! Si prende pretesto di tutto per contrariare nostro Signore Gesù Cristo. Guardate che, ogni sacerdote fedele a nostro Signore Gesù Cristo è necessariamente soggetto alle vicende di nostro Signore Gesù Cristo perciò sarà segno di contraddizione.
Gesù ha detto con molta chiarezza: non vi meravigliate, se voi mi sarete fedeli, come hanno perseguitato me, così perseguiteranno anche voi.
Allora, un segno autentico, direi, della validità del ministero di un sacerdote normalmente sono proprio le difficoltà, le contrarietà che egli incontra nell’esercizio del suo ministero.
Allora noi dobbiamo animarci sempre di più, di spirito di fede, e vedere questo nostro fratello con fede.
Il vescovo, il parroco, ogni sacerdote, è sempre vostro fratello, è come voi un figlio della carne e del sangue che ha bisogno di essere guardato con spirito di fede e con un cuore umano: con spirito di fede per vedere ciò che egli è nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, e con un cuore umano per vederlo nella luce di nostro Signore Gesù Cristo ed essergli vicino come noi desideriamo essere vicini a nostro Signore Gesù Cristo.
Così si accoglie il sacerdote, così si vede il sacerdote, così si ama il sacerdote.
Naturalmente non è questa la raccomandazione che io volevo fare a voi questa sera, che vi raccogliete intorno al vostro don Gildo, perché so quanto lo stimate e quanto bene gli volete. E’ soltanto un invito da parte del vescovo a ravvivare la vostra fede, perché la sua presenza e la sua permanenza in mezzo a voi abbia a portare sempre maggiori frutti.
OM 284 S. Silvestro 70 7- 2- 1970
San Silvestro, 25° di sacerdozio di don Gildo