opuscolo offerto per il suo 80° compleanno – Fasano 1990
il mirabile fatto: Dio ci ha creati a sua immagine
Ho come punto di riferimento la Lettera apostolica sulla “Dignità della donna”. Tento di illustrarne alcuni aspetti significativi.
Teniamo presenti due cose: – 1 ) Il Papa scruta la Parola di Dio, perché questa è il fondamento di ogni discorso. Egli ha l’umiltà di leggere, di ascoltare la Parola di Dio e di proporla a noi. – 2) Il tema riguarda la donna. Oggi tutti ne parlano, ma nell’insegnamento della Chiesa sembra un tema cristiano ritrovato.
Ricordiamo che si è quasi sempre parlato della condizione maschile e della supremazia dell’uomo sulla donna, ma per la donna c’è stata la congiura del silenzio.
Il Papa, invece, ne parla.
Non dico che il tema sia esaurito; ne parla come si deve, ma non tutto si può dire in una sola volta. Ha incominciato a parlare e noi lo ascoltiamo. Se parlerà ancora, il nostro discorso continuerà, voi donne avete una coscienza intima di voi stesse e potete andare avanti personalmente in questo discorso, che vi riguarda.
Dicevo: il Papa sta in ascolto della Parola di Dio e incomincia dal principio, dal primo libro della Scrittura, dove è scritto: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen l, 27). «Non è bene che l’uomo sia solo, facciamogli un aiuto che gli sia simile» (Gen 2, 18).
Dio dice: «Facciamo…». È un rilievo non da poco. Mi pare che qui si trovi un’indicazione: Dio non è solo.
Tutta la Scrittura dice che Dio è uno solo, ma in tre Persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nel mistero della Trinità.
Non è una scoperta dei nostri tempi. Si pensava che fosse un argomento difficile per la gente e perciò si taceva. C’è voluto un Concilio, l’atto più solenne del Magistero della Chiesa, per rimetterlo in risalto.
Inoltre il proposito del Concilio è di riportarci alle “sorgenti”. La sorgente, qui, è il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo e la loro “unità”; la sorgente è la sacra Scrittura che, dalla prima all’ultima pagina, dice le parole e narra le opere stupende compiute dalla divine Persone.
Per ribadire l’importanza e la prerogativa di questa sorgente, che è la Scrittura, il documento sulla Parola di Dio (“Dei Verbum”) afferma: «Con la lettura e lo studio dei Libri sacri “la Parola di Dio compia la sua corsa e sia glorificata” e il tesoro della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia sempre più il cuore degli uomini. Come dalla frequenza assidua del mistero eucaristico si accresce la vita della Chiesa, così è lecito sperare un nuovo impulso di vita spirituale dall’accresciuta venerazione della Parola di Dio, che “permane in eterno”» (DV 26).
Non si deve ignorare il fondamento scritturistico del Magistero, su cui è ristrutturato il Documento di cui trattiamo.
Il profeta Ezechiele, al cap. 36, dice: « Vi aspergerò con acqua pura »
Non siamo noi con le nostre virtù che diventiamo puri !
«e sarete purificati»
da Lui !
« vi darò un cuore nuovo, dentro di voi metterò uno spirito nuovo »
un modo di sentire e di pensare nuovo, una coscienza nuova!. Un’affermazione forte, che corrisponde alla situazione in cui si trovava il popolo d’Israele e in cui si trova oggi il popolo di Dio.
” Toglierò da voi il cuore di pietra, vi darò un cuore di carne”,
– cioè un cuore sensibile, un cuore capace di amare, un cuore aperto ad essere amato, un cuore affabile.
Insiste ancora: «Porrò il mio Spirito dentro di voi».
Ora viene la cosa più importante:
«Vi farò vivere secondo i miei Statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie Leggi».
Questo dinamismo, espresso mirabilmente dal Profeta, è il movimento della “contemplazione”. Essa è stata concepita come una componente passiva della vita cristiana. Si è fatta finanche la distinzione tra “vita attiva” e “vita contemplativa”.
Credo che esista un grave equivoco di fondo in questa distinzione, perché si è perduto il senso della Scrittura:
– l’uomo non è prima di Dio,
– la creatura non è prima del Creatore.
– Tutte le meraviglie operate da Dio, con al vertice l’uomo e la donna, non possono prendere il posto di Dio.
Ora, il fulcro della contemplazione è il mirabile fatto che Dio ci ha creati «a sua immagine e somiglianza»: è Lui che ci fa simili a sé, e un giorno lo vedremo “così com’Egli è” (l Gv 3, 2).
È necessaria un’avvertenza: questo Dio che ci ha creati “a sua immagine e somiglianza”, quasi inavvertitamente, lo abbiamo ridotto a nostra immagine e somiglianza. Dio non è come noi lo pensiamo!
Davide dice: «Tua è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore e la maestà, perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Signore, tuo è il regno, tu ti innalzi sovrano sopra ogni cosa; da te provengono la ricchezza, la gloria. Tu domini tutto. Nella tua mano c’è forza e potenza; dalla tua mano ogni grandezza e potere» (1 Cor 29, 10 ss.).
Il nostro Dio è grande nella potenza, forte nella sua grandezza. La contemplazione, quindi, è rispettare l’ordine della realtà: Dio prima, la creatura umana dopo.
+ Il mistero di Dio -la mistica- prima;
+ le nostre opere -l’ascetica- dopo (cfr. Is 2, 8.9.10).
Dio è il Signore e va adorato, noi siamo disponibili, perché realizzi in noi il suo disegno di farci a sua immagine e somiglianza e di salvarci.
E’ in gioco il dono della libertà, perché c’è lo Spirito e abbiamo il potere di sottometterci o meno all’azione salvifica del nostro Dio (cfr. 2 Cor 3, 17).
Dio è amore per natura. Per natura è bello. La lingua ebraica non ha l’aggettivo “bello”, perciò i “Settanta” traducono: Ciò che fece, Dio vide che tutto era bello. L’amore e la bellezza di Dio quando entrano nella storia del creato sono un “evento”:
-Dio ama, ieri oggi e sempre, oltre il tempo.
– Il Padre, persona infinitamente grande, ama di un amore infinito il Figlio;
– Gesù Cristo accoglie e ricambia l’amore del Padre, grande, potente, buono, tenero da sempre e per sempre;
– lo Spirito Santo è l’amore del Padre e del Figlio in persona.
– E l’amore con cui le tre Persone si amano è diffuso nei nostri cuori dallo stesso Spirito che ci è stato dato (cfr. Rm 5, 5).
Dio è bello, lo dice la Scrittura, lo afferma in particolare il libro della Sapienza. Gli uomini hanno avuto la possibilità di contemplare tutte le creature:
« Se stupiti per la loro bellezza le hanno prese per “dei”
pensino quanto è superiore il loro Signore,
perché li ha creati lo stesso Autore della bellezza.
Se sono colpiti dalla loro potenza e attività,
pensino da ciò quanto è più potente Colui che li ha formati.
Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature,
per analogia si conosce l’Autore» (Sap 13, 1-2).
La bellezza entra nella storia, con Gesù Cristo, «il più bello tra i figli dell’uomo, sulle sue labbra è diffusa la grazia» (Sal 45, 3).
Lo Spirito Santo rinnova la bellezza. Dice il salmo: «Manda il tuo spirito e tutto sarà ricreato, e sarà rinnovato il volto della terra» (Sal 104, 30).Lo Spirito Santo è all’origine dell’essere e della vita, quando nella creazione: Dio vide che “tutto era bello”.
L’amore e la bellezza di Dio sono riflessi nella sua creatura: uomo-donna.
La bellezza della donna nella Sacra Scrittura è descritta con le espressioni più idilliache. Leggiamo alcuni passi: dal Cantico dei Cantici (6, 10), dai Salmi (45, 14), dall’Apocalisse (21, 2).
« Chi è costei che sorge come l’aurora,
bella come la luna, fulgida come il sole? » (Ct 6, 10) .
«La figlia del Re è tutta splendore,
gemme e tessuto d’oro è il suo vestito » (Sal 45, 14) .
« Vidi anche la Città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo Sposo» (Ap 21, 2).
Analogia tra il mistero trinitario e le prerogative della creatura
La Lettera apostolica, l’abbiamo in parte già detto, è fondata sulle parole e sulle affermazioni di Dio: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza» e «non è bene che l’uomo sia solo».
Non è che Dio fa le cose e poi scopre che sono incomplete, come avviene per noi, e le aggiusta.
Il piano di Dio è di una sapienza infinita, non è condizionato dal tempo e dallo spazio, come lo sono i nostri progetti.
Dio, il suo progetto lo ha chiaro da sempre e quando dice: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza» e «Non è bene che l’uomo sia solo» non corregge il suo progetto: crea l’uomo a sua immagine e somiglianza dall’istante in cui plasma con le sue mani tanto Adamo come Eva.
Eva non è un complemento, un rimedio, un ripensamento.
Nella mente di Dio tutto è perfetto e definitivo: tutto è completo.
Le cose, poi, sono raccontate nella Bibbia secondo un ordine di tempo, secondo la “condiscendenza” di Dio (cfr. DV, 13). Dio ha presente tutto dall’istante in cui pensa. Così ha pensato “l’uomo” a sua immagine e somiglianza.
L’espressione «non è bene che l’uomo sia solo» significa che il Dio cristiano non è un “solitario”,
+ è un Dio “solo”,
+ ma Padre, Figlio e Spirito santo.
Gesù dice: «Il Padre non mi lascia mai solo… Io e il Padre siamo una cosa sola» (cfr. Gv 16, 32).
Quando Dio dice: “a nostra immagine e somiglianza” esprime la volontà che l’uomo non sia un “solitario”, un abbandonato a se stesso, un malinconico!
Una certa spiritualità, per molto tempo ha magnificato la “beata solitudine”.
Il silenzio, la tranquillità, la mancanza di disturbi esterni, sono certamente un bene nel quale ci troviamo a nostro agio. La natura aborre il vuoto.
Essere solitari non è secondo la nostra natura.
Se non abbiamo una persona a cui dire le nostre cose e se non siamo nella disponibilità di stare in ascolto, la nostra non è più vita umana.
La solitudine è il peso più gravoso, il pericolo più insidioso e il vuoto più triste.
«Non è bene che l’uomo sia solo» ha la sua conseguenza nel comandamento nuovo: «Che vi amiate come io vi ho amato».
Come si fa ad amare se si è soli?
Come si può essere amati se si è separati da qualunque altra persona?
Ecco allora la ragione per cui l’uomo non deve essere solo e per cui la solitudine è tristezza.
Non è “beata” la solitudine, è “beato” il silenzio; è bello il silenzio, non è bene la solitudine.
“Simile a lui”: quindi non è che la donna sia meno dell’uomo e che l’uomo sia più della donna, come per molto tempo si è pensato.
Noi preti e noi vescovi abbiamo studiato, imparato e predicato, purtroppo, questa logica degli uomini.
Il profeta invece dice: «I miei pensieri non sono come i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie» (Is 55, 8-9) .
Nella mente di Dio, cioè, la donna è una cosa sola con l’uomo, l’uomo è una cosa sola con la donna: insieme formano l’umanità della persona.
Vi ho già detto che, nel progetto di Dio concepito al primo istante ed eseguito nel tempo secondo la descrizione della Bibbia, la donna non viene dopo l’uomo: Dio concepisce la persona umana ed è persona tanto l’uomo come la donna.
Il Documento afferma che l’uomo e la donna non sono complementari, come se uno avesse quello che manca all’altro, ma sono “reciproci”: l’uomo è l’uomo, la donna è la donna, uguali tanto nella dignità, come nella intelligenza e nei sentimenti, ma uno fatto per l’altro, ciascuno riferito all’altro.
“Due in una carne sola” (Mt 19, 5): uno fatto per l’altro, ma distinti. Devono essere “uno solo” perché una sola è l’umanità della persona, ma ciascuno la vive con la sua prerogativa.
La vita della persona umana, fatta ad immagine e somiglianza di Dio, si riferisce alla vita di Dio nel mistero trinitario.
– Non è che il Padre sia il Figlio,
– non è che il Figlio sia il Padre, ecc.
– Il Padre è Dio come il Figlio è Dio.
– L’uomo è uomo, come la donna è donna: sempre vera persona umana.
– Lo Spirito Santo è Dio e porta a compimento, alla perfezione, alla totalità ciò che il Padre e il Figlio compiono. Così l’uomo e la donna sono completi nella loro comunione, dono dello Spirito.
C’è uno specifico della donna?
La Lettera apostolica risponde: perché la donna è sposa, è madre, è vergine.
chi è la madre
La risposta ce la dà Dio: «Facciamo l’uomo e la donna a nostra immagine e somiglianza». Dio certamente è Padre, ma se noi leggiamo le pagine della Scrittura possiamo dire che Dio è anche madre: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49, 15).
Ricordiamo tutti lo stupore che suscitò quando, nello slancio della sua vita di fede, Papa Luciani disse: «Dio è madre». La madre è quella donna che, essendo prima sposa, genera il figlio. Non è uno scherzo generare un figlio! È tutto l’essere della donna che è impegnato perché ci sia una vita nuova. Tanto più è impegnato chi crede che la nuova creatura sarà figlio di Dio!
La donna, diventata madre, si fa attenta ad ogni necessità della sua creatura in un modo naturale, spontaneo, piacevole, gioioso, quale riflesso di Dio che è attento ad ogni necessità di tutte le sue creature e le conduce alla salvezza.
Non sembra così per il padre che non gestisce la generazione del figlio, ma l’esperienza ci dimostra che anche il padre, quando vede il figlio, diventa in un modo naturale, spontaneo, piacevole, gioioso, molto attento per la sua creatura quale riflesso dell’amore paterno di Dio, che è presente con amore alle necessità delle sue creature.
Il nostro Dio che è Padre e Madre è sempre attento in tutte le situazioni, per tutta la durata del tempo. Per molto tempo si è parlato e predicato della presenza di Dio, come di uno che ci guarda sempre per vedere se siamo buoni o meno buoni, mentre Dio è sempre presente con attenzione materna e paterna, misericordiosa e fedele.
I figli generati dall’amore reciproco del padre e della madre vanno allevati ed educati con impegno di entrambi.
Capita, dal momento che il padre trascorre molte ore lontano da casa per il lavoro, che il compito educativo sia delegato solo alla donna o, tanto peggio, alle istituzioni (Scuola e Parrocchia!).
La competenza dell’insegnante o del sacerdote non è la grazia per l’educazione paterna e materna che non sono surrogabili.
La grazia per l’educazione delle generazioni che crescono nasce in forza del sacramento del Matrimonio.
La grazia di educare è l’amore vicendevole del padre e della madre, sancito e reso efficace da un sacramento.
I figli educati all’età della pre-adolescenza e della adolescenza negli istituti ecclesiastici o laici crescono come degli “orfani”. Ci va di mezzo tutta la dimensione affettiva.
Chi è la sposa
Riferiamoci al mistero che vi ho illustrato fin da principio: il Figlio è Dio perché si apre al Padre, lo accoglie e a Lui si dona: ed è talmente donato al Padre da essere una cosa sola con Lui: «Io e il Padre siamo una cosa sola»! Non una Persona sola! Un Dio solo! La donna è sposa perché, come nel mistero trinitario, è accoglienza e dono. È accoglienza spontanea del marito e dei figli. La sposa che attende lo sposo quando torna, per esempio, dal lavoro e lo accoglie serena e coi sogni più normali dell’affetto!
La sposa, di sua natura, non è egoista; e l’espressione più grande del suo amore è il dono di tutta se stessa per lo sposo e di conseguenza per il figlio.
Approfondiamo il concetto.
Ai nostri tempi, più che in altri, i gravi disordini che perturbano l’umanità derivano dall’egoismo, mentre tutti abbiamo bisogno di essere amati. “Amatevi come io vi ho amato”: che è il comandamento per tutti, diventa specifico degli sposi ed è caratteristico della sposa.
Insisto: per fare contente le persone abbiamo preso l’abitudine di fare regali, di dare tante cose ai grandi e ai piccoli. Le cose non hanno un’anima, le cose non hanno il sapore dell’umano.
Noi che siamo nati dall’amore del padre e della madre abbiamo l’esigenza di vivere in questo amore.
Se l’amore dello sposo e della sposa non nasce da quello di Dio, dalla grazia, la forza proveniente dal Sacramento del Matrimonio, legato al mistero della Croce, decade. Senza Dio si rischia di amare in un modo disordinato, fatto tutto di sensi che diventano insaziabili e stucchevoli, fino ad arrivare alla infedeltà.
Ora la fedeltà è una prerogativa dell’amore di Dio! (Sal 144, 13).
Gli sposi vivono veramente di amore?
L’amore che ha la sua sorgente nell’amore di Dio trinitario?
Abbiamo parlato della donna sposa che dona se stessa nel mistero della Croce.
Certo, oggi avere un figlio o un figlio in più costa sacrificio.
Il Figlio di Dio che dice: «Amatevi come io ho amato», poi sale a Gerusalemme, muore in croce e risorge.
Gesù crocifisso diventa il modello e la sorgente dell’amore che ci fa capaci di superare qualunque sacrificio, meglio, ci rende capaci di trasformare in amore anche la croce perché nasca una vita nuova: risurrezione.
Avere un figlio è gioia, al di là di ogni altra gioia.
«Ogni bambino che nasce è segno che Dio non è ancora stanco dell’uomo». Lo dice Tagore, profeta non cristiano!
Questa forza deriva dal sacramento del matrimonio.
Chi è la vergine
La verginità è la terza prerogativa della donna messa in evidenza dalla Lettera apostolica.
La vergine, consacrata o non, prima di tutto è donna: da Dio è stata creata, per Gesù Cristo è diventata cristiana e per la forza dello Spirito è integralmente se stessa.
La vergine è donna, creatura di Dio, perché plasmata dalle sue mani.
Dio la contemplò e vide che era tutta bella e amabile. Tanto bella e amabile che il Verbo non ha assunto una natura angelica, ma si è “incarnato” in una natura umana e, attraverso il corpo che ha assunto dalla “vergine” sua madre, ha assunto il nostro corpo.
«Ora voi siete il corpo di Cristo e sue membra» (cfr. 1 Cor 6, 15),
«in Cristo ci ha scelti prima della creazione del mondo» (Ef 1, 4):
e con noi il Verbo ha assunto tutto il cosmo.
Il Verbo, con il corpo, ha assunto anche i sensi: vedere, udire, contemplare ciò che è bello, assaporare ciò che è buono e gustoso; la sensibilità, che è ammirazione di tutto l’universo nella sua maestà, grandezza e bellezza.
Nel corpo di Cristo esiste la sessualità, non l’erotismo, ma lo slancio e l’accoglienza affettuosa…
Per le nozze a Cana prepara il “vino buono”!
Per Lazzaro ha pianto.
Piange su Gerusalemme,
si commuove per la vedova di Naim,
avverte la donna che gli sfiora il “lembo del mantello”,
accetta le attenzioni delle donne.
Tutto ciò che ha assunto il Verbo è della persona umana, e quindi della vergine, particolarmente aperta alle meraviglie di Dio.
La donna non ha soltanto la facoltà di percepire, ma, posta al vertice di tutte le creature animate, ha con l’uomo la caratteristica di pensare, cioè di conoscere il mondo e di interiorizzarne i messaggi.
Altro dono della donna, creatura di Dio, è la libertà davanti alla quale il Creatore stesso si ferma e con rispetto dice: “Se vuoi”, tanto nell’Antico Testamento per il popolo d’Israele, come nel Nuovo Testamento, (Mt 19, 21), rispetto ad ogni persona. La donna creatura di Dio è vergine per la libertà di decidere della sua vita presente e futura. La libertà di decidere, impegnata anche con il voto d’obbedienza, come avviene ad esempio in modo solenne nella professione religiosa, non esime dalla responsabilità delle scelte quotidiane, ciò che educa alla responsabilità.
La vergine, quando è veramente cristiana?
+ Quando ha una coscienza sicura di essere partecipe della natura di Dio (2 Pt 1, 4),
+ colma della sua pienezza (cfr. Gv 1 e Col 2, 6),
+ figlia di Dio: «noi siamo figli di Dio… saremo simili a lui» (1 Gv 3, 2),
+ consapevoli che Dio si stabilisce nel nostro cuore (Gv 14, 23),
+ e che l’amore con cui le tre Divine Persone si amano è diffuso nel nostro cuore per lo Spirito che ci è dato (cfr. Rm 5, 5).
Queste certezze che colmano ogni desiderio umano fanno della donna vergine una creatura di Dio che realizza le prerogative di sposa e di madre. Diventa, in altre parole, la donna che è nel mondo, ma non è del mondo, capace di amare ogni creatura, di godere di ogni bellezza, di possedere tutto l’universo e per questo di sentirsi amata; quindi di essere una creatura contenta, amabile ed equilibrata.
Questa è la verginità del cuore, come è testimoniata dal comportamento di Gesù con le donne che lo seguono. Gesù ama la donna per la sua capacità di amare e fa questa affermazione:
«Le sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato» (Lc 7, 47).
Solo Gesù sa quanto lo hanno amato le donne alle quali aveva molto perdonato! Ricordiamo la donna, peccatrice pubblica, che versa sul capo di Gesù un vasetto di olio profumato molto prezioso, gli lava i piedi con le lacrime e glieli asciuga con i capelli. Gesù, davanti alla meraviglia dei commensali, giustifica la donna e afferma:
«Dovunque, in tutto il mondo dove sarà annunciato il Vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto» (Mc 14, 9).
L’episodio dell’adultera è enigmatico… «Alzatosi, allora, Gesù le disse: Donna, dove sono i tuoi persecutori? Nessuno ti ha condannata? Nessuno, Signore. E Gesù le disse: Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8, 10-11).
Per capire il comportamento di Gesù con la Samaritana bisogna leggere tutto il capitolo 4 di Giovanni. A questa donna Gesù fa due rivelazioni inaudite: quella dello Spirito Santo, “l’acqua viva” (cfr. Gv 7, 39), e la rivelazione esplicita che Egli è il Messia:
«So che deve venire il Messia: quando Egli verrà ci annuncerà ogni cosa.
Le disse Gesù: Sono io che ti parlo» (Gv 4, 25).
Gesù ai suoi discepoli non aveva ancora parlato del Paràclito e aveva vietato più di una volta di dire ad altri che Egli era il Cristo.
Anche nell’ora suprema della croce e della risurrezione, fu confortato dalle donne:
«Presso la croce di Gesù stavano sua Madre, la sorella di sua Madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala e, degli apostoli, solo il discepolo che Gesù amava» (Gv 20, 2).
«Maria di Magdala, il giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recò al sepolcro quando ancora era buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro; Pietro e Giovanni vanno al sepolcro per rendersi conto di persona che il sepolcro era vuoto e se ne tornarono. Maria di Magdala, invece, stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva… Essa, pensando che colui che aveva visto fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se lo hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Essa allora voltatasi verso di lui gli disse: “Maestro”» (Gv 20, 15-17).
La Maddalena, superando ogni ostacolo ed ogni contrarietà, con amore, è ansiosa nella ricerca di Gesù. Da lei Gesù si fa riconoscere.
Questo discorso sulle donne ricordate da Giovanni dimostra che Gesù certamente apprezza «la continenza per il regno dei cieli»(Mt 19, 12); ma la cosa più sconvolgente è che, al di sopra di tutto, esige l’amore.
La donna, che si consacra al Signore con il libero e cosciente impegno della verginità del cuore, dello spirito e del corpo, possiede in sintesi tutte le prerogative di colei che da Dio è stata plasmata, affinché l’uomo non fosse solo, ha come esigenza costitutiva di essere sponsale e materna.
La vergine consacrata è materna, cioè per l’amore del suo sposo, che è lo Spirito Santo, genera tutti i “figli” che il Signore le affida. Con l’amore e l’amicizia, infatti, educa le nuove generazioni, alle quali comunica la certezza che sono amate da Dio, in vista di una libera risposta di amore e non di una sottomissione di dovere.
La vergine consacrata, madre per vocazione, è attenta a tutto e a tutti; è sempre disponibile per aiutare, incoraggiare, consolare con l’amore che viene da Dio,
« il quale ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio » (2 Cor 1, 4) .
È implicito che per aiutare gli altri con la Parola e la consolazione di Dio, la vergine consacrata ha bisogno di conoscere la Sacra Scrittura e nutrirsi di questa Parola ogni giorno.
La vergine consacrata ha un corpo, ha una sensibilità, doni di Dio. Un dono particolare, del quale si ha quasi il pudore di parlarne, è la sessualità fonte di slancio, di stupore, di commozione. Senza questo dono, come si può pensare la vergine sponsale materna?
La sintesi delle caratteristiche della donna si trovano nella Madonna = mia Donna: di tutti. Ella è in modo eminente legata alla benevolenza del Padre: piena di grazia; genera il Figlio, per l’adombramento dello Spirito. I Padri sono d’accordo che Maria concepisca il Figlio di Dio prima nel cuore e poi nel ventre. Le parole e gli eventi della esistenza terrena del Figlio li accoglie nel loro mistero e li medita nel suo cuore (Lc 2, 19).
La celebrazione solenne della professione religiosa, durante la S. Messa, di consueto, è accompagnata dal responsorio «vieni, sposa di Cristo…». E’ legittimo, ma va inteso rettamente: la sposa di Cristo è la Chiesa.
Giovanni vide la nuova Gerusalemme, come una sposa adorna per il suo sposo (Ap 21, 2).
Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei… «Questo mistero è grande» (cfr Ef 5, 26-32) .
È pacifico che la religiosa per il battesimo e la cresima e per la consacrazione è inserita nella Chiesa e partecipa della sua sponsalità. « La Chiesa è in Cristo come un sacramento… dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen Gentium 1 ) .
La religiosa appartiene a quel « popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo » (Lumen Gentium 4) .
È chiara l’analogia della donna, sposa, madre e vergine ed è giustificata con chiarezza.
Conclusione dell’opuscolo offerto per il suo 80° compleanno
Concludiamo con due affermazioni che riguardano la donna.
La prima: se la donna assolvesse nel mondo il compito che le è proprio, il mondo certamente sarebbe più umano; mentre l’uomo è impegnato nella tecnologia fatta di misure e di calcoli, la donna è più propensa a ciò che il mondo esige come amore, delicatezza, tenerezza, intuito.
La seconda: l’amore che la donna deve esprimere, sia soprattutto tenerezza. Riporto una testimonianza singolare di mons. Ancel, iniziatore in Francia dei preti operai ed egli stesso unico vescovo operaio. Negli ultimi anni della sua vita non parla che di Dio e della sofferenza umana. Sente grande nostalgia della tenerezza di Dio. Queste le sue parole: «Penso molto ai malati e a tutti quelli che conoscono la solitudine… I malati hanno bisogno di tenerezza. Dio ama tutte le sue creature con tenerezza».
Ecco la donna con tutte le sue prerogative di fronte al mondo di oggi, che attende di essere vivibile!
****
Questo ultimo lavoro del vescovo ha avuto inzio a Firenze presso le suore Pie Operaie di S.Giuseppe in Via dei Serragli.
Don Salvatore Carbonara dopo aver letto la trascrizione dal registratore, ha convinto il vescovo a fare la stampa come dono per l’80.mo compleanno.
Don Salvatore non ha visto la stampa perchè ci ha lasciato all’improvviso il mercoledì della settimana santa 1990 pochi giorni prima del compleanno del vescovo (SL)