Seminario maggiore Giovedì, 27- 3-1969
Cerchiamo di raccogliere alcuni pensieri per una nostra meditazione, per questo ritiro che ci vuole preparare a celebrare meglio la pasqua con i nostri fedeli e soprattutto tra noi sacerdoti. Fermiamo la nostra attenzione sul primo brano della preghiera“Signore non abbandonarci per sempre, non distruggere la tua alleanza”.
Noi sappiamo, noi abbiamo la certezza, noi abbiamo una grazia assoluta che il Signore ha mantenuto fede alla Alleanza. Di fatti ha mandato suo Figlio che è morto per noi, < ci ha lavato nel sangue della nuova e definitiva alleanza e con la potenza della sua forza ha garantito la redenzione compiuta nel Sangue del Figlio suo risuscitandolo dai morti e facendolo sedere alla sua destra come Signore di tutto e di tutti: Capo della sua chiesa.
Noi siamo sicuri che il Signore ha compiuto la sua alleanza per sempre, noi siamo sicuri che la sua alleanza dura per tutti i giorni della storia, noi siamo sicuri che la sua alleanza ormai è un fatto che ci appartiene. < Gesù ci ha garantito questa certezza stabilendosi in mezzo a noi, stabilendo la sua presenza in mezzo a noi. Alla base della nostra certezza sta la solenne affermazione che ha una portata senza limiti: “Sarò con voi fino alla fine del mondo”,dunque noi siamo certi che il Signore non ci abbandonerà. Il significato di questa preghiera, per noi si traduce in una certezza. Chiediamoci, facciamo l’esame della nostra fede, e vediamo se questa certezza la portiamo in noi.
Io preferirei prescindere da ogni riferimento. Tutti, più o meno soffriamo per una certa insicurezza, tutti più o meno avvertiamo quando qualche cosa, su cui era basata la nostra vita e anche la nostra fede, viene meno. Possono essere delle preoccupazioni giustificate, delle impressioni da cui difficilmente riusciamo a difenderci, ma la nostra fede deve avere la sua risposta. Il Signore non ci abbandona, perché ci sono i fatti a testimoniare che egli è fedele all’alleanza. Questa Alleanza, ormai, è scritta col sangue del Figlio di Dio nel quale si compie tutta la salvezza in modo sovrabbondante e va al di là d’ogni malizia che ci può essere e che può essere contenuta nei nostri peccati.
Continua, la preghiera:“Signore, noi siamo diventati più piccoli di qualunque altro popolo e per tutta la terra oggi iamo umiliati, a causa dei nostri peccati”. Ecco questo è un fatto di cui noi dobbiamo prendere coscienza, è un fatto che avvertiamo ma che non giustifichiamo convenientemente, con chiarezza, per prenderne atto con quelle convinzioni che devono conseguire a questo fatto: “Siamo diventati piccoli”. Mi pare, che diventiamo piccoli non tanto perché il numero dei cristiani diminuisce nel mondo, non tanto perché i nostri fedeli diventano pochi nelle nostre chiese. Sono anche questi dei fatti ma, è un fatto piuttosto d’ordine psicologico che deve indurre in noi la coscienza di proporzioni ben diverse da quelle cui siamo stati abituati per tanto tempo.
Noi, forse – ed è un forse molto debole – avevamo la coscienza che tutto il mondo era cristiano. Anche se conoscevamo il problema delle missioni, degli infedeli, dei pagani, eccetera, avevamo la coscienza di vivere in mezzo alle popolazioni di un paese cristiano e cattolico ed eravamo convinti che le cose fossero così e dovessero essere così e non dovesse capitare nulla di diverso. E’ una coscienza di tipo occidentale -come si dice oggi – che il mondo fosse nelle nostre mani, che i destini della storia dipendessero dalla civiltà dell’occidente, da una civiltà cristiana, da una certa coscienza di essere i più forti. Tutto questo è falso.
Non è falso soltanto perché le forze nel mondo si sono spostate, perché le forze del mondo hanno preso altre proporzioni e altre direzioni, non soltanto perché l’occidente deve fare i suoi conti con molta umiltà con il resto del mondo, ma perché, di fatto, noi siamo sempre stati in questa condizione religiosamente parlando, che i credenti in mezzo al mondo sono sempre stati una piccola parte di tutta l’umanità. Ormai il mondo non è più circoscritto ai confini della parrocchia, della diocesi e neppure dell’Europa. Il mondo è l’umanità e noi siamo i “dispersi” in questo mondo. La nostra vita e la vita dei fedeli, è attraversata dagli avvenimenti e dalle influenze che accadono in tutto il mondo, che muovono e che scuotono tutto il mondo mentre noi siamo veramente piccoli.
Veramente dovremo fare entrare nella nostra coscienza il convincimento della nostra piccolezza, del nostro essere poveri, per non avere presunzioni nei confronti di tutto il mondo, per non porre più confronti tra occidente e oriente o medio oriente col resto del mondo, per valutare le cose secondo la misura della fede e fare con semplicità questa constatazione: in confronto con tutta l’umanità, noi veramente siamo un “pusillus grex”.
E’ difficile riportare alla nostra coscienza il sentimento d’umiltà richiesto dalla situazione concreta. Noi siamo stati troppo abituati ad avere un’altra convinzione. Tutto ciò che ci circonda favorisce ancora in noi queste convinzioni: le nostre basiliche, le nostre chiese grazie a Dio ancora frequentate, i monumenti, l’arte, la cultura tutta ispirata da motivi religiosi. Siamo ancora sostenuti da questi e altri elementi che favoriscono una convinzione che è falsa.
“O Signore noi siamo diventati piccoli, più piccoli di qualunque altro popolo e per tutta la terra oggi siamo umiliati a causa dei nostri peccati”. Non dobbiamo pretendere di scrutare il Piano di Dio e soprattutto l’adempimento del Piano di Dio, ma quello che risulta della situazione d’oggi. La situazione d’oggi, indubbiamente, è causata dai nostri peccati ecclesiastici.
Qualcuno di voi si domanderà: da quale spirito è animato il vescovo questa, mattina. Lasciatemi dire e poi accogliete queste cose davanti al Signore con tanta umiltà e nello stesso tempo con molta serenità. Siamo diventati, piccoli a causa dei nostri peccati: di noi soprattutto, di noi sacerdoti. E’ certo che le cose potevano andare diversamente se non ci fosse stato questo primo peccato nella chiesa. Noi abbiamo impoverito la Parola di Dio.
Della Parola di Dio noi ne abbiamo fatto una parola umana. Del piano di Dio ne abbiamo fatto un determinato sistema teologico. Abbiamo sostituito alla Sacra Scrittura i nostri manuali, i nostri libri preferiti, e ci siamo nutriti di “sottoprodotti” e facciamo fatica a leggere il libro di Dio e a scoprire il contenuto prezioso, insostituibile, divino, di questo libro. Questo ha avuto delle conseguenze gravissime sulla nostra predicazione. Forse la mia è una esagerazione – tanto di meglio- ma alla nostra gente non abbiamo predicato il mistero di Dio, non abbiamo predicato Dio in mezzo a noi, non abbiamo predicato le opere che Dio ha fatto e che continua a fare in mezzo a noi.
Abbiamo proposto delle verità e non la Verità. Abbiamo proposto delle idee e non degli avvenimenti. Ecco il nostro peccato. Perciò, la chiesa non poteva crescere, non poteva essere la chiesa di nostro Signore Gesù Cristo che si edifica e cresce e vive e si perfeziona proprio per la Parola di Dio. Un altro peccato. Non abbiamo avuto la fiducia che si doveva avere nella grazia di Dio. Ci siamo preoccupati più di mantenere le persone in grazia di Dio, piuttosto che far loro vivere la grazia di Dio, cioè, di farli vivere da figli di Dio, di far loro prendere coscienza che sono figli di Dio, di far loro compiere l’esperienza della vita di figli di Dio e conseguentemente di fratelli fra di loro.
Se non abbiamo avuto fiducia, per lo meno ci siamo appoggiati – e questo è una mancanza di fiducia nella grazia di Dio – ai mezzi che esprimevano una certa potenza. Abbiamo tentato di ottenere dalla forza del mondo quello che si può ottenere soltanto per la grazia di Dio. Abbiamo realizzato le nostre compromissioni con le potenze di questo mondo: la potenza politica, la potenza economica, la potenza dell’organizzazione. Ci può essere un altro estremo: l’angelismo. Io non voglio arrivare a questo estremo, ma è un fatto che andiamo ancora alla ricerca di quei mezzi, è un fatto che si fanno dei tentativi per accreditare la fede cristiana con motivi sociologici, che facilmente diventano politici.
Terzo peccato: non abbiamo messo al primo posto la carità. Abbiamo fatto tutto un sistema di vita spirituale, abbiamo inventato un sacco di metodi – più o meno- ascetici o mistici. Abbiamo fatto i nostri cataloghi di peccati e di virtù. Raramente è avvenuto che ponessimo a base di ogni attività pastorale e di ogni impegno apostolico, la carità: la carità in noi, la carità nei riguardi di Dio e del prossimo, la carità tra noi che siamo il primo prossimo, la carità in mezzo ai nostri, tra i nostri e difatti noi conosciamo le divisioni.
Non abbiamo edificato nel senso voluto da Dio: nel senso dell’amore che coincide con la vita della chiesa, che é la vita della chiesa come comunione, come membri di uno stesso popolo, come membra di uno stesso corpo, come pietre di uno stesso tempio.
Ecco i nostri peccati, cosa possiamo ancora, dire? “Liberaci o Signore con i tuoi prodigi “. Abbiamo la certezza che Dio é fedele alla sua Alleanza resa ormai definitiva e che in forza della sua Alleanza, per il prezzo del sangue del suo Figliolo divino, nel mondo c’è tanta grazia da superare ogni peccato. Poniamoci alla ricerca di questa grazia, di questa volontà e capacità di Dio di operare i suoi prodigi in mezzo a noi.
Liberaci Signore per il prodigio della tua Parola. La Parola di Dio è la potenza di Dio per la salvezza degli uomini.
La fedeltà alla Parola, di Dio!
La fiducia nella Parola di Dio!
La funzione della Parola di Dio nella nostra vita!
La funzione della Parola di Dio nell’esercizio del nostro ministero!
Al primo posto la Parola di Dio!
“Liberaci o Signore con i tuoi prodigi”: i prodigi della tua grazia. Cerchiamo di liberarci dalla fiducia che abbiamo tentato di riporre nelle cose che si toccano, nelle cose che valgono secondo il mondo: la potenza politica, economica organizzativa, eccetera, che entra in vario modo nelle nostre concezioni pastorali e riaffidiamoci non angelisticamente ma concretamente alla forza della sovrabbondante grazia di Dio, che è data con certezza per la salvezza di tutti.
” Liberaci o Signore coi tuoi prodigi”: i prodigi della carità, il prodigio di noi preti che ci vogliamo bene! Non diamo importanza a sufficienza di questo. Quanti prodigi opererebbe questa carità sacerdotale!
Ho avuto impressioni penosissime sentendo dei sacerdoti parlare male di Paolo VI. Io posso scusare tutte le ragioni o le pseudo ragioni teologiche per prendere certi atteggiamenti, ma non il volere bene al Papa, cioè il non volere bene all’uomo solo che porta la croce del peso della responsabilità di tutta la chiesa, nello stato angosciante delle situazioni contraddittorie che ci sono. Questo è uno scandalo. Questo ha una importanza di limite.
Il prodigio della carità dei fedeli che si vogliono bene! La nostra gente vuole tante cose legittimamente, ma tante volte e tante cose le vogliono da persone immature nella fede, da persone che vanno cercando motivi per non praticare la carità, per non alimentare la carità di nostro Signore Gesù Cristo tra di loro. Oh il prodigio di questa carità: “ut unum sint ut mundus credat”!
Con semplicità, con umiltà, con fiducia, fermiamoci davanti al Signore che ci garantisce la fedeltà alla sua Alleanza e la sovrabbondanza della sua grazia. Riconosciamo i nostri peccati e preghamo, ma la nostra preghiera deve diventare un atteggiamento, un impegno un nuovo metodo di vita e di apostolato.
“Liberaci Signore coi tuoi prodigi”.
OM 209 Sacerdoti 69 – Seminario maggiore Giovedì, 27- 3-1969
La fotografia ricorda, nel 1989, il vescovo Ferrari all’ Oasi san Giovanni Battista di Fasano ospite di Don Salvatore Carbonara. A don Salvatore la riconoscenza del vescovo e anche la mia.(SL)