Oasi san Giovanni Barrista- Fasano di Puglia
Temi cristiani ritrovati
24 febbraio – 10 marzo 1989
Anche durante questo incontro vado un po’ per la mia strada. Poi, se ci saranno punti da precisare o da chiarire, siamo qui, e la distanza è molto corta; quindi possiamo colloquiare vicendevolmente.
Incomincio con un tema che può sorprendere ma che ritengo fondamentale:la teologia della Parola.
Noi abbiamo studiato, per lungo e per largo, la teologia dei sacramenti, ma non si diceva alcunché della teologia della Parola. Ricordo, anche per sollevare lo spirito, che si studiava grammatica, sintassi, retorica, logica, sacra eloquenza per saper esercitare il ministero della catechesi e della predicazione. Ma quale contenuto dare all’annuncio cristiano?
Invece, se ci facciamo caso, il piú grande evento della storia è il fatto, l’avvenimento che Dio, il nostro Dio, rivolga la sua parola all’uomo. Si può dire, con una espressione piú aggiornata, che Dio entra in dialogo con la persona umana, l’unica creatura capace di rispondergli, con la quale vuole stabilire un rapporto di amicizia, di vita, di vita vera, della sua stessa vita.
La Costituzione per me piú decisiva e importante del Concilio è la Dei Verbum, cioè, la Costituzione della divina Rivelazione, la quale ci fa compiere un passo impensabile. Noi abbiamo sempre studiato che la dottrina cristiana o la teologia è un complesso di verità, di norme e di riti. Mai si è pensato di affermare o di riflettere che nel cristianesimo, il nostro Dio è storico, cioè entra oggettivamente nella vicenda storica degli uomini. Questo ingresso lo compie per mezzo della Parola. Il Dio cristiano è un Dio personale. E’ un Dio unico ma in tre Persone. A proposito della persona, S. Agostino afferma che si dicono tante parole ma non arriviamo al nocciolo. – Comunque Dio è persona,
– noi siamo persone,
– Lui parla,
– noi abbiamo la facoltà di ascoltarlo e
-la libertà di accogliere o non accogliere la sua Parola.
La Costituzione Dei Verbum fa queste semplicissime affermazioni di una importanza incomparabile: nel suo immenso anmpre Dio parla agli uomini non è un fatto qualsiasi – come ad amici – e non è che abbia fretta – e si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con sé – quindi la comune unione tra persone» (DV, 2).
Tutto questo lo ha narrato. Tenete conto che non dico: ha spiegato, ha esposto delle verità, ma ha narrato appunto, di se stesso e delle sue opere, con le persone alle quali si è rivolto. Egli intende raggiungere tutti, ma nella sua divina libertà sceglie alcuni, non per se stessi ma perché essi trasmettano a tutti, al mondo intero la parola di Dio. Gesù dirà: «andate e ammaestrate tutte le genti» (cfr. Mt 28,19).
«E si intrattiene». Ricordiamo il racconto del Genesi. Dio si intrattiene con Adamo ed Eva, parla con loro e dice cose molto chiare e precise. Ciò nonostante sappiamo come sono andate le cose. Ma Lui, che vuole salvare tutti gli uomini e le donne, fa subito una promessa che manterrà.
Il suo intrattenimento con Noè, e tutto quello che gli dice, e gli indica di fare, è per la salvezza sua e dei suoi familiari.
Sappiamo come si è intrattenuto con Abramo: quali promesse gli ha fatto e con quale amicizia lo ha trattato e di conseguenza quale confidenza ha da lui conseguito.
Ricordiamo quel singolare ragionamento che Abramo fa con il suo Dio a riguardo della distruzione di Sodoma e di Gomorra. Ma se tra tutti questi che meritano il tuo castigo ci fossero cinquanta giusti distruggeresti ugualmente tutta la città? Oso dire: se invece di cinquanta, fossero quarantacinque? (cfr. Gen 18)
Dio ad un certo punto incontra e si intrattiene con Mosè e gli dice chi è Lui: «Io sono colui che sono» (Es 3,14). Una definizione enigmatica, ma è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il “Dio dei padri vostri”.
Poi c’è la storia dell’Egitto per liberare il popolo oppresso di cui Dio sente il lamento; e la traversata del deserto!
Anche qui si verificano incomprensioni e contese.
Sono solito ripetere che tutto è mistero: questi ebrei che hanno attraversato il mar Rosso a piedi asciutti, non si fidano di questo Dio e mormorano contro di Lui!
Veramente è un mistero, ma con il nostro linguaggio possiamo dire che Dio ‘ci passa sopra’, anche se fa sentire la sua presenza e la sua capacità di fare ciò che vuole.
E poi c’è tutto un discorso per questo popolo di “dura cervice” sul Monte Sinai. Non vado oltre perché i testi e i fatti li conoscete (Esodo).
Dio si intrattiene con i Profeti e dà a loro – timorosi, incerti, incapaci – la forza e la capacità di presentarsi al popolo per dire il suo pensiero, per annunciare quello che avrebbe fatto di bene e anche di male.
Con linguaggio scritturistico possiamo dire che con Gesù Cristo viene la fine dei tempi o la pienezza definitiva del tempo, ossia la manifestazione piú evidente e piú tangibile di Dio che parla per mezzo del Figlio suo. Si è cosí realizzata, come dice il Concilio, la condiscendenza divina o il suo adattamento a noi, espresso nel Figlio (D.V. 13).
Il Figlio che da tutta l’eternità è Dio come il Padre, viene in mezzo a noi nel tempo, nella nostra storia, sta con noi e si intrattiene con gli uomini come con amici. Ricordiamo il breve dialogo di Gesù con Maria e Giuseppe, i quali manifestano un certo disappunto perché il loro figlio si era “perduto”: «Non sapevate che io devo attendere alle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49). Non intendiamo entrare in analisi particolari, ma vale la pena ricordare qui anche il dialogo di Gesù con Maria alle nozze di Cana.
Inoltre Dio parla nel suo Figlio o per mezzo di lui alle folle. Molti lo capiscono, altri non lo comprendono; come anche noi non siamo sempre capiti quando parliamo e sorgono malintesi. Ci sono sempre quelli che intendono male, o per ignoranza o perché hanno dei preconcetti. Ricordate gli scribi e i farisei; come se la prendono! Il vangelo dice chiaramente che essi cercavano di coglierlo in fallo nelle sue parole per poterlo togliere di mezzo (cfr Lc 20,20).
Dopo una notte trascorsa in preghiera Gesù chiama a sé i dodici e li costituisce apostoli. Parla con loro ma essi gli pongono l’obiezione: perché agli altri parli in parabole e alle volte non ti fai capire? «Non a tutti – anche questo è un mistero – è dato di capire le cose del regno di Dio, ma a voi sí, non adesso però. Verrà il suo tempo. Deve infatti venire un Altro: Egli vi suggerirà tutto quello che io vi ho detto» (cfr. Gv 14,26).
Questa parola di Dio non è, per così dire, una “parola” in senso stretto. Come dice la Costituzione Dei Verbum, Dio parla agli uomini con parole ed eventi. – Gli eventi infatti, cioè le cose che capitano avendo Dio come protagonista, sono segni, manifestazioni, parole o mezzi attraverso cui intendere e capire; – le parole a loro volta, quando ci sono, e sono tante, servono per rendere piú chiaro l’avvenimento cosí che – gli eventi diventano parole, – e le parole sono eventi – che hanno il loro compimento in Gesù Cristo, – il Figlio mandato dal Padre, – che sta con il Padre ed è uno con il Padre, – viene dal Padre il quale, in Suo Nome, manda lo Spirito.
Ho detto che la Parola di Dio compie, fa ciò che dice: «Egli parla e tutto è fatto», «dalla Parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera» (Salmo 33, 9.6). La Parola è espressione della sua potenza. Quindi, detto in linguaggio scolastico, la Parola è efficace. «Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, cosí sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,10-11).
Si potrebbero citare parecchi altri testi a conferma della efficacia della Parola di Dio.
Dunque come conseguenza dobbiamo prendere in mano il libro della Parola di Dio scritta perché qui è narrata la storia della salvezza. Ricordiamo che dopo aver letto il vangelo, durante la messa, si bacia il libro sacro dicendo: «Per le parole del Vangelo siano cancellati i nostri peccati». È cosí affermata la forza della Parola di Dio che toglie i peccati e quindi ci salva.
Ripeto ancora: dobbiamo impegnarci ad acquisire il gusto, oserei dire ad apprezzare il sapore della Parola, ma è lo Spirito Santo che ci dà il dono della sapienza per gustare il sapore della Parola di Dio.
La Costituzione conciliare sulla divina Liturgia afferma: «Massima è l’importanza della sacra Scrittura… perciò allo scopo di favorire la riforma, il progresso, l’andamento della sacra Liturgia, che è la fonte e il culmine della salvezza, è necessario che venga promossa quella soave e viva conoscenza della sacra Scrittura che è attestata dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali» (n. 24). Ma sappiamo purtroppo che la Tradizione si è parzialmente perduta e si è arrivati al punto che la sacra Scrittura serviva per dimostrare le “tesi” dei manuali di teologia.
Il Concilio conclude la Costituzione Dei Verbum con questo auspicio: «In tal modo con la lettura e lo studio dei libri sacri la Parola di Dio compie la sua corsa… e il tesoro della rivelazione affidato alla chiesa riempie sempre piú il cuore degli uomini. Come dall’assidua frequenza del mistero eucaristico si accresce la vita della chiesa, cosí è lecito sperare nuovo impulso di vita spirituale dall’accresciuta venerazione della Parola di Dio che permane in eterno» (D.V. 26).
Ribadisco qui un’altra idea: è la totalità del mistero cristiano, o del mistero di Dio, che salva la totalità dell’uomo, l’uomo come uomo, la donna come donna. E non solo per la vita eterna. Dice il Vangelo: «Il figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). Renderei con una espressione piú forte: troverà ancora uomini che siano uomini e donne che siano donne?
La questione è piú seria: constatato che l’umanità è immersa, per la maggior parte, in uno stato di peccato che non si riesce a definire (idolatria del denaro, pansessualismo esasperato, ignoranza religiosa, ateismo e laicismo imperanti), si può sperare che il mondo si salvi per la vita presente e per quella che non avrà fine? Sulla bilancia, per cosí dire, ci stanno due pesi: il peccato e la potenza della salvezza (cfr. Rom 5,18-21).
La risposta della fede, che poggia su tutta la rivelazione, è decisamente positiva: il Dio cristiano è infinitamente piú forte del peccato degli uomini.
Cerchiamo di proseguire. Il culmine della salvezza è il mistero della Incarnazione. Insisto ancora: il mistero della Incarnazione è un mistero trinitario. Dio è uno solo ma in tre Persone. Tutte tre sono Dio ma l’una non è l’altra. Nel mistero dell’incarnazione è il Padre che manda l’angelo Gabriele. I Padri commentando la Scrittura avevano un’omelia che incominciava con “missus”: mandato da chi? Dal Padre. Il Figlio viene, si fa carne, diventa uno di noi, il Dio con noi, ma è lo Spirito che rende feconda Maria. E qui mi permetto di dire: c’è una Madonna sola, grande certamente ma non santa in se stessa, bensí grande per i suoi rapporti unici, indescrivibili, misteriosi con le tre divine Persone. Questa è la Madonna.
Il Verbo si è fatto carne, una carne singola, unica. A questa carne singola e unica sono chiamati tutti gli uomini in una comunione vitale per essere uniti, come tralci alla vite, come membra al capo. Il Verbo che si è fatto carne,per dirla con una espressione cara ai Padri, è “seminato” in tutto. Noi siamo soliti dire che le altre religioni hanno qualche cosa che le avvicina al cristianesimo, e che se hanno qualcosa di buono, ciò deriva dal cristianesimo.Ma i Padri dicono una verità piú profonda: il Verbo è seminato in tutti
Non spiego né definisco il termine “seminare”. Prendiamolo in senso evangelico, come nella parabola del seme. Ci vogliono il terreno, l’acqua, la pioggia, il tempo buono, ma è nel seme che c’è la capacità di crescere e di produrre altri semi. Il Verbo è seminato in quelli che cercano Dio e anche in quelli che non lo cercano.
Certamente stiamo parlando di un mistero che non si spiega col nostro modo di pensare. Ma Dio compie certamente questa misteriosa seminagione perché vuole salvare tutti e tutto.
Un’altra affermazione ci potrebbe sorprendere: il creato, l’universo intero è antecedente cronologicamente a Cristo. Ma, usando il linguaggio degli scolastici, possiamo dire che Cristo è primo nell’intenzione anche se ultimo nell’esecuzione. Leggiamo il passo famoso della Lettera ai Colossesi: «Egli (il Figlio) è immagine del Dio invisibile,
generato prima di ogni creatura;
poiché per mezzo di lui
sono state create tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
troni, dominazioni,
principati e potestà.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte sussistono in lui.
Egli è anche il capo del corpo, cioè della chiesa;
il principio, il primogenito di coloro
che risuscitano dai morti,
per ottenere il primato su tutte le cose.
Perché piacque a Dio
di fare abitare in Lui ogni pienezza
e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose,
rappacificando con il sangue della sua croce,
cioè per mezzo di lui,
le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (1, 15-20)
Questo universo di misure sconfinate, di cui la scienza moderna sembra continui a dilatare le dimensioni, è pieno della presenza del Verbo. In questo universo c’è la sapienza, la potenza e l’amore di Dio. Non dobbiamo tentare di restringere i confini dell’amore di Dio, che superano infinitamente l’universo intero, pur nella sua grandezza. È vero che Dio ci ha posti al di sopra di tutto e tutto ha posto sotto i nostri piedi, ma Egli non ha per questo abbandonato il creato, né ha ritirato da esso la sua presenza. Tutto ciò che esiste è stato progettato, voluto e fatto da Lui come “buono”. È tale bontà-bellezza che viene cantata nei Salmi, il fiore di tutta la Scrittura, dai quali si apprende un vivo senso di Dio, dell’uomo e del creato.
ST 394 Temi cristiani 89 – 08
Continua col numero 9 – “La bellezza di Dio”
24 febbraio – 10 marzo 1989
Dialogo con sacerdoti pugliesi all’Oasi S.Giovanni Battista, durante la convalescenza del vescovo.
Suor Luisa ha scritto dal registratore le risposte del vescovo in questo incontro settimanale, quasi un quaresimale tra amici, organizzato da don Salvatore Carbonara. Gli incontri si concludono con la cena “delle erbe amare”.
Don Salvatore è mancato improvvisamnte nel 1990 il mercoledì della settimana santa.