a suscitare e portare a maturazione la fede.
Martina Franca, 1967 – Incontro con i sacerdoti – 09 –
Il piano di Dio di costituire Gesù Cristo primogenito di tutte le creature, primogenito di una moltitudine di fratelli che si stringono a lui, intorno al Padre, sotto l’azione dello Spirito Santo, si attua per l’oboeditio fidei.
La fede é adesione liberamente accolta di tutto intero l’uomo al piano di Dio quindi, il piano di Dio incomincia la sua edificazione soggettiva in noi, per la fede.
Il nostro ministero, che tende all’edificazione della Chiesa, ha come fine immediato di generare la fede, di sviluppare la fede, di fare crescere la fede e portarla all’età matura. E’ la funzione propria del ministero della parola.
Rileggiamo: Sacrosanctum Concilium n. 9
“La sacra liturgia non esaurisce tutta l’azione della chiesa.
Infatti, prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e si convertano:
come potrebbero invocare colui nel quale non hanno creduto?
E come potrebbero credere in colui che non hanno udito?
E come lo potrebbero udire senza chi lo predichi? E come predicherebbero senza essere mandati?
Per questo motivo la chiesa annuncia il messaggio della salvezza a coloro che ancora non credono, affinché tutti gli uomini conoscano l’unico vero Dio e il suo inviato, Gesù Cristo, e si convertano dalle loro vie facendo penitenza.
Ai credenti poi essa ha sempre il dovere di predicare la fede e la penitenza, deve inoltre disporli ai sacramenti, insegnare loro ad osservare tutto ciò che Cristo ha comandato, ed incitarli a tutte le opere di carità, di pietà e di apostolato, attraverso la quali si renda manifesto che i seguaci ci Cristo, pur essendo di questo mondo, sono tuttavia la luce del mondo e rendono gloria la Padre dinnanzi agli uomini”
Non é necessario insistere sull’esercizio del ministero della parola in ordine alla fede.
Credo ci sia una certa convinzione in tutti. Se non c’é, cerchiamo di arrivarci.
In sintesi, in modo schematico e quindi incompleto e non esatto, possiamo dire:
come il sacramento genera la grazia così la parola genera la fede;
come il ministero liturgico é per la grazia, così il ministero della parola é per la fede.
A che cosa deve quindi tendere il ministero della parola?
Nella situazione attuale perdura ancora la tendenza a guadare, come scopo della predicazione, la vita morale della gente e quindi il contenuto é prevalentemente morale o moralistico.
E siamo forse ancora in una situazione al di fuori della legge della salvezza,
al di fuori del piano di Dio perché la morale, nel senso completo, é qualche cosa di più della semplice legge morale;
e siamo fuori anche da una semplice legge psicologica perché:
uno non può fare una cosa per la quale non ha la capacità,
uno non può adoperare le proprie capacità se non le conosce,
uno non deve adoperare le proprie capacità quando le conoscesse, se non sa come usarle.
Comunque siano le cose da un punto di vista psicologico,
il piano di Dio prevede di farci passare dalla morte alla vita,
per farci vivere la vita nuova che é la vita della legge di Cristo,
che é la vita della morale di Gesù Cristo.
– Come si può intendere, c’é prima la vita soprannaturale. C’é prima la grazia. Ma, come si può arrivare alla grazia se non c’é la giustificazione?
– Come si può arrivare alla grazia se non c’é un contatto con Dio?
– Come si può arrivare alla grazia se non c’è un radicale incontro con Dio, che si opera con l’apertura della nostra intelligenza a scoprire Dio e il suo piano di salvezza?
– Quando avviene questa radicale presa di coscienza e di contatto con Dio che ci salva?
– Per esprimerci in un linguaggio corrente nel nostro ambiente, qual é la radice della giustificazione?
E’ la fede.
Donde nasce la fede?
Come potrebbero invocare Colui nel quale non hanno creduto?
Come potrebbero credere in Colui che non hanno udito?
Come potrebbero udire senza chi predichi?
San Paolo stabilisce delle conseguenze che non si possono eliminare.
Ci deve essere chi predica perché ci possa essere la fede,
perché si possa invocare Dio,
perché si possa stabilire un rapporto con Dio.
La predicazione deve tendere di sua natura a suscitare, sviluppare, portare a maturazione la fede. Come era e come é ancora purtroppo concepito il ministero della parola, nonostante lo scossone disastroso della riforma?
Il perché della riforma promossa da Lutero. Il perché in un certo qual senso valido, fondamentale, essenziale della riforma di Lutero sta nel fatto che il popolo cristiano si attaccava ai segni sacramentali come a dei feticci. La messa, i sacramenti erano diventati come dei mezzi magici e quindi espressione di superstizione. Bastava essere presenti alla messa e ai sacramenti per ottenerne magicamente i frutti.
Nonostante lo scossone, col quale Lutero ha richiamato l’esigenza della fede e la preminenza della fede, nonostante i concili di Trento e del Vaticano Primo abbiano chiarito le idee e definito che tutta la vita spirituale é condizionata dalla fede e che la fede viene dalla Parola di Dio, le cose non si sono ricomposte secondo l’esatto piano di Dio e il ministero della parola concepito come generatore della fede, come ministero della fede, ha lasciato molto da desiderare in mezzo a noi.
Se c’é stata una predicazione non ordinata alla fede, é stata una predicazione che incominciava dalla necessità della salvezza dell’anima e quindi dai novissimi, per mettere un po’ di paura, e continuava sull’esistenza di Dio con dimostrazioni razionali e non bibliche per arrivare alla necessità della penitenza. E’ vero, non é da negare la penitenza, é da negare quel metodo, è da negare quella preparazione ad una bella confessione generale per una bella comunione generale.
La gente ricorda certe missioni perché c’era tanta gente e non per un altro motivo.
Anche i preti dicevano: avete visto quanta gente? I missionari se ne andavano e tutto continuava come prima. Mettevano la croce in un punto strategico del paese, come a dire: ci facciamo sopra la croce perché, intanto, tutto è finito.
Poi raccontavano: ho confessato uno che da quarant’anni non si confessava più, ho preso un pesce grosso!
Erano confessioni ma, avevano qualche segno di conversione?
Non possiamo giudicare noi queste cose, però, la sostanza nelle conseguenze non c’é, e non c’é ancora la preoccupazione di annunciare la Parola di Dio perché nasca la fede.
Il proverbio, che si racconta in mezzo a noi, é questo: – le nostre popolazioni sono buone, credono, sono piene di fede.
Ma no! Le nostre popolazioni sono vuote di fede!
Le nostre popolazioni, hanno buon cuore, hanno anche una sostanza di costume cristiano,
sono miti e sono attaccate alle loro tradizioni religiose,
possono ancora avere una certa pratica di cose religiose
ma la fede, cioè:
– il darsi ragione di ciò che fanno e di ciò che chiamano cristiano,
– lo scoprire Dio come la persona più importante e più decisiva della loro esistenza,
– il mettere Gesù Cristo al primo posto ed avere più fiducia nella parola di Gesù che in quella di Togliatti o di De Gasperi o di Mussolini,
– il far dipendere tutta la propria esistenza della parola di Gesù Cristo,
– questo non c’é nelle nostre popolazioni.
Ci può essere in alcuni un po’ di quella fede intellettuale che é un aspetto della fede.
Noi abbiamo coniato l’espressione assurda di fede morta.
Che cos’è una fede morta?
Qui si impone il problema della fede prima di quello dei costumi, prima di quello della frequenza ai santi sacramenti.
Da un punto di vista logico e anche e un po’ cronologico, se si potessero sintonizzare nello stesso tempo, tutti i momenti della vita spirituale, la fede e la grazia, sarebbe il meglio ma teniamoli ben distinti nel loro momento, nella loro natura, nella loro funzione, nella loro importanza.
Nelle nostre popolazioni, non c’é una deficienza di moralità tale da preoccupare più della grave deficienza della fede.
Se non c’é la fede, non c’é la radice della giustificazione e i sacramenti non fanno niente! Non sono sacramenti della fede!
Abbiamo accentuato l’ex opera operato e non abbiamo altrettanto accentuato tutto quello che viene immediatamente dopo: secundum unius cuiusque actionem et cooperationem. E’ uno scioglilingua questo?
Nel sacramento non c’é solo la parte di Dio.
C’é anche la parte nostra.
La parte nostra é la fede.
La parte nostra è quell’adesione libera di tutto noi stessi, al piano di Dio, all’azione che Dio compie nel sacramento.
Al bambino suggeriamo: diciamo insieme il Padre nostro così ti prepari bene alla comunione. E si recita il Padre nostro oppure le invocazioni che conosciamo. Per preparare bene al sacramento ci vuole la fede, e la fede nasce dalla parola ed è nutrita dalla parola!
Osservate come la Chiesa organizza la sua liturgia.
Mette prima la liturgia della parola, che prepara la liturgia eucaristica.
Un segno della nostra povertà, del nostro impoverimento, del modo sbagliato di concepire le cose, lo troviamo in quella formula di teologia morale, per cui abbiamo insegnato che non commette peccato mortale chi tralascia tutta la celebrazione della parola e arriva in tempo per la celebrazione eucaristica.
Quando gli storici leggeranno questa corbelleria che abbiamo predicato, diranno: quelli avevano perduto la testa.
La proclamazione della parola, la celebrazione della Parola che precede la celebrazione eucaristica ha lo scopo di generare la fede, di nutrirla e di portarla a maturazione, per poter partecipare ai sacramenti.
Come possono invocare il nome del Signore se non lo conoscono?
Non ritorniamo con le nostre omelie al solito ritornello: state buoni che poi andiamo tutti in paradiso! Andate a prendere il succo di certe predicazioni e costaterete che si riduce a questo. No!
Annunciamo le cose mirabili di Dio che si manifestano nelle opere stupende che soltanto Lui può compiere, per indurre l’intelligenza di chi ascolta all’ossequio della fede, sempre per l’azione della sua grazia.
Ricordiamo che quando predichiamo, é Gesù Cristo che predica.
Ricordiamo che quando predichiamo siamo sotto l’azione dello Spirito Santo che apre i cuori all’intelligenza delle cose di Dio.
Custodiamo la certezza dell’efficacia della parola del Signore.
Si sente dire: ha fatto una bella predica sull’inferno, senza tante storie! Ho fatto una bella predica sul peccato, senza tante storie!
Il piano di Dio é una storia?
La volontà salvifica di Dio é una storia?
Quello che ha compiuto Dio per mettersi in rapporto con noi é una storia?
La Rivelazione dell’azione di Dio e dell’amore infinito di Dio sono una storia?
Sono queste delle storie che vanno bene solo per le monache?
Siamo convinti che negli esercizi alle monache bisogna parlare dell’amore di Dio ma alla nostra gente, no! Per la nostra gente ci vuole l’inferno?
E’ un errore perché Dio nel suo amore infinito ha creato anche l’inferno, ma é solo chi rifiuta l’amore infinito di Dio che va all’inferno.
L’amore infinito di Dio dice l’ultima ragione, per cui Dio ci vuole salvare.
L’annuncio dell’amore infinito di Dio é il primo bene della nostra predicazione, é il primo argomento che genera la fede.
Che un Dio altissimo, santissimo, onnipotente, giustissimo, così grande ed infinitamente “un altro” da quello che siamo noi:
– si sia inchinato fino a noi,
– sia disceso fino a noi,
– si sia interessato di noi,
– abbia fatto tutto per noi “propter nos homines et propter nostram salutem,”
– é stupendo,
– é meraviglioso,
– é commovente,
– é convincente,
– è un Dio per gli uomini.
Noi abbiamo predicato gli uomini per Dio.
E’ Dio che é per gli uomini.
Vi penso tutti intelligenti. Capite l’importanza di queste affermazioni?
Non cambiano l’ordine ontologico delle cose. Questo ordine ontologico, in un certo qual senso, é stato sconvolto dall’amore infinito di Dio, dall’amore per cui Dio ha voluto essere un Dio per gli uomini.
Congar dice che, avendo noi predicato:
un Dio senza gli uomini,
un Dio non per gli uomini,
un Dio non tutto proteso per la salvezza degli uomini,
un Dio non tutto rivolto agli uomini nel suo amore infinito,
noi abbiamo ideato un Dio senza uomini e abbiamo fatto degli uomini senza Dio.
La ragione profonda, remota di un ateismo che si é affermato nei paesi cristiani -non in quelli pagani! – é che abbiamo predicato un Dio senza amore, un Dio senza uomini.
Non abbiamo predicato un Dio per gli uomini.
Abbiamo predicato gli uomini per Dio come lo erano i proletari per i padroni, così che Dio é finito insieme ai padroni
E noi, ministri di Dio, siamo stati catalogati insieme ai padroni ,guardati dalla parte dei padroni, ed essere insopportabili e non creduti perché ritenuti dalla parte di padroni.
E’ necessario ritornare al ministero della parola per generare la fede, svilupparla e portarla maturità.
Ormai abbiamo i documenti solenni del concilio.
La Costituzione Dei Verbum é il documento più incisivo e più decisivo che rompe, nel senso buono, col passato.
La Dei Verbum dà della Rivelazione e della fede una definizione ben diversa da quella dei nostri manuali.
Dà una definizione più biblica, più aderente alla Rivelazione stessa, quindi più appetitiva e più vera,
allora presenta una fede non semplicemente concettuale ma come é vissuta dai personaggi della Bibbia.
Per la Bibbia, la fede é la sorgente della vita religiosa.
Con la fede l’uomo corrisponde al piano che Dio realizza nel tempo.
I discepoli di Cristo sono coloro che hanno creduto e che credono “haec est vita aeterna, ut cognoscant te”.Le opere sono un frutto della fede.
Se non sono opere della fede, non sono opere che salvano.
La fede nella Bibbia ha il senso di qualche cosa di sicuro su cui appoggiarsi con fiducia: è la roccia, è la pietra, è il fondamento sicuro su cui ci si può stabilire senza timore.
Nella fiducia in una Persona fedele, capace di fare ciò che promette, c’é la giustificazione che impegna tutto l’uomo.
La fede é anche uno sforzo dell’intelligenza.
L’intelligenza attraverso la parola e i segni, tenta di raggiungere le realtà che non si vedono, ma che sono attestate e non solo promesse da Dio.
Consideriamo la condotta di Dio nell’Antico Testamento. Quante volte dovremmo leggere la storia di Abramo per imparare che cos’è la fede! Abramo è il padre dei credenti.
Dio promette e poi, per dimostrare che é capace di realizzare la sua promessa, compie qualche cosa più grande di quanto ha promesso.
Tu avrai una terra, tu avrai una discendenza!
Abramo, contro ogni evidenza, crede in Dio che gli promette una terra che sarà sua e una discendenza senza fine.
Dio lo porta via dal suo paese e lo fa camminare.
Abramo crede e cammina sulla Parola di Dio.
Abramo non ha niente in mano.
Se é di notte, Dio gli fa guardare le stelle: “avrai una discendenza più numerosa”.
Se é di giorno, Dio gli fa guardare la sabbia bruciata dal deserto: la tua discendenza sarà ancora più numerosa dei granelli di sabbia che sono sotto i tuoi piedi.
Intanto diventa vecchio.
Sara non era più giovane.
Quando ha la promessa di un bambino alla distanza di un anno, Sara sorride.
Poi dirà anche che non ha riso!
Passa un anno e viene il figlio.
Prendi tuo figlio e sacrificalo.
Abramo aveva già fatto tanti ragionamenti.
Prima, Signore mi avevi parlato della mia discendenza, ora che ho l’erede lo devo sacrificare?
Come posso io avere una discendenza?
Dio, mi prendi in giro?
La fede lo rende capace di sacrificare il figlio nel quale incominciava a realizzarsi la promessa di Dio perché:
per lui, la parola di un Dio che non si vede,
é più sicura del frutto della promessa che già si vede.
La fede è il fidarsi della Parola di Dio!
C’é stato un tempo in cui, per via del modernismo, ci sono state, da parte nostra, tante preoccupazioni per dire che la fede non é fiducia.
La fede non é solo la nostra fiducia.
La fede é fiducia nella fedeltà di Dio.
La Scrittura parla sempre di un Dio verace nel senso di un Dio fedele che mantiene la parola data, che è capace di fare ciò che promette.
Prendo le affermazioni che seguono da un capitolo dell’opera “Iniziazione teologica” di autori vari, edita dalla Morcelliana.
Credere é accettare che sia Dio a contare più di tutto,
Credere é cedere a Dio l’iniziativa,
Credere é lasciarci condurre la da Dio,
Credere é impegnare il proprio destino sulla Parola di Dio,
Credere é fare portare il proprio peso da un Altro,
Credere é, farsi portare in braccio come un bambino
Credere é porre tutta la fiducia in una promessa di vita che dipende soltanto da Dio
Credere é sganciarsi da tutto ed affidarsi unicamente a Dio perché, Lui ha la parola di vita eterna.
Credere é abdicare alla propria sufficienza.
Fintanto che crediamo in noi stessi non crediamo sufficientemente in Dio.
Vedete quali sentimenti e quali disposizioni devono entrare nella nostra vita e nella vita dei nostri fedeli perché si possa condurre una vita cristiana?
Riflettiamoci con la grazia di Dio.
OM 96 Martina Franca_09 1967