Martina Franca, 1967 – Incontro con i sacerdoti – 5 –
La pace di Dio Padre, la grazia del Signore nostro Gesù Cristo siano con voi! Ritorniamo a noi stessi. Siamo nel vivo dell’avvenimento della salvezza, in un tempo particolarmente favorevole.
– Dio comunica Se stesso a noi che, per la sua grazia, ci apriamo alla fede, aderiamo in piena libertà con tutto noi stessi al Suo piano di salvezza,
il piano di salvezza é unificarci tra di noi nel Suo Cristo per mezzo dell’azione dello Spirito Santo, per formare la Chiesa.
L’attore principale nella realizzazione del piano di Dio é lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo opera normalmente nella nostra persona di sacerdoti attraverso l’esercizio del ministero, il quale ha appunto come scopo primario e indiscutibile la edificazione della Chiesa.
Per la consacrazione sacerdotale, noi siamo resi partecipi del potere profetico, sacerdotale, regale dinostro Signore Gesù Cristo così che il nostro primo impegno é quello profetico, é quello della parola, é il ministero della parola.
Oggi, sotto l’azione dello Spirito Santo, assistiti maternamente da Maria Santissima, disponiamo la nostra anima ad accogliere la luce che illumina questo primo ministero e chiediamo la grazia di comprenderne la natura, la portata e ciò che richiede perché sia svolto con fedeltà.
Preminenza del ministero della parola Presbyterorum ordinis, n.4 “I presbiteri nella loro qualità di cooperatori dei vescovi, hanno anzitutto il dovere di annunciare a tutti il vangelo di Dio, seguendo il mandato del Signore: -Andate nel mondo intero e predicate il vangelo ad ogni creatura- e possano così costituire ed incrementare il popolo di Dio. “…Verso tutti pertanto, sono debitori i presbiteri, nel senso che a tutti devono comunicare la verità del vangelo la quale posseggono nel Signore”
Lumen Gentium n5 b “La Chiesa perciò, fornita dei doni del suo Fondatore e osservando fedelmente i suoi precetti di carità, umiltà e abnegazione, riceve la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio”… “…la chiesa cattolica per ottemperare al divino mandato di istruire tutte le genti é tenuta ad operare instancabilmente affinché la parola di Dio corra e sia glorificata”… “…l’apostolato della Chiesa e di tutti i suoi membri – in primo luogo i sacerdoti- é diretto prima di tutto a manifestare al mondo il messaggio di Cristo con la parola e a comunicare la grazia”… ì “…ciò si manifesta soprattutto nel ministero della parola e dei sacramenti”…
Sacrosanctum Concilium 9 “La sacra liturgia – che costituisce il culmine di tutta l’attività della chiesa – non esaurisce tutta l’azione della chiesa. Infatti, prima che gli uomini possano accostasi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e si convertano. Come potrebbero invocare colui nel quale non hanno creduto? O come potrebbero credere in colui che non hanno udito? O come potrebbero udire senza chi predichi? Ma come predicherebbero senza essere stati mandati? ….Per questo motivo la chiesa annunzia il messaggio della salvezza a coloro che ancora non credono, affinché tutti gli uomini conoscano l’unico vero Dio e il suo inviato Gesù Cristo, e si convertano dalle loro vie facendo penitenza. Ai credenti poi essa ha sempre il dovere di predicare la fede e la penitenza, deve inoltre disporli ai sacramenti, insegnare loro ad osservare tutto quello che Cristo ha comandato ed incitarli a tutte le opere di carità, di pietà e di apostolato, attraverso le quali si renda manifesto che i seguaci di Cristo pur non essendo di questo mondo, sono tuttavia la luce del mondo e rendono gloria al Padre dinnanzi agli uomini.
Sottolineo queste poche citazioni per mettere al posto giusto il ministero della predicazione. Qualche considerazione.
Noi siamo ancora gli eredi di un concettualismo che non ci proviene dalla grande scolastica, ma dai manuali scolastici e, costretti dalla necessità di difenderci dal soggettivismo religioso del protestantesimo liberale e dei modernisti, ci siamo comportati come quelli che considerano la Rivelazione come una lista di proposizioni di genere metafisico che Dio insegna, ma delle quali riserva a sé la dimostrazione.
Lo stato attuale è ancora permeato da questa situazione: di avere concettualizzato i dati della Rivelazione, di averli portati ad un livello astratto per farne altrettante tesi, altrettante proposizioni; di avere distaccato il contenuto dal suo contesto storico, concreto ed esistenziale e di avere proposto una presunta fede ai nostri fedeli. Oggi tutto spinge a considerare meglio un altro aspetto della Rivelazione altrettanto importante, senza naturalmente sacrificare nulla della verità oggettiva di un insegnamento dal contenuto intellettuale preciso.
E’ certo che nella Rivelazione c’é un contenuto intellettuale, razionale, ma questo contenuto non é soltanto intellettuale e razionale: esso va proposto come un avvenimento, che ha al suo centro delle Persone che si muovono, agiscono, stabiliscono dei rapporti tra di loro. Non si tratta soltanto di concetti! E’ il ritorno alle sorgenti bibliche della Rivelazione che anima tutto il rinnovamento della teologia attuale e anima il ritorno a concepire la fede come apertura totale di se stessi a Dio perché entri da Signore nella nostra vita.
“Apertura totale a Dio perché entri da Signore nella nostra vita” può essere una definizione della fede. La teologia protestante è stata intenzionalmente una critica di un certo intellettualismo ed un’affermazione del rapporto personale, drammatico e paradossale costituito: da una parte da Dio e da Gesù Cristo, che interviene gratuitamente nella mia salvezza e dall’altra parte, dal mio essere di peccatore che ha ricevuto il dono della fede, per la quale Dio opera in me, mi dà la possibilità di fare la mia salvezza.
Questi sono degli aspetti accentuati dalle esigenze dei nostri giorni e sono aspetti realmente contenuti nella Rivelazione. Oltre l’aspetto concettuale, razionale e quindi ontologico, c’é l’aspetto drammatico, personale, paradossale: di un Dio che é presente, di un Dio che fa qualche cosa, di un Dio che ama e di un Dio che ci apre alla possibilità dell’intesa, del rapporto, dell'”admirabile commercium” con Lui, perché si possa operare la nostra salvezza.
La nostra tendenza a concettualizzare, ad esprimere in termini astratti il contenuto della Rivelazione ha portato all’assurdo che faceva rilevare tanti anni fa padre Plus: si studiava per un anno intero il Dei Verbum Incarnato senza pensare una sola volta a Gesù Cristo, perché tra persona e natura e umana e ipostatica e tante altre cose, Gesù andava a farsi benedire. Tutto concettualizzato! Tutto anatomizzato! Nulla di personale! Nulla del dramma!
Come fare dei drammi con dei pezzi archeologici? Noi abbiamo fatto dei musei, quindi c’é l’esigenza insita nella Rivelazione stessa ed avvertita dalla sensibilità degli uomini dei giorni nostri, di ritornare alle sorgenti. Oggi considerano un valore il personalismo, hanno l’esigenza del personalismo e dei rapporti interpersonali. Avvertono l’efficacia della concretezza dei valori e di ciò che si può esprimere per semplici concetti.
Il cristianesimo è concepito come rapporto continuamente in atto tra l’uomo e Dio. Quando noi definiamo la persona, la natura e l’unione ipostatica di Dio in un linguaggio astratto, cosa rimane ancora di dinamico e di attivo? La Rivelazione invece é attuale e continua nella Chiesa. Dio parla con gli uomini e si intrattiene con essi come con amici. Parla ancora alla sua Sposa, che é la Chiesa, ininterrottamente; E’ un fatto attuale. Non é un fatto consegnato agli archivi della storia.
Il protestantesimo considera il cristianesimo come qualche cosa che accade come avvenimento. Certo, non bisogna cadere nel soggettivismo. C’é questo pericolo, quindi bisogna aver presente che il contenuto del cristianesimo non é solo un avvenimento. Ha anche un elemento razionale, concettuale, ontologico, ma non cessa di essere avvenimento perché se Dio non si fosse mosso e non si movesse, non ci sarebbe salvezza. In contrapposizione all’astrattezza di un certo linguaggio teologico, da parte dei protestanti c’è l’antisostanzialismo, ossia un rifiuto di ciò che é statico, generale, ontologico e che viene presentato come “cosismo”. I protestanti esagerano. Ci debbono essere l’una e l’altra cosa, ma noi per diffonderne una, abbiamo dimenticato l’altra. Siamo nel gioco della situazione derivante da una vecchia polemica tra protestantesimo e cattolicesimo.
E’ soltanto da una sintesi che può venire la completezza autentica della Rivelazione, perciò anche noi dobbiamo muoverci nel senso giusto. La tendenza di qualche pensiero filosofico attuale va nel senso di questa sintesi. La filosofia di oggi non ricerca, come le filosofie antiche, una interpretazione dell’insieme del mondo in termini ontologici, ma é una riflessione sulla esistenza umana. Questo non é male. Il pensiero moderno apre un capitolo di feconde considerazioni dei rapporti interpersonali, che é tutt’altra cosa che il soggettivismo. Esso contribuisce alla creazione di una mentalità che corrisponde al ritorno alle sorgenti bibliche; così anche i teologi sviluppano oggi l’aspetto interpersonale del rapporto di fede provocato della parola di Dio.
La teologia della fede, del rapporto religioso può evidentemente trarre profitto dalla riflessione moderna sulla esistenza umana e sul rapporto interpersonale: io- tu; io- Dio; Dio- io; Dio- tu; Dio e i fratelli. Questa considerazione ve l’ho letta: non é mia, é di P.Congar. Noi ci sforziamo di adeguarci ai richiami, alle indicazioni, alle prescrizioni del Concilio a riguardo dell’esercizio del nostro ministero, in particolare all’esercizio del ministero della parola.
Come va concepito il ministero della parola? Entriamo in quel senso di servizio a cui abbiamo accennato ieri sera. Il ministero della parola é un avvenimento di salvezza. Il primo giorno, leggendo alcuni passi della Lumen Gentium, lo abbiamo visto tanto chiaramente. Da una parte c’é Dio che parla e che continua a parlare per l’azione dello Spirito Santo, dall’altra parte ci sono coloro ai quali Dio intende parlare, ai quali rivolge sua Parola, in mezzo c’é il ministero, il nostro servizio che é servizio a Dio e ai fratelli.
In questa situazione si svolge il nostro ministero: Dio che parla, gli uomini che ascoltano, noi che prestiamo la nostra voce perché i fratelli possano ascoltare la Parola di Dio. La conseguenza di questa situazione oggettiva, concreta, storica é un avvenimento, é un fatto che accade.
Che io parli é un fatto che accade in questo momento, ma dietro di me, al di sopra di me, se io adempio al mandato della Chiesa, c’é Dio, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Padre di nostro Signore Gesù Cristo che continua parlare alla sua Chiesa, in questi giorni nuovi in cui non parla più per mezzo dei profeti ma parla nel Figlio suo per l’azione dello Spirito Santo.
E’ impressionante dire: io sono sotto l’azione dello Spirito Santo! Come ci sia, quanto ci sia lo sa soltanto Iddio, ma, per quanto vale il mio ministero, io sono sotto l’azione dello Spirito Santo come lo erano gli apostoli il giorno di Pentecoste e come sono sempre stati gli araldi del vangelo nella storia della vita della Chiesa. Voi siete i destinatari di questa parola. A vostra volta siete sotto l’azione del Padre che vi vuole fare intendere Gesù Cristo, dello Spirito Santo che apre le vostre intelligenze, vi suggerisce da dentro ciò che le vostre orecchie ascoltano dall’esterno.
Io sono al servizio di Dio. Se in me c’é la disposizione di diminuire perché Lui cresca, se in c’è la disposizione di scomparire perché Egli sia tutto, se io ho la preoccupazione di esser ministro fedele, ambasciatore fedele che non dice del suo, ma ripete quello che ha appreso dal Padre per mezzo di Gesù Cristo, nello Spirito Santo e mi sforzo di annunziarlo nei termini più spogli, più umili, più poveri, io sono fedele a Dio. E nei confronti vostri io non sono il padrone della vostra intelligenza, della vostra volontà, dei vostri sentimenti. ” Tu solus Dominus”. Uno soltanto é il vostro padrone, il vostro Signore, uno soltanto é il vostro Creatore e il vostro Salvatore.
Io sono il vostro servo.
Non sono un maestro “nolite vocare magistrum”.
Non chiamate nessuno maestro.
Non fatevi chiamare maestri “unus magister, Christus”.
Non fatevi chiamare Signore – tanto meno eccellenza!- “unus dominus”.
Uno solo é il Signore perché uno solo é Dio.
Ma per essere servo vostro fedele, per quanto mi é dato, io devo venire a voi nel linguaggio che sia corrispondente alla vostra mentalità. Semmai, per l’azione di Dio, per la sua grazia e la sua parola, potrei dover correggere la vostra mentalità, ma prima devo conoscerla. Vi devo prendere là dove siete e come siete, vi devo rispettare come siete perché io non ho il diritto che voi siate diversi da quello che siete, e voi non dovete essere come voglio io. Sarete, per la grazia di Dio, come vi vuole il Signore.
Ecco quindi un atteggiamento di servizio, di umiltà, di rispetto: che cerca di esprimersi nel linguaggio più adeguato, che deve essere quello corrente tra voi, quello con cui intendete ed esprimete tutte le cose, non il linguaggio che ho imparato io a scuola, non il latino. Cosa vogliono dire tutte queste campagne per il latino? Il latino é un valore umano che merita rispetto, ma non é un mezzo di salvezza e così tanti termini che sono nel nostro linguaggio ecclesiastico non sono i termini della Rivelazione. Anche i termini della Rivelazione, come sono segnati nei libri sacri, hanno bisogno di essere espressi in vocaboli attuali, perché gli uomini di oggi possano intenderli. Li devo rispettare, ma li devo spiegare per renderli accessibili. E’ un servizio reso alla verità e reso ai fratelli.
Bisogna parlare il linguaggio di quelli che ascoltano. Allora dobbiamo impararlo per esprimere i concetti della Rivelazione nel modo di concepire e di esprimersi della gente di oggi. Questo é servizio che richiede impegno. E’ molto più facile prendere una tesi sul manuale di dogmatica e spiattellarla nella terminologia della scuola, che proporre lo stesso contenuto con la parlata della strada, eventualmente anche con forme dialettali intraducibili, senza cadere nel banale. A volte noi navighiamo nella stratosfera e non prendiamo contatto con la nostra gente, con il nostro uditorio. Occorre avere un atteggiamento di servizio che deve trovare la sua espressione anche nel tono del linguaggio. Lasciamo perdere tutte le forme retoriche, ma anche certi toni cattedratici da tribuni, da demagoghi roboanti.
Dio ha conversato con gli uomini.
Dio conversa con gli uomini.
Dio che parla é una cosa seria!
Dio parla nella discrezione
Dio parla all’orecchio
Dio parla nel silenzio
Dio parla rivestito di umiltà
Dio esprime la propria grandezza in mitezza.
Questo é il tono abituale che dovrebbe prendere la nostra conversazione. Oggi si dice ” dialogare” anche se l’interlocutore non interviene. Se noi veramente parliamo alla gente che abbiamo davanti vediamo dal loro atteggiamento, dal volto ,dallo sguardo, se hanno capito, se rimangono interdetti, se si distraggono, se dormono. Anche questa é una interlocuzione.
Perché nelle dovute forme, nei dovuti modi non si dovrebbe dare anche a loro la parola ed interrogare? Per non mettere in imbarazzo si potrà interrogare un bambino, intanto l’uditorio si desta, sta attento,si interessa: non é un muro bombardato dalle nostre parole. Se noi pensiamo che, come conseguenza della parola di Dio che noi annunziamo, i nostri fratelli devono prendere le più gravi decisioni della fede, allora ci deve essere la preoccupazione di creare un clima di calma, di serenità propizio alla riflessione, alla distensione che renda possibile una sana libertà di movimento. Non deve esserci della gente inchiodata sui banchi. Quale libertà di decidere possono avere le persone inchiodate nei banchi? Non é questa la condotta di Dio. La condotta di Dio é “si vis”; “sto ad ostium et pulso”, “aperi mihi”. La prepotenza non è propria del sacro oratore, del ministro della parola. Se la Parola di Dio è, così come veramente è, Parola di Dio, noi comprendiamo un’altra caratteristica della Parola e del sacro ministero della Parola: la sua efficacia salvifica.
Presbyterorum Ordinis n. 2 Il ministero dei presbiteri comincia con l’annuncio del Vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia dal sacrificio di Cristo
Sacrosanctum Concilium n.7 “E’ presente nella sua Parola, giacché é Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura
Dei Verbum n. 21 “Nella Parola di Dio é insita tanta efficacia e potenza da essere sostegno e vigore della Chiesa e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale” Queste prerogative le abbiamo attribuite esclusivamente ai sacramenti. Qui é la nostra lacuna, da qui il nostro impoverimento e la nostra inefficienza.
Dei Verbum n. 17 “La parola di Dio, che é potenza divina per la salvezza di chiunque crede, si presenta e manifesta la sua forza in modo eminente negli scritti del Nuovo Testamento”. Quando questi sono pronunciati per mezzo della predicazione, la parola di Dio é la potenza di Dio e la salvezza di chiunque crede.
Lumen Gentium n. 5 ” La parola del Signore é paragonata appunto al seme che viene seminato nel campo”…”Il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto”. Noi siamo andati sempre a considerare il prodotto del seme. C’é un altro fatto antecedente e più importante. Il seme ha la sua fecondità. Il terreno propizio é quello che condizionerà i frutti. Noi possiamo anche non ascoltare la parola di Dio e renderla anche vana, ma la parola di Dio ha una forza in se stessa; ha una capacità germinatrice di vita eterna, di salvezza. Se leggete tutto il capitolo sesto di Sacrosanctum Concilium, dove il Signore promette l’eucaristia, c’é tutto un parallelismo tra la parola, la fede e l’eucaristia e gli effetti sono gli stessi: “chi crede avrà la vita eterna,… chi ascolta la parola avrà la vita eterna,… chi mangia la mia carne avrà la vita eterna….”
Siamo noi,nelle nostre schematizzazioni, nelle nostre sistematizzazioni che abbiamo distinto la parola dai sacramenti, abbiamo separato l’una dall’altra mentre sono un tutt’uno. Nella Rivelazione, fatti e parole sono un tutt’uno. Le parole sono fatti e i fatti sono parole:le parole producono ciò che esprimono e i fatti dicono ciò che sono. Il seme, la parola di Dio, germogliando nel buon terreno, irrigato dalla rugiada divina, assorbe la linfa vitale, la trasforma, l’assimila per produrre un frutto abbondante. E’ sempre il seme che fa questo.
Gli apostoli hanno predicato la parola di Dio pienamente fiduciosi nella virtù divina di questa parola, capace di distruggere le forze avverse e di condurre gli uomini alla fede e all’ossequio di Cristo. Coloro che predicano sanno che é il Signore ad aprire i cuori e che l’efficacia non proviene da essi, ma dalla potenza di Dio. Sanno che nell’atto stesso di predicare la parola, si uniscono più intimamente con Cristo maestro e sono guidati dal suo Spirito.
Secondo la Bibbia, quindi secondo la rivelazione, dove interviene la Parola di Dio, niente resta come prima, ma tutto é soggetto ad essere trasformato. Essa non ritorna vuota senza avere eseguito il comando di Dio, la sua volontà. ( Isaia 55,10)… La Parola di Dio infatti é viva ed efficace, é più affilata di qualunque spada a due tagli, (Eb 4,12)…. é la spada dello spirito,(Ef 6,12)… essa é Parola che opera la salvezza, ( atti 13,26)… opera la riconciliazione, (2 Cor 5,19)… opera la santificazione di tutto,( 1 Tim 3,45)… con la diffusione della Parola cresce il numero dei discepoli e si diffonde la fede ( atti ) perché é proprio dall’ascolto della Parola di Dio che nasce la fede( Rm,10)….
Ecco che cos’è e com’è, nella vita della Chiesa, la Parola di Dio annunziata dal nostro ministero!
OM 92 Martina Franca_05 1967