Mercoledì della ceneri 19 febbraio 1969 in S. Andrea ore 17:45
La chiesa, oggi compie un rito singolare: ci pone sul capo le ceneri. Con questo gesto ci rivolge un insistente invito alla penitenza. Coprirci di cenere è come annientare noi stessi davanti a Dio riconoscendo di meritare tutti i suoi castighi per i nostri peccati. La chiesa celebra questo rito dando inizio ad un tempo particolare dell’anno liturgico: la Quaresima che si distingue appunto da tutti gli altri tempi dell’anno liturgico per il suo carattere penitenziale.
Mi pare importante che comprendiamo per quale motivo la chiesa celebra il rito delle ceneri, per quale motivo ci fa trascorrere questo tempo nello spirito e nella pratica della penitenza. Questo tempo di Quaresima, nel pensiero della Chiesa, che interpreta il pensiero di Dio manifestato in antico dai profeti e nei tempi nuovi da nostro Signore Gesù Cristo, non è un tempo definitivo ma un tempo di preparazione ad un grande avvenimento che segna il termine della penitenza, che é il motivo della penitenza, che dà significato alla penitenza stessa.
Come tutti sappiamo, la Quaresima ci prepara alla Pasqua. La Pasqua è la festa cristiana. La Pasqua è tutto il mistero cristiano. La Pasqua é l’azione culminante compiuta da nostro Signore Gesù Cristo per attuare la nostra salvezza.
A Pasqua avverrà il passaggio – questo è il significato della parola – dalla morte alla vita in nostro Signore Gesù Cristo e, quelli che credono in Lui e sono battezzati nella sua morte e nella sua risurrezione perciò ricevono la qualifica, la prerogativa, il dono, la realtà nuova di figli di Dio, i quali entrano in comunione di vita con il Padre per mezzo di Gesù Cristo sotto l’azione dello Spirito Santo. La Pasqua si conclude con Pentecoste, con la venuta dello Spirito Santo.
Miei cari teniamo presente la meta, il punto cui tendiamo con tutto ciò che faremo durante il tempo di Quaresima. La meta è arrivare per mezzo della passione e morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo e per l’azione dello Spirito Santo , alla comunione di vita con il Padre nostro che sta nei cieli, a una comunione che su questa terra può essere interrotta, ripresa, condotta avanti, approfondita fino alla misura della nostra corrispondenza all’invito che ci fa il Padre di entrare in comunione con Lui.
Questo è lo scopo della vita religiosa nel cristianesimo: entrare nel regno del Padre per partecipare alla sua stessa vita, alla sua stessa esistenza, ad un’autentica partecipazione alla sua vita quindi ad un’autentica comunione di vita con Lui.
Ma, se questa è la meta, qual è il punto di partenza, la situazione in cui si trova ognuno di noi? La nostra situazione di partenza è di essere lontano da Dio, di essere totalmente o parzialmente nella direzione opposta a quella che porta verso la comunione di vita con Dio. La nostra situazione può essere, ed essere sempre di più, una ricerca di comunione con le creature, una ricerca di godimento delle creature, che diventano uno scopo della nostra vita che poniamo al nostro servizio, ma delle quali diventiamo servitori e schiavi. Questa è la situazione del peccato.
Allora ritornare a Dio vuole dire convertirsi a Dio, portarsi verso Dio, cercare il suo volto, cercare il suo amore. Cercare Dio vuole dire guardare le creature secondo la volontà di Dio e non secondo il senso del nostro egoismo, delle nostre inclinazioni disordinate, delle nostre passioni. In pratica, non secondo il senso del peccato. Questo convertirsi evidentemente significa due cose: staccarsi dolorosamente dalle creature, e quindi anche da noi stessi, perché non siamo orientati verso Dio e camminare verso Dio, e lasciarsi condurre verso Dio in spirito di penitenza.
Il motivo della nostra penitenza è operare questo distacco, è operare questo castigo- per dire così- di noi stessi, perché ci siamo attaccati disordinatamente alle creature e abbiamo abbandonato il nostro Dio. Il motivo della nostra penitenza é pentirci nell’intimo del nostro cuore dopo aver riconosciuto di aver compiuto una scelta del tutto sbagliata, di avere lasciato da parte il nostro Dio che è il Tutto della nostra vita, e di aver messo al suo posto nella nostra esistenza, qualche cosa che non è Lui. Ecco il significato di questo periodo sacro della Quaresima: ci prepara alla Pasqua, al passaggio con nostro Signore Gesù Cristo, per ritornare al Padre ed essere in comunione di vita con Lui.
Come dovrà esprimersi la nostra penitenza? La nostra penitenza deve esprimersi prima di tutto nella riflessione, nella meditazione, nella preghiera cristiana. La preghiera cristiana non è semplicemente l’atto con cui noi ci rivolgiamo a Dio. La preghiera cristiana è prima di tutto prendere coscienza che Egli, Iddio, si rivolge a noi, viene in cerca di noi, desidera stabilire un rapporto con noi, non solo, ma vuole entrare nell’intimo di noi stessi per diventare la nostra forza per compiere il ritorno a Lui.
Allora la preghiera cristiana sarà: ascolto di Dio, ascolto della sua parola, meditazione della Parola di Dio, approfondimento del significato della parola di Dio.
Allora la preghiera diventerà: metterci sotto l’azione con cui Dio vuole toccare il nostro cuore e portare energia alla nostra volontà perché diventiamo capaci di ritornare a Lui.
Allora la preghiera, che è la frequenza intelligente dei santi sacramenti, è la partecipazione attiva agli atti liturgici, specialmente alla celebrazione della santa Messa in questo tempo prezioso.
La penitenza deve poi, di conseguenza, esprimersi anche esteriormente nelle manifestazioni della vita quotidiana. Se abbiamo cercato disordinatamente le creature, se abbiamo abbandonato il nostro Dio, dolorosamente, con la mortificazione, dobbiamo compiere quegli atti indispensabili per ritornate a Lui che è nostro Padre, ma che é anche il padre dei nostri fratelli. Allora c’è una penitenza singolare che è sempre stata indicata dai profeti, che è stata indicata da nostro Signore Gesù Cristo e dagli apostoli, e dalla pratica della Chiesa in tutti i secoli della sua storia: fare penitenza per mezzo delle opere di carità, cioè, privare noi stessi di qualche cosa, non semplicemente di superfluo ma, che si misura – secondo l’espressione del nostro Papa- dalle necessità degli altri.
Evidentemente non deve essere semplicemente la carità dell’elemosina, – il dono del superfluo -, ma l’espressione di un atteggiamento di giustizia verso gli altri. E poi deve essere un atteggiamento di bontà, di comprensione verso gli altri.
Incamminiamoci insieme, come ci conduce la Chiesa, verso il nostro Dio seguendo nostro Signore Gesù Cristo che va verso la sua passione e morte per arrivare con lui alla risurrezione. Intensifichiamo in questo tempo la nostra preghiera come ci è stata presentata, le nostre opere affliggitive per fare penitenza, la nostra carità espressione di giustizia e di amore verso i nostri fratelli.
OM 200 Ceneri 69 – Mercoledì – 19 febbraio 1969 – in S. Andrea – ore 17,45