tende all’edificazione della Chiesa
Martina Franca, 1967 – Incontro con i sacerdoti – 11 –
Voi capite che nasce l’imbarazzo quando si vuole entrare nell’argomento del ministero liturgico, del ministero sacerdotale, quando come conviene in un incontro di sacerdoti, si vogliono mettere in evidenza gli aspetti di natura pastorale di quest’attività sacramentale.
Perché, certi principi abbiano a rimaner più impressi, diciamo ancora una volta e più dettagliatamente che l’attività liturgica del nostro ministero tende all’edificazione della Chiesa perché é nella natura dei sacramenti di edificarci come Chiesa, di incorporarci nella vita e nell’attività della Chiesa.
La Lumen Gentium al numero 11 afferma:
“L’indole sacra e organica della comunità sacerdotale viene attuata per mezzo dei sacramenti e delle virtù.
I fedeli, incorporati nella Chiesa col battesimo, sono destinati al culto della religione cristiana”
Qui parla del sacerdozio comune dei fedeli.
I fedeli si edificano nella Chiesa,
si incorporano come pietre nell’edificio della Chiesa e
sono destinati alla lode di Dio.
Quando, nelle nostre catechesi, abbiamo fatto notare questi aspetti?
Per il battesimo già qualche cosa si dice.
Almeno si afferma che ci introduce nella Chiesa, ma ha ancora un senso molto vago e avrebbe bisogno di essere approfondito.
Uno, con il battesimo, diventa membro di un corpo, membro di un popolo.
Con la confermazione il battezzato é vincolato più perfettamente alla Chiesa. Si dicono soldati di Gesù Cristo, perfetti cristiani. E sono cose vere ma sono staccate dall’ambiente di vita del cristiano che é la Chiesa. Non possono avere efficienza e vitalità, se non sono inseriti nel ceppo che é la Chiesa, che é il Corpo di nostro Signore Gesù Cristo.
“Per essere vincolati più perfettamente alla Chiesa sono arricchiti di una speciale forza dello Spirito Santo” (LG 11)
Dallo Spirito ricevono una forza speciale, per essere membri che si compaginano con un legame più forte con gli altri membri della Chiesa.
C’é una catechesi sui doni dello Spirito Santo, ma i doni dello Spirito sono presentati come ornamenti e non come espressioni vitali di una forza soprannaturale che lo Spirito Santo comunica, perché le virtù teologali: la fede, la speranza, la carità, abbiano a raggiungere una loro maturità e una loro perfezione.
La fede raggiunge la sua maturità con il dono dell’intelletto, della scienza della sapienza.
La speranza raggiunge la sua maturità per l’appoggio che si pone su Dio che ci comunica la sua fortezza.
La carità raggiunge la sua maturità per i doni dello Spirito, che ci danno il senso figliale verso il Padre e il senso fraterno verso gli altri membri del popolo di Dio.
“Sono tenuti a diffondere e a difendere con la parola e con l’opera la fede come veri testimoni di Cristo” (LG11)
Questa azione dello Spirito Santo, che li lega più perfettamente alla Chiesa, li rende membri più responsabili.
Come membri più responsabili, richiedono una particolare attenzione di carattere pastorale.
Io non voglio sollevare né dirimere questioni.
Vi porgo soltanto un interrogativo.
Quando uno, può prendersi degli impegni?
Quando uno diventa responsabile degli impegni che si prende?
Uno, incomincia ad essere responsabile per lo meno quando incomincia ad entrare nell’età matura.
I teologi sono ancora divisi.
I maestri di pastorale pendono -a secondo che vanno- con le tendenze concettualistiche o pastorali. In un senso concettualista, il sacramento opera ex opere operato e per questo, più presto si riceve lo Spirito Santo, più presto lo Spirito opera.
Ma, la cooperazione dell’uniuscuiusqumque quando inizia?
Inizia quando nella persona incomincia a sbocciare la coscienza, quindi la facoltà dell’uso della libertà, che coincide con l’aprirsi dell’adolescenza.
Questa è l’ora giusta quando si considera la pastorale per l’esistenza degli uomini, non in astratto ma in concreto.
L’azione del sacramento della confermazione può essere fruttuosa quando la preparazione e il conferimento avvengono nell’età dell’adolescenza.
Non insieme alla prima comunione a sei anni, e così si fa una sola cerimonia!
Ci sono ostacoli veramente seri e il risolverli dipende da noi.
Noi dovremmo ingaggiare un’azione concorde.
Non date sempre la colpa ai vescovi.
Io credo che i vescovi non avrebbero alcuna difficoltà che la cresima sia amministrata all’età della scuola media, se i parroci fossero d’accordo a preparare i ragazzi a quel tempo.
Dobbiamo ingaggiare un’azione concorde che riguarda aspetti puramente economici per questi avvenimenti della vita cristiana.
Dovremmo ingaggiare, quasi, una lotta contro i diversi modi di celebrare le prime comunioni e le cresime.
Addirittura oramai, si incomincia ad affittare un anno prima, il salone per il ricevimento in occasione della cresima, del battesimo o della prima comunione!
Il Battesimo, la cresima, la prima comunione sono momenti molto seri.
I saloni, i banchetti, gli inviti possono diventare la profanazione di un avvenimento eminentemente sacro e religioso.
Possono essere uno schiaffo alla giustizia sociale e un’umiliazione per la povertà o la miseria degli altri parrocchiani che non lo possono fare altrettanto.
E possono diventare una tentazione di fare cose sproporzionate alle possibilità economiche di una famiglia e produrre situazioni di disagio molto serie.
Andrebbe essere tutti molto d’accordo.
Non posso prendermi la libertà di dare suggerimenti più dettagliati.
Bisogna analizzare le varie situazioni e impedire queste cose avvengano.
La parrocchia, deve essere, secondo me, così attrezzata da poter celebrare la prima comunione e la cresima nei propri locali, anche in locali in affitto, in modo che riesca una festa composta, dignitosa, uguale per tutti.
Mi pare che le comunioni e le cresime private siano abbastanza scomparse però, c’é ancora strada da percorrere in questo senso. Richiamiamo, potentemente ed esplicitamente, le famiglie.
Se lo facciamo tutti con fermezza e nello stesso tempo con delicatezza e riguardo verso tutti, tutti saranno contenti.
Non é detto che i nostri fedeli siano contenti di fare tutte quelle spese.
Le fanno perché non vogliono essere da meno degli altri.
Se noi li aiutiamo a fare le stesse cose con dignità e convenienza – non sotto la nostra responsabilità economica – con la nostra partecipazione e il nostro Spirito di iniziativa, verranno a ringraziarci.
Cerchiamo di legare sempre queste celebrazioni ad una manifestazione di carità. Non per la nostra parrocchia.
Questi sacramenti segnano dei momenti forti della vita cristiana e si devono esprimere anche in carità concreta verso gli altri e devono impegnare tutti i membri della comunità. Se ci vedono disinteressati, daranno anche per la parrocchia.
In pratica questa é una cosa seria.
Ci deve quindi essere un impegno serio.
Non dipende solo da voi ma anche da voi e dalla convinzione che diffonderete in mezzo ai vostri confratelli.
Una prima comunione parrocchiale interessa tutta la vita della parrocchia perché non é più una cosa privata. Quando si indice la prima comunione si fanno le iscrizioni, poi iniziano le lezioni, Alla domeniche si avvisano tutti i fedeli, si interessano tutti della preparazione e si invitano tutti a partecipare.
Sono gli interessi di casa e non se ne deve parlare?
Basta un minuto per ricordarlo nell’omelia della messa domenicale.
“LG 11
“Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte ed apice di tutta la vita della Chiesa, offrono a Dio la vittima divina e se stessi con Essa; così tutti, sia con l’oblazione che con la santa comunione compiono la propria parte nell’azione liturgica, non però ugualmente ma chi in un modo e chi in un altro. Cibandosi poi del corpo di Cristo nella santa comunione mostrano concretamente l’unità del popolo di Dio, che da questo augustissimo sacramento é adeguatamente espressa e mirabilmente effettuata”
Come bisogna cambiare la testa ai vescovi, ai preti, alla gente!
La comunione non é una faccenda che intercorre tra Cristo e chi riceve la comunione.
E’ un’azione eminentemente ecclesiale
che edifica, nutre, vivifica, esprime la Chiesa
Unendoci a Cristo ci unisce ai fratelli.
Ci unisce a Cristo mediante l’unione con i fratelli.
La comunione cristiana é solo questa.
Non ci si può unire al Capo se non si é uniti alle membra.
Prende senso “Non ha Dio per Padre chi non ha la Chiesa per madre”.
Non si va a Dio se non mediante Cristo nella Chiesa, nel suo Corpo che é la Chiesa.
Quindi, il primato della carità fraterna diventa la prima condizione per unirci come si conviene a nostro Signore Gesù Cristo.
Essere in grazia di Dio è essere in grazia con gli uomini
essere in grazia di Dio, è essere Chiesa, è l’unità del popolo di Dio
che da questo sacramento é adeguatamente espressa e mirabilmente effettuata.
La comunione non deve ottenere le grazie ma produrre l’unione.
La comunione frequente é stato il nostro slogan, ma San Pio X aveva ben altre intenzioni e, altre intenzioni ha la Chiesa.
Pensiamo alla comunione dei primi venerdì del mese, alla comunione per la festa di santa Rita! Tutte le circostanze sono buone per delle comunioni generali, ma l’oggetto di queste comunioni è ottenere le grazie dalla Madonna del rosario, da santa Rita, da san Cosimo!
Le comunioni dei primi sette venerdì del mese sono per la tessera del paradiso!
Le comunioni dei quindici sabati del mese hanno finalità estrinseche alla comunione. Tutte sono lontane dal sospetto che la comunione significhi comunione con i fratelli, maggiore carità tra noi.
“Noi vi diciamo queste cose perché abbiate comunione con noi e la nostra comunione é con il Padre, con il Figlio suo Gesù Cristo” . Se siamo in comunione tra noi
LG 11
“Quelli che si accostano al sacramento della penitenza, ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l’esempio e la preghiera”
Quanto abbiamo predicato, almeno durante la quaresima, che dobbiamo pregare di più! Che dobbiamo essere più buoni con gli altri! Che dobbiamo dare buon esempio per quelli che in occasione della pasqua si riconcilieranno! Ma questa riconciliazione é intesa solo come riconciliazione con Dio.
Qualsiasi peccato é una ferita inferta alla Chiesa e allora la riconciliazione deve essere riconciliazione con la Chiesa. Per questo motivo, nel Sacrosanctum Concilium, é detto che, il rito anche del sacramento della penitenza deve esprimere maggiormente questo aspetto di riconciliazione con la Chiesa.
Per questo motivo noi dobbiamo essere avvertiti nell’amministrare questo sacramento, di non preoccuparci di rimettere semplicemente un’anima in grazia o di aumentare la grazia, ma di porre l’accento sulla grazia che é riconciliazione di vita.
La grazia é vita comunicata, circolante, che arriva a noi attraverso l’organismo che é il Cristo totale.
Quindi, ha a che fare con tutto il Corpo di Gesù Cristo che é la Chiesa,
Fa riferimento ad ogni membro del popolo di Dio,
a tutte le membra del Corpo che è la Chiesa.
Niente é individualista nella Chiesa, tanto meno lo è la penitenza.
SC 11
“Con la sacra unzione degli infermi e la preghiera dei sacerdoti, tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al signore sofferente e glorificato, perché alleggerisca le loro pene e li salvi, anzi, li porti a unirsi spontaneamente alla passione e morte di Cristo per contribuire così al bene del popolo di Dio”
Da una parte c’è il popolo di Dio che prega per l’ammalato, dall’altra parte c’è l’ammalato che offre le sue pene unite a quelle di Cristo per il bene di tutto il popolo.
Che circolo ecclesiale in questo rito!
I tempi sono mutati, le sensibilità sono quello che sono. Ci sono stati altri tempi. Non so se, qui c’era la consuetudine di suonare l’agonia.
Io ricordo il mio paese.
Suonava l’agonia.
Si era nei campi e tutti, anche quelli che non andavano in Chiesa, si toglievano il cappello, si facevano il segno di croce, sostavano.
Quello era un atto veramente ecclesiale.
Quella era un’espressione di partecipazione al momento drammatico che uno dei fratelli stava per affrontare.
Era l’invito all’ammalato ancora cosciente, di valorizzare le sue sofferenze ed era il momento in cui tutto il paese gli diceva che non era solo.
Per uno che soffre, il sapere che le sue sofferenze giovano agli altri e che in quel momento tutti sono con lui è di giovamento anche al suo fisico.
Notate: é uno dei frutti del sacramento dell’estrema unzione agli infermi.
Sono sicuro che più di una volta vi é capitato di amministrare l’estrema unzione ad ammalati ancora coscienti i quali, dopo averla ricevuta anche se prima c’era stato un po’ di perplessità dei parenti per la paura di impressionarlo, avete visto subentrare un senso di sollievo e di pace nell’ammalato.
Non é solo l’effetto psicologico di una difficoltà superata. E’ la grazia del sacramento.
LG 11
“Infine, i coniugi cristiani in virtù del sacramento del matrimonio, col quale significano e partecipano il mistero della unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa, si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale e l’accettazione ed educazione della prole, ed hanno così, nel loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio”
E’ uno stato particolare quello del matrimonio istituzionalizzato, sancito dal da un sacramento.
LG 11
“Da questo connubio, infatti, procede la famiglia, nella quale nascono i nuovi cittadini della società umana, i quali per la grazia dello Spirito Santo diventano col battesimo figli di Dio e perpetuano attraverso i secoli il suo popolo”
C’é un sacramento specificamente destinato all’edificazione della Chiesa. Qui veramente si preparano le pietre vive da inserire nel tempio santo dello Spirito di Dio.
La pastorale del matrimonio é ancora da scoprire e da mettere in atto. Non abbiamo studiato a sufficienza il De Matrimonio. Abbiamo studiato in morale l’uso e il non uso del matrimonio. Abbiamo studiato in Diritto Canonico che serviva per fare i documenti, La teologia del matrimonio é ancora un tesoro da scoprire: é un tesoro di una ricchezza insospettabile.
Teniamo presente che tutta la storia della salvezza esprime l’unione di Dio con gli uomini in termini nuziali.
Per san Paolo é una logica conseguenza, presentare il matrimonio come sacramento grande perché si configura a Cristo con la Chiesa.
Da un punto di vista psicologico è una analogia che va sfruttata particolarmente in preparazione al matrimonio.
Non c’é un tempo più adatto per una catechesi totale del cristianesimo per una catechesi globale delle verità essenziali del cristianesimo.
I prossimi sposi sono in condizioni psicologiche ideali per intendere il mistero dell’amore e quindi di intendere il cristianesimo, che é un mistero di amore che si esprime in termini nuziali.
Si dice: tre per sposarsi.
Lo si può dire in un senso più vero, proprio riferendoci ai tre che sono il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo e sono uno solo.
Il matrimonio é un sacramento eminentemente trinitario.
Guardate che lo stato matrimoniale é lo stato più universale, fondamentale per l’edificazione della Chiesa e del Regno di Dio, per l’incremento di quel popolo che deve glorificare Dio qui su questa terra e per tutti secoli nell’altra vita.
Dio non ha fatto poco per gli sposi cristiani.
Forse, c’é quasi tutto da scoprire.
Noi dobbiamo sentire l’impegno di andare verso questa scoperta, con lo studio della teologia del matrimonio
Dobbiamo sentire l’impegno di una catechesi per quelli che si preparano al matrimonio.
Posso assicurarvi che quelli che si preparano al matrimonio vengono a questa catechesi.
Vi poso portare dei fatti a questo proposito.
In Diocesi ho una parrocchia grande dove da due anni nessuno sposa se non ha partecipato alla catechesi sul matrimonio e lo fanno volentieri.
Qualcuno é ritornato una seconda volta a seguire il corso tanto lo aveva interessato.
L’altro giorno ero tentato di affermare che l’edificazione della Chiesa ha il suo inizio nell’edificazione della famiglia e sono la teologia e la pastorale del matrimonio che devono dare quest’avvio.
E’ stato il tema discusso a Corteno Golgi. Da leggere con “Noi vescovi del Concilio” del 1988 (SL).
OM 98 Martina Franca_11 1967