Brescia, 9 ottobre 1969
incontro con i sacerdoti
Impegniamo tutte facoltà della nostra intelligenza quindi, della nostra mente, della nostra mentalità, del nostro cuore – ripeto ancora una volta – di tutta la nostra persona, perché solo così diventa operante questo grande atto della chiesa che vuole riportarci nel profondo del mistero della sua vita, perché noi personalmente ne viviamo e diventiamo strumenti affinché ne vivano anche i nostri fratelli.
Avete visto dal fascicolo che vi è stato distribuito, che il tema dei ritiri di quest’anno è la celebrazione della Messa secondo il nuovo “ordo”. Dobbiamo stare attenti soprattutto qui, perché si tratta della azione in cui si consuma, raggiunge il vertice, l’attività della chiesa. Dobbiamo stare attenti non tanto a ciò che cambia nel rito ma a ciò che cambia nel senso, nella profondità del senso della celebrazione della santa Messa.
I mutamenti esteriori sono pochi e rimarranno insignificanti se non si va al loro senso interiore. Il loro senso interiore, mi permetto di dire proprio fraternamente, è una prospettiva nuova secondo la quale noi dobbiamo vedere e rispettare la celebrazione della santa Messa.
Forse il documento che ci è stato proposto ha più importanza nella parte introduttiva della ‘instructio” che nella parte rituale. L’instructio incomincia al n. 7 con una definizione della santa Messa che, sotto certi aspetti, può essere sconcertante. E’ una definizione non secondo l’essenza delle ” cose”, ma secondo il senso dell’ “evento”, del tempo e dello spazio, delle persone: delle loro azioni e dei loro rapporti.
“Missa est congregatio populi Dei in unum convenientis, sacerdote praeside ad memoriale domini celebrandum. Memoriale Domini est sacrificium eucaristicum corporis et sanguinis domini, memoriale passionis et resurrectionis suae”
Al n. 1:” missa culmen actionis qua Deus in Christo mundum santificat et cultus quem homines exibent Patri, eum adorantes per Christum”.
Ci sono delle persone che si muovono e sono le Persone divine. Ci sono delle persone che si muovono e sono gli uomini. Le divine Persone si muovono per salvarci e santificarci. Gli uomini si muovono per raggiungere la salvezza, la santificazione nel modo voluto dal piano di Dio di convenire “in unum”. “Congregatio populi Dei convenientis in unum”.
Può essere ancora sconcertante per un nostro modo abituale di vedere le cose che l’attore della celebrazione della Messa è il popolo di Dio nell’atto di esprimere e di costruire la sua unità, cioè, nell’atto di esprimere ed edificare la chiesa.
Il sacerdote col suo ministero specifico rende presente l’azione di Dio che sollecita, chiama, aiuta il suo popolo a camminare nel senso dell’unità.
Qui ricordiamo alcune cose della santa Messa che giustificano questa visione nuova, questa prospettiva nuova, che è presentata dal magistero della chiesa e che quindi dobbiamo fare nostra.
Il popolo di Dio è un popolo sacerdotale. Si ha un certo timore di dire, di affermare, ma soprattutto, di riconoscere questa verità, che ha il suo inizio nella storia della salvezza e che ha la sua meta finale nella vita eterna. Il popolo di Dio è un popolo sacerdotale. Ricordiamo l’Esodo 19,5-6
“Or dunque se voi ascolterete fedelmente la mia voce e osserverete il mio patto, voi sarete il mio peculiare possesso tra tutti i popoli. Certo tutta la terra è mia, ma voi sarete per me un regno di sacerdoti, una nazione santa”. E’ la coscienza di questo privilegio, di questa prerogativa, di questo frutto dell’amore, della predilezione di Dio, che fa del popolo di Israele un popolo che deve essere il “seme” della salvezza di tutto il mondo. Questa coscienza sarà l’oggetto della storia, degli avvenimenti, della predicazione che accompagna la storia di tutto l’Antico Testamento.
Ricordiamo l’inizio della vita della chiesa.
“Come pietre vive, costruitevi come tempio spirituale per formare un sacerdozio santo, onde offrire vittime spirituali, gradite a Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pt 2,5)
“Voi però siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa, un popolo di acquisto per annunziare le grandezze di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce ammirabile” (id. 2,9) Popolo sacerdotale che esercita il suo compito annunziando le meraviglie della grazia di Dio. Popolo definitivo in cielo.
” A Colui che ci lava dei nostri peccati nel suo sangue, che ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti per Dio, Padre suo: a Lui la gloria e l’impero per i secoli dei secoli! Amen ” (Ap. 1,5-6)
Ricordiamo il Concilio.
“I fedeli in virtù del loro regale sacerdozio concorrono all’oblazione dell’eucaristia” (LG 10);
” partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice della vita cristiana, offrono a Dio la vittima divina e se stessi con essa” (LG 11)
Non possiamo trascurare, non possiamo minimizzare e tanto meno rifiutare questa realtà voluta espressamente da Dio e non possiamo, non prendere il nostro posto tra coloro che Dio salva come membri di questo popolo di Dio, di questo popolo sacerdotale che ha il compito di dare lode a Dio e di essere strumento della redenzione degli uomini.
Ma, che cos’è che caratterizza il popolo di Dio?
Il popolo di Dio si definisce dalla sua vocazione all’unità e dal suo impegno di attuarla giorno per giorno. La vocazione all’unità viene da Dio. Lo sforzo per realizzarla è la corrispondenza del nostro impegno alla volontà di Dio. Tutto l’Antico Testamento, tutta la vicenda della storia di Israele gioca intorno all’unità o alla dispersione, all’unificazione oppure alla dispersione, al ritorno, al “resto”, all’esilio, alla prigionia, alla distruzione.
L’insegnamento di Gesù:
– un solo ovile,un solo pastore”;
– la gallina che vuole raccogliere sotto le sue ali tutti i suoi pulcini;
– la vite dove i tralci sono uniti all’unico ceppo ecc.
– la insistente preghiera di Gesù (Gv 17,2l),
– la sua Pasqua: “quando sarò elevato da terra attirerò tutto a me stesso”;
– l’insegnamento apostolico specialmente i due grandi documenti: la lettera ai Colossesi e soprattutto quella agli Efesini:
– “ricapitolare tutto in Cristo”
– “sottomettere tutto e tutti a Cristo”
– “Cristo capo della sua chiesa noi membra del suo corpo”
– “l’unico corpo perché c’è un’unica fede, un unico battesimo,un unico Padre, un unico salvatore, Gesù Cristo”;
L’insegnamento del Concilio
E’ certo che il tema dell’unità del popolo di Dio, della chiesa, è quello più insistentemente sviluppato,
è quello richiamato da tutti i documenti del concilio, dal primo numero della Lumen Gentium in avanti.
” I Padri sentono come un dovere urgente – dice il concilio – quello di illuminare e approfondire il mistero della Chiesa nel senso della sua unità come sacramento o strumento della intima unione degli uomini con Dio e della unione degli uomini tra di loro”.
Ciò che ci tocca più da vicino nella celebrazione della santa Messa, sono le epiclesi post consacratorie.
Tutte e tre. Quelle delle nuove preci, parlano sempre dell’azione dello Spirito Santo che ci unisce in un solo corpo.
Questo è il popolo di Dio.
Comprendete allora come è logica la definizione della Messa: quando la chiesa, quando il mistero della chiesa si rende più presente, si fa più espressivo e più operante, deve verificarsi questa unità del Popolo di Dio, questa unione tra i membri del popolo di Dio, questa comunione dei membri del popolo di Dio tra di loro e con il loro Padre, in Gesù Cristo, nella forza dello Spirito Santo.
Il compito del sacerdozio ministeriale in virtù della sacra ordinazione, è quello di agire in persona Christi, affinché attraverso la parola, attraverso la grazia e la carità, egli convochi, costruisca, costituisca e faccia crescere il popolo di Dio sulla via della unità della fede, della speranza e della carità, a lode della gloria di Dio e per la salvezza dei fratelli.
Mi permetto di proporre dei punti sui quali dobbiamo ritornare e insistere per farli diventare oggetto della nostra riflessione o – con una bella espressione corrente e giusta – , punti per una revisione di vita. Dal documento della chiesa noi siamo posti davanti ad una prospettiva ecclesiologica nuova. Sappiamo, lo abbiamo sentito dire. Ma è essenziale il modo con cui questa prospettiva entra nella nostra mente, quasi come a riordinare il materiale della nostra cultura che già esiste ma che non è disposto in questo senso.
E cioè riordinare nel senso non delle cose o dei concetti o delle verità ma, nel senso di ciò che accade oggi come conseguenza di ciò che è accaduto ieri che conseguentemente avrà il suo termine definitivo in cielo.
Dal momento che è un avvenimento. Si devono mettere in primo piano le Persone. La prospettiva personale.
Le Persone sono le Divine Persone: tre che formano un solo Dio.
L’unità di Dio nella infinita distinzione delle Persone ci vuole partecipi della sua esistenza, ci costituisce come popolo che si definisce dalla sua unità, unità misteriosa operata dalla sua azione nella sua chiesa in ciascheduno di noi.
Secondo una espressione del concilio, questo mistero di unità della chiesa, del popolo di Dio, è analogo a quello dell’unità delle Divine Persone, Padre Figlio Spirito Santo, di un solo Dio.
Il mistero trinitario: la distinzione delle persone e l’unità delle persone, diventa il supremo modello -dice sempre il concilio al n. 2 della Unitatis Redintegratio – e la sorgente di questa unità.
Noi troppo facilmente abbiamo la tentazione di dire che queste sono delle cose astratte, delle cose teoriche.
Queste sono le cose più concrete che esistono. Queste sono le cose più concrete che ci riguardano. Dobbiamo scendere dall’astrazione dei concetti verso la concretezza di ciò che accade tra persone. Quindi, come primo punto di revisione della nostra mentalità, dobbiamo porre l’avvenimento, dobbiamo collocare in primo piano le persone: le Persone Divine e quelle degli uomini per costituire questo popolo unificato, attraverso l’unificazione del mistero pasquale, a lode di Dio e per la salvezza degli uomini.
Secondo punto è per la prospettiva pastorale. L’unità nella carità dei membri del popolo di Dio, “adeguatamente espressa e mirabilmente prodotta” dalla celebrazione della Messa deve essere la méta di ogni nostra azione pastorale. Questa è la meta della nostra azione pastorale: ottenere l’unità in mezzo ai fedeli, ottenere l’unità al livello del collegio episcopale, ottenere l’unità a livello del collegio presbiterale, ottenere l’unità al livello dei fedeli:
Il numero delle comunioni? …Ma, se sono comunioni individuali! Il numero dei partecipanti alla santa Messa? …Ma, se ognuno ascolta la propria Messa! Il numero delle virtù? …Ma, se le virtù non unificano! La durata della preghiera?… Ma, se la preghiera non alimenta la carità e l’amore di Dio e conseguentemente l’amore del prossimo!…
Come terzo punto mettiamo la prospettiva spirituale. La carità diffusa dallo Spirito Santo nel cuore dei credenti è la méta della vita cristiana, è la sorgente di ogni espressione di vita di chiesa e di ogni sua attività. Collegialità, presbiterio, comunità, comunione vediamoli: come fine da raggiungere e come mezzo per raggiungere l’unione tra di noi. Quelli che sono uniti, quelli che sono animati dalla carità sono operanti efficacemente nella chiesa. Il concilio dice che, l’anima dell’apostolato è la carità. Ieri si diceva: la vita interiore, che poteva essere la stessa cosa ma che può anche non esserlo. La cosa vera, giusta, efficace è la carità.
Riconosciamo davanti a questa prospettiva in quale modo noi dobbiamo inserirci come servitori per la realizzazione della carità.
Riconosciamo come il sacerdozio del popolo di Dio, in cui siamo inclusi anche noi, è un sacerdozio che ha una indole finalistica, è un sacerdozio che è nell’ordine dei fini e che non verrà meno, mentre i ministeri cadranno perché sono nell’ordine degli strumenti e servono fino a quando c’è da compiere ciò per cui sono destinati.
Sarebbe opportuno considerare anche le condizioni sociologiche e ambientali perché sia possibile la congregatio populi dei in unum convenientis. Mi permetto di fare presente, se credete, – quidqui recipitur per modum recipendis recipitur”
Non sarò stato fedele alla lettera della meditazione come è indicata sul fascicolo. Mi pare di essere stato abbastanza fedele allo spirito. Mi permetto anche una licenza se “nihil osbstat”: il nostro esame ed eventualmente la nostra discussione conduciamola su questi punti che ripeto:
– prospettiva ecclesiologica
– prospettiva pastorale
– prospettiva spirituale
– indole strumentale del sacerdozio ministeriale
– condizione sociologiche e ambientali perché sia possibile la congregatio populi Dei in unum convenientis.
Eventualmente
– invece delle letture bibliche che trovate sul fascicolo e se c’è il consenso di tutti -, prendiamo parte del primo capitolo della lettera agli Efesini che, forse, ci aiuta a stare in tema.
OM 234 sacerdoti 69 – Brescia 9 ottobre – i ritiri dei saserdoti bresciani