Valore teologico delle figure bibliche.
Il tema centrale del Vaticano II, sulla linea della tradizione dei grandi Concili, è fortemente caratterizzato dallo stile biblico; il che significa non tanto che sia stilato con frasi tolte dalla Bibbia, ma che della Bibbia oltre che rendere il contenuto, ne rispetta e ne mette in evidenza la carica e il senso misterioso, e ne adotta il linguaggio.
Il mezzo attraverso cui Dio ha voluto rivelare se stesso agli uomini, e cioè la parola scritta e orale, porta l’impronta di Dio stesso, il Quale è talmente così ” un Altro ” da ciò che noi possiamo pensare ed esprimere da essere semplicemente ” inesprimibile “. Per questo il linguaggio della rivelazione cristiana non è a misterico ” perché aperto solo a degli iniziati, ma è ” misterioso ” e cioè mentre rivela qualche cosa di Dio lascia la sensazione che è molto di più ciò che rimane da svelare. E’ l’Incomprensibile che si svela di riflesso e può essere conosciuto solo nella luce che viene da Lui: la fede.
Muoversi nel mondo descritto da questo linguaggio è quanto mai disagevole ed è per questo che per la sicurezza di essere nella verità, in particolare quando si tratta della Parola di Dio ” scripto tradita “, è indispensabile il Magistero della Chiesa. Così è accaduto nella storia quando il Magistero ha dovuto indicare con l’Autorità di Dio il significato di certi punti della Rivelazione con le sue ” definizioni “, le quali, segnano con certezza i limiti tra l’errore e la verità. Quanto sia provvidenziale questa funzione nella Chiesa nessuno lo può mettere in dubbio; ma c’è un pericolo che nasce dal confondere l’importanza insostituibile di una funzione voluta da Dio perché la verità sia ” custodita “, con la pigrizia umana di ridurre la verità alle definizioni e di presentare della Rivelazione soltanto ciò che è definito.
Ciò che la Chiesa definisce è certamente vero ma dietro una definizione che indica infallibilmente un punto o un aspetto della verità, c’è tutto l’ambito della Verità che è infinito ed è in questo ambito che Dio vuole introdurci perché giungiamo alla sua conoscenza e abbiamo la vita eterna.
Ora Dio compie la sua Rivelazione non per concetti astratti che speculativamente sono i più precisi e in un certo senso i più sicuri, ma piuttosto attraverso una storia, cioè attraverso gli avvenimenti di cui manifesta il significato sempre più ricco e con un linguaggio pieno di figure.
Non diciamo con troppa fretta che si tratta della caratteristica della lingua semitica che è di sua natura dominata dall’immagine pensiamo piuttosto che è stata la sovrana libertà di Dio a scegliere questa lingua, nata dalla mentalità e dalla cultura del suo Popolo. Perciò è indubitato che Dio di proposito ha scelto questo linguaggio più adatto ad evocare che a definire, a spingere alla ricerca di ciò che è nascosto, che a fermare a ciò che è evidente ad aprire al senso del mistero che a chiudere nei limiti di un concetto; lo ha scelto come uno strumento limitato per comunicare la conoscenza di cose infinite: Dio ha scelto il linguaggio biblico come ” il sacramento ” di un messaggio che si ascolta con le orecchie, ma che ha bisogno di essere dettato da dentro, suggerito dal Suo Spirito il Quale introduce il credente in tutta la verità.
Il linguaggio biblico lascia posto, anzi spinge a un ascolto interiore, all’adorazione di una presenza nascosta e comunicante: di sua natura dovrebbe terminare nella contemplazione.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II apre la sua Costituzione sulla Chiesa con la più inequivocabile delle affermazioni: La Chiesa è un Mistero. Poi con una consequenzialità che non poteva mancare, all’ articolo sesto continua: ” Come nell’Antico Testamento la rivelazione del Regno viene spesso proposta con figure, così anche ora l’intima natura della Chiesa si fa conoscere attraverso immagini varie “… Donde traspare chiara l’intenzione del Magistero di riconoscere un valore teologico (riflessione sulle verità rivelate) e didattico-pedagogico alle metafore bibliche che illustrano la Chiesa.
Circostanze storiche, ragioni apologetiche, metodi di studio e non poco quella tal pigrizia mentale hanno defraudato la teologia e la catechesi degli ultimi secoli di quasi tutte le immagini, le figure, le allegorie sia storiche che letterarie che Dio ha moltiplicato onde aprire una strada alla nostra intelligenza per introdurla nel suo Mistero e lungo la quale i Padri avevano condotto i loro fedeli alla scoperta dei divini tesori.
Soltanto il P. Passaglia nel 1853 e il suo confratello, P. Tromp, a un secolo di distanza, hanno preso in esame le figure bibliche per fare loro il posto dovuto nei rispettivi trattati della Chiesa. Oggi si costata quale influenza hanno avuto il movimento liturgico e quello biblico perché fosse riconosciuto dagli studiosi il valore della metafora biblica nella teologia- attendiamo e affrettiamo col desiderio il momento in cui ” ritorni dall’esilio ” anche nella catechesi perché i fedeli siano introdotti nel senso dei Misteri cristiani secondo la mente di Dio.
Storia e caratteristiche delle figure della Chiesa
La Chiesa è il Mistero nascosto da tutti i tempi, è il Proposito della libera volontà di Dio, è il Piano che Egli si propone di attuare per la salvezza degli uomini; in essa si manifesteranno i due aspetti essenziali del Mistero della Salvezza: l’unione personale degli uomini con Dio e la comunicazione dei doni di Dio a tutta l’umanità.
Tutto questo è destinato ad accadere nel tempo, per tappe, e mentre le cose accadono Dio ne svelerà il significato affinché gli uomini entrino coscientemente negli avvenimenti nei quali vengono implicati.
E’ indispensabile tener presente il finale di questa storia: non solo per capire ciò che Dio si propone, ma anche per comprendere il significato di ciò che avviene in qualsiasi momento di questa storia.
Il ritorno finale di Gesù Cristo fa luce su tutto il tempo e gli avvenimenti dell’attesa, come la sua prima venuta dispone alla conoscenza di quella definitiva. La Chiesa del cielo sarà il ” compimento ” del Piano di Dio; ha i suoi momenti di attuazione in coincidenza con la storia degli uomini e raggiungerà la ” pienezza matura ” a modo di un seme che è passato attraverso un lungo travaglio dall’epoca della germogliazione fino al tempo dei frutti maturi.
Questa è una povera immagine, ma il Protagonista di questa impresa conosceva il frutto maturo già al tempo della seminagione e poiché l’albero sono gli uomini ” chiamati ” a crescere, cioè a entrare nello svolgimento della crescita con una loro collaborazione personale, durante tutte le tappe della crescita Egli ha fatto loro intravedere quella successiva perché vi potessero entrare responsabilmente e con fiducia.
Tutto questo spiega il numero e le caratteristiche delle figure della Chiesa: il loro numero è sorprendente; esse si arricchiscono di contenuto e di espressività; anticipano il senso di un arricchimento futuro; sono la garanzia del compimento di promesse più meravigliose.
Il Mistero che esse devono esprimere trascende talmente le nostre capacità che soltanto moltiplicando i punti di vista e le analogie si rimedia in qualche modo alla nostra naturale impotenza ad afferrarne qualcosa. Di conseguenza l’inadeguatezza di queste immagini è duplice: da un lato esse mettono in risalto ed accentuano un aspetto particolare del mistero, e di conseguenza, per averne una visione equilibrata, è indispensabile completarle a vicenda; ma ciò nonostante non bisogna dimenticare che nessuna di esse, anche sotto l’aspetto loro caratteristico, esprime tutto il contenuto del Mistero, il quale è di sua natura infinitamente ancora al di là della nostra comprensione (Y.de Montcheuil, Aspests de l’Eglise, 1949). Questo insegna a non fissarsi mai su una sola delle immagini della Chiesa, sia nella riflessione teologica sia nella esposizione catechistica, e che anche quelle che sono ritenute le più complete hanno bisogno dell’apporto di tutte le altre.
La figura biblica è legata alla storia del popolo di Israele, ne riflette i gradi progressivi di cultura, i costumi, la mentalità: è l’ambiente in cui si è incarnata la Parola di Dio. Questo vale per le figure storiche: persone, avvenimenti; come per le figure letterarie. Però ciò che le caratterizza come mezzi di espressione di realtà soprannaturali è anzitutto il progresso del loro contenuto e della sempre maggiore adeguatezza con cui lo esprimono. C’è uno stadio prevalentemente ” terrestre ” durante il quale esse esprimono la predilezione di Dio verso il suo popolo, la quale si manifesta in una protezione e attraverso benedizioni temporali; esiste poi una spinta verso un significato più spirituale e interiore che avviene specialmente per l’azione dei profeti; c’è infine il momento in cui la figura coincide talmente con la cosa figurata, cioè con la realtà, che pare venuto il tempo della caduta della figura stessa.
La figura cadrà soltanto in Cielo. E’ la conseguenza di un’altra caratteristica della figura biblica, quella profetica: il personaggio, lo avvenimenti, la metafora non hanno mai un significato chiuso: sono eminentemente aperti sul futuro; solo alla fine del tempo avranno detto tutto. Nel Mistero della Chiesa lo stesso Gesù Cristo, che è la realtà centrale a cui convengono tutte le figure, rimane ora ” figura ” di ciò che per opera sua sarà compiuto al tempo in cui tutto sarà in Lui ricapitolato e, avendo rimesso ogni cosa nelle mani del Padre, Dio sarà tutto in tutti.
Questa caratteristica suggerisce una osservazione importante: la figura non deve mai essere abbandonata. Anche quando la realtà futura è diventata presente, l’immagine che l’ha preannunciata non va considerata come una impalcatura che si smonta quando la muratura è costruita; no, essa rimane una pietra inserita dinamicamente nella costruzione: potrà anche non vedersi, ma se mancasse l’edificio perderebbe di consistenza.
Per uscire dalla… figura: la figura biblica, nella sua funzione di anticipare il significato delle cose future, ha bisogno di essere intesa in tutte le sue fasi e questo almeno per due motivi. Il primo è che la opera d’arte (la realtà) sarà tanto più comprensibile quanto più si conoscono gli abbozzi (le figure) attraverso cui l’artista l’ha maturata; il secondo motivo poi è il fatto concreto che molte realtà, anche del Nuovo Testamento, hanno una loro rivelazione descrittiva molto più ampia nello stadio profetico che nel breve spazio storico in cui si sono attuate. Vedi, per esempio, tutta la letteratura biblica sul tempio, sul pastore, sulla vigna, sulla sposa, ecc.
Una terza caratteristica della figura biblica legata a quella profetica è quella di essere il pegno di realtà sempre più meravigliose.
La figura biblica nella storia del popolo di Dio è anche la rivelazione delle promesse che Dio ha continuato a fare a Israele. La pedagogia di Dio si può esprimere così: prima ai Patriarchi, poi al suo Popolo Egli promette qualche cosa di insospettato, lo fa attendere e poi lo compie (v. Abramo); l’opera meravigliosa (” mirabilia “) di Dio dice due cose: che Egli è capace di compiere ciò che promette e che è fedele alle sue promesse.
Le figure mentre compiono il ruolo di manifestare le promesse di Dio a loro volta diventano una ” testimonianza ” di ciò che Dio ha già compiuto e della sua fedeltà nel mantenere ciò che ha promesso.
Le figure della Chiesa
A questo punto i lettori, tutti così ragionevoli, ammetteranno che le cose fin qui dette erano da dirsi e che la Rivista non può mettere a disposizione lo spazio occorrente per illustrare anche solo le principali figure bibliche della Chiesa.
Perciò pochi richiami alla coincidenza delle caratteristiche delle figure bibliche in genere con quelle della Chiesa chiuderanno queste nostre considerazioni preliminari. Se poi coincideranno tempo e spazio e voglia illustreremo almeno le principali nei prossimi fascicoli.
a) Il numero delle figure bibliche della Chiesa
E’ fuori dubbio, che sia il numero, come l’ampiezza dello sviluppo che occupano nella Sacra Scrittura le figure riguardanti il Mistero della Chiesa, devono pure avere il loro significato e il più ovvio è questo: la importanza centrale del Mistero stesso.
A ben guardare la storia della Salvezza, e quindi quella che possiamo considerare la condotta di Dio nell’atto di rivelarsi agli uomini, siamo indotti a rilevare che non sempre la sistematizzazione speculativa della Verità rivelata corrisponde alla prospettiva di Dio. E pare che non vi possano essere dubbi sul rispetto assoluto che si deve alla Rivelazione, sia al contenuto come al modo con cui è stata compiuta (ciò che fa pur esso parte del contenuto), quando se ne vuole tentare una sistemazione organica sia per scopi speculativi e scientifici, sia per motivi pastorali e quindi catechetici.
Si diceva che lo sviluppo nella Sacra Scrittura delle figure della Chiesa è una indicazione evidente della centralità di questo Mistero.
Dio si è manifestato come uno che parla a un altro per farsi conoscere e per stabilire dei rapporti. L’interlocutore del Dio della Rivelazione cristiana è sempre la Chiesa; quella della promessa, quella della preparazione, della realtà, della edificazione e della consumazione. Di più, Dio non parla alla sua Chiesa perché sia più ” istruita ” sul significato delle cose, ma le dà i segni della sua Presenza (figura del Tempio), la mette a parte dei suoi progetti (storia del popolo di Dio), le manifesta le sue cure premurose (la vigna), le dimostra il suo amore (il Pastore), la introduce nella comunione dei suoi beni e della sua vita (la Sposa) e finirà di celebrare con lei le Nozze eterne.
La Chiesa, a sua volta, conoscerà che il suo Dio è il solo Dio, che Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo e che il Figlio si è fatto Uomo, è morto e risuscitato, è salito al Cielo, attraverso una lunga vicenda di cui le fu illustrato il significato per mezzo delle figure sia storiche che letterarie.
Ciò che Dio non ha detto alla Chiesa non l’ha detto a nessuno, ciò che Dio non ha detto alla Chiesa non appartiene alla Rivelazione cristiana: potrà essere oggetto della teodicea e della filosofia e apparterrà alla cultura che è un insigne valore umano; ma non sarà teologia, cioè scienza che riguarda la Rivelazione e che deve essere ordinata alla Salvezza. Per questo ci pare che una sistematizzazione della Verità rivelata, se da un punto di vista metafisico deve essere Cristocentrica, o meglio, Teocentrica; dal punto di vista dei fatti accaduti per libera iniziativa di Dio e per gratuita condiscendenza del suo Amore deve essere Ecclesiocentrica.
Questo dice il numero e lo sviluppo delle figure bibliche.
b) Progresso del significato delle figure
Il popolo di Israele, il tempio, la vigna, il pastore, la sposa, ecc. sono delle realtà temporali che sarebbero rimaste a significare i concetti legati alla loro natura, se Dio non le avesse assunte come mezzi di espressione di realtà superiori. A un certo punto della storia, l’attività profetica le carica del pensiero di Dio e la stessa Potenza di Dio le investe e le fa diventare strumenti della sua azione: il loro significato diventa sempre più ricco ed espressivo. Ad un altro stadio della storia le figure coincidono con la Realtà: il Tempio della figura cede il posto al Tempio che è il Corpo di Cristo; Dio aveva una vigna, la Vite vera è Gesù Cristo, ecc.
Questo è il progresso inaudito: ciò che stava dietro le figure è il Figlio di Dio e tutti i rapporti che Dio esprimeva con le figure hanno come termine di relazione il Figlio Suo. Questa è la realtà insospettata e che supera tutte ” le meraviglie ” della storia della Salvezza: i rapporti delle Divine Persone con la Chiesa (quindi con le nostre persone) toccano il Mistero della reciprocità trinitaria. Il Padre nel Figlio e in noi; il Figlio nel Padre e in noi; lo Spirito nel Padre nel Figlio e in noi; noi nello Spirito, nel Figlio, nel Padre…
I termini di ” persona “, ” natura “, ” relazione “, ” missione ” sono precisi, sicuri e il Magistero li ha usati con la sua autorità che gli viene infallibilmente da Dio; qui si vuole soltanto mettere in evidenza che esiste un linguaggio per dire le cose di Dio affinché diventino spirito e vita; poi non si vuole dire che quei termini astratti debbano essere abbandonati, specialmente dai Maestri della Fede, altrimenti proprio col linguaggio di Dio si finirebbe di dire delle ” favole “.
c) Le figure pegno dei beni futuri
” Dio tutto in tutti ” coinciderà con la Chiesa di lassù; per intanto tutto deve andare verso il compimento.
Il Tempio va portato avanti nella costruzione, tutte le pecore devono entrare nel Gregge, la Vigna va mondata e potata e deve portare frutti, la Sposa vive la sua attesa delle Nozze e si lava e si purifica e si fa bella per l’incontro con lo Sposo. Tutto questo esprime un dinamismo e una condizione di tensione che costituisce lo stato della Chiesa peregrinante e che equivale a uno stato di attesa e della Speranza.
Per questo il senso della figura non cade anche se è presente la Realtà che è Gesù Cristo. Gesù Cristo in persona ha assunto il significato e la funzione delle figure comunicando loro la forza di una testimonianza: ” se Cristo non fosse risorto sarebbe vana la nostra fede “, ” se Cristo è risorto noi pure risorgeremo “, ” e ci farà sedere alla destra di Dio “.
CARLO FERRARI
Vescovo di Monopoli
ST 222 Chiesa 1965