incontro con i Sacerdoti
Loano 15 – 19 Febbraio 1971
Miei cari, per la grazia di cui siamo stati gratificati per la volontà del Padre nostro, per mezzo di Gesù Cristo, con la forza della luce che ci viene dallo Spirito Santo, che in vari modi a noi è stato dato, con l’assistenza di Maria Santissima, la Madre del nostro Salvatore e la nostra Madre, cerchiamo di entrare nella comprensione del significato di questi giorni.
Che cosa sono gli Esercizi Spirituali? Sono un incontro tra il Padre e i suoi figli che in varia misura sono tutti figli prodighi. Siamo tutti figli prodighi in cammino verso la nostra conversione al fine del ritorno al Padre. Gli Esercizi Spirituali sono un incontro. Cerchiamo di comprendere bene il significato di quest’avvenimento.
Gli esercizi sono un avvenimento nel quale Dio, il Padre nostro, per primo è impegnato. E’ Lui che ci viene incontro per mezzo del Figlio suo, in Cristo presente e attivo in mezzo a noi. Gesù è presente non soltanto perché siamo dinanzi al Tabernacolo, ma perché siamo uniti a Lui nella fede. Il Padre ci viene incontro per mezzo del Figlio suo: “Chi vede me vede il Padre”. Il Padre ci viene incontro con lo Spirito della promessa, per cui abbiamo la possibilità di essere profeti, noi e tutti coloro che intendono la voce di Dio e la proclamano.
Essere capace di intendere la Parola di Dio! E’di di estrema importanza, miei cari, mettere al primo posto Iddio in questi giorni, -tenerlo presente, credere in Lui con tutta la nostra capacità, con tutta la nostra fede -come un Padre che ci attende e non soltanto, ma che viene a cercarci come il Buon Pastore. E’ Dio che si muove verso di noi. Dobbiamo stare attenti nell’intenderci su un certo modo di concepire le cose. Noi, – quando dico noi, sia detto una volta per sempre, dico quelli della mia età – che abbiamo fatto una certa teologia che era filosofia, abbiamo concepito anche la religione come una faccenda nostra, umana, per cui siamo noi che andiamo a Dio, siamo noi alla ricerca di Dio.
La Teologia vera è quella della Rivelazione, è quella della storia della salvezza, la quale ci dice, ci assicura, ci garantisce che la ragione umana non può concepire e scoprire Dio, ma è Dio che viene in cerca dell’uomo e si fa conoscere. E’ soltanto perché Dio viene in cerca dell’uomo che l’uomo diventa capace di cercare e di trovare Iddio.
Questo è l’evento forte di questi giorni. Dio ci cerca tutti i giorni, sì, ma ci sono dei giorni particolari, dei “kairòs”, come dicono gli esegeti, dei tempi più propizi alla salvezza o dei tempi forti come si usa dire oggi. Questi giorni sono un tempo forte nel quale Dio ci viene incontro e non è il Dio di quella filosofia o di quella teologia, ma il Padre di nostro Signore Gesù Cristo, il Padre di ognuno di noi, il Padre, cioè Uno che é radicalmente, posso dire ontologicamente, tutto proteso verso le sue creature. Difatti uno intanto è Padre in quanto ha dei figli e, se non avesse figli non sarebbe padre. Potrebbe essere semplicemente sposo, ma non padre. Per un padre l’interesse più forte sono i figli. Per un padre il meglio di se stesso, l’amore, gli nasce nel cuore e lo esprime nei confronti dei suoi figli; perché è tutto per loro.
La figura del padre che abbiamo avuto o abbiamo su questa terra, è una pallida figura nei confronti del Padre nostro che è nei cieli. Il nostro Dio è Padre, ha voluto essere Padre, ha voluto che tra noi e Lui ci fosse questo vincolo particolarissimo, allora è tutto per noi. E l’ ha dimostrato.
La rivelazione cristiana ci pone dinnanzi a questo paradosso: sul piano dell’esistenza – voi mi capirete bene – è Dio per l’uomo, non è l’uomo per Dio. D’altronde Dio non ha bisogno degli uomini mentre gli uomini hanno bisogno di richiamarsi a Dio. Dio ha voluto che fosse così, liberamente, con il libero e sovrano proposito della sua volontà. Cercheremo di esaminarci se abbiamo questo concetto di Dio. Cercheremo anche di esaminarci se il Dio che predichiamo ai nostri fratelli è Dio per gli uomini.
Stiamo attenti a non preoccuparci della metafisica e dell’ontologia che, nella nostra mente, possono distruggere la storia mentre siamo nel vivo di una storia. Questa storia non contraddice né la metafisica né l’ontologia ma va al di sopra, infinitamente al di sopra, infinitamente al di là: “Le mie vie non sono le vostre vie e i miei pensieri non sono i vostri pensieri”. Neppure se sono i pensieri di S. Tommaso! Togliete ogni sospetto che io non stimi S. Tommaso – ci mancherebbe ancora! – Parlo così per dire le cose in un modo un po’ forte.
Avrete letto chissà quante volte questa osservazione: se il nostro Dio non è un Dio per gli uomini, gli uomini finiranno per essere senza Dio, perché non sanno cosa farsene di un Dio che non s’interessa di loro. Pensiamo che questo Dio Padre, che ci viene incontro in questi giorni, vuole stare con noi. Teniamo presente la parabola del figliolo prodigo, la festa del Padre perché il figlio è ritornato in casa, la festa per il peccatore che ritorna rispetto ai 99 giusti. Pensiamo alla festa di Dio, alla festa del cuore di Dio Padre e disponiamoci a fare di tutto per vivere giorni di festa, giorni di gioia per noi che abbiamo un Padre, giorni della gioia per il Padre perché ha i suoi figli con sé. Questo è importante. Se siamo tanti o pochi (sempre per paradosso) non è importante. E’ importante che ci sia la gioia di Dio, la gioia del Padre perché ha i figli intorno a sé, perché i figli stanno in casa sua, perché i figli lo riconoscono come Padre.
Mi permetto di dire: lasciamo da parte ogni pensiero, da quello dei nostri peccati alle preoccupazioni pastorali. Teniamo presente il Padre nostro che vuole incontrarsi con noi, che ci vuole accogliere, che si vuole intrattenere con noi come con dei figli, che ci vuole introdurre in una comunione di vita con sé. Questo, da parte di Dio, è ciò che è stato disposto per noi in questi giorni: un incontro tra il Padre e i figli. Prendiamo la nostra posizione giusta, indipendentemente dal fatto di essere sacerdoti, diaconi. Non avvenga che, dopo il concilio mettiamo il popolo di Dio da una parte e noi stiamo fuori dal popolo di Dio e non apparteniamo alla famiglia dei figli di Dio. Prendiamo questa nostra posizione giusta di battezzati e di cresimati. Preoccupiamoci del nostro cristianesimo, della nostra vita cristiana. Poi si risolveranno anche tutti i problemi del ministero, quello del celibato, del lavoro a tempo pieno, dell’Incarnazione e di tutto il resto. Proponiamoci di diventare dei buoni e autentici cristiani, dei figli di Dio.
Avete udito san Paolo. Dio ci ha eletti, ci ha benedetti, ci ha predestinati, ci ha rimesso i peccati, ci ha dotati della ricchezza della sua grazia, la grazia abbondante che riversa su di noi con tutta sapienza e prudenza – ricordate queste parole un po’ diverse dal nostro modo di parlare corrente – perché fossimo figli per mezzo di Gesù Cristo. Figli, ecco il proposito della sua volontà, ecco il piano di Dio!
La radice della nostra figliolanza divina è la generazione eterna del Verbo. Noi entriamo in questo movimento infinito di vita divina, nella sua Parola, attraverso la quale il Padre esprime tutto se stesso. La Parola è espressione di ciò che uno è, quando è una parola sincera. E noi siamo qui in questo movimento di vita divina, in questo dinamismo dell’esistenza di Dio e partecipiamo alla natura di Dio in Gesù Cristo, il Figlio suo, come i tralci nella vite. E non lo siamo per modo di dire, ma siamo, di fatto, figlio del Padre e a quale prezzo!: “Sic Deus dilexit mundum ut filium suum Unigenitum daret” Così Dio ci ama e non di nome, ma, di fatto, siamo i suoi figli.
Miei cari, diamo tempo al tempo e diamo tempo allo Spirito Santo, perché chiarisca in noi questa coscienza. Lo Spirito Santo ci rende testimonianza che siamo figli di Dio. Lasciamo che lo Spirito Santo agisca in noi in questi giorni, perché si ravvivi la coscienza di questa nuova situazione, del fatto che siamo nati da Dio, non semplicemente dalla carne e dal sangue, che siamo nuove creature, che abbiamo conseguentemente un fondamento per una nuova personalità, un fondamento ontologico per cui la nostra persona non corrisponde né alla definizione di san Tommaso né a quella di Aristotele. Non che sono sbagliate, ma esprimono una verità molto parziale.
Prendiamo coscienza di questo fatto. Mi permetto di esprimermi molto semplicemente così. Non cercate mai nelle mie parole un atteggiamento polemico e tanto meno di condanna.
Gli Esercizi Spirituali una volta cominciavano con la meditazione sui fini. Li abbiamo inventati noi i fini! Non ci sono dei ragionamenti da fare. Ci sono dei fatti, ci sono degli avvenimenti di cui prendere atto. C’è una storia da registrare secondo una concezione biblica non aristotelica, – se volete semitica ma non ellenistica. Di questi fatti, di questi eventi, di questa storia noi non siamo spettatori. I Greci hanno inventato il teatro. La Bibbia, non ha il concetto dello spettatore ma dell’attore coinvolto nei fatti, partecipe degli avvenimenti, che svolge la sua parte, che vive il suo ruolo in ciò che accade. Noi siamo nel vivo di un avvenimento, noi siamo nel vivo di un incontro e non siamo chiamati a conoscerlo dall’esterno ma a viverlo dall’interno e quindi a renderlo cosciente nell’intimo del nostro essere.
Gli Esercizi spirituali sono questo incontro tra Dio e i suoi figli, al fine della conversione. Iddio ci viene incontro per portarci a casa sua. Tenete presente che Gesù, Figlio di Dio, non aveva una casa, non aveva neppure una pietra su cui posare il capo perché era in cammino verso il Padre. Il senso del ritorno che si opera ogni giorno, che avrà il suo compimento alla fine (altra parola che è diventata corrente: il momento escatologico), segna il cammino interiore e non soltanto esteriore della nostra esistenza in quanto viviamo nel tempo che ci porta avanti, in quanto giorno per giorno dobbiamo ritornare alla casa del Padre. Il giudizio finale sarà il momento conclusivo di un giudizio che si compie istante per istante. Se camminiamo verso destra (non politicamente) noi ci troveremo alla destra del Padre.
In questo tempo parliamo di conversione, ma avrei l’impressione che noi non siamo altrettanto convinti che abbiamo bisogno di convertirci. Hanno bisogno di convertirsi gli altri, i lontani, i peccatori, ma noi? Noi abbiamo più bisogno di loro di convertirci! Non so se riuscirò a rendere questo pensiero. Convertirci a Dio come Dio, come Essere Assoluto Supremo è una conversione, ma se Dio fosse soltanto questo per noi, sì sarebbe tutto, ma sarebbe anche poca cosa. Dio è nostro Padre e noi non siamo semplicemente le creature di Dio, ma i figli di Dio. La nostra conversione deve avvenire in questo senso che é l’unico vero, fondamentale della rivelazione, altrimenti è fuori della religione cristiana.
Quanta brava gente c’è tra i confuciani, tra i buddisti o altri che ammettono l’Essere Assoluto e aspirano e si sforzano, almeno alcuni, di arrivare ad un’unione intima, che noi diremmo mistica con Lui, ma non sanno niente (noi non sappiamo niente di loro intanto), non hanno coscienza di entrare in una comunione con Dio, come figli con il padre. E’ il particolare che entra nel tutto, che entra nell’universale, è il contingente che entra nell’Assoluto. La nostra figliolanza raggiunge tutto il nostro essere; la paternità di Dio vuole entrare nelle fibre più nascoste della nostra persona, della nostra natura.
La nostra conversione ha come meta la santità, che ha come fine Dio Padre infinitamente Santo.
Per concepire bene le cose, noi dobbiamo essere capaci, di spogliarci di una certa nostra mentalità per cui il cristianesimo è un complesso di virtù. Il Cristianesimo è una condizione di essere, è una condizione di vita! Se paradossalmente si potessero lasciare da parte le virtù, noi potremmo anche essere spogli di tutte le virtù. L’importante è che si realizzi la nostra figliolanza vera. Dipende da noi che la paternità di Dio si realizzi! Ho detto al principio: se un uomo non ha figli, non è padre. Se noi di Dio non siamo i figli, Dio non è nostro Padre. Capite qual è il disegno che si deve compiere? Il fine che si deve raggiungere è che la paternità di Dio si verifichi in noi sino in fondo. Altro che vocazione alla santità!
Un ultimo avvertimento, miei cari: per carità, non per carità verso di me; ma per carità verso voi stessi, stiamo attenti a non pensare che queste cose sono altissime, che queste cose sono speculazioni, che queste cose sono adatte per i monaci e per i contemplativi! No! Sono cose per noi, per i battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per il fatto dell’essere sepolti con Cristo, risuscitati in Cristo che siede alla destra del Padre. E’ più importante il battesimo che qualsiasi altissimo grado di vita mistica. Non c’è confronto. Quello è un grado, questo è uno stato.
Ecco, miei cari, come dobbiamo concepire questi giorni! E’ per questo motivo che abbiamo bisogno di essere circondati da molto raccoglimento esteriore e dobbiamo impegnarci in un raccoglimento interiore molto profondo. La Madonna, i nostri angeli custodi, i santi protettori ci aiutino.
OM 344 Loano 71 – Loano 15-19 Febbraio 1971