incontro con i sacerdoti
Loano 15-19 Febbraio 1971
Al ministero della predicazione il Concilio ha ridato, possiamo dire, il suo posto. E per i vescovi ,ha definito “Tra le funzioni principali dei vescovi eccelle la predicazione del vangelo”. (LG 25). Il dovere, quindi, che eccelle al di sopra di tutti gli altri doveri, è quello della predicazione del Vangelo
Per i presbiteri il Concilio afferma: “Il Popolo di Dio viene adunato innanzitutto per mezzo della parola del Dio vivente, che tutti hanno il diritto di cercare sulle labbra dei sacerdoti. Dato infatti che nessuno può essere salvo se prima non ha creduto, i presbiteri, nella loro qualità di cooperatori dei Vescovi, hanno innanzitutto il dovere di annunciare a tutti il Vangelo di Dio” (PO 4).
La Sacrosanctum Concilium, la costituzione sulla sacra liturgia, pur definendo la liturgia il culmine verso cui tende l’azione della chiesa, afferma: “La sacra Liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa. Infatti, prima che tutti gli uomini possano accostarsi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e si convertano: Come potrebbero invocare colui nel quale non hanno creduto? E come potrebbero credere in colui che non hanno udito? E come potrebbero udire senza chi predichi? Ma come predicherebbero senza essere mandati? (SC 9)
Il nostro rapporto, di figli con Dio Padre si stabilisce nel momento in cui uno crede e la fede, l’abbiamo sentito ripetere dal solenne magistero della Chiesa, nasce dalla predicazione. La fede, intesa sempre come l’abbiamo intesa in questi giorni, che equivale poi alla vita cristiana nella sua totalità, che si nutre alla mensa della parola di Dio cresce per mezzo della Parola di Dio.La fede matura, raggiunge la pienezza della capacità di assumere tutti gli impegni nei confronti di Dio e nei confronti dei fratelli, sempre attraverso l’apporto della parola del Signore. E’ il Signore che convoca, è il Signore che chiama, è il Signore che si manifesta, è il Signore che porta avanti il suo progetto di salvezza, sempre attraverso la sua parola.
Qui dunque si colloca, il ministero della predicazione.
Il ministero della predicazione ha una dimensione sua propria, che non è sempre presente al nostro spirito. Una concezione individualista della nostra formazione, la preoccupazione di salvare le anime ci ha portato a predicare una conversione moralistica, una conversione dei costumi e non una conversione del nostro atteggiamento di fondo, quindi del nostro comportamento secondo la fede, secondo una conversione che corrisponde al nostro essere di figli di Dio.
La nostra predicazione si rivolgeva e si rivolge tuttora alla massa, alla gente in genere e non raggiunge le persone nel momento del loro farsi, del loro divenire, del loro espandersi, del loro crescere come figli del Padre in Gesù Cristo e nello Spirito e come fratelli fra di loro.
La nostra predicazione, perciò, dovrebbe sempre tener presente che deve sviluppare nelle persone dei rapporti con Dio e con i fratelli.
In altri termini più semplici, la nostra predicazione deve avere una dimensione e una preoccupazione ecclesiale.
Specialmente gli Atti degli apostoli descrivono l’attività degli apostoli e dei loro cooperatori, come fondatori di chiese, come fondatori di comunità. Cristo ha fondato la chiesa come tempio, luogo, sacramento di salvezza, come segno e strumento della salvezza degli uomini.
“Dio non volle santificare e salvare gli uomini individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle di loro costituire un popolo”. (LG 9).
Questo è il piano di Dio. Se io con la mia predicazione convertissi, portassi alla fede, facessi crescere nella fede le persone singole, io predicherei una fede monca, perché la persona singola che non si sente vincolata con le altre persone oltre che con Dio, non è una persona che si sviluppa secondo il piano di Dio, la cui volontà esplicita è che ognuno cresca nei suoi rapporti con Lui e nei suoi rapporti con i propri fratelli.
Quindi noi dobbiamo essere piantatori di chiese.Dobbiamo piantare delle chiese, edificare delle chiese, costruire quindi delle comunità di gente che sta insieme, che crede nell’unico Signore Gesù Cristo, che è animata dall’unico Spirito, che ho coscienza di avere un unico Padre, che si nutre di un solo Corpo, che ascolta una sola “Parola” e quindi è unanime nel compiere tutto questo e, come si esprimono gli Atti, è “un cuore solo e un’anima sola”. Solo nella proporzione in cui noi otterremo questo, noi corrispondiamo col nostro ministero della predicazione, naturalmente anche con gli altri ministeri e non solo col ministero della predicazione, alla volontà Dio, al piano di Dio esplicito e manifestato attraverso tutta la storia della salvezza.
La volontà del Padre, la missione di nostro Signore Gesù Cristo, la missione dello Spirito Santo hanno come traguardo: “di radunare i dispersi figli di Israele”, cosicché la chiesa sia “un popolo adunato nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” ( LG 4). Questo sarà tanto più facile, tanto più vero, quanto più la nostra predicazione, da una predicazione moralistica preoccupata dei cosiddetti costumi, diventa una predicazione teologale. Di proposito evito la parola dogmatica per sottolineare teologale, cioè, secondo il piano di Dio, secondo la dimensione della fede, della speranza e della carità, secondo la costituzione nuova della nostra persona, perché noi siamo stati trasformati radicalmente nel nostro essere, perchè per mezzo della partecipazione alla natura divina siamo stati radicalmente trasferiti su un altro piano di esistenza, alla partecipazione all’esistenza stessa di Dio, alla vita delle Divine Persone che è comunione quindi, partecipazione ad un’esistenza di comunione. E’ a questo livello dove noi dobbiamo stare.
La vita morale deve nascere da qui, altrimenti non è una vita morale cristiana. La vita morale non solo deve nascere da qui, non solo deve avere il suo modello nell’esistenza stessa delle Divine Persone – tre persone, un Dio solo – ma la vita cristiana ha la sua sorgente dinamica in questa nuova costituzione della persona, in questa nuova esistenza, in questo nuovo tipo di esistenza della persona, che poi è quello che noi chiamiamo grazia.
Se il cristiano non sa chi è, se il cristiano non ha a disposizione i mezzi per essere ciò che è, come fa ad essere ciò che deve essere? Iddio ci concepisce e ci costituisce come siamo nel suo pensiero e ci dà i mezzi per esserlo, ci fa suoi figli e ci dà i mezzi per vivere da figli suoi. Poi, naturalmente, lascia a noi la responsabilità di esserlo. Ma vedete che la vita morale viene al terzo posto ed è possibile, dico possibile, solo se si verificano la prima e la seconda condizione? E’ sulla prima e sulla seconda condizione che noi dobbiamo insistere. In questo senso dico che la nostra predicazione deve essere una predicazione teologale.
Perciò la parola che annunciamo deve essere fedele a Dio, deve essere, come di fatto è e dice san Paolo, parola di Dio e non parola di uomini. “Non sono venuto a voi con le argomentazioni della sapienza umana, ma nella ostensione dello spirito e della verità. E voi avete ricevuto la Parola di Dio come veramente è: non parola nostra, ma parola di Dio.” Comprendete anche da questo motivo, come è indispensabile la conoscenza della parola di Dio, la conoscenza della Sacra Scrittura.
Si fa presto a prendere un brano del vangelo, un’espressione del vangelo e costruirci sopra un discorso, ma quello non è predicare la parola di Dio, quello è pretesto,un strumentalizzazione della parola di Dio come facevano i nostri dogmatici, i nostri manualisti che si servivano della sacra Scrittura per dimostrare le loro tesi i loro sistemi. Se ci facciamo caso, in questo modo siamo arrivati a certi punti di deviazione molto seri, che mettono fuori campo la verità stessa e quindi la consistenza della vita cristiana perché, in conseguenza, la nostra predicazione è l’eco della teologia che abbiamo studiato.
Fedeltà alla parola di Dio e a tutta la Parola di Dio. Direte: come si deve cominciare? La Parola di Dio ha tanti aspetti, tanti particolari, tante dimensioni, presenta tanti punti ma, come è per ogni insegnamento così è per la proposta. Attraverso il nostro ministero della parola di Dio, noi dobbiamo avere la preoccupazione di esporla globalmente e di inserire i particolari nella totalità senza mai staccarli dalla totalità della rivelazione perché, altrimenti, perdono le loro proporzioni e perdono il loro senso.
Noi dobbiamo proporre il messaggio della salvezza in modo organico, in modo che ogni parte sia funzionale, che ogni parte abbia una ragione d’essere rispetto alle altre parti e inoltre che sia vitale. Noi dobbiamo parlare del Dio vivente che ci chiama a vivere la sua vita, non a comportarci in un modo o in un altro, ma a vivere la sua vita. Ed è dal nostro comunicare a questo principio di vita che deriva il modo di vivere la nostra esistenza, il tipo e lo stile della esistenza del cristiano.
Guardate che i documenti del Concilio rarissimamente parlano delle verità cristiane. Parlano della verità, quando ne parlano. Poi, se parla della verità in concreto, parla dei fatti, degli eventi e soprattutto delle Persone. Qui siamo in un ambito di Persone. Qui dobbiamo fare giocare, per dire così, la presenza delle Persone e il loro rapporto: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, noi, gli altri, tutti i chiamati – il grande annuncio di Giovanni nella prima lettera – a costituire una comunione. Come c’è comunione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo così deve essereci comunione tra le nostre persone. E la nostra comunione è una partecipazione a quella Comunione.
Dobbiamo fare un bell’esame della nostra predicazione. Può capitare che, ad un certo punto, la nostra gente ci faccia osservare che ripetiamo sempre le stesse cose. Poi si accorgerà che non è vero. E’ il nucleo, è il centro, è il punto focale che noi dobbiamo proporre, da cui dobbiamo partire e a cui dobbiamo sempre ritornare, altrimenti non c’è niente di organico, non c’è niente di vitale, non c’è niente di vivo.
Quanta fatica facciamo e quanta fatica abbiamo fatto – se ci siamo arrivati – a fare una sintesi di tutti i trattati che abbiamo studiato in seminario: tra la morale, la dogmatica, il diritto canonico, la storia e la Sacra Scrittura! Vi accorgerete che, quando uscirete dal seminario avrete la sensazione di aver studiato per niente, inutilmente, perché non vi serve niente. Perché? Perché non siete arrivati a fare una sintesi. Ma la sintesi è nella natura delle cose e noi dobbiamo rispettarla e dobbiamo arrivarci.
Nel nostro ministero della predicazione dobbiamo essere fedeli a Dio e fedeli all’uomo. E’ interessantissimo il tema della fedeltà di Dio all’uomo. Dio concepisce l’uomo , lo crea poi lo tratta da uomo, lo prende come è, gli propone di essere rifatto “da capo” e in un modo più meraviglioso, ma lo rispetta come l’ha fatto. Questo è il comportamento di Dio.
Il comportamento di nostro Signore Gesù Cristo è questo: “si vis’, “qui vult”: è una proposta, è un invito. L’atteggiamento di Gesù Cristo com’è descritto nell’apocalisse è quello di uno che sta lla porta: “ecce sto ad ostium” si ferma alla soglia e chiama e se qualcuno apre: “io entrerò e cenerò con lui” e se qualcuno non apre, lui non forza la porta. Dobbiamo imparare da Dio questo rispetto per l’uomo, dell’uomo come è, con tutti i suoi difetti, con tutti i suoi limiti, con tutti i suoi peccati ed aiutarlo ad essere l’uomo come dovrebbe essere, nel senso di aiutarlo a corrispondere alla sua vocazione di figlio di Dio, di fratello degli altri uomini.
Noi facilmente facciamo il giudizio universale prima di Dio , universale da una parte mettiamo gli eletti, dall’altra i reprobi. Se sappiamo che l’uomo è concepito nel peccato, dobbiamo trattare l’uomo così com’è! Ormai è scomparsa la figura del predicatore che batteva i pugni sulle sponde del pulpito, anche se il peso della filippica non è ancora del tutto scomparso. Si fa presto a fare un vangelo, una predica, tirando in ballo la moda e la gioventù e avanzando con improperi.
Dobbiamo costruire. Il male lo dobbiamo far uscire dall’intimo mettendoci una carica di forza salvifica divina. Quando abbiamo gridato, molto facilmente abbiamo disgustato la gente e niente di più. Dobbiamo invece proporre la verità, la forza della verità di Dio, la straordinaria incontenibile potenza con la quale il Padre ha risuscitato suo Figlio Gesù Cristo, che è la forza messa a nostra disposizione per far risorgere anche noi insieme con Lui.
Provate, a proposito di un pensiero sulla fiducia, a leggere la lettera agli Efesini e vedrete con quale ridondanza Paolo parla della grazia, della salvezza, dell’amore e della misericordia. Noi abbiamo studiato il “De Gratia” in termini di grazia antecedente, concomitante, conseguente e poi abbiamo studiato la grazia sufficiente. Noi abbiamo fatto dell’ingiuria. Se quelli che hanno scritto quei manuali avessero aperto una pagina della Sacra Scrittura non avrebbero usato certi termini e le questioni sulla predestinazione, sulla scienza media, sui possibili.
La fedeltà all’uomo richiede tra l’altro anche di essere capiti. Il meraviglioso papa Giovanni quando ha fatto il discorso di introduzione alla prima sessione del concilio ha detto: noi non stiamo qui per definire delle verità religiose, dogmatiche, noi siamo qui con il compito di proporre tutto il messaggio salvifico agli uomini d’oggi in un modo tale che lo abbiano a comprendere. Ecco come ha proposto lo scopo del Concilio!
Dobbiamo diventare comprensibili ma, per essere comprensibili dobbiamo dire le cose li Dio con il linguaggio con cui gli uomini e le donne di oggi che ci ascoltano, dicono le loro cose e, se siamo costretti ad usare determinate parole, per la Parola Rivelata noi dobbiamo catechizzarli. Io, per mio conto,ritengo che ai tempi nostri, cioè al momento attuale della vita della Chiesa in cui va in onda una riforma liturgica con l’introduzione della lettura di quasi tutta la Sacra Scrittura, è indispensabile una catechesi esegetica del linguaggio biblico, è indispensabile avere la pazienza – non so per quanti anni – di prendere le letture, una per volta, per il tempo che consente naturalmente la celebrazione, e svolgere questa vocabolarizzazione della Sacra Scrittura.
Noi dobbiamo tenere presente una cosa a cui forse non facciamo caso. Mentre la lingua tedesca è nata e coincide con la traduzione in tedesco della Bibbia, noi abbiamo il novelliere non so quali altri testi che segnano il nascere del volgare, della lingua italiana. I tedeschi hanno la Sacra Scrittura, quindi la lingua tedesca si è formata sul linguaggio della Sacra Scrittura. L’italiano invece coincide più o meno con la Scolastica, nasce più o meno al tempo della Scolastica, quindi non è per niente biblico.
Voi potete cercare su tutti i dizionari della lingua italiana le parole caratteristiche della Bibbia, trovate alcune parole delle quali vi diranno anche il significato religioso. Per esempio al vocabolo chiavi vi diranno anche che è un potere della chiesa, ma non vi daranno il significato biblico del termine chiavi. Andate a cercare pane e vino e certamente vi daranno anche il significato religioso di queste parole. Provate a cercare corpo, sangue, vite, nozze. Non hanno nessuna risposta. L’italiano biblico è ancora da fare. Noi abbiamo il latino biblico, il greco biblico, il tedesco biblico, ma non c’è l’italiano biblico. Dobbiamo tener conto di questo stato di cose, non dobbiamo prendercela con i traduttori e i traduttori non debbono tradire il Libro Sacro,lo devono rendere secondo l’originale e siamo noi che abbiamo questo compito.
La fedeltà al linguaggio non è soltanto fedeltà all’espressione letteraria, ma è fedeltà al modo di pensare, al modo di concepire. Guardate che noi abbiamo un modo di pensare, un modo di concepire molto condizionato dagli studi che abbiamo fatto. Se abbiamo fatto un po’ di letteratura, abbiamo fatto letteratura classica. Il linguaggio tecnico dei nostri studi è quello della scolastica. Poi c’è un certo linguaggio ecclesiastico di una certa predicazione tradizionale. Sono tutte cose sorpassate. E’ diversa la condizione dei giovani che hanno fatto almeno un po’letteratura moderna, contemporanea.
( non si capisce il nome) diceva ai suoi tempi che per predicare ci vuole da una parte il Vangelo e il giornale dall’altra. Esprimeva pittorescamente una certa verità, ma non è, ripeto, soltanto questione di vocabolario e di linguaggio letterario; è questione di mentalità: bisogna sapere ciò che vuole dire la gente con quella parola. Ormai cambia il significato delle parole e noi dobbiamo tenere presente tutto questo.
Evidentemente non è un compito facile. Il ministero della predicazione è un ministero serio.
OM 352 Loano 71 – La predicazione