Sono trascorsi trent’anni dal mio primo incontro con lui. Credo di averlo conosciuto da vicino e di averlo seguito con sufficiente continuità e so di averlo trovato, in alcuni momenti delicati e difficili della mia vita, con una presenza puntuale e provvidenziale e con un inserimento umanissimo.
Fu il mio direttore spirituale in quasi tutto l’arco della mia preparazione al sacerdozio: dapprima nelle classi ginnasiali al Seminario di Stazzano,poi nei corsi liceali e teologici al Seminario di Tortona. Continuò a guidarmi negli anni successivi come rettore del Convitto Ecclesiastico dei Sacerdoti Novelli: una guida intelligente e paziente, protesa all’ascolto e tesa all’introspezione, quasi a convalidare nel colloquio quel lampo di intuizione delle persone e delle situazioni che gli è rimasto connaturato per sempre.
Una guida esigente e stimoIante su alcuni nodi essenziali della vita sacerdotale, ma altrettanto concessiva e comprensiva dei margini di quella liberta ove ognuno ha il diritto e il dovere di essere primariamente se stesso e di tendere, nei modi che gli sono con geniali, al meglio di sè.
Un’autentica guida direzionale: nei primi anni delicatamente paterna, ma mai paternalistica, negli anni successivi consapevolmente più dialettica e discorsiva, quasi su un piano di amicizia, rispettosa e appassionata; col risultato, per me, di un affetto sincero, temperato (o potenziato?) dalla stima e dalla riconoscenza.
La sua elevazione a Vescovo di Monopoli non l’ha affatto staccato, nei quindici anni di lontananza e nei quasi mille chilometri di distanza, da una presenza intima e spirituale e dalla continuità di un legame, che il tempo e lo spazio hanno reso solo più profondo e più forte. Egli, infatti, non è l’uomo che voglia tenere le distanze e la sua istintiva riservatezza sa sciogliersi in benevola accondiscendenza ovunque si apra un bisogno o un accenno al colloquio confidenziale. All’intuito di certe cose, da parte tua inespresse, vuoi per timidità vuoi per ritrosia, lo guida, in certi momenti, una delicatissima sensibilità. Allora egli intuisce il tuo bene, ti offre la sua disponibilità e il suo desiderio puoi sentirlo come un comando.
L’amicizia corre spesso sul filo dell’intuizione e si concreta nell’attuazione delle cose inespresse. Il mio lungo soggiorno a Monopoli,convalescente da una sberla della Provvidenza e ospite della sua casa è testimonianza di un dono non so se più gradito alla gioia di chi offriva o alla riconoscenza di chi lo riceveva. Certo è un segno di delicatezza rara da parte di un vescovo e di un’amicizia sostanziosa e concreta. Qui ho finito, giorno dopo giorno, per cogliere tanti aspetti illuminanti della sua figura in parte noti e in parte nuovi, e per rivivere e per accrescere ( se non è presunzione) una certa ricchezza di valori fondamentali, assimilati dal contatto con la sua presenza e dalla comunione partecipata della sua vita.
Qui ho ritrovato in lui innanzi tutto l’uomo di sempre: I’uomo che sa osservare attentamente, che sa riflettere profondamente, che sa agire decisamente. L’uomo della concretezza, della ponderazione e del coraggio. L’uomo che agisce solo a ragion veduta dopo lunghi e calmi ripensamenti; che sente ed assume le proprie responsabilità e le conduce fino in fondo, con pazienza e con tenacia.
Qui ho ritrovato l’uomo di metodo, esigente verso se stesso, ma sempre con giudizio e con discrezione. L’uomo che conosce l’alternanza della tensione e della distensione, della generosità e dei suoi limiti , degli intensi periodi di impegno e delle scontate parentesi di un po’ di respiro e di vacanza. L’uomo che riconosce nella salute fisica un dono di Dio da non trascurarsi, ma da assumersi e nei suoi limiti e in tutta la sua vitalità, come presupposto imprescindibile per quel dono più grande che fa del sacerdote e soprattutto del vescovo un votato all’accrescimento spirituale della sua chiesa. La chiesa cresce in rapporto alla crescita dei suoi membri. Le chiese locali crescono per la crescita dei loro sacerdoti e primariamente del loro vescovo.
Ecco: a distanza di anni, ho trovato in Mons. Ferrari, come sempre un vescovo vivo incarnato in un uomo vivo e per questo impegnato, con naturalezza, in un continuo, in cessante progresso, a livello personale e a livello ecclesiale, che lo ha reso di anno in anno delicato e possente, meditativo ed attivo, aperto al felice connubio tra la natura e lo grazia, la intelligenza e il cuore. la intuizione e la riflessione, la modernità e la saggezza.
Di vescovi la Chiesa continuerà ad offrircene un serto inestinguibile fino al tramonto dei secoli. Ma di vescovi come Mons. Ferrari non ho conosciuto che lui proprio per quel sintetizzarsi nella sua personalità di quei valori universali, che sono l’irrinunciabile tensione di ogni uomo impegnato a trascendersi, ma che diventano la singolare attuazione di chi non è uguale a nessuno, se non al meglio di sè.
Cosi nella personalità mons. Ferrari non c’è nessun fattore in evidenza proprio perché le sue doti sono suscettibili di una “reductio ad unitatem” che si risolve in una coesistenza armoniosa (e meravigliosa) di sintesi di tutti i valori che la natura e la sopranatura, l’esperienza e la sofferenza, l’acutezza e il silenzio, la severità e la cordialità, la fermezza e la comprensione, gli sono venuti maturando negli anni del suo sacerdozio e del suo episcopato. Per me questo è il vertice anche della così detta cultura: che è sapere in funzione di sapere essere, di saper vivere, di sapere convivere, di saper progredire e, per un vescovo, di sapere fare progredire la sue chiesa, nell’acquisizione e nell’assimilazione dei valori eterni.
Mons. Ferrari è un vescovo che sente i valori eterni, attinti soprattutto alle fonti delta Bibbia e della liturgia, e calati in chiave di fede nel contesto della storia, perché diventi storia quotidiana della salvezza, e dimensionati nell’ambito e nell’ambiente ove è situata la sua missione, perché si concretino nella salvezza di tutto il suo gregge.
Ieri era la chiesa locale di Monopoli, oggi è la chiesa locale di Mantova, coi suoi problemi e le sue attese, con le sue speranze e le sue difficoltà, cui Mons. Ferrari si dispone ad offrire con naturalezza e con concretezza il meglio di sé.
Della sua anima, purtroppo, io non sono riuscito che a presentarne i risvolti.
Don Teo Marchini sacerdote di Tortona
“La Cittadella” 10 Dicembre 1967
C’é anche il manoscritto