Sono convinto che le riflessioni del Vescovo sulla vita spirituale sono un messaggio di luce e di gioia, di grazia e di amore. Non è un letterato, o un poeta che qui si esprime, non è uno psicologo o un esperto che analizza e giudica; non è un filosofo o un dotto teologo che specula; è un pastore che parla ai fratelli in Cristo con lo stile di Paolo: «Non per far da padroni fra voi riguardo alla fede, noi vogliamo solo essere cooperatori della vostra gioia» (2. Cor. 1,24).
Proprio per la sensibilità tipica che distingue la nostra epoca, travagliata -dice Paolo Vl nella a Evangelii nuntiandi » -dalla paura e dall’angoscia, è acquisito ormai un bisogno: quello di ripotenziare le intuizioni fondamentali che riguardano l’uomo, il senso della sua vita, Dio, mediante un legame più stretto e più cosciente con tutto lo sforzo del pensiero del passato.
Il Concilio Vaticano II° è il documento base per la pastorale del nostro Vescovo, ha fatto sua la preoccupazione di confrontare sistematicamente la vita della chiesa con la parola di Dio, accettata come avvenimento di salvezza. E’ I’esperienza della Parola che rende la chiesa garanzia e norma di verità: a questa tradizione di origine apostolica progredisce nella chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo; cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cfr. Lc. 2,19 e 51), sia con l’esperienza data da una profonda intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di carità. La chiesa cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla purezza della verità divina, finchè in essa vengano a compimento le parole di Dio» (DV. 8).
Uno dei compiti essenziali del vescovo o del presbitero nella sua comunità, è quello di spezzare il pane e la parola nell’Eucarestia. La primarietà del ministero della parola (Atti 6,2 – 4; cfr. Mc. 16,15; Mt. 28, 18-20), per il quale Gesù invia lo Spirito sugli Apostoli (Lc. 24,45; Atti 1,8) – il medesimo Spirito che Lui aveva ricevuto dal Padre -, chiama i vescovi ad impegnarvi le migliori energie. La costituzione sulla liturgia del Vaticano II sottolinea a l’estrema importanza »- maximum momentum – della Parola di Dio nelle celebrazioni liturgiche. I legami esistenti tra Parola e vescovo nella comunità sono numerosi e profondi. Da una parte infatti la Parola di Dio crea la comunità ecclesiale, dall’altra parte possiamo anche dire che la comunità crea la Parola. Essa, un tempo, fu la culla che accolse il messaggio di Dio al Sinai, a Sichem, a Gerusalemme. Si può dire che il Vescovo è, secondo la stupenda espressione di Luca (1,2) « Servo della Parola ». E’ all’interno della sua chiesa che il Vescovo parla, dimostrando come questa parola l’interpella oggi ancora, come Dio le parla nell’oggi della sua vita.
Le conversazioni qui riportate di Mons. Ferrari, ricche di umanità e di spiritualità, di intimità e di sincerità, scritte non con l’inchiostro, ma con lo Spirito, non su tavole di pietra, ma su tavole di carne, nessuno può proferirle se non chi ha sperimentato di persona ciò che dice. L’apostolato infatti «è il mistero dell’efficienza personale in Dio». Per comprendere le cose di Dio – ammesso che sia possibile comprendere ciò che è incomprensibile – più che ogni discussione giova la santità. Monsignor Ferrari non sa parlare se non di ciò che ha provato e ha gustato. Da questi scritti, composti sotto la pressione delle circostanze e senza alcuna preoccupazione letteraria, ci appare un uomo che esprime una forza spirituale di estrema, eccezionale intensità. L’acutezza dell’intelligenza si associa in lui ad una sensibilità f inissima. Sotto le lunghe frasi, sembra veder fremere l’uomo sorpreso dall’amore di Dio e dal bisogno e dall’ansia di comunicare agli altri il suo entusiasmo. Per questo, il suo pensiero proced e sempre sovraccarico, pregnante,
trascinando le parole dietro di sè. A portare questa pienezza straripante di idee e di sentimenti, le parole con il loro significato ordinario non sono più sufficienti quando si tratta di parlare dell’amore misericordioso di Dio. In questi momenti bisogna ricorrere al « Paradosso »: l’espressione verbale di cui abbiamo bisogno per tradurre quel che ci supera e che pure deve passare attraverso noi. La grazia non cessa di conciliare per noi, in noi dei contrari che la natura non è in grado di unire. Ci fa vivere e dire realtà che umanamente sono in contrasto, come l’ebbrezza e la sobrietà, la santità e la penitenza, la morte e la vita, l’unità e la molteplicità.
Questa raccolta di omelie e di meditazioni, il cui contenuto è riconducibile all’esperienza di Dio, si articola in quattro parti, conducendo il lettore a un completo giro di orizzonte della spiritualità cristiana.
La prima recupera i principi teologici che stanno alla base della vita spirituale di tutti i cristiani. « Nei vari generi di vita e nei vari uffici un’unica santità è coltivata da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio » (LG. 41).
La seconda prende in considerazione i Pastori del gregge di Cristo, interpreti della Parola di Dio, dispensatori dei misteri di Dio verso il popolo. Se l’imttazione di Cristo è obbligatoria per tutti i cristiani, essa si impone particolarmente a coloro che sono da Lui chiamati a divenire suoi rappresentanti dinanzi agli uomini.
La terza è rivolta ai laici la cui presenza nel mondo comincia infatti con la ricerca di Dio, con quel «gesto verticale » che li riconduce verso la sua sorgente eterna. Se questo contatto venisse meno, tutto sarebbe inutilee perduto.
La quarta è un invito rivolto ai religiosi, per un approfondimento serio e paziente basato sulla volontà di comunione e servizio nella comunità ecclesiale.
Oggi siamo malati di individualismo e di attivismo senz’anima, soprattutto. A questi mali intende riferirsi mons. Ferrari. Suggestivi e fecondi i richiami forti alla comunione con Dio nella Chiesa. Non basta vivere nella Chiesa, bisogna vivere la Chiesa. Ancor più grave forse è l’altra malattia: l’attivismo. Non si tratta di ridurre la estensione della Chiesa, ma di recuperare i valori della gratuità, del silenzio, della contemplazione.
Mons. Egidio Faglioni
Da Dio a Dio un popolo in cammino