Mons. Carlo Ferrari
un maestro ascoltato,stimato e consultato
Un padre nella fede, un moderno padre della Chiesa, mons. Carlo Ferrari, la cui eredità andrà ricordata ma, anzitutto, un maestro ascoltato, consultato dai suoi sacerdoti.
Portava dentro di se inevitabilmente la sua lunga esperienza di padre spirituale.
Quando parlava con me, allora ero anch’io padre spirituale, mi diceva che il direttore spirituale deve superare ogni soggettivismo, ritirarsi nella preghiera, nel digiuno, unire l’intelligenza e il cuore, favorire, nel silenzio, il dialogo. Mi citava spesso una frase di Olivier Clément: «il volto stesso diventa tutto sguardo»
Ricche di profezie furono le sue aperture teologiche comunicate nelle omelie e nelle meditazioni e nei corsi di aggiornamento al giovane clero.
Ma misura piena della sua personalità la diedero gli anni del Concilio, che segnarono la sua vita e che egli visse come servizio alla nostra diocesi.
La sua eredità è un tesoro di traboccante umanità.
Tutto il suo essere vibrava: era una fiamma che ardeva e si consumava, che illuminava e riscaldava.
Una eredità di fede ben salda nelle sue fondamenta e matura, sempre in fase di approfondimento, senza timore delle domande, proteso allo scavo antropologico e teologico, ben lontana da una religiosità formale.
La sua era la religione del cuore, dello sguardo all’ Assoluto dell’intimità con Dio, dell’ubbidienza alla sua Parola, dell’ amore alla Chiesa, della passione per comunicare a tutti, vicini e lontani, la speranza che abitava nel suo cuore. Amava ripetere questo pensiero: Noi siamo delle persone amate: amate da Dio!
E quale Dio! Il Padre di nostro Signore Gesù Cristo che il Dio dell’uomo … la sicurezza di essere delle persone amate, che ci viene dallo Spirito e non dalla carne è il fondamento del nostro equilibrio,della sensibilità del nostro amore,della serenità cordiale dei nostri rapporti.
Questa sicurezza ci fa persone riuscite:che amano e sono ambili. (Carlo ferrari-Noi vescovi del concilio pag.13)
DaVescovo, quale maestro nella Chiesa locale in anni difficili, esortò e soffrì perché si rafforzasse il dono dell’unità e della comunione tra noi sacerdoti e i laici, ma nello stesso tempo sulla linea dettata dal Concilio Vaticano II si sforzò di far avvicinare la Chiesa Istituzione alla Chiesa Comunione mediante il dialogo con il mondo nelle sue molteplici espressioni.
Introdussei concetti di fondo, solennizzati a suo tempo nell’enciclica Ecclesiam Suam di Paolo VI, recepiti dal Concilio: la Chiesa mistero, popolo di Dio,comunione,Madre guida.
La sua cultura spirituale e la visione profetica dei problemi della Chiesa e del mondo nei quindici anni di episcopato rifulsero con una singolare incisività di eloquio, una forza di sicurezza di principi e di insondabile ricchezza spirituale.
Ripeteva sempre che l’intenzione del Vaticano II era quella di condurre la Chiesa a un confronto coraggioso con i sempre nuovi momenti della storia
E, dunque, il Concilio non rappresenta qualcosa di finito, di compiuto una volta per tutte, ma – e qui desidero citare Karl Rahner: « E’, continuamente, un nuovo inizio. Va studiato, e soprattutto va vissuto, in una prospettiva aperta, dinamica, creativa.
Nel messaggio conciliare Dio presentato nella sua assoluta signoria su tutte le cose, ma anche come garante dell’ autentica autonomia dellerealtà temporali.
Ecco perché il concilio Vaticano II costituisce quasi un annuncio di tempi nuovi.
La “signoria di Dio” è il suo primato, il primato dellaCroce; ed Egli è garante della vera autonomia delle realtà temporali, anzitutto dell’uomo».
E’ una formidabile intuizione sintetica.
Questa, a mio avviso, è la grande questione etica che il Vescovo Carlo ha sempre tenuta presente nel trattare le singole questioni e nell’esporre alla gente la dottrina morale.
Ne fa testo quanto afferma nel documento già citato: «E’ indispensabile sgombrare il terreno da vari preconcetti. Il matrimonio è l’atto sacramentale che porta avanti la salvezza nel momento più impegnativo per la vita b degli adulti … Come in ogni realtà di salvezza, qui sono coinvolte le Divine Persone, per essere modello e sorgente: questa è la ricchezza insondabile di questo sacramento, carico di amore, di impegno e di gioia …
Una tendenza moralistica ha indotto gli uomini di Chiesa a insistere sulla esemplarità e quindi sui doveri, lasciando in ombra la grazia, la forza della potenza di Dio che salva la persona umana in tutte le situazioni (pag.28-29)
Allora quanti hanno davvero buona volontà si sentiranno capiti, tonificati e illuminati dalla certezza che Dio garantisce la loro soggettività, la loro autonomia, il primato della coscienza e della libertà.
Le sue omelie insistono sul nesso tra deviazioni pratiche e deviazioni dottrinali riguardanti i grandi principi del primato di Dio e della legge della Croce, non riconducendole a semplici peccati categoriali,ed un insegnamento prezioso.
Perché la dottrina morale è conseguenza della sana dottrina, ed è quindi buona (il greco kalé significa bella e buona vuole la vita dell’uomo, rende l’uomo libero, padrone di sè. E’ quindi una dottrina che promuove la soggettività, la creatività, la coscienza, la libertà. Tutto questo dobbiamo farlo comprendere, approfondendo coraggiosamente le radici e le applicazioni della stessa dottrina morale.
Visse e respirò la propria fede e la propria missione senza essere mai cattedratico freddo e astratto ma piuttosto il buon pastore che sente ama e comunica il calore umano e religioso.
La semplicità della parola ne rendeva più penetrante ed efficace l’insegnamento
CarloFerrari sapeva bene che molta gente si allontana dalla Chiesa perché non sopporta i preti superficiali che si parlano addosso.
Era, invece, d’accordo con il grande don Giuseppe De Luca: Quando un prete predica è come quando un innamorato scrive. La predica, l’omelia, deve essere così! E’ la nostra poesia, la nostra lettera d’amore, il nostro canto. E’ così che va annunciata la Parola di Dio!
Si preparava, studiava, scriveva, sintetizzava, assimilava, ruminava, si flessibilizzava sull’uditorio.
Ripeteva spesso che più ci si prepara più si è brevi ed incisivi. Un’omelia senza preparazione e senza rigore è come un aereo che plana ma non riesce ad atterrare.
Questi concetti, quando non li affidava alla penna li consegnava al tono acuto della voce.
Le sue parole erano braccia protese, amabili e persuasive.
E via via la sua omiletica si arricchiva e si attualizzava con tanti riferimenti a scritti spirituali e soprattutto al Vangelo e al Concilio.
Di mons.Carlo Ferrari si può ben dire che gli ardeva il cuore nel petto.
Stampa. “La Cittadella” Venerdì 28 novembre 2008
un vivace ricordo a 16 anni dalla morte avvenuta il 1 dicembre 1992
Mons.Egidio Faglioni