Mons. Ettore Scarduelli
Questo l’indirizzo di saluto che Mons. Ettore Scarduelli ha rivolto durante la Messa giubilare in Duomo sabato 15 u.s.
Nella vita dei cristiani e della Chiesa le celebrazioni anniversarie sono occasioni solenni, eccezionali e provvidenziali per ringraziare Dio. Si pagano grossi debiti di riconoscenza rimasti insoddisfatti.
Siamo riuniti nella cattedrale segno di comunione per la Chiesa di Dio che è in Mantova nella celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo. La Messa è il momento più adatto per dire la nostra riconoscenza, onde dare all’espressione dei nostri sentimenti l’efficacia della grazia che proviene dall’Eucaristia, che è per eccellenza l’atto di rendimento di grazie.
Di tutti i doni divini che in Cristo ci sono venuti vogliamo ricordare anche il dono particolare concesso al nostro Vescovo con i 50 anni di celebrazione dell’Eucaristia, cioè di sa sacerdozio, di cui 33 nella pienezza dell’Episcopato. Intendiamo celebrare il senso di tanti anni di vita sacerdotale e cioè una vita che ha avuto come elemento essenziale l’amore verso Dio e i fratelli.
Una vita autenticamente vissuta nella consacrazione e la proclamazione del primato di Dio, è la confessione che Dio è Dio, I’unico che merita tutto, che la sua parola merita l’offerta di una intera vita. Questa vita offerta non si esaurisce in una sola volta, ma la si vive nel corso di lunghi anni, durante i quali acquista ogni giorno il valore della novità, della fedeltà che permane. È fedeltà che richiede rinuncia, sacrificio, abnegazione, silenzio, solitudine, sofferenza che soltanto Dio sa vedere e comprendere.
Dei cinquant’anni di questa vita consacrata Mons. Vescovo ne ha vissuti 18 nel servizio della Chiesa Mantovana. Ha sofferto per la nostra gioia, ha lavorato e si è donato per la nostra crescita nella fede e nell’amore.
È entrato nella nostra storia, così noi siamo parte della sua vita. La nostra presenza oggi é particolarmente affettuosa, per questo ci consente di vivere un’intima esperienza di comunione tale da formare un cuor solo e un’anima sola. Vogliamo che il nostro Vescovo ci senta vicini a Lui nei tanti ricordi dei 18 anni di vita che è stato con noi, un senso filiale ci lega a Lui, come suoi collaboratori nel lavoro della vigna affidata alle sue cure.
Noi suoi Sacerdoti vogliamo dire in modo corale che lo ringraziamo per tutto ciò che ha fatto per noi, che ci rallegriamo con Lui, che per Lui preghiamo, che gli vogliamo bene.
A suo conforto gli diciamo che ricordiamo con gratitudine alcuni insegnamenti richiamati in tanti ritiri che ci ha tenuto e che riguardano il nostro essere sacerdoti e la nostra missione.
– Avere un alto concetto del carattere sacro del nostro sacerdozio che ci fa veramente uomini di Dio
– L’ansia apostolica che ci fa essere segno e strumento dell’amore di Dio verso i fratelli;
– I’autentica pietà considerata la base solida da dare al lavoro assillante e urgente del ministero sacerdotale, evitando così il sottile errore che può avere accentuazioni diverse e diverse manifestazioni e cioè quello di pretendere di far andare avanti il mondo verso il suo fine soprannaturale con mezzi puramente naturali, la nostra attività, la nostra abilità, i nostri accorgimenti, il nostro impegno, le nostre strutture.
– Coltivare le esigenze ascetiche che ci aprono al continuo colloquio con Dio;
– sentire il senso ecclesiale nella carità che ci unisce ai fratelli del laicato, fra di noi e al vescovo perché tutti siamo di Cristo, e con Cristo, di Dio.
La nostra concelebrazione vuole pure ricordare con gioia alcune ricorrenze sacerdotali: 25°-30°-60°. Sono lieto di salutare a nome di tutti questi nostri confratelli che hanno lavorato per il regno di Dio in mezzo a noi.
Per il nostro Vescovo, per loro preghiamo perché la grazia del Signore cresca continuamente nella loro anima sacerdotale sino al giorno del grande e definitivo premio.
Stampa su “La Cittadella” 23 Giugno 1985