La Chiesa mantovana, celebrando la ricorrenza del 25.mo anniversario della consacrazione episcopale del suo vescovo, deve sforzarsi di superare di molto il limite di un’espressione di riconoscenza doverosa verso chi la serve, per misurare la sua disponibilità ad accogliere il dono che Dio le vuol dare tramite mons. Carlo Ferrari. Se crediamo che ogni persona ha da Dio un suo dono particolare, che costituisce e la sua ricchezza e il suo limite, e che questo dono caratterizza, qualificandolo e limitandolo, I’esercizio del suo servizio ecclesiale, anche la presenza di mons. Carlo Ferrari è strumento per il quale Dio fa alla nostra chiesa un dono che si aggiunge ai doni ricevuti in passato tramite i suoi predecessori e si apre ai doni che saranno dati tramite i suoi successori .
La Chiesa si edifica progressivamente e nella varietà dei ministeri e nella varietà dei doni propri delle singole persone impegnate nei ministeri. Oggi la chiesa mantovana con vivo senso di responsabilità deve porsi davanti al suo al suo vescovo per non perdere il dono di oggi, che non é dato perché sia messo a confronto e contrapposto a quello di ieri ma perché con quello sia integrato. La distanza molto ravvicinata, che può essere condizione favorevole per la conoscenza della ricchezza e del limite di una persona, può anche essere riduttiva delía visione d’insieme e dell’obbiettività. Senza presunzione e con animo grato suggerisco un’indicazione necessariamente parziale, che può stimolare a un impegno di accoglienza del dono che alla chiesa mantovana il Signore ha concesso e concede nella persona di mons. Carlo Ferrari.
Un vescovo è per mandato di Gesù maestro della fede. Non intendo richiamare l’attenzione sul ministero della parola cui mons. Ferrari dedica la massima parte delle sue forze e del suo tempo cogliendo con grande disponibilità tutte le occasioni che gli si presentano. Voglio riferirmi ai contenuti e allo stile di questo suo servizio. Il maestro non fa opera di indottrinamento, ma di educazione: i contenuti sono trasmessi in modo che diventano vita delI’alunno, promovendo la sua capacità di relazioni con gli altri.
Mons. Ferrari è maestro di fede perché la sua parola non solo trasmette con fedeltà e chiarezza i contenuti della rivelazione cristiana, ma li presenta in modo che diventino per l’uditore attento preghiera e carità pastorale. Nelle omelie delle celebrazioni liturgiche o nelle meditazioni proposte durante i ritiri o gli esercizi spirituali, egli, ponendosi sempre nel cuore del mistero cristiano, presenta il piano di Dio coinvolgendo attivamente in esso chi l’ascolta, aiutando ad aprirsi all’azione santificatrice di Dio e a rivestire sentimenti di Dio nei riguardi degli uomini.
La sua predicazione diventa con naturalezza e con facilità contemplazione delle meraviglie di Dio, lode, ringraziamento, desiderio di un cuore nuovo, quello di Gesù obbediente al Padre e servo degli uomini fino alla morte della croce. Il suo insegnamento, anche se si rifà sempre al nucleo essenziale del messaggio cristiano, non è mai ripetitivo perché non annuncia una dottrina astratta, ma proclama l’azione attuale del Dio vivente,che realizza oggi il suo progetto di salvezza nel credente e per mezzo del credente. E’ una parola che non tende solo a istruire, ma a provocare una risposta; che coinvolge non solo l’intelligenza, ma tutta la persona del cristiano, che viene interpellato perché divenga sempre più e beneficiario e missionario dell’opera salvifica di Dio. Per questo è un insegnamento essenzialmente pastorale, anche se spesso non è relativo immediatamente a cose da fare, perché tende a partecipare al cuore del fedele la carità di cristo pastore e il suo stile di servizio nell’attività pastorale sono più importanti l’anima e il modo con cui portano avanti le iniziative che le iniziative stesse.
Quando il messaggio viene trasmesso in modo che diventi dialogo non parlato, ma vissuto con Dio e con gli uomini non rimanda all’esperienza interiore di chi lo trasmette che non può non comunicarsi agli altri? E non si deve cercare in questa esperienza spirituale la soluzione dell’unità tra preghiera e azione? Non si sente l’eco delle parole del Concilio: “Perseveranti nella preghiera e nel ministero della Parola (Atti, 6,4), i Vescovi pongono ogni loro impegno perché tutti quelli che sono affidati alle loro cure siano concordi nella preghiera (cfr. Atti, 1,14 e 2,46); e perché, frequentando i santi sacramenti, crescano nella grazia e siano fedeli testimoni del Signore” (CD)?
Il Vescovo è segno visibile efficace della comunione ecclesiale,che non è strumento per la salvezza, ma è la salvezza stessa e quindi il fine di ogni ministero ecclesiale, l’obiettivo di tutte le iniziative pastorali Che mons. Carlo Ferrari sia stato fedele a questo suo servizio e che abbia messo a disposizione tutte le sue capacità per avviare a far crescere questa comunione, risulta evidente e dal suo insistente richiamo che risuona quasi in ogni discorso, e dai suoi orientamenti pastorali, che partono sempre dal progetto divino della comunione e mirano a promuovere tra le varie componenti della chiesa locale. Anzitutto la comunione tra i sacerdoti. Il valore dello stare insieme, del pregare insieme del lavorare insieme è stato maestro di fede presentato e inculcato con assillante preoccupazione manifestatasi nella sua presenza assidua e paziente a tutti gli incontri spirituali e culturali dei sacerdoti. Non ha mai nascosto la sua gioia per questi incontri destinati primariamente a esprimere e ad alimentare la carità.
La comunione tra i sacerdoti è stata sollecitata con ogni premura come modello della comunione più grande tra tutte le componenti della chiesa. Di essa sono valide testimonianze; la settimana annuale di pastorale, momento importante della vita diocesana, in cui si ritrovano a pregare, a riflettere e a programmare insieme i sacerdoti, i religiosi, i laici; e la visita pastorale vicariale predisposta come incontro del vescovo con gli operatori di pastorale della zona per una verifica e per una traduzione degli orientamenti diocesani in situazione.
La volontà instancabile di comunione di mons. Ferrari trova una splendida conferma nella scelta pastorale, che egli ha proposto alla diocesi come punto di riferimento di tutte le iniziative pastorali: la famiglia, luogo privilegiato di comunione personale, dove si manifesta l’intervento di Dio che fa comunione col sacramento del matrimonio e dove ogni uomo fa la sua prima e fondamentale esperienza di comunione. Questa scelta di fondo comanda tutta pastorale diocesana, che ha la famiglia come oggetto nella sua preparazione e nel suo sviluppo, e che ha la famiglia come soggetto, cioè, la coinvolge in forma attiva in tutte le tappe della maturazione cristiana dei bambini e dei ragazzi fino all’età adulta.
A conclusione della seconda settimana di pastorale mons. Ferrari così esprimeva il suo animo di comunione ai partecipanti: “Non mi stancherò mai di sottolineare questo aspetto delle nostre iniziative: lo “stare insieme” realizza l’arcano proposito della volontà di Dio, l’opera di Cristo e la missione dello Spirito Santo; ha qualche cosa di sacramentale, ma è anche il più forte bisogno di una persona normale. Difendiamoci dalla tentazione di pensare che sia tempo perso, che le cose rimangono come prima, che ci sono delle cose più importanti”.
Da dieci anni il seminatore sta seminando la sua semente. Essa cade lungo la strada? sulla pietra? in mezzo alle spine? sulla terra buona? Se è un momento di verifica per il seminatore non lo è di meno per il campo che accoglie il seme.
di mons.Osvaldo Mantovani
La Cittadella 12 Giugno 77