A prima vista potrebbe sembrare abbastanza facile parlare o scrivere di una persona con la quale, in dimestichezza di vita, si è vissuti per ben tre lustri, condividendo ansie, pene, gioie, progetti, lavoro. Eppure è piuttosto difficile, anche se si vuole dare libero sfogo ai sentimenti del cuore: c’è di mezzo una separazione che fa soffrire e la vera sofferenza non ha parole: tace.
La difficoltà cresce a dismisura quando ti trovi di fronte ad una spiccata e poliedrica personalità quale è quella dell’indimenticabile mio Vescovo Monsignor Calo Ferrari, in cui non sai se più ammirare la squisita sensibilità umana, o la larghezza di vedute, il Maestro delle sintesi essenziali e felici o il Sacerdote dalla profonda e solida pietà: il tutto condito da una innata modestia, schiva dei grandi apparati, e contenta delle espressioni più semplici.
Anima profondamente delicata, sente tutto il fascino della bellezza naturale ed artistica e te lo comunica, facendotene gustare l’intima essenza nella ricerca delle sfumature e, del perfetto. Così ti spieghi come subito e naturalmente Egli abbia riconosciuto e amato gli incanti non sempre facili di questa terra di Puglia: terra di ulivi e di mandorli, di vigneti e di arenili, ma anche terra di roccia brulla e di orizzonti desolati.
In questa luce comprendi le sue incessanti premure per la conservazione e l’aumento o la rivalutazione del patrimonio artistico della diocesi: il restauro delle antiche chiese romaniche e delle opere di famosi Maestri del pennello e dello scalpello, il paziente ricupero della suppellettili artistica, I’acquisto di paramenti sacri consoni alla maestà dei templi e al decoro del culto divino.
La delicatezza del suo animo si acuisce di fronte alla sofferenza fisica o morale degli altri: soffre al pensiero di far soffrire ed indugia lungamente a prendere decisioni che prevede debbano procurare una pena.
Nonostante possibili apparenze contrarie, Mons. Ferrari ha un anima semplice; altrimenti non ti spiegheresti le sue preferenze per i piccoli, per gli umili. Chi potrà mai dimenticare il « Carnevale dei ragazzi », da lui voluto e patrocinato con ogni possibile impegno e che riusciva a polarizzare intorno a se, intorno a migliaia di bimbi, tutta la Diocesi?
Il Martedì di Carnevale era veramente la sua festa, perché la festa lei suoi piccoli!
Appunto perché semplice, alle volte ti può apparire sconcertante; come sconcertanti sono certi prolungati silenzi mentre tu sei lì ad attendere una risposta che ritieni urgente e non procrastinabile…: silenzio che poi si rivela fecondo ed eloquente perché frutto di pazienza e di prudenza che te lo rendono padrone di sè e delle sue decisioni.
Di qui il coraggio umile di riconoscere le proprie limitatezze che sa accettare, soffrire ed offrire senza nulla nascondere. “Se quella sera del 10 Agosto 1952, giorno del mio ingresso in diocesi” – ha detto, nel discorso di addio a noi suoi diocesani e suoi sacerdoti – “avessi avuto il cuore e l’esperienza di questa sera 4 Novembre 1967, tante cose le avrei fatte meglio, tanti sacrifici ve li avrei chiesti ugualmente ma in modo migliore”
Questo è un po’ l’ uomo che viene in mezzo a Voi, cari fratelli e fedeli di Mantova: questo soprattutto- il VESCOVO che Paolo VI° vi ha regalato e di cui ci ha privati! ” Modesto, “quasi timido”— ha scritto un vostro foglio nel dare l’annunzio della sua nomina a vescovo di Mantova — “Mons Ferrari incarna perfettamente l’ideale di Pastore e Padre delle anime”. Ben detto (a parte la timidezza che forse è solo una apparenza).
Mons. Ferrari é il Pastore che attinge dalla sua viva fede, dalla sua ardente carità il senso più profondo della sua soprannaturale paternità: pastore e padre, Mons. Ferrari si presenta stagliato, netto e preciso, come il Vaticano Secondo ha delineato il Vescovo di oggi Lui, poi, che ha saputo precorrere il Concilio di almeno un decennio con i suoi insegnamenti, le sue iniziative liturgiche e bibliche, tanto da sembrare un progressista avventuroso, mentre tutto il suo ministero era l’espressione di uno studio attento ai fermenti dell’ora, di una chiaroveggenza aperta, di convinzioni maturate nei suoi incontri con Dio e nel suo grande amore per la Chiesa.
E quando cominciammo a leggere i documenti conciliari, avemmo la consolazione di constatare che quelle verità, quegli insegnamenti erano già patrimonio acquisito dalla nostra cultura religiosa, alimento della nostra fede e della nostra pietà. E di questo siamo gratissimi a Mons. Ferrari, il quale, dopo tutto, pur andando al Concilio non digiuno, fu “maturato” dal Concilio stesso. E quando lo vedemmo ritornare ormai Padre Conciliare dalla Prima Sessione del Concilio, avemmo netta la sensazione — noi specialmente che gli eravamo più vicini — che qualcosa di non comune, scavando in profondità, si era maturato nel suo intimo; e se la sua figura fisica si era affinata, le espressioni del suo animo palesavano questo « quid » interiore che intimamente toccava e convinceva. Dal suo volto, come quello di Mosè — discendente dal Sinai dopo aver parlato con Dio — traspariva un raggio più chiaro della luminosa bontà di Dio, appunto perché sul Colle Vaticano Egli, come tutti Padri Conciliari, era stato sotto l’influsso particolare dello Spirito di Dio.
E vedemmo il suo spirito affinarsi nella carità, nella pazienza, nella longanimità, specialmente nei rapporti con i Sacerdoti, per i quali ha avuto sempre, fin dall’ inizio del suo ministero episcopale, le sollecitudini più vive e le premure più paterne.
Sintesi dei suoi pensieri e dei suoi atteggiamenti è la seguente lettera che Mons. Ferrari fece pervenire a noi, suoi sacerdoti, dall’Aula Conciliare.
” Carissimi, è appena terminata la discussione sul ” De vita et ministerio Sacerdotum”, alla quale ho preso parte attiva e credo di aver dato un contributo positivo, anche se non appare dalle cronache.
Vi confesso che non ho mai visto prima in una luce più chiara la grandezza, il significato e la necessità dell’azione dei Sacerdoti nella Chiesa.
Vi sia di conforto che, di fronte a uno schema inspiegabilmente povero, I’Assemblea ha reagito con accenti molto forti (tra questi accenti è presente davanti alla Commissione anche il mio) per rivendicare la dignità e la ricchezza della Consacrazione, le relazioni soprannaturali che ne derivano tra Vescovo e Sacerdoti e dei Sacerdoti tra loro, e con chiarezza si è imposta l’affermazione che se il Sacerdote non deve far niente senza il Vescovo è altrettanto vero che nella Chiesa niente si può realizzare senza i Sacerdoti.
Questa visione, che ora non tento neppure di esporvi per la brevità del tempo (spero di poterlo fare in seguito) la ritengo una grazia dello Spirito Santo, così attivo in questo Concilio e spero, sempre con la grazia di Dio, soprattutto di tenerla presente nei miei rapporti con voi.
Capisco bene che con questo mi prendo un impegno molto serio: nelle mie relazioni con voi studiarmi sempre di essere animato da sentimenti di rispetto, di paterna e fraterna carità e di fiducia. Rispetto per la vostra personalità sacerdotale fondata nel carattere del Sacramento dell’Ordine, carità per i legami unici che ci uniscono nella Chiesa, fiducia nelle vostre capacità, nella grazia che vi accompagna nelle vostre iniziative e nell’esercizio della vostra attività pastorale.
Questo mio impegno non ha il significato di un ripensamento, ma vuole esprimere piuttosto ciò che meglio sento e comprendo nella luce dellagrazia del Concilio.
Perciò chiedo la carità delle vostre preghiere perché ciò che nasce nella Chiesa come frutto del Concilio, diventi una grazia per me e io pregherò che diventi una grazia per ciascuno di voi”.
Una delle ultime frasi che mi ha lasciato, quasi un testamento: “I Sacerdoti giovani, specialmente, bisogna sostenerli, incoraggiarli, illuminarli, chiamarli, guidarli: soprattutto amarli.
Chiedo scusa a Mons. Carlo Ferrari di quanto mi sono permesso di scrivere: lui sa che ” solo amor mi fa parlare ” e che ” non si accende la lucerna per metterla sotto il moggio ma perché illumini quelli che sono nella casa.
Noi di Monopoli l’abbiamo avuta per tre lustri questa luce, a voi Mantovani l’augurio che ne possiate godere per almeno altrettanti anni: a gloria di Dio, a progresso nel bene di voi Chiesa mantovana, e di tutta la Chiesa.
Mons.Pasquale Guarini Vicario Generale della Diocesi dl Monopoli
stampa su “La cittadella” di Mantova del 10.12.67