SIAMO NOI ORA A DARGLI TESTIMONIANZA
Con Il DIO CRISTIANO, il volumetto pubblicato nel 1987, il Vescovo Carlo ci lasciava una testimonianza conclusiva del suo modo di stare davanti a Dio, con la tensione di tutta una vita a farsi interprete, come guida spirituale e come Vescovo, del disegno divino sulle vicende personali incontrate, così come sul cammino di tutto un popolo di persone che gli veniva affidato.
Siamo noi ora a dargli testimonianza della traccia che la sua presenza tra noi, la sua bella e singolare intermediazione tra il mistero di Dio e noi ci ha lasciato: a impedire, per quanto possibile, che lo scorrere del tempo e le defaillances della memoria ne cancellino troppo presto il ricordo, e quanto in esso può esserci di ispirazione, di esempio, di invito all’emulazione, per il nostro oggi e per il nostro domani.
E’ questa, in sostanza, l’ambizione della raccolta di voci da un quarantennio di episcopato che qui presentiamo.
Voci che bastano a se stesse, cioè non hanno bisogno di chiose o di contesti esplicativi particolari, poiché riportano semplicità e chiarezza fatti impressioni, valutazioni a volte estemporanee, altre volte più meditate e argomentate.
Dalle molte impressioni ed emozioni che, comprensibilmente, ha suscitato in me la rilettura continuata o ravvicinata di queste testimonianze, mi limito qui a far emergere alcuni tratti che caratterizzano insieme il profilo spirituale e la tempra pastorale di mons. Carlo Ferrari.
Nel giovane Vescovo di Monopoli, quello che più sorprende è vedere all’ opera “la forza dello Spirito”. Poiché, a me sembra, non bastano i fattori umani favorevoli (non mancavano quelli di segno contrario) a spiegare come in un breve volgere di anni egli abbia potuto avviare con successo tante importanti iniziative di rinnovamento e di rivitalizzazione di una religiosità appesantita da incrostazioni secolari.
Le testimonianze qui raccolte ne sono un’ eco fedele e ammirata, dove qualche enfasi espressiva nulla toglie alla verità dei fatti e delle risonanze che ebbero.
Diverso, ovviamente, ma non meno incisivo e innovativo, è l’impatto del Vescovo con la realtà mantovana.
Nel frattempo si era celebrato il Concilio, e il Vescovo Carlo, assiduamente partecipe a tutte le quattro sessioni, se ne era stato confermato in alcune convinzioni e intuizioni che già gli appartenevano (la centralità di Bibbia e liturgia, ad esempio, nella formazione della persona credente), più ancora ne veniva provocato ad “aggiornamenti” e aperture da tradurre nello spirito e nelle opere del suo ministero.
L’allora provicario generale mons. Osvaldo Mantovani è riuscito a dare in breve giro di parole una sintesi precisa della “seminagione” mantovana.
Dice: la sua è un’ermeneutica del Concilio che mette in primo piano la Parola di Dio, come proposta dalla Dei Verbum, e ne fa scaturire una linea operativa fondamentale, quella che il Vescovo scandisce via via nelle scelte del “resto fedele”, della catechesi esperienziale, dell’ attenzione privilegiata alla formazione degli adulti e in particolare alla famiglia. Poiché questa “è costituita da un sacramento specifico e dotata di una grazia unica sacramentale. La famiglia matura assume in proprio i problemi e i compiti della comunità ecclesiale”.
Scelte e motivazioni non comuni in quegli anni e che anche oggi si potrebbero rivisitare con profitto.
E conclude mons. Mantovani: “Un Vescovo che sapeva distinguere centro da periferia in tutta la realtà: quella della storia religiosa dell’umanità e anche quella della cosiddetta storia profana … Questa grande preziosa indicazione conciliare è stata intelligentemente raccolta dal Vescovo Carlo Ferrari e riproposta in tutte le variazioni possibili” (cfr. O. Mantovani, La semina di mons. Carlo Ferrari, 1985).
Chissà se ancora ce ne ricordiamo e siamo capaci di fame buon uso per le situazioni del nostro presente …
Un’altra osservazione che mi piace segnalare viene dal compianto don Antonio Bonora e coglie esattamente tutto uno stile di governo ma anche di rapporti umani. “E’ l’autorità del Vescovo che guida senza imporre, che suggerisce senza comandare, che sta vicino non indifferente né semplicemente come mamma iperprotettiva” (cfr. A. Bonora, Incontri con il mio Vescovo, 1985).
Mentre l’uomo spirituale che fu prima di tutto il Vescovo Carlo emerge con verità e consonanza di sentire dai tre interventi di mons. Egidio Faglioni, riportati a conclusione della nostra raccolta.
Possiamo anche chiederei che cosa egli direbbe se potesse avere tra mani queste pagine a lui dedicate: è una domanda che mi sorge spontanea. La lunga famigliarità che ho avuto con lui mi permette di attribuirgli un commento del genere: “L’avete fatta un po’ lunga, un po’ troppo solenne. Ma vi capisco. E forse era inevitabile volendo fare spazio alle molte voci di persone che mi hanno conosciuto da vicino e mi hanno voluto bene. In ogni caso, vorrei ricordare ciò che tante volte vi ho detto o lasciato intendere: chi ci conosce meglio di tutti e ci vuole bene come nessun altro è anche il più silenzioso di tutti. O meglio, parla nelle coscienze e nel respiro della preghiera, piuttosto che nelle esternazioni verbali. C’è tanto da imparare anche da questo “.
E qui mi viene incontro un ricordo più personale, ma non privo di risvolti ecclesiali.
Da giovane seminarista mi avevano un po’ troppo accaparrato i testi di scrittori e poeti dove il linguaggio della fede e della teologia trovava risonanze per me nuove e molto più coinvolgenti di quelle che potevano esprimere i testi scolastici o i libri di meditazione allora in uso.
Ne avevo parlato più di una volta con Lui che era il nostro padre spirituale e che su questo mi aveva ascoltato in silenzio. Finché un giorno mi mise tra mani un grosso tomo: “Leggi – mi disse – qui c’è tutto quello che cerchi, e in ogni caso è da qui che bisogna ripartire”. Era il volume de I misteri del cristianesimo dello Scheeben, riconosciuto precursore del Concilio, che insieme a pochi altri, Pollien e Marmion in particolare, gli aveva trasmesso visione e convinzioni poi divenute cardini della sua vita spirituale e di tutto il suo ministero.
E’ sull’onda di questo ricordo che sono portato a chiedermi: chi sono oggi i precursori del Concilio prossimo venturo di cui ogni tanto si sente parlare? E che altro di vitalmente cristiano potrebbero dire o suggerire se non ancora ispirato al dialogo tra le Divine Persone e come più attuale e più comprensiva declinazione del mistero trinitario nelle vicende umane del tempo e della Chiesa?
La grande lezione del Vescovo Carlo è stata la sua fedeltà al continuo va e vieni dal centro trinitario agli aspetti più periferici della vita ecclesiale e dei problemi del tempo, e da questi all’unico centro di irradiazione significativa e salvifica: in un alternarsi come di sistole e diastole, inteso a garantire unità e vitalità all’organismo credente in tutte le sue espressioni.
Fuor di metafora, egli vedeva, con invidiabile chiarezza, il “Dio-Amore” del Primo e del Nuovo Testamento anticipare, orientare e portare al suo acme ogni ricerca, spesso dispersiva ma irriducibile, di quei “mendicanti di Amore” che in definitiva tutti noi siamo. E ci chiedeva di prenderne coscienza, di produrre risposte con vere e riconoscibili scelte di vita.
Un corale e filiale grazie, Vescovo Carlo, per questa preziosa, inesauribile eredità che hai saputo attingere alle sorgenti della Parola e hai dispensato largamente, con umile e ostinata fiducia
Don Benito Regis
Direttore di “La cittadella” settimanale Diocesano
Il libro presentato si può trovare in Curia a Mantova