Monsignor Giosuè Rosa Parroco di Ognissanti a Mantova
Ora che il nostro Vescovo sta per lasciare il suo ministero episcopale fra di noi, con lo stile di un uomo silenzioso che lo onora, decido di scrivere di lui per un debito profondo di riconoscenza, a nome di tutto il clero mantovano. Confesso subito che non ho chiesto il permesso a nessuno. Convinto, come sono, che nessun prete è rimasto fuori dal suo cuore.
Chi fu e chi è Monsignor Carlo Ferrari? Un uomo autentico un uomo profondamente credente, un pastore.
Un uomo autentico
Un uomo aperto che ascolta, che ama ascoltare. Tutti i giorni si può bussare alla sua porta senza paura e uscirne senza sbatterla dietro alle spalle. Lo stile del suo ascoltare è ascoltare l’interlocutore prete o laico in un profondo silenzio. Solitamente senza mai interrogare. Può darsi che introduca qualche domanda per capire meglio. Nulla di più. AlIa fine, può esprimere il suo parere oppure rimandare la decisione al suo interlocutore perché crede che solo lui che è sul posto può decidere quello che e meglio.
Un timido? Un pizzico di timidezza, forse sì. Una sfumatura del suo carattere che finisce per stargli bene, su quella corporatura alta e solenne. Una timidezza, d’altra parte, che sembra scomparire quando l’incontro è fra amici di lunga data. Un ascolto silenzioso che rivela una umanità limpida e indifesa. Una umanità profondamente aperta a scoprire quanto di meglio uno porta dentro. Una umanità talmente pro fonda che è capace di soluzioni imprevedibili per alleggerire sofferenza o disagi di questo o di quel prete. Un uomo sapiente che sa dare un giudizio chiaro e preciso senza preventivare pene, ma attendendo nella fiducia e nella speranza. Un uomo del nostro tempo per il nostro tempo dove l’uomo respira una cultura che privilegia l’avere e non l’essere dell’uomo, la violenza e non il dialogo.
A conferma delle doti umanissime di Mons. Carlo Ferrari rivelo alcune confidenze di amici: nella sua attenzione silenziosa ho scoperto uno scrigno nascosto di grandezza; ho imparato da lui a riamare con gioia questa chiesa; il vescovo per me è stato un padre un amico un maestro; dalla bocca di don Gino Marchesini che incontrai frequentemente prima della sua rinuncia alla parrocchia di Ceresara, queste parole: « se sapessi quanto mi capisce e mi ama il nostro vescovo ».
Un profondo credente
E’ solito dire che il mistero trinitario: Padre Figlio e Spirito Santo unico vero Dio è un evento insondabile e realissimo. Il Padre che manda il Figlio, il Figlio che in obbedienza al Padre viene tra noi, lo Spirito Santo dono del Padre e del Figlio. ln questa economia di salvezza la chiesa nasce cresce e matura. Qual è l’atteggiamento conseguente della chiesa di fronte al mistero? È soprattutto e prima di tutto, come dice il nostro vescovo, lasciarsi convocare nella celebrazione eucaristica al banchetto della parola e del Pane, per contemplare in profondo silenzio, meditare e accogliere il Mistero di Dio che è sempre quello e sempre nuovo.
A conferma di questo atteggiamento contemplativo, il vescovo suggerisce ai suoi preti, che nelle loro omelie non si preoccupino di mettere in luce le modalità concrete di un atteggiamento religioso nella realtà culturale del nostro tempo, ma piuttosto il mistero emergente dalla Parola proclamata e capace, a sua volta, se accolta, di trasformare un cuore di pietra in un cuore di carne. Tutte le sue meditazioni ai preti e i suoi ritiri spirituali sono un richiamo continuo a questo atteggiamento contemplativo di Dio.
Nostro Pastore
Come scrivo queste due parole sono rimandato a due affermazioni del nostro vescovo: una orale e l’altra scritta, che stanno alla radice profonda della sua sapienza umana: « Cari sacerdoti, io vi penso persone mature » parole che collocano i suoi figli prediletti nell’ottica giusta; il suo motto episcopale pendente dal balcone della sua casa: « Patientia opus perfectum » che amo tradurre cosi « ho scelto di iniziare e portare a compimento il mio impegno pastorale nella pazienza ».
Il suo posto è nella chiesa e non sopra la chiesa, come vicario e legato di Cristo, ricordandosi che chi e più grande deve farsi come il più piccolo e chi è il capo come colui che serve (L.G. 25). Le sue linee pastorali ci sono notissime perché illuminate e discusse nelle grandi settimane pastoralie infine consegnate ai suoi preti e ai suoi laici con queste parole che pressapoco sono sempre quelle, stimolanti e sudate di paternità- « Cari sacerdoti e laici le indicazioni pastorali possono essere nuove e realmente lo sono. Tentate i piccoli passi secondo la maturità delle vostre chiese, senza fretta e con pazienza. Il Signore vi benedica ». A questo punto, non vorrei aggiungere nulla di più se non esprimere una gioiosa certezza. Le settimane pastorali annuali e i due corsi annuali sono stati per me e per tanti altri sacerdoti più o meno coetanei, una occasione eccezionale per una crescita culturale.
Un grazie
Monsignor Carlo Ferrari, amico carissimo, io ti ringrazio, a nome di tutti i tuoi sacerdoti, per la grandezza del tuo cuore, per l’esempio stimolante della tua fede, per la sapienza del tuo servizio episcopale. Non ti rimane che esprimere col tuo cuore strapieno di noi tutti, la tua gioia con le parole del salmista: « Manda la tua verità e la tua luce; siano esse a guidarmi, mi portino al tuo monte santo e alle tue dimore. Verrò all’altare di Dio, al Dio della mia gioia, del mio giubilo. A te canterò con la cetra, Dio, Dio mio » (Salmo 42).
Mons. GIOSUÈ ROSA
Da “La Cittadella” 30 Giugno 85