Ecco una cosa sconcertante: non siamo noi che cerchiamo Dio, è Dio che cerca l’uomo, per metterlo nella possibilità di stabilire dei rapporti nuovi con Lui, non di semplice creatura, ma di figlio suo, rapporti che hanno come traguardo finale la comunione di vita con lui.
Gli eventi della storia della salvezza sono costituiti da fatti e parole che hanno Dio come protagonista. Il popolo di Israele liberato dalla schiavitù degli Egiziani, che attraversa il deserto, che trova protezione, difesa, non è il protagonista della storia sacra. E’ Dio che è dalla sua parte, che lo libera. E’ Dio che lo conduce ed é con lui.
Anche le parole sono avvenimento, l’avvenimento impensabile di Dio che rivolge la parola agli uomini. I profeti che parlano nel nome di Dio parlano come strumenti di Dio. I fatti e le parole sono così intimamente connessi tra di loro che le opere di Dio sono parole, dicono qualche cosa, manifestano l’essere stesso di Dio e la sua volontà, e le parole di Dio, mentre chiariscono il mistero contenuto nei fatti che egli compie, sono esse stesse un avvenimento, un evento di salvezza. Così le opere e le parole sono il linguaggio di Dio, sono il mezzo attraverso il quale egli esprime, in un modo adatto alla nostra natura, la sua potenza, il suo amore, la sua grandezza, la sua gloria, la sua bellezza, la sua volontà, ciò che egli è e ciò che egli vuole fare per gli uomini (cf DV 2).
La pienezza di questo linguaggio “creante” – Dio con ciò che fa e con ciò che dice, produce situazioni nuove nel mondo e particolarmente negli uomini – risplende a noi in Cristo Verbo di Dio il quale é, insieme, il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione, di tutta la manifestazione di Dio agli uomini.
“Mediante questa rivelazione, Dio, nella sua sapienza e bontà, manifesta il mistero del suo disegno, secondo il quale gli uomini, per mezzo di Gesù Cristo, nello Spirito Santo, hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura.
Con tale rivelazione, infatti, Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli ed ammetterli alla comunione di vita con sé” (DV 2)
Il momento più forte, più pieno, più decisivo di questo rapporto di Dio con gli uomini, il momento in cui Dio si incontra con gli uomini in un modo storico, quindi concreto, in modo esistenziale nelle situazioni della loro vita, il momento in cui apertamente ci comunica qualche cosa di se stesso in modo personale e immediato, é il momento del ” tu a tu”, del “solo a solo”. Quanti di questi momenti ci ricorda la scrittura! Ma essi non sono che la figura, l’anticipazione, il tipo di quelli reali e concreti predisposti per la nostra persona. Il momento dell’incontro personale costituisce l’anima di tutti gli eventi della salvezza: in tanto c’é salvezza, si produce il frutto della salvezza,in quanto c’é l’incontro a “tu a tu” di Dio con noi.
Secondo il modo nostro di concepire e secondo la natura stessa delle cose, questo accade nella preghiera.
La preghiera é il momento dell’incontro, dell’approfondimento dell’incontro, in cui si stabiliscono dei rapporti, in cui si viene introdotti nei segreti del significato dei misteri: alla partecipazione alla natura di Dio e alla comunione della sua vita.
E’ molto utile rifarci a due momenti tra i più significativi della storia della salvezza, il deserto e Gesù nel deserto, per rilevarne il significato, la portata e il posto che devono avere nella nostra vita religiosa.
Il deserto
Il significato della storia del deserto é chiarito gradatamente dalla interpretazione dei profeti. Bastino alcune affermazioni schematiche: il popolo di Dio nasce nel deserto e dal deserto; questa affermazione ha lo stesso senso che se si dicesse: il popolo di Dio nasce in un momento di preghiera.
Il deserto é il luogo privilegiato della storia della salvezza, é l’itinerario scelto da Dio,anche se il più lungo, anche se appare un tempo sprecato; la preghiera é un itinerario molto lungo e alle volte pare proprio di stare a perdere il tempo.
Il deserto é il luogo dell’incontro, dove si incontrano tutti gli israeliti che prima erano dispersi, dove essi incontrano il loro Dio; Secondo l’economia della salvezza la preghiera é il luogo dell’incontro personale con Dio. Nel deserto Dio personalmente per mezzo di Mosè guida il suo popolo; nella preghiera é Dio che ci guida.
Il deserto é il tempo del ricordo delle meraviglie che Dio ha compiuto per il suo popolo; la preghiera deve essere il momento in cui ricordiamo ciò che Dio, attraverso tutta la storia della salvezza, ha dimostrato di volere fare e di volere essere per noi.
Il deserto é il tempo della paziente fedeltà misericordiosa di Dio; noi non preghiamo, noi ci dimentichiamo di Dio, noi voltiamo le spalle a Dio, noi andiamo per i fatti nostri; Dio ci attende per ristabilire la sua alleanza.
Il deserto é il tempo del fidanzamento, é tempo di innamorati (cf Os 2,16-21ss);l’innamorato é Dio ed é innamorato di questa prostituta che é il suo popolo, che siamo noi.
Il deserto é il tempo del riposo, del ristoro, della ripresa; così é la preghiera.
Nessun uomo al mondo potrebbe azzardare queste affermazioni. Soltanto l’insondabile misericordia con cui Dio va in cerca dell’uomo con una fedeltà paziente oltre ogni limite può garantire che queste sono le tappe e i traguardi dei rapporti che Dio stabilisce con l’uomo.
Il deserto é il tempo nel quale, spogli di tutti gli appoggi, di tutti gli aiuti, di tutti i mezzi, siamo radicalmente in balia della potenza di Dio; é il tempo della vera speranza, dell’abbandono fiducioso e disponibile. Le mormorazioni del popolo di Israele sono l’eco di una esperienza spaventosa. Il popolo rimprovera Mosè: ” ci hai portato qui per farci morire” (cf Es 16,3); è la fiducia che crolla. Iddio risponde a questa mormorazione e dà prova concreta che non abbandona il suo popolo. Gli procura difesa, protezione, guida, cibo, bevanda. E’ il Dio fedele. ( 1 Re 18,21,39).
Pregare, trovare il tempo di pregare, é proprio mettersi in questo deserto dove non c’é più nulla che sostiene; E’ il tempo in cui non contiamo più sugli appoggi che ci vengono dalle creature, dai mezzi umani, – specialmente in ordine all’apostolato – e ci convinciamo che stare con Dio vale più che procurarci dei sostegni o degli aiuti umani; E’ il momento della fiducia piena, in cui si rimette tutta la nostra persona, tutto il nostro essere nelle mani di Dio e si dice a lui: mi fido di te, getto nel tuo cuore ogni mio pensiero, ogni mia preoccupazione.
Gesù Cristo.
Leggiamo ora alcuni testi sull’esempio e sull’insegnamento di Gesù Cristo sul tema della preghiera.
Lc 5,16: ” Egli amava ritirarsi in luoghi solitari per pregare”:– denota una abitudine di Gesù.
Mr 1,35: ” Al mattino egli si levò quando ancora c’erano le tenebre e, uscito da casa,si allontanò in un luogo deserto e là pregava”
Mt 14,23: “Dopo aver lavorato la giornata intera…congedata la folla salì sul monte, solo, a pregare”
Mc 6,46: “E, separatosi dalla folla, salì sul monte a pregare”;
Lc 9,18: “E avvenne che mentre egli si trovava in un luogo appartato per pregare con i discepoli…”
Mt 26,36: ” allora Gesù giunse con loro in un podere chiamato Getzemani e disse ai discepoli: fermatevi qui e io mi allontanerò in là per pregare”
Lc 22,41: ” e si staccò da loro quanto il lancio di un sasso e inginocchiatosi pregava dicendo…”
Nei momenti salenti, nelle brevissime registrazioni che ci hanno lasciato gli evangelisti del comportamento di Gesù, noi lo troviamo in preghiera. Conosciamo con quanta insistenza afferma che dobbiamo pregare:
“Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto” (Mt 7,7).
E narrò loro una parabola per fare vedere che bisogna sempre pregare senza stancarsi (Lc 18,1).
Gesù dà inoltre un grande rilievo sul come si deve pregare: Mt 6, 5-8.
“Quando pregate,non siate simili gli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli ancoli delle piazze …
tu invece quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta,prega il Padre tuo nel segreto…
pregando poi non sprecare tante parole… il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate
Non c’é nulla che dia risalto alla necessità della preghiera quanto il posto che essa occupa nella vita di Gesù. Come abbiamo già rilevato egli prega sovente nella solitudine della notte sulla montagna, prega da solo, si sottrae alla folla anche quando tutti lo cercano.
La preghiera fa parte della missione di Gesù e quindi del suo vangelo, perciò appare come la preoccupazione preminente sulla educazione dei discepoli :
cf Mr 3,21, battesimo di Gesù;
6,12: elezione dei dodici;
9,29: trasfigurazione;
1,1: quando insegna il “Padre nostro”
E’ pericolosamente illusorio concepire e accettare una vita cristiana nella quale non trovi un posto adeguato la preghiera. Ed é preghiera in senso vero l’attività di tutto noi stessi al fine di stabilire un contatto personale col Dio della nostra salvezza, per ascoltarlo, per scoprirlo, per scoprire noi stessi in lui, per accoglierlo, per abbandonarci a lui, per entrare in comunione con lui.
Non si tratta solo di essere orientati a Dio abitualmente, quanto di conservarci una certa coscienza abituale che Dio é rivolto a noi.
Il pericolo é ancora, e in certi momenti molto forte, di prendere alla lettera e di tematizzare che il lavoro é preghiera. Indubbiamente questo di “pregare sempre” (cf Lc 18,1) é un traguardo al quale si deve tendere: che ogni nostra attività sia motivata abitualmente dalla fede, animata da vera carità teologale e nella prospettiva della liberazione finale. Ma tanto la fede come la carità e la speranza sussistono e sono abitualmente operanti nella misura in cui attingono alla sorgente della preghiera in modo attuale, prolungato e profondo.
I nostri limiti non ci permettono di attendere contemporaneamente ad attività diverse. Lo si vedrà meglio prendendo in seguito in considerazione le difficoltà della preghiera.
Diventa ovvio che per assicurare alla nostra vita spirituale il posto che compete alla preghiera é indispensabile assicurare ad essa un tempo proporzionato. Nella prospettiva cristiana che é quella di un rapporto interpersonale col Padre,col Figlio e con lo Spirito Santo fondato sull’amore, il tempo della preghiera é analogo al tempo che la sposa dà allo sposo, che il figlio dà alla madre, che il fidanzato dà alla fidanzata perché la loro non sia una semplice convivenza ma una comunione di vita nell’amore.
In questo caso esiste il vantaggio di pensare che si possono vedere, ascoltare, toccare e tuttavia “il tempo dell’amore” non può ridursi a un mezzo per assicurare la comunione di vita, é la comunione stessa nel momento più vero e quindi insostituibile.
Quanto più vale il “tempo dell’amore” nei rapporti del Dio invisibile, al quale dobbiamo dare la possibilità di “venire”, di oltrepassare gli sbarramenti di tutto ciò che ci chiama fuori, di penetrare l’opacità dei nostri sensi, il “guazzabuglio ” dei sentimenti, i giochi della fantasia, eccetera, e di stabilire la sua dimora (Gv 14,23) al livello della nostra coscienza come padre, sposo, amico che “si delizia” (cf Pr 8,31) a stare con noi.
Questo deliziarsi dell’amore di Dio con le sue creature predilette non va confuso coi perditempo sentimentali degli innamorati romantici; Nasce invece dalla profondità del mistero della vita di Dio, che esplode nella fecondità infinita dell’esistenza delle Divine Persone, che trabocca e si riversa nella creazione dove tutto é opera del Verbo – quasi espressione prolungata della sua generazione eterna – e tutto é animato dallo Spirito, mistero tanto più mirabilmente fecondo nell’opera della salvezza.
Nella preghiera Dio non ci blocca a sé, ma diventa il fondamento, la sorgente e la spinta perché nel suo progetto troviamo il nostro posto (cf Ef 2,10) e diventiamo operanti come egli é sempre all’opera (cf Gv 5,17). E’ assai diffuso il preconcetto che il tempo dato alla preghiera venga sottratto alle attività più valide ed urgenti: questa é la ragione di una certa insistenza per sottolineare il valore della preghiera e la necessità di assicurarle uno spazio adeguato.
dalla prima trascrizione nella cassetta e che manca al precedente rivisto dal vescovo
Dobbiamo quindi trovare un tempo particolare da dedicare alla preghiera. Notiamo che il deserto non é il luogo del soggiorno – soggiornare nella preghiera- é il luogo di passaggio. La preghiera é un momento della nostra giornata. Come c’é un momento in cui ci nutriamo per vivere e lavorare, dobbiamo trovare per lavorare e per vivere il momento di pregare.
E’ indispensabile un tempo per pregare. Quale sia e quanto sia questo tempo dipende dalle condizioni in cui ognuno di noi viene a trovarsi. Padre Voillaume, grande esperto della preghiera, dice che nelle condizioni attuali della vita moderna che rende quasi impossibile, almeno per quelli che sono presi da questo ritmo, una vera preghiera quotidiana. Non dice che non si debba pregare tutti i giorni. Ma la preghiera che facciamo tutti i giorni non raggiunge la verità della preghiera, é qualche cosa del genere della preghiera, fa parte della preghiera e ne fa tanta più parte quanto più ci sono altri momenti di preghiera;
il Signore più preoccupato di noi che di se stesso, non vuole tanto che ci sia un giorno della settimana in cui andiamo a messa, quanto che ci sia il giorno del riposo settimanale, il giorno in cui si sta fermi, ci si intrattiene con noi stessi, il giorno che si dedica non agli interessi che riguardano la nostra via corporale, ma il giorno che si dedica alla nostra vita spirituale.
In questo giorno ci dovrebbe essere un tempo prolungato per una preghiera approfondita,
perché divenga davvero un incontro con Dio, perché si possa stare con Dio, perchè si possa ascol si possa esser e introdotti nella verità di ciò che Dio dice perché si creino in noi le condizioni di disponibilità per ciò che Dio vuole compiere in noi:nella nostra persona.
Ognuno di noi questa mattina deve pensare come organizzare la propria giornata o settimana. Padre Voillaume insiste dicendo che una volta al mese bisognerebbe uscire dal proprio ambiente per poter essere “altrove” e in questo altrove incontrarsi decisamente con Dio. Dice ancora: una volta all’anno un tempo più prolungato che può corrispondere al tempo degli esercizi spirituali, proprio per rivedere la propria preghiera, per consolidarla. Padre Voillaume arriva al punto di dire che di quando in quando nella vita bisognerebbe sospendere le proprie attività per un anno intero – non soltanto per pregare- per rompere la monotonia della esistenza e ritrovarsi “nuovi”, soprattutto nei rapporti con Dio.
Dobbiamo convincerci che Dio é fuori del tempo, ma noi siamo nel tempo e Dio non può raggiungersi se non nel tempo. Allora ci vuole un tempo in cui Dio possa stare con me, devo dare a Dio la possibilità di stare con me, devo mettermi nella condizione nella quale Dio possa incontrarmi, rivelarsi a me, farsi conoscere, fare conoscere a me la sua volontà, possa comunicarmi qualche cosa di se stesso. Vedete questo capovolgimento del modo di concepire la preghiera. Non é il tempo in cui io sto con Dio, é essenzialmente il tempo in cui Dio sta con me.
Noi trattiamo la preghiera cristiana come un certo tipo di preghiera tradizionale – non é che non sia cristiana, ma non é vera preghiera- Noi abbiamo bisogno della grazia di Dio, cioè di Dio in persona, abbiamo bisogno di essere nella conoscenza (cf Fil 3,7), abbiamo bisogno di conoscere la sua volontà sopra di noi, per fare quel bene che egli concepisce per noi, che egli solo conosce.
Noi dobbiamo scoprire questo bene per noi e non lo possiamo scoprire se non stando con Dio che vuole il nostro bene.
E’ una cosa alla quale, mi pare, non siamo abituati a pensare.
La preghiera é il tempo in cui diamo al nostro Padre la possibilità di goderci. Qui ci sono dei papà e delle mamme. Voi ve li godete i vostri figlioli quando li potete avere con voi, specialmente quando diventano grandi, quando si allontanano da casa ne sentite la mancanza. La gioia di trovarsi bene con i figli é una cosa naturale, oggi un po’ difficile, ma certamente desiderata tanto da parte dei genitori quanto da parte dei figli.
Pensiamo:
noi diamo una gioia al Padre nostro quando stiamo con lui. Che cosa ha un padre e una madre dalla vita se non questa consolazione di constatare che i figli stanno volentieri con loro. Se questo vale per noi, povere creature, quanto più vale per Dio.
Il tempo della preghiera é quello in cui matura la coscienza che Dio sta con me . Se io vado sempre per i fatti miei, non permetto che nell’intimo del mio essere nasca la convinzione che Dio sta con me, che Dio é con me.
E’ il tempo in cui si fa l’esperienza di stare con Dio.
Perché la vita spirituale a volte é così epidermica, così inconsistente? Noi facciamo esperienza di tutto.
Si può fare esperienza di stare con un Dio invisibile, che nessuno vede, che nessuno può toccare con le mani? Si, perché lui é Dio, lui é pienezza, lui é presenza, lui é azione. Tutto questo accade al nostro spirito.
Quando nel nostro spirito accade qualche cosa di importante, c’é una ridondanza nella nostra coscienza, nella nostra sensibilità e anche nei nostri sensi. Forse qualche volta abbiamo fatto questa esperienza, ma non dobbiamo accontentarci di averla fatta una volta, deve essere una nostra esperienza: l’esperienza della vita cristiana.
OM 328 Montecastello 70 – MN471- CDR 471 archivio manoscritti
20-25 ottobre 1970