Iddio cerca tra le sue creature.
Coloro che sono disposti a dire un sì che tenda alla disponibilità totale
L’incarnazione di Dio, i suoi pensieri, il suo piano non obbediscono alla logica umana. Iddio per mandare il suo Figliolo su questa terra ha atteso il momento storico in cui una creatura, fra tutte le altre, fosse disposta ad offrire le condizioni, per dire così, perché il Signore potesse venire. E Iddio con questa creatura, che è Maria, entra in dialogo per mezzo dell’angelo, le fa la sconcertante, inaudita, impensabile proposta, impensabile per Maria nella sua umiltà, impensabile per Maria nelle sue condizioni e attende.
Iddio attende la risposta.
E’ inutile che noi facciamo delle ipotesi su che cosa sarebbe accaduto se Maria dinanzi alla proposta di Dio avesse risposto di “no”. Non entriamo in queste questioni che sono inutili. Sta di fatto che le cose sono andate così: Dio fa una proposta e attende una libera decisione. Ora la condotta di Dio, nei confronti della salvezza di tutto il mondo è sempre la stessa: Iddio cerca tra le sue creature coloro che sono disposte a dire un sì che tenda alla disponibilità totale.
E’ un pensiero, miei cari, e ve lo dico così, con tutta semplicità, che mi ha molto colpito nei giorni in cui sono stato lontano, in estremo Oriente, in mezzo a popolazioni travagliate da molti problemi, gravissimi, complessi, i quali possono essere giudicati da molti punti di vista diversi. Comunque questi popoli hanno bisogno di una salvezza e c’è da pensare che la loro salvezza, sia quella puramente economico-sociale come quella religiosa, è legata a qualcosa di analogo a ciò che ha fatto Maria nell’ambito dell’avvenimento della salvezza.
Io ho potuto vedere così, molto da profano, veramente da uomo della strada, come quelle popolazioni che sono all’inizio di un cammino di una salvezza sociale non sono sulla strada giusta, perché rischiano di essere salvati non come sono, con le loro caratteristiche, la loro cultura, secondo le loro esigenze. Tutt’al più, così come sono avviate le cose, avranno una certa redenzione sociale imposta dall’esterno con modalità e aiuti importati, che porterà inevitabilmente, nonostante certe espressioni di nazionalismo, a un livellamento e a un assorbimento in una civiltà che non è la loro.
Quel certo sbaglio che ha compiuto la chiesa durante i secoli – almeno in certi luoghi e da parte di certe espressioni missionarie – per cui prima dovevano latinizzare i popoli e poi cristianizzarli, sta avvenendo da parte del mondo civile di oggi; il quale prima imporrà la civiltà occidentale e poi metterà più o meno, quelle popolazioni in condizione di vivere una vita, dal lato economico dignitosamente umana. Chissà, però, se sarà più autenticamente umana la vita di domani, quando queste popolazioni non vivranno più nelle capanne, o se non siano più validi quei valori che saranno sacrificati in cambio di una certa promozione sociale!
E’ molto difficile giudicare. Comunque quello che più colpisce e più preoccupa è questo: chi in mezzo a questi popoli sottosviluppati fa le cose per amore al di fuori di ogni interesse? Oggi, nessuno, se non la Chiesa: esclusivamente la Chiesa. Tutti quelli che fanno qualche cosa laggiù, lo fanno per un tornaconto e ci sono delle forme larvate di sfruttamento che gridano veramente vendetta al cospetto di Dio.
Ma dicevo che c’è il problema religioso. Se togliamo l’Australia e le Filippine che formano un capitolo a sé stante e hanno altri problemi, questi paesi sono forse proprio alla vigilia di un’ora di grazia per intendere la parola del Signore. Esiste una chiesa veramente povera in tutto e veramente disponibile ad essere strumento della parola e della grazia e della carità di Gesù ‘per cui – è una testimonianza raccolta tra sacerdoti, religiose, vescovi – esistono i segni di un grande movimento di conversioni. E’ un’ora particolare di grazia ed essi hanno il sentore che dovrà essere anche pagata in qualche modo e sono disposti, con la grazia di Dio, a pagare. Ma questo non forma l’oggetto della nostra meditazione.
Volevo dire che Gesù che viene, viene per tutti: viene per i Malesi, per i Cinesi, per gli Indiani, per i Mussulmani, per tutti gli abitanti di tutti i continenti. E per venire per tutti gli abitanti di quegli sterminati paesi e per gli abitanti di tutto il mondo, bisogna che ci sia qualcuno, bisogna che ci siano molti che si mettono nella disposizione di Maria, cioè che si aprono totalmente alla venuta del Signore, che si lasciano prendere incondizionatamente dal Signore, che dicono con tutta sincerità per se stessi e, conseguentemente per i loro fratelli: “si faccia di me secondo la tua parola”; e metterci nelle mani di Dio perché egli possa trovare, come ha trovato in Maria, dei punti di partenza, dei punti di appoggio per raggiungere gli altri.
L’economia di Dio va in questo senso. Il Signore ci rende corresponsabili della sua venuta, non vuole venire da solo, vuole venire con noi, vuole trovare dei compagni di viaggio in questo suo camminare sulla terra per raggiungere tutti gli uomini; vuole trovare dei luoghi e degli spazi di libertà assoluta entro i quali egli possa far giocare la sua parola, la sua grazia, la sua carità.
Miei cari, ecco il punto di impegno. Esprimiamoi come siamo capaci lo svuotamento totale di noi stessi, l’abdicazione radicale della nostra persona nelle mani di Dio perché crediamo in lui, perché ci fidiamo di lui, perché sappiamo che la nostra dignità si realizza totalmente nella disponibilità alla sua volontà, alla sua grazia, al suo amore che si propongono di attuare l’uomo perfetto, in perfetta comunione con sé e coi fratelli.
Un altro punto mi pare che sia questo e che corrisponde tanto alla dottrina richiamata dal Concilio. Mi riferisco ai gesti che compie il Papa. Si può dire che mi sono incontrato appena per un istante col Papa. L’ho visto. L’ho seguito. La cosa che più mi ha colpito è stata la sua stanchezza: un uomo sfinito dalla stanchezza dal viaggio e poi dal caldo torrido, umido, insopportabile con tutto quel susseguirsi di impegni, di ansie. Ma la preoccupazione del papa era quella di incontrarsi con tutti e di accogliere tutti, così come sono, in un gesto che è il gesto di Gesù “venite a me tutti”; in un gesto ecumenico di intesa, di amore oltre che di rispetto.
Noi lo sappiamo, lo ripetiamo tante volte in questi tempi: perché Gesù trovi una piattaforma su questa terra per la salvezza di tutti i popoli deve trovare la Chiesa, deve trovare coloro che stanno insieme nel suo nome. E’ una cosa difficile stare insieme, accettare tutti. I gesti del papa turbano molte persone benpensanti. Noi nel nostro intimo quante volte facciamo delle riserve riguardanti questo o quel gesto!
Quante volte giustifichiamo i nostri atteggiamenti riversando sugli altri quello che a noi non piace. Ma perché si verifichi la salvezza è indispensabile l’amore, del quale i gesti del Papa sono un segno profetico; Ci devono essere coloro che si amano, coloro che sono capaci di stare insieme nel nome di Gesù. Questo non sempre corrisponde alla nostra natura che è immersa nel peccato e nelle conseguenze del peccato. Eppure come dobbiamo sentire questo impegno! Noi abbiamo la tremenda responsabilità di poter impedire la venuta di Nostro Signor Gesù Cristo per i nostri fratelli, perché poniamo delle condizioni per stare con gli altri, per essere uniti e formare una cosa sola tra di noi.
Tutto questo Gesù l’ha indicato come necessario perché il mondo creda. Perché egli possa arrivare a raggiungere tutti: “ut unum sint”-, che siano tutti uniti nella carità, e si distinguano da tutti gli altri per l’osservanza del suo comandamento di volersi bene come lui ci ha voluto bene. ` Grazie a Dio questo tema oggi si presenta sovente alla nostra meditazione. Noi non ci dobbiamo turbare o meravigliare se non entriamo subito incondizionatamente in questo piano, in questa volontà del Signore, se non siamo fedeli a questo comandamento; però è un comandamento del Signore che noi dobbiamo portare dentro di noi stessi e deve essere tutti i giorni uno stimolo che ci porti verso la sua realizzazione: verso l’unità nell’amore come condizione di salvezza per tutto il mondo.
Io mi permetto di fare ancora un’osservazione, quasi una confidenza. Io viaggio volentieri (non è che l’ abbia fatto tanto nella mia vita) perché è il mezzo di fare esperienze tra le più fruttuose. Io posso pensare che il mondo ha bisogno di salvezza, ma se il mondo lo identifico semplicemente con quello in cui vivo abitualmente, non percepisco in modo concreto e impressionante la gravità di questo bisogno.
Se invece nella mia povera e anche poca preghiera mi riferisco a persone e situazioni determinate che ho visto: le donne che portano i materiali necessari per la costruzione delle autostrade, le donne che portano sulla testa, canestri pieni di terra dagli scavi per le fondamenta dei grandi palazzi, dei grattacieli di tipo europeo, le donne che manovrano macchine che da noi usano solo gli uomini per molare i pavimenti e scene di questo genere, io penso in un modo più impressionante, più vivo, più drammatico a coloro che hanno bisogno di salvezza; io mi sento più solidale, più responsabile, spinto ad essere fedele alla mia vocazione, ai miei impegni affinché siano raggiunti dalla salvezza di nostro Signore Gesù Cristo.
Allarghiamo i nostri orizzonti.
Credo che nella misura in cui allarghiamo i nostri orizzonti e pensiamo a quante creature ci sono nel mondo che hanno bisogno di salvezza nel senso totale e pieno della parola forse troviamo anche il coraggio di essere più generosi, di essere più capaci di rompere e di uscire dai nostri piccoli cerchi, per non lasciarci impigrire nelle maglie di reti fittizie che ci tengono prigionieri.
Ecco allora quali sono i due punti che dobbiamo mettere come condizione perché Gesù Cristo possa venire non soltanto per la nostra salvezza ma per la salvezza del mondo intero: -la nostra incondizionata disponibilità al piano di Dio; -essere segno e strumento di salvezza fra i nostri fratelli con il nostro amore vicendevole
OM 326 Montecastello 70