Trent’anni fa, il nostro vescovo Carlo Ferrari se ne andava da Monopoli perché trasferito alla diocesi di Mantova e, cinque anni fa, passava definitivamente dalla città terrena a quella celeste. Nel novembre 1967, mons. Ferrari si accomiatava da noi in cattedrale, sopraffatto dall’emozione e tra le lacrime di molti presenti. Ma non staccava il suo cuore dalla nostra terra e dalla nostra comunità. I suoi ritorni estivi nel fasanese furono il segno che si sentiva irrimediabilmente dei nostri.
Il 1 dicembre 1992, ci lasciava definitivamente per la casa del Padre ma ci affidava stabilmente la sua eredità. Carlo Ferrari è rimasto per sempre tra noi. Ci parla ancora. Il legame non si è sciolto con la sua morte. Così come “vita mutatur non tollitur”.
Questo opuscolo ne vuol essere la prova, la testimonianza che non lo abbiamo dimenticato. Il dialogo cominciato nell’agosto del 1952 con il suo ingresso in diocesi, continuato da Mantova dopo il novembre 1967, è dunque solo mutato nella forma dal dicembre 1992. In tutte queste tappe, c’è come un rincorrersi di date, di lustro in lustro. Il filo che ci lega a mons. Ferrari si dipana ormai da 45 anni.
Il dialogo continua dunque con coloro che ne furono i destinatari di allora, ma vuole allacciarsi con le nuove generazioni che non ne beneficiarono. Lo ravviviamo pubblicando i discorsi di quello che ne fu l’acme emotivo: l’addio da Monopoli dopo 15 anni di ministero episcopale tra noi, al momento del trasferimento a Mantova.
Il saluto dell’allora sindaco, Remigio Ferretti, dell’indimenticabile senatore Luigi Russo, l’omelia del vescovo in cattedrale e il suo commiato nella Sala consiliare che qui riportiamo, furono l’espressione di momenti di elevata commozione e di una irripetibile sintonia della città con il suo vescovo. Questi testi saranno completati da un breve saggio di don Stefano Siliberti, docente di storia della Chiesa e sacerdote di Cisternino incardinato a Mantova, che situa l’episcopato di mons. Ferrari nel contesto della nostra storia religiosa e nel confronto con il predecessore Monterisi.
Ricordare i momenti del commiato, ora, trent’anni dopo, per chi c’era equivale a riviverli. Leggere quei testi adesso, per chi non c’era, equivale ad entrare in una eredità che non deve rimanere esclusiva di una generazione soltanto. Ma di ogni monopolitano.
Tutti dobbiamo ricordare o conoscere l’importanza del quindicennio dell’episcopato di Ferrari nella storia religiosa della diocesi monopolitana nel secolo XX. E’ stato l’episcopato che ha inciso di più, anche tenuto conto della brevità di quello dell’altro gigante, mons. Nicola Monterisi. Il senatore Russo ne ha meravigliosamente tratteggiato i caratteri innovativi, esigenti, controcorrente e lungimiranti dell’azione pastorale di mons. Ferrari sulla nostra vita religiosa.
Si verificò una vera svolta per la nostra Chiesa locale. Non senza contrasti e resistenze. Non senza i limiti di ogni avventura umana e di ogni incontro tra sensibilità diverse, ma superate alla fine da una paternità larga di servizio da parte sua e affettuosamente accettata da parte nostra.
“Un lungo incontro – così il sindaco Ferretti ha sintetizzato i quindici anni dell’episcopato di mons. Ferrari – fatto di pensieri, di parole, di azioni, che ha tutto il senso di una svolta nella nostra vita spirituale e nella nostra storia civile e sociale”. Anche la Monopoli laica (cui uniamo sempre qui Fasano, Polignano e Cisternino) deve molto a questo vescovo piemontese che, col passare degli anni, si “sciolse” al nostro abbraccio.
Ferrari anticipò di un decennio il Concilio. Rese presente, con intelligenza di proposte, la nostra Chiesa monopolitana nel contesto delle assise ecumeniche.
Ferrari fu un brillante Padre del Concilio. E il Vaticano II°, per sua stessa ammissione, lo maturò spiritualmente e umanamente. In una parola, lo trasformò. Facilitò da noi la pronta e cordiale accettazione degli orientamenti e disposizioni conciliari. In quei tre lustri, la diocesi di Monopoli fu all’ avanguardia della catechesi, della liturgia, dell’azione pastorale. Da numerose altre diocesi, non solo del Meridione, seguivano con interesse i piani pastorali, si dicevano ammirati dei risultati e c’invidiavano la guida sicura.
Ad accrescere ora la nostalgia per quella stagione ricca di stimoli e di impegni, c’è anche la sconsolante consapevolezza che Carlo Ferrari è stato “l’ultimo vescovo di Monopoli ed esclusivamente vescovo di Monopoli”. Con quale sensibilità lo aveva percepito, trent’anni fa, il senatore Russo, uno dei più grandi uomini che la nostra Città ha avuto e non solo in questo secolo! E la perfetta intesa spirituale tra Carlo Ferrari e Luigi Russo, pur nelle diversità dei carismi, come si direbbe oggi, e dei caratteri, è una interessantissima storia nella storia.
Il senatore in quella occasione di sede vacante si appellava con filiale fiducia alla saggezza materna di Roma, certo che non avrebbe lasciato Monopoli senza Vescovo. Sappiamo come é andata con la riforma dell’86. Poco ci consola che tanti vescovi ed esperti ripetano ora che é stato compito un grande errore e che é stato ribaltato l’orientamento chiaramente espresso dalla Santa Sede già nel 1969. Dobbiamo lamentare, come più volte da vescovo di Mantova e monopolitano nel cuore fece mons. Ferrari, una scelta che é più il frutto di pressioni e di superficialità.
Perché questo opuscolo? Per togliere la polvere del tempo ad una memoria che ci appartiene. Per riappropriarci di un patrimonio che ci è stato lasciato.
Per dare seguito a quello che, con sorprendente chiaroveggenza, fu detto trent’anni fa, al momento del commiato. Facciamo riparlare il sindaco Ferretti: “E’ un momento finale, nel quale i palpiti del cuore cedono appena alla nitida ragione e il sentimento si libra a livello di giudizio; allora si scopre che l’affetto è fatto di schietta stima, che il rimpianto di quanto si perde è consapevolezza di quanto per sempre rimane, che la dimestichezza con ciò che pareva acquisito, proprio perché svanisce e viene meno, acquista la forza di un insegnamento, la validità di un messaggio, la vitalità di un impegno da custodire, osservare e tramandare”.
Intendiamo rispettare questo impegno. Vogliamo renderlo concreto. Anche perché a quel patrimonio ideale lasciatoci dal vescovo Ferrari si aggiungerà, a Dio piacendo e se si troverà un’adeguata sistemazione logistica, un dono prezioso per noi: la sua biblioteca. Sarà questo lo strumento tangibile del lascito pastorale del nostro vescovo.
Quell’eredità fu così perfettamente descritta dal senatore Russo: “Se la religione deve diventare vita, non osservanza virtuale e consuetudinaria, se deve permeare i nostri pensieri, azioni, affetti, se deve sorreggere e illuminare il nostro lavoro, la condotta personale, familiare e collettiva, non può non nutrirsi di più approfonditi ragionamenti, di più consapevoli conoscenze, di più sana e assimilata dottrina che valga, anche, e principalmente a chi dispone di cultura ed è animato di spirito critico, che sente di dover rispondere alle domande che emergono dal suo interno ed è impegnato a recare intorno a se il raggio di una convinzione corroborata di argomenti a difesa della propria condotta”. Dobbiamo dedicare tempo e impegno alla meditazione, allo studio e alla cultura religiosa. Così come non si stancava di esortare il nostro vescovo.
Attraverso suor Luisa Balbo che deve realizzare i desideri di mons. Ferrari, essendo stata da lui scelta come erede, a Monopoli verrà destinata la sua biblioteca. Sarà questo un motivo di più per operare, anche con incontri, dibattiti ed iniziative varie, nella direzione spesso indicataci dal vescovo Carlo fin dai suoi primi anni trascorsi in mezzo a noi e ben prima del Concilio: la formazione anche teologica del laicato, la sua promozione a cominciare dalla acquisizione degli strumenti culturali (assieme, beninteso, a quelli spirituali) dell’approfondimento della fede. Mons. Ferrari era pure convinto che i laici dovessero uscire dalla tutela del clero, dovessero godere di un’ indispensabile autonomia, una volta acquisita una maggior consapevolezza della propria fede.
L’ambito di questo nostro impegno sarà l’intera attuale comunità diocesana. La linfa nuova deve arricchire tutto il corpo della nostra Chiesa locale e nel nostro stile sarà prioritaria la docilità al pastore della diocesi che svolge il servizio di guida e di unità. Nulla sarebbe più lontano dallo spirito di mons. Ferrari di strumentalizzarlo contro chicchessia, di operare alcunché fuori dell’obbedienza ecclesiale. Questa iniziativa è a favore della nostra comunità diocesana tutta intera.
Ed ecco che questo ricordo del vescovo a cinque anni dalla morte, si trasforma in proposta, in invito a tutti coloro che amarono, stimarono e seguirono Carlo Ferrari, ma anche ai giovani che non lo hanno conosciuto, perché si costituisca un’associazione di amici che, proprio sul suo esempio, si proporrà di favorire con diverse iniziative una maggior consapevolezza del laicato in tutta la diocesi e da qualsiasi parte provengano adesioni a questo scopo.
Sarà il modo migliore di ricordare monsignor Carlo Ferrari, il quale, al momento di salutarci, profetizzò con la chiaroveggenza dell’amore: “Prendetevi tutta la mia paternità maturata in questi lunghi anni e fatela vostra, e andate avanti, e continuate a sacrificarvi di vostra iniziativa perché avete imparato a lavorare generosamente,disinteressatamente”.
Orazio Petrosillo – vaticanista de “il Messaggero”
Stampa e dattiloscritto prima della stampa “Mons.Carlo Ferrari é ancora fra noi” – Numero unico – Monopoli 1997
Non dimentichiamo che, a differenza di quanto con filiale fiducia s’attendeva il senatore, Roma non ha dimostrato “saggezza materna” verso Monopoli nello stabilire le sedi episcopali, in occasione della riforma dell’ 86. E poco ci consola che tanti vescovi ed esperti ripetano ora che è stato compiuto un grave errore. Il peggio è che lo testimonia anche il buon senso. Più volte ci siamo detti l’un l’altro: se allora avessimo avuto mons. Ferrari quale nostro vescovo, nessuno in seno all’episcopato pugliese avrebbe osato proporre ribaltamenti di situazione, dopo che già dal 1969 la Santa Sede aveva fatto intendere chiaramente il suo orientamento. Il prestigio di Ferrari, prima ancora delle sue argomentazioni, sarebbe bastato ad impedire una scelta che con rammarico dobbiamo ritenere conseguenza di pressioni e di superficialità. (nota di O.P.)