convento san Francesco 3 ottobre 1970
Nella chiesa si compie la celebrazione singolare del transito di san Francesco cioè, del suo passaggio da questa vita all’altra, del passaggio dalla terra al cielo e la liturgia, domani dove non é impedita da quella domenicale, celebrerà la gloria vale a dire, la certezza che uno dei figli più cari della santa madre chiesa, é nella gloria di Dio.
Tutta la vita di Francesco é stata un transito, dal momento in cui ha scoperto che nel mondo c’era qualche cosa di più importante, di più grande, di più bello, di più decisivo che diventare cavaliere o mercante facoltoso e celebre in mezzo ai suoi compagni.
Dal giorno in cui ha scoperto d’essere figlio di Dio per il battesimo e per la fede ha rinunciato a tutto. Ha fatto una rinuncia molto comune nella vita dei santi ma che ha avuto un particolare risalto in quella di san Francesco. Ad un certo punto, dinnanzi all’opposizione della sua famiglia che possiamo chiamare gretta perché dettata dagli interessi invece che dall’affetto e dal sentimento del cuore – egli rinuncia al proprio padre per pregare con più verità e con più libertà: ” Padre nostro che sei nei cieli” Ed é secondo questa concezione della sua vita d’autentico cristiano che la sua esistenza é sempre stata un transito, cioè, un passaggio, un andare in questo mondo ma attraverso questo mondo verso il mondo di Dio.
La vita di san Francesco è stata un transito anche terreno. Ha viaggiato per tutte le contrade d’Italia. Ha tentato di spingersi verso quello che oggi chiamiamo il Medio Oriente, sempre desideroso di portare ai propri fratelli la pace e il bene che sentiva potentemente e prepotentemente nel suo cuore, sempre per portare ai propri fratelli la pace e il bene che deriva dalla coscienza di sapersi figli di Dio. Cosa non ha fatto san Francesco per evangelizzare i propri fratelli, ed evangelizzarli proprio nel senso della pasqua, nel senso della concordia, nel senso dell’unità tra loro! In quel tempo, le mille discordie avevano aspetti più vivaci di quanto non le abbiano oggi pur tanto presenti nei tempi nostri.
Ha sempre portato l’annunzio della pace in mezzo agli uomini perché Dio è Padre di tutti e tutti, tra loro sono fratelli. Questo desiderio, questo amore fervente del suo cuore, lo porta persino ai piedi del sultano contro il quale stavano combattendo i crociati e fa il tentativo di presentarsi al capo dei nemici della cristianità proprio con l’intenzione di indurlo nel nome di Dio, in cui anche il sultano credeva, di arrivare a condizioni di pace- perché tutti quelli che credono in Dio non debbono combattersi tra loro ma debbono volersi bene tra loro. Era per quei tempi come andare incontro volontariamente alla morte. Questo discorso, san Francesco, avrebbe potuto farlo non tanto al sultano ma a quelli che stavano dall’altra parte perché in nome di Dio non portassero la guerra ma la pace.
San Francesco cammina nella sua esistenza, in letizia. E’ un particolare, che costituisce l’anima della spiritualità di questo gigante della santità cristiana. San Francesco è conosciuto, un po’ romanticamente, il cantore di tutta la creazione perché ha composto il cantico delle creature, è meno conosciuto come l’amico di tutte le creature. Egli aveva più che una convinzione, aveva la certezza che tutte le creature sono figlie di Dio, che tutti gli uomini sono figli di Dio perché Dio è un Padre. Quando si ha la certezza che, al di sopra di tutto e al di sotto di tutto e dentro di tutto c’é la paternità di Dio, cioè l’amore vero, premuroso di un Padre, non vi può essere che la serenità e la pace. Per noi c’è la gioia di sapere che Dio è Padre. Per questo la Chiesa, della sua morte non ne fa momento di lutto ma di festa.
San Francesco, nel momento in cui ha la sicurezza di essere arrivato al traguardo della sua esistenza non ha preoccupazioni, non ha il timore di camminare verso l’ignoto. Fa le ultime raccomandazioni ai propri fratelli. Vuole essere deposto sulla terra, sulla nuda terra, sulla madre terra, sulla terra benigna, per fare l’ultimo passo verso la casa del Padre che lo attendeva. Nostro Signore Gesù Cristo quando ci ha parlato del Padre che sta nei cieli, come ce lo ha descritto? Ci ha detto che il Padre attende il ritorno dei propri figli. San Francesco sapeva di essere atteso dal proprio Padre e perciò il suo transito è stato un momento di gioia.
Miei cari, noi celebriamo con la liturgia della Chiesa questo evento che si è verificato nella persona di un santo, nella persona di un nostro fratello. Dobbiamo guardare la sua vita, dobbiamo guardare tutto il suo essere per prendere sempre più coscienza che siamo figli di Dio, che noi camminiamo verso la casa del Padre, che noi siamo attesi da un Padre che ci vuole infinitamente bene.
Ecco, vorrei che questo possa essere il pensiero che domina la nostra celebrazione, un pensiero prezioso, un pensiero consolante.
Sia lodato Gesù Cristo.
OM 325 Francesco 70 -transito del santo-