Santa Maria del Gradaro 28 Giugno 1970
Mons. Carlo Ferrari Sacerdote a Fresonara
Escludendo ogni intenzione di fare dei preamboli, è doveroso da parte mia rivolgervi un cordiale ringraziamento per la vostra adesione a questo impegno, cui tutti ci disponiamo nel nome del Signore. Il ringraziamento è dovuto anche per il sacrificio che vi è chiesto di essere qui, quest’oggi, in giornata festiva e in una giornata calda.
Io cercherò di mettervi davanti l’ambito nel quale noi con molta umiltà, con molta semplicitàe con buona volontà dobbiamo disporci ad operare perché sia chiara la natura della nostra azione. Poi mi permetterò di farvi una proposta. Specialmente sulla proposta esprimerete subito quei pareri, quei rilievi che vi paiono opportuni. Infine cercheremo di prenderci un impegno immediato di azione, cioè fare qualche cosa che ci disponga alla nostra azione. Credo che sia opportuno tenere presente il fine dell’azione pastorale.
La pastorale, a differenza di qualsiasi altra attività, non ha come protagonista l’uomo, ma Dio. Lui prende l’iniziativa di salvare gli uomini, ha un progetto secondo il quale portarli alla salvezza, predispone i mezzi idonei per raggiungere lo scopo che si propone; è sempre presente, è sempre attivo nel mondo, nella Chiesa, in ciascheduno di noi
per portare a compimento il proposito della sua volontà. Noi siamo dei collaboratori. Quindi mi pare fondamentale prendere il nostro posto, prendere l’atteggiamento giusto, leale, che corrisponda alla natura di questa realtà soprannaturale: prendere l’atteggiamento di umili collaboratori, disponibili ad eseguire il piano di Dio, a servirci di mezzi che sono disposti da Dio.
Il fine della pastorale è la comunione di vita degli uomini con Dio e tra di loro. Lo esprime bene il Concilio Vaticano Secondo nella Dei Verbum al n. 2. Questa comunione coincide con la vita della Chiesa la quale è segno e strumento: chiesa, popolo di Dio adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Questa unità interpersonale in Dio è il modello e la sorgente di quella unità che deve realizzarsi tra noi e le divine Persone e tra le persone degli uomini.
Questo è il fine della pastorale. Non abbiamo altri problemi da risolvere almeno direttamente. Questi sono i nostri problemi, questo é il campo in cui dobbiamo operare
Il Padre concepisce il suo piano e lo porta a compimento per mezzo del suo Cristo, morto e risorto nella potenza dello Spirito Santo. Possiamo dire: l’umanità santissima di nostro Signore Gesù Cristo è lo strumento personalmente congiunto nella persona del Verbo, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte e per mezzo del quale tutta la salvezza è operata, nella potenza dello Spirito Santo. Il compimento del piano di Dio, la perfezione ultima, lo svolgimento di ciò che ha incominciato il Padre, e ha fatto il figlio, viene dall’azione dello Spirito Santo.
La Chiesa è segno strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità degli uomini tra di loro.Quindi il grande mezzo della pastorale é la chiesa, in quanto unita a nostro Signore Gesù Cristo, partecipa dell’azione stessa che ha compiuto e compie nel mondo nostro Signore Gesù Cristo.
I compiti salvifici, i poteri salvifici di Cristo, profeta, Sacerdote e re sono trasmessi al popolo di Dio gerarchicamente costituito. E’ per l’esercizio di questi poteri che noi riceviamo da nostro Signore Gesù Cristo che il popolo di Dio riceve da nostro Signore Gesù Cristo, questi poteri. Questi poteri sono il mezzo stabilito da Dio con cui si compie la salvezza degli uomini, con cui si fa la pastorale.
Gli attori della pastorale sono tutti i membri del popolo di Dio secondo la loro particolare partecipazione ai compiti, ai doni, alle grazie che Cristo Capo della Chiesa, per mezzo dello Spirito, comunica alle membra del Suo Corpo. Questo, a grandi linee, l’ambito e i mezzi, le persone che entrano nella pastorale. Faccio rilevare che non è mia intenzione definirlo ma soltanto collocarlo: è l’organo di studio, di propulsione e di coordinamento, a livello diocesano, delle attività di tutto il popolo di Dio.
Veniamo ad una proposta. Mi pare che sia molto importante tenere presente la brevissima premessa di carattere teologico che ho appena finito di esporre. Questa proposta accoglietela con libertà. Io cercherò di esporla con una certa chiarezza.
Premetto che la comunità propriamente detta: la comunità parrocchiale, la comunità diocesana, la comunità ecclesiale in genere, nasce da comunità di base. Mi pare che oggi si sia largamente d’accordo su questo principio. Ci vogliono delle comunità di base per arrivare comunità complete. Pare che questa comunità di base debba essere individuata principalmente, quindi non esclusivamente, nella famiglia, nella quale è sacramentalmente significato e partecipato il mistero della unità e della fecondità che intercorre tra Cristo e la Chiesa. Più o meno sono parole del Concilio.
Ecco, la comunità di base da cui io vi propongo di partire per la nostra attività pastorale:la famiglia. Però la famiglia non va considerata – almeno in questa proposta – nella sua problematica, (l’unità della famiglia, la preparazione della famiglia, divorzio o altro), ma come momento e strumento privilegiato della educazione dei membri della comunità ecclesiale. Allora, nelle tappe fondamentali che scandiscono la vita della famiglia: Battesimo, Prima Comunione, Cresima, Matrimonio, cogliere l’occasione e sollecitare la cooperazione dei membri della famiglia per una catechesi legata al significato e alla grazia di ogni sacramento.
Questo per me è il punto: nelle tappe fondamentali che scandiscono la vita della famiglia cogliere l’occasione e sollecitare la cooperazione per una catechesi legata al significato e alla grazia dei vari sacramenti.
Ciò che io propongo al consiglio pastorale é il gravissimo e primario impegno della catechesi del popolo di Dio, ma propongo che sia studiata in modo da svolgersi nella famiglia, attraverso la famiglia, con la famiglia, nei momenti sacramentali che segnano lo svolgersi dell’esistenza stessa della famiglia. Così che ne risulterebbe una catechesi mistagogica cioè legata al sacramento, ma non come occasione soltanto, ma proprio perché il sacramento ha un significato nella comprensione del piano di Dio, quindi ha un significato dottrinale, ma non solo strettamente come sacramento in se stesso isolato da tutto il resto, anzi ci porta sempre a una sintesi, a una visione globale di tutta la realtà cristiana (ogni sacramento).
Poi nel sacramento c’é una grazia particolare che non é soltanto la grazia che attribuiamo al sacramento e che ci rende capaci di essere cristiani, perfetti cristiani o altro, ma c’é una grazia di comprensione di ciò che opera in noi. Quindi c’è una grazia che facilita la comprensione della catechesi, se mi posso esprimere così che aiuta a comprendere la dottrina.
Vedete come questo porta, porterà, e speriamo che porti, perché sentiremo un po’ cosa ne pensate voi, tutto un cambiamento nella nostra pratica pastorale. Il catechismo festivo, quello della Quaresima, della Prima Comunione, della Cresima, eccetera, diventano dei grandi momenti della catechesi che non riguardano soltanto i soggetti: i battezzandi, i cresimandi, i comunicandi, i nubendi, ma riguardano tutta la famiglia; attraverso la famiglia riguardano la comunità parrocchiale. Tutti, secondo le loro responsabilità e capacità, sarebbero impegnati in questa azione.
Perciò come c’è – possiamo considerarlo una specie di « catecumenato » per la Comunione, per la Cresima, così ci dovrebbe essere per il Battesimo, non tanto per il battezzando ma per coloro che presentano il battezzando, alla chiesa.
La preparazione alla prima comunione dovrà interessare molto la catechesi della famiglia ai genitori. Così della cresima. Il catecumenato di maggior impegno sarà quello che prepara al Matrimonio.
E’ una catechesi che va senz’altro introdotta. Una autentica, vera catechesi che dia una sintesi sempre più completa, più vasta, più profonda, con il crescere dell’età, con il maturare della persona, di tutto il mistero cristiano: la catechesi in preparazione al matrimonio. In quello che non sono stato chiaro, mi aiuterete a chiarirle le cose.
Intanto se accettate ad arrivare ad un chiarimento e ad un approfondimento della proposta fatta, conseguentemente, fate i rilievi di situazioni in confronto a questa proposta: una preparazione dottrinale, quindi un approfondimento della rivelazione, del piano della rivelazione, del significato della rivelazione, lo studio della mentalità dei diversi ambienti, uno studio del linguaggio per comunicare il contenuto del mistero cristiano e, poi per ultimo, a conclusione, – é la cosa più difficile -, stimolare la collaborazione di tutti perché se non otteniamo che tutti si lavori nello stesso senso, e che lavorino tutti non faremo mai una pastorale efficiente.
Se permettete tento ancora una volta di chiarire il mio pensiero.
Io ho cercato di presentare i fini della pastorale. Mi sono servito del n. 2 della Dei Verbum e poi di alcuni capitoli della Lumen Gentium per dire ciò che vuole raggiungere Dio, e ho premesso che nella pastorale il principale attore, colui che opera la salvezza, è Dio e noi siamo suoi collaboratori.
Poi ho detto degli strumenti della pastorale in modo succinto:
— Gesù Cristo non si può chiamare strumento, comunque la sua umanità è lo strumento « coniunctum »;
— la Chiesa come segno e sacramento dell’intima unione con Dio e dell’unità degli uomini tra di loro;
— i compiti salvifici di Cristo Profeta, Re, Sacerdote trasmessi al popolo di Dio gerarchicamente costituito;
— gli attori della pastorale: tutti i membri del popolo di Dio, secondo il loro ministero, il loro dono, la loro grazia, il loro carisma che ricevono da Cristo Capo della Chiesa per mezzo dello Spirito;
— il consiglio pastorale come organo di studio, di propulsione, di coordinamento, ma non volevo dare assolutamente una definizione. E’ uno strumento operativo in campo pastorale: è proposta di una linea pastorale.
Evidentemente noi dobbiamo tenere conto del fine della pastorale: portare gli uomini alla comunione con Dio e alla comunione tra di loro: comunione soprannaturale, partecipazione alla vita di Dio.
Questo è il fine della pastorale che praticamente si identifica, su questa terra, con l’edificazione della Chiesa nella quale è nascosto il mistero del regno di Dio, che si edifica poco per volta e che avrà il suo compimento quando Dio sarà tutto in tutti.
Allora tra i mezzi che Gesù Cristo, che Dio ha proposto per edificare la Chiesa: per edificare il popolo di Dio, c’é il ministero della parola, c’é il ministero della grazia, c’é il ministero della carità. Però noi distinguiamo tre azioni che di fatto sono unica azione salvifica.
C’è un luogo, c’è un tempo, c’è uno spazio nella esistenza concreta della Chiesa che è la famiglia, la quale, per il sacramento del Matrimonio, è come la cellula della Chiesa, in quanto porta in sé il mistero, la grazia, il segno dell’unità nell’amore, dell’unità di un amore fecondo, quindi che costituisce, che edifica.
Il compito primario della pastorale è certamente quello del ministero della parola, ma il ministero della parola io volevo intenderlo legato all’azione sacramentale, per cui ho usato anche quella parola: « mistagogica ». Ho detto: nel momento sacramentale oltre che il significato globale del mistero cristiano, c’è anche una grazia per la comprensione del mistero cristiano. Quindi soltanto una catechesi, intesa in questo senso, è completa.
Io ho presente quello che c’è nella Chiesa di oggi. Nella Chiesa oggi sta avvenendo il rinnovamento delle celebrazioni liturgiche, da quella della Messa a quella del Battesimo, del Matrimonio ed altre ancora. Noi dobbiamo non perdere queste occasioni preziosissime per fare un tipo di catechesi legata al rinnovamento della celebrazione dei sacramenti. Vedi: battesimo con le letture, il matrimonio, la cresima e quando sarà riformata,la Messa.
Qui il discorso diventa molto complicato, molto difficile da riassumere. Io ho presente tutto questo nel farvi questa proposta. Non é una catechesi del tradizionale catechismo. E’ qualche cosa di molto più organico soprannaturalmente, Molto più organico nel senso della organicità – intendiamoci bene- della vita della chiesa, nella quale organicità della vita della chiesa, la famiglia si inserisce in un modo sacramentale addirittura, quindi in un modo che possiamo dire costituzionale. Se sono stato ancora più oscuro di prima, abbiate pazienza.
Fino a questo a qui, è uno sforzo per chiarirci le idee.
Noi siamo soliti dire: il ministero che esercita la chiesa é quello della parola, quello dei sacramenti, quello della unità nella carità del governo e di altre cose, cioè: triplice funzione, triplice potere, eccetera. Noi scegliamo quello che é primario, ma non lo distinguiamo dai momenti sacramentali. Per esempio, facendo la catechesi della prima comunione non faccio soltanto la catechesi della eucaristia. La catechesi tradizionale della prima comunione era: che cos’è l’eucaristia, quali sono le condizioni per ricevere la comunione.
Io parto da questo sacramento, da questa realtà primordiale, per arrivare a dire che l’eucaristia é un punto di arrivo che l’eucarestia ha dei punti di partenza in tutta la storia della salvezza e, preparando l’eucaristia, io faccio tutto il cammino della salvezza per arrivare al punto “eucaristia”. E, il punto ” eucaristia” non é un punto di arrivo, ma è un punto di partenza per la vita che ci porta l’eucaristia.
Così per il battesimo e per il matrimonio.
Quindi, l’accento sul compito primario della chiesa é quello del ministero della parola, ma non disgiunta dalla azione liturgica sacramentale che segna i momenti particolari della vita della famiglia.
OM 299 diocesi 70 – S. Maria del Gradaro, 28 Giugno 1970