Convento dei carmelitani-24 Novembre giorno di S. Giovanni della Croce
I santi, quando sono autentici, non distolgono da nostro Signore Gesù Cristo ma portano necessariamente a lui.
Questa liturgia in onore di S. Giovanni della Croce, celebrata l’ultima domenica dell’anno liturgico, potrebbe sembrare una contraddizione e non opportuna, invece S. Giovanni della Croce ci porta con la forza di tutta la sua esistenza, proprio a quella meta finale cui ci vuole portare la liturgia della Chiesa in questa domenica, che ci propone la meditazione della fine del mondo.
San Giovanni della Croce è un maestro di spiritualità, è un dottore della Chiesa, cioè, è uno di quei santi che nella chiesa hanno detto una parola chiara, profonda sul mistero di Cristo e della vita cristiana. La sua dottrina è tutta incentra su un punto particolare: raggiungere una perfetta unione con Dio. Questo, miei cari, è il termine, lo scopo della vita cristiana.
Se Dio è nostro Padre, se attraverso il suo Cristo, nel Battesimo per il ministero della Chiesa, noi siamo generati figli di Dio, la nostra vita deve tendere a realizzare questa realtà nuova e soprannaturale, misteriosa e divina di figli di Dio, e saremo figli di Dio quando il Padre sarà tutto in noi e noi saremo assimilati – più che somiglianti – all’esistenza stessa del Padre, alla natura stessa di Dio per una partecipazione misteriosa, che definisce il privilegio della nostra grandezza e dignità. Quest’assimilazione a Dio nostro Padre non può avvenire in nessun altro modo che non sia unione intima di pensiero, di affetto, di amore e di dedizione di tutto il nostro essere a Dio come Padre.
San Giovanni della Croce, nei volumi che contengono la sua dottrina mistica, non fa altro che descrivere le condizioni e l’itinerario che ci portano a questa partecipazione misteriosa della vita di Dio, a questa assimilazione a Lui fino al punto che Gesù Cristo, Figlio di Dio, è la nostra vita. “Mihi vivere Christus est” dice la Rivelazione, San Paolo dice ancora:”non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”. E’ Cristo Figlio di Dio, che ci rende Figli di Dio, che rende ognuno di noi vivente della sua stessa vita.
S. Giovanni della Croce sviluppa moltissimo questa dottrina. L’itinerario che propone al religioso, alla religiosa, al cristiano è lo stesso, perché non c’è differenza. Nella vita che è venuto a portare nostro Signore Gesù Cristo come dono di Dio, è figlio di Dio un padre di famiglia come è figlio di Dio il Vescovo, è figlio di Dio un ragazzo che vive nel mondo come è figlio di Dio un religioso che vive nel convento. Queste sono modalità di esistenza e non realtà diverse in ordine al fatto cristiano, in ordine all’esistenza cristiana.
L’itinerario è come un viaggio, che parte dal nostro essere concreto esistenziale di creature umane che e mano a mano salgono verso Dio, non per sradicarsi e togliersi da questo mondo, ma per avere la possibilità di elevarsi da questo mondo e di dominare questo mondo. In questo mondo è compresa anche la nostra persona, la nostra natura con tutto il proprio essere che deve elevarsi al di sopra del creato non per dimenticarlo, ignorarlo o disprezzarlo, perché tutto il mondo che ci circonda, tutte le creature escono dalla sapienza e potenza dell’amore infinito di Dio, ma per avere la possibilità di arrivare sempre di più vicino a Dio.
Come è possibile questo nella concretezza della nostra esistenza, nella nostra situazione di creature che si attaccano al creato, di creature che finiscono con l’essere assoggettate dalle altre creature, di creature che scoprono che c’è anche un assoggettamento personale, individuale del nostro essere spirito al nostro essere materia?
Non per niente S. Giovanni si chiama san Giovanni della Croce; non per niente il Figlio di Dio che noi dobbiamo seguire per raggiungere il Padre è morto in croce. Bisogna operare nel senso di un distacco, nel senso di mortificazione e di penitenza. Il distacco, la mortificazione, la penitenza cristiana non è una proposta da fare soltanto ai religiosi, ma una proposta che Gesù Cristo fa a tutti i cristiani: “se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso e mi segua”; “chi ama un altro più di me non è degno di me”.
Nostro Signore Gesù Cristo non ci dice di non lavorare, di non comperare, eccetera, ma di non asservirci a queste cose;
ci dice che non dobbiamo diventare schiavi di queste cose e che perciò dobbiamo operare con la nostra vigilanza, per far sì che il nostro spirito non sia assoggettato ma libero. Non basta questa opera negativa di mortificazione e di distacco. E’ necessaria, è indispensabile una azione unitiva -come si esprime S. Giovanni della Croce – unitiva che ci porti verso Dio, verso il pensiero di Dio attraverso la conoscenza, la meditazione, l’assimilazione del pensiero di Dio che è contenuto nel Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. Così ci si eleva. Questo è l’unico mezzo, questo è l’unico pensiero che non è pensiero di uomo, non è pensiero creato, non è pensiero “di parte”o “di corrente”, ma pensiero di Dio, nostro creatore e salvatore.
Questi pensieri, i pensieri di nostro Signore Gesù Cristo, veramente ci mettono al di sopra di tutto e al di sopra di noi stessi. Veramente ci danno la capacità di giudicare le realtà del mondo, di valutare a giusto titolo le situazioni e di prendere adeguata posizione come conviene a coloro che credono nel Vangelo. Veramente abbiamo una possibilità di elevarci, che ci viene dalla forza particolare del mistero della morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, che Dio ha messo a disposizione degli uomini, per rinnovare la loro esistenza. Una vita nuova entra nelle nostre vite. Una vita nuova che non procede dalla carne e dal sangue ma da Dio, si inserisce nella nostra persona e porta vitalità, energie, forza per vivere da figli di Dio, “al di sopra” del mondo come uomini, come signori, come il Signore che non è schiavo e perciò domina.
San Giovanni ci fa queste proposte: Iddio ci viene incontro con l’azione della sua grazia, noi ci disponiamo a questa Grazia con il nostro impegno o con la nostra corrispondenza e Iddio come Padre ci unisce sempre più intimamente a se stesso. Io mi permetto questa libertà che non solo è concessa nella Chiesa ma è imposta nella Chiesa: non è detto che un santo esprima tutto il pensiero di nostro Signore Gesù Cristo. Un santo normalmente accentua uno degli aspetti del cristianesimo. Il seicento non era il secolo adatto per comprendere le dimensioni orizzontali del cristianesimo.
Se Iddio ci vuole unire a se come figli al Padre, è innegabile, è immancabile, diventa normale che ci voglia unire tra noi. San Giovanni della Croce conosce la carità fraterna. Ha vissuto la carità fraterna nella comunità religiosa, ma c’è un aspetto dell’esistenza in quell’epoca che non era vivo nella coscienza degli uomini come è vivo oggi.
Oggi è sentita la dimensione ecclesiale, la dimensione di non stare isolati “a tu per tu” nei confronti di Dio”, ma di essere insieme con tutti i nostri fratelli e con loro andare verso Dio. Se non andiamo come fratelli, uniti a nostro Signore Gesù Cristo, che vuole essere il primogenito in mezzo a una moltitudine, non possiamo presentarci al Padre. Questa è la condizione per poterci unire veramente a Dio come autentici cristiani: non ignorare tutti i suoi figli che sono i nostri fratelli.
Queste cose ci propone S Giovanni della Croce mentre noi celebriamo la santa Messa. Queste cose ci propone la Chiesa al termine di un anno liturgico che ricorda il nostro fine, la meta che dobbiamo raggiungere che non è la fine del mondo ma la fine di un mondo perché ne incomincia uno nuovo in cui i figli di Dio saranno rivelati in tutta la ricchezza del loro essere, nello splendore, nella gloria- come dice la Scrittura- perché sarà manifestata la loro dignità, la loro vita di figli di un unico Padre.
Adesso, insieme, professiamo la fede in queste verità e continuiamo la nostra celebrazione. Gesù Cristo è in mezzo a noi nella pienezza del suo mistero di Figlio di Dio fatto uomo, che prende la sua croce e compie il suo passaggio, per arrivare al Padre attraverso la morte della croce e ci assicura una vita nuova con la sua risurrezione, e affida alla chiesa il ministero di proporre la sua parola, di conferire la sua grazia, di raccogliere tutti gli uomini dispersi nell’unità dell’unico Corpo di nostro Signore Gesù Cristo.
OM 169 Carmelitani 68 – 24 Novembre S. Giovanni della Croce