Duomo 19 marzo 1970 festa di san Giuseppe
Mons. Carlo Ferrari in Duomo a Mantova
Carissimi,
Oggi ci raccogliamo intorno alla figura di S. Giuseppe, lo sposo della madre di Gesù e padre putativo – come siamo abituati a dire – di nostro Signore Gesù Cristo.
S. Giuseppe ha avuto una sorte particolare non tanto per la liturgia e quindi nel culto ufficiale della chiesa, ma nella devozione popolare: è un santo popolare.
S. Giuseppe, per molto tempo, dalla devozione cristiana è stato guardato come il protettore della buona morte.
S. Giuseppe in tempi recenti è stato costituito patrono dei lavoratori perché era un artigiano. Dobbiamo dire che anche Gesù Cristo, Figlio di Dio è stato un artigiano. E dobbiamo dire che il nostro Dio è il primo artigiano perché tutto ciò che esiste è stato fatto da lui.
Nei confronti di San Giuseppe noi dobbiamo chiarire la nostra fede e accostarci alla sua persona ed esprimere verso di lui la nostra devozione non secondo il senso di una certa devozione,ma secondo il senso della fede illuminata dalla Parola di Dio.
La parola di Dio pone S. Giuseppe nel vivo dell’avvenimento del dramma della salvezza degli uomini. San Giuseppe non è soltanto accanto a Maria, non è soltanto accanto a nostro Signore Gesù Cristo il Figlio di Dio come una comparsa, come una figura. San Giuseppe ha il suo compito ed ha le sue responsabilità.
Il brano di vangelo cha abbiamo appena ascoltato ci dice con molta chiarezza che i rapporti di San Giuseppe con Maria erano di uno sposo, di uno quindi impegnato nei confronti di Maria Santissima per tutta l’esistenza davanti a Dio e anche davanti alla legge.
Ad un certo punto egli scopre che nella creatura scelta, che stimava al di sopra di tutte le altre, alla quale voleva tutto il bene di cui era capace il suo cuore, era avvenuto qualche cosa che lo poneva nella situazione di vero imbarazzo. Scopre che prima di essere stati insieme è madre. Capite in quale situazione drammatica si trova. Il vangelo ci dice che egli è l’uomo giusto, che è l’uomo giusto che vuole bene alla sua sposa, ma è anche l’uomo giusto che vuole osservare la legge. Di fronte al comandamento della legge egli dovrebbe abbandonare, denunciare la sua sposa. Da questa angustia è liberato in un modo soprannaturale dall’angelo che lo assicura: “Ciò che è avvenuto in lei è opera dello Spirito Santo non temere a tenerla con te. Colui che nascerà da lei – che non è tuo figlio – lo chiamerai Gesù, perché egli è il salvatore del mondo, egli è il Messia.
Adesso noi ci troviamo di fronte all’uomo giusto. Prima di questo fatto, Matteo scrive tutta la genealogia a cominciare dagli antichi padri fino agli ultimi dai quali ha origine la vita di Giuseppe. In questa lunga geologia c’è la figura Abramo, il padre dei credenti che crede contro ogni speranza e contro ogni evidenza, che impegna la sua vita non su ciò che vede o che tocca con mano, ma sulla parola di Dio.
Sulla parola dell’angelo, san Giuseppe decide in un modo definitivo, contro qualsiasi apparenza, contro qualsiasi ragione, di associare la propria vita a quella della sua sposa Maria santissima e di associare la propria esistenza al figlio che nascerà da lei, alla vita di nostro Signore Gesù Cristo, al Figlio dell’Altissimo, al salvatore del genere umano.
Qui, per inciso, sottolineiamo il fatto che San Giuseppe non è materialmente il padre di nostro Signore Gesù Cristo ma lo è realmente in ciò che sente un padre per il proprio figlio, in tutto ciò che è un padre per il proprio figlio, in tutto ciò che deve fare un padre per il figlio
Con l’espressione “padre putativo” si è molto attenuato il concetto: “come un padre ama il proprio figlio”, perché è il figlio della propria sposa anche se in una situazione così paradossale. Per chi conosce il mistero di Dio, per noi non è possibile pensare che la grazia di Dio abbia privato questo uomo di un cuore paterno e dei sentimenti paterni che hanno tutti i padri, che hanno assunto questa responsabilità. Perciò i suoi rapporti con nostro Signore Gesù Cristo sono dei rapporti del tutto singolari, sono dei rapporti unici, possiamo dire che sono dei rapporti che vengono appena dopo quelli di Maria santissima nei confronti di nostro Signore Gesù Cristo, che è madre vera del Figlio di Dio fatto uomo.
Quello che vorrei mettere in evidenza per noi, nella persona, nell’atteggiamento, nel comportamento, in tutta la vita di San Giuseppe è la sua fede. La sua fede non è soltanto fede in Dio, ma è anche fede nella creatura, è anche fiducia nella creatura. La sua prima espressione di fiducia, e quindi il primo frutto della sua fede, è il non dubitare della sua sposa nonostante che tutto rimarcasse il contrario, è il mantenerle tutto il suo rispetto, è il guardarla con occhio carico non soltanto d’amore e di bontà ma veramente di fiducia e di stima. Maria non è diminuita nel pensiero e nei sentimenti di san Giuseppe dopo che si è accorto di ciò che accadeva in lei.
Ma poi consideriamo la sua fede che è fede in Dio. San Giuseppe è come uno di noi che, nel mistero della vita di fede, non trascorre la sua esistenza in un modo piano, liscio, senza difficoltà. Qualcuno potrebbe pensare che per lui era facile credere in nostro Signore, che per lui era facile credere in Dio, che per lui era facile essere religioso. Pensate quale dubbio, quali momenti d’angoscia ha dovuto superare per credere ancora in Dio, per fidarsi di Dio, per mettere la sua vita nelle mani di Dio come suo creatore e come suo Padre, perché potesse ancora disporre di lui e della sua esistenza. Ecco qual è il modello della fede, ecco la grandezza di S.Giuseppe, ecco quello che dice a noi questo santo protettore della chiesa.
Ieri abbiamo onorato S. Anselmo, il protettore della nostra chiesa che si raduna nella diocesi di Mantova. Oggi onoriamo il protettore della Chiesa universale. Ieri abbiamo onorato un vescovo. Oggi onoriamo un patriarca, cioè, un padre nella fede. Miei cari noi ci troviamo qui, questa sera, perché indubbiamente in noi c’è qualche cosa che ha un legame con il santo che onoriamo. Credo che non sia soltanto per il precetto della chiesa che siamo qui, ma penso che siamo qui perché san Giuseppe ci deve dire qualche cosa.
Che cosa ci deve dire? Ci deve dire che noi dobbiamo essere della sua stirpe, della sua discendenza, cioè di quelli che credono: che credono in Dio e che credono negli uomini. Che credono nell’uomo perché l’uomo è creatura di Dio, perché l’uomo è salvato da Dio, perché l’uomo è un figlio di Dio, perché dell’uomo si preoccupa ed ha cura Dio, perché l’uomo è salvato da Dio. Quindi ci dice di avere fede e di avere fiducia nei nostri fratelli. Abbiamo fiducia nei nostri fratelli? Come li guardiamo?
Molte volte i nostri fratelli sono “gli altri”. Molte volte stabiliamo dei confronti farisaici, tanto da ritenerci migliori degli “altri”. Adesso lasciate che vi dia una indicazione. Dove troviamo la volontà di Dio, il suo pensiero nei confronti degli “altri”? Lo troviamo nella sua parola. Dobbiamo nutrirci di parola di Dio perché in noi ci sia la fede, perché ci sia quel ” tu per tu” come con la persona che decide più radicalmente della nostra esistenza, per cui ci impegniamo nei confronti di Dio e nei confronti degli “altri”.
San Giuseppe ci riporta proprio a questo punto della nostra vita cristiana: alimentare la fede con la parola del Signore.
OM 292 S. Giuseppe 70 – Duomo, ore 19