S. Simone di Gallipoli – 26/07/1978 ore 11,00
La conseguenza più immediata della meditazione di questa mattina era una domanda molto logica: ‘è possibile commettere peccati come quelli che abbiamo descritto? Cioè: pretesa di autonomia assoluta, diffidenza dei beni di Dio, diffidenza dell’amore di Dio.? Chi ha veramente questa pretesa? questa diffidenza?
E non è il caso di entrare in questione per vedere come stiano realmente le cose. Il Signore giudica con la sua misericordia. Ma quello che ci deve colpire e preoccupare, è il fatto che non esista tra i cristiani la conoscenza, la fede, la fiducia e la rispondenza all’amore di Dio, la gratitudine per i suoi beni e il senso di dipendenza da lui.’
Allora è utile cercare qualche ragione dello stato di cose in cui noi ci troviamo. E mi pare che l’indicazione ci venga da quella parola di Dio che abbiamo letto. Cioè da uno stato che, ‘secondo quella parola’, possiamo chiamare di tiepidezza, che consiste nell’accettare, nel proporre, nell’accontentarsi di un cristianesimo ridotto, di un cristianesimo di abitudine, di un cristianesimo di superficie.
E sintomatico come per tanti anni, molto tranquillamente, noi abbiamo insegnato ai nostri bambini, e non soltanto ai nostri bambini, che cosa significa essere in grazia di Dio. ‘ Vi ricordate la risposta? “Avere la coscienza monda da ogni peccato mortale’. Quindi, pur di avere la coscienza monda da ogni peccato mortale,
cioè , basta avere la coscienza monda da ogni peccato mortale, poi siamo a posto.
‘La sovrabbondante grazia di Dio! La straripante forza della salvezza di Dio! L’ineffabile amore di Dio che giunge fino al punto di darci il suo Figliolo’ e, – come dicevano questa mattina- , ‘Gesù crocifisso’! ‘Non importa.’ Non entra nel patrimonio di essere in grazia di Dio. Non entrano nel conto di essere cristiani. Non entrano nel conto per poterci incontrare, fruttuosamente, con Nostro Signore Gesù Cristo nel sacramento della Eucarestia.
E allora, come già dicevamo questa mattina , ‘tutta la preoccupazione a mantenerci e a mantenere le nostre popolazioni in istato di grazia di Dio, così concepito: lontane dal peccato mortale, lontane dal pericolo di andare all’inferno’. Non nell’atteggiamento di aspirare alla comunione con Dio, nella vita eterna, ma unicamente preoccupati di scansare questa pena, che viene come conseguenza dall’avere ignorato l’amore di Dio. Guardate che noi dobbiamo fare un bell’esame sulla nostra teologia, sulla nostra predicazione, sul nostro concetto di vita spirituale. Sulla nostra teologia che era una teologia astratta, concettuale, nozionistica, lontana dalle fonti della rivelazione. Io parlo almeno per quelli che hanno già un po’ di anni e che hanno studiato una certa teologia dogmatica. La teologia morale era un’ etica naturale, che non aveva nessun riferimento direi a Dio e certamente nessun riferimento all’amore di Dio se non quando si parlava dei precetti dell’amore di Dio, che poi consisteva nell’avere la coscienza monda da ogni peccato mortale.
La nostra predicazione derivava da questa teologia. Era così una riduzione del cristianesimo. Quelli che hanno una certa età , ricordano ancora che della grazia di Dio. Se ne parlava per fare delle gran questioni sulla grazia preveniente , conseguente, concomitante, sufficiente… Fa ben poco! Si parlava della grazia di Dio come una realtà di vita, ‘come una partecipazione alla natura di Dio,’ con una comunione di vita con Dio (era messo da una parte – Ricordo il mio testo. ) ‘come uno scoglio . E così la nostra vita spirituale.’ Guardate che anche la impostazione degli esercizi spirituali per noi seminaristi, per noi preti, ‘era una bella meditazione sul peccato mortale per dire come qualmente ecc.’ E poi il peccato veniale era trattato si, nella sua gravità , ma come gravità di conseguenza, ‘che poteva portare al peccato mortale.’¬ Apri l’occhio’! Si citava qualche frase di santa Caterina da Siena o da Genova che fosse ma.. Quindi: cristianesimo ridotto, un certo rispetto umano a proporre integralmente i temi , i grandi temi della rivelazione.’
Ripeto per la ennesima volta , lo ripeterò ancora chissà quante volte: l’amore di Dio, ‘l’amore gratuito di Dio, l’amore misericordioso di Dio,’ l’amore infinito di Dio che si manifesta in tutti gli episodi della salvezza, anche in quelli più sconcertanti, ‘ma il più sconcertante è sempre la morte di nostro Signore Gesù Cristo in croce!’
Cristianesimo di abitudine, per cui si va avanti giorno per giorno così come le cose ci vengono incontro, come gli avvenimenti ci vengono incontro, come le persone ci vengono incontro. E, tutto quell’atteggiamento apostolico, che dovrebbe essere in noi prima di tutto, di andare alla scoperta della profondità del mistero’, di andare alla scoperta della novità sempre presente nel mistero di Dio, che è inesauribile? Ci si accontenta di quelle quattro nozioni che si hanno. Tanto per quello che ho da fare! Per la gente con cui ho a che fare, ne so sempre d’avanzo! Chi me lo fa fare? Come se non fosse un impegno di corrispondenza personale all’amore di Dio, quello di scoprirlo sempre nuovo, sempre fresco, sempre attuale, questo amore di Dio sempre personale: sempre per me.
Lui, da una parte, che ci ama ‘¬usque ad mortem’, noi, dall’altra, ci facciamo l’abitudine. Se lo ha fatto vuol dire che doveva farlo! E noi ci accontentiamo. Allora tutto diventa abitudine.
Abitudine il ministero della parola di Dio: tanto sappiamo, ce la caviamo sempre. Neppure sentire, in coscienza, la necessità di una preparazione, di fronte al formidabile impegno del ministero della parola. Tanto sappiamo! ‘Intanto non capiscono niente!’
Il grande preconcetto: ‘che chi non ha cultura profana non sia in grado di comprendere i grandi misteri della fede. Chi lo ha detto! Questa comprensione avviene per opera dello Spirito Santo, per i doni dell’intelletto, della scienza della sapienza. Non vengono per i bei ragionamenti delle nostre argomentazioni persuasive, ma in ‘¬ostensione spiritus et virtutis’ . E’ la Parola, che è il sacramento della presenza dello Spirito Santo, che ci porta nell’intelligenza di tutte le cose. ‘E che gli apostoli erano più colti della gente che va a lavorare nei campi? o che va a pescare? Anzi, erano dello stesso mestiere e hanno capito. E come hanno capito! Perchè lo Spirito è diventato il loro maestro. Vedete che abbiamo sfiducia nel grado di cultura della gente e non abbiamo uguale fiducia nel grado di capacità penetrativa, che ci viene dallo Spirito santo, che è presente nella vita della Chiesa.
L’abitudine ai gesti più augusti, anche alla celebrazione della Messa, alla celebrazione della Riconciliazione, dei sacramenti in genere, delle liturgie. Abitudine. Sappiamo fare! Sappiamo il mestiere. Ecco. Adesso che abbiamo girato l’altare, che diciamo la Messa in italiano, che abbiamo imparato i canti dei Gen, siamo a posto con la liturgia. Più niente da scoprire. Più niente di nuovo da fare. Abbiamo sempre fatto così. Ma la gente non vuole essere disturbata. La gente non vuole. Siamo noi che non vogliamo o non siamo capaci perchè non ci impegniamo.
Il cristianesimo di superficie. Non è un merito, miei cari, avere oltre quaranta anni di sacerdozio e oltre 25 di episcopato. Se mi chiedeste che cosa mi preoccupa maggiormente nei sacerdoti, io vi rispondo: la loro superficialità nel senso della mancanza di impegno per stare ‘dentro’, raccolti, e interiorizzare la loro vita: interiorizzare ciò che dicono, interiorizzare ciò che fanno, ‘interiorizzare ogni loro gesto, perchè sia sempre l’espressione di qualche cosa che ‘hanno dentro’. Si vive distratti. Si vive rispondendo al richiamo di tutto quanto è composta la nostra civiltà, di cui sono composte le nostre abitudini.
Quanto male ha fatto, in questo senso, per noi la televisione. Proprio come ci ha dato un colpo quasi mortale nel senso della esteriorizzazione e quindi nel senso di mancanza di capacità di raccoglierci, di stare da soli, di stare in silenzio, di stare volentieri in silenzio. Io avrei aliquid quem dicere anche del vostro silenzio. Però non è questo. E’ proprio la mancanza di impegno e di valutazione di questo valore della interiorità e della interiorizzazione, ‘ di questo valore del silenzio, di questo valore del raccoglimento, ‘ di questo valore di presa di contatto con ciò che è dentro, ‘ con ciò che è nascosto, ‘ con ciò che è nel mistero, di cui noi siamo segni, ‘ di cui noi siamo ambasciatori.
Miei cari, ‘io non insisto oltre. Cerchiamo di capire quello che il Signore dice alle sue Chiese’, alla sua Chiesa, anche alla Chiesa di Laodicea.