S. Simone di Gallipoli – 27/07/1978 ore 8:30
La economia della divina rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi in modo che le opere compiute da Dio nella storia della salvezza manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole e le parole proclamano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto.
Il pensiero del Concilio è questo: la divina rivelazione è costituita da parole che sono eventi ed è costituita da opere che sono significative, hanno un contenuto. Parole e opere sono tra loro connesse. Non si disgiungono. Noi invece con la nostra teologia le abbiamo disgiunte. Non abbiamo fatto nessun trattato sulla parola di Dio, almeno ai nostri tempi, e abbiamo fatto un gran trattato, dei gran trattati sulle opere, vale a dire sui segni , sui sacramenti ma non abbiamo mai dato ai sacramenti il valore di significato, il valore di espressione, di manifestazione della realtà soprannaturale, salvifica. Questa è la nostra lacuna e questo è un punto sul quale noi dobbiamo convertirci.
I sacramenti sono la pienezza, il compimento, l’apice della Parola, ne esprimono la più alta profondità, ne esprimono la più sicura efficacia. Ma sono Parola, appartengono alla Parola. Se vogliamo essere più precisi: appartengono alla rivelazione, entrano nel novero di quei fatti, di quegli eventi attraverso cui Dio vuole operare la nostra salvezza, cioè renderci partecipi della sua divina natura, invitarci ed ammetterci nella comunione di vita con sè e intrattenersi con noi come con degli amici. In nessun momento, più che nel momento dell’azione sacramentale, questo è vero, questo accade. E’ importante guardare l’azione liturgico – sacramentale sotto questo punto di vista e accogliere, impegnarsi nell’azione liturgico- sacramentale con questa visione della realtà.
L’azione liturgico-sacramentale appartiene all’ordine dei segni.
Dio ci manifesta qualche cosa per mezzo di questi segni: ci manifesta la sua presenza, ci manifesta il senso della sua azione. Altro è il senso della sua azione nel sacramento del Battesimo, della Cresima, dell’Eucarestia. Ma c’è il senso, intanto, della sua presenza. Dio è qui con noi. Dio in questo momento, con questa azione, ci rende partecipi della sua natura divina. Dio ci invita e ci ammette alla comunione con sè, più che in un altro momento. Qui c’è Dio. Dove c’è l’azione liturgico-sacramentale, qui c’è Dio.
Dio ci manifesta qualche cosa per mezzo di questi segni: ci manifesta la sua presenza, ci manifesta il senso della sua azione. Altro è il senso della sua azione nel sacramento del Battesimo, della Cresima, dell’Eucarestia. Ma c’è il senso, intanto, della sua presenza. Dio è qui con noi. Dio in questo momento, con questa azione, ci rende partecipi della sua natura divina. Dio ci invita e ci ammette alla comunione con sè, più che in un altro momento. Qui c’è Dio. Dove c’è l’azione liturgico-sacramentale, qui c’è Dio.
Il Concilio esprime nel Sacrosantum Concilium questa realtà con le parole che si leggono al numero sette per realizzare un’opera così grande, cioè quella della nostra salvezza, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, in modo speciale nelle azioni liturgiche. E’ presente nel sacrificio della Messa, sia nella persona del ministro, Egli che offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso per il ministero dei sacerdoti, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. E’ presente con la sua virtù nei sacramenti, Paolo battezza, Cristo battezza di modo che, quando uno battezza, è Cristo stesso che battezza. E’ presente nella sua parola, perchè la parola è anche segno giacchè è lui che parla quando nella chiesa si legge la sacra scrittura. E’ presente, infine, quando la chiesa prega e loda, lui che ha promesso: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro”
Perchè lo dice questo dei sacramenti? Perchè ogni celebrazione è un’azione di Cristo e del popolo di Dio “conveniens in unum” che sta insieme, di gente che sta volentieri insieme, che si raccoglie volentieri insieme, che si incontra volentieri insieme, che non va ognuno per la sua messa, per la sua comunione, per la sua Cresima.
In quest’opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sè la Chiesa, sua sposa amatissima
guardate che la sua Chiesa, in concreto, poi , può essere la nostra persona, è la nostra persona, è la persona di qualunque membro del popolo di Dio che partecipa all’azione liturgica
la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rende culto all’eterno Padre. Giustamente perciò la liturgia è ritenuta come l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo; in essa, con segni sensibili, viene significata e, in modo ad esso proprio proprio realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè del capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale… perciò ogni celebrazione liturgica in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la chiesa è azione sacra per eccellenza e nessun’altra azione della Chiesa allo stesso titolo e allo stesso grado ne uguaglia l’efficacia. In nessun altro momento, in nessuna altra azione.
E così pretende Dio che si rivela. Voi intendete che cosa voglio dire quando uso la parola rivelazione nel senso che abbiamo appreso al n 2 della Dei Verbum.
I sacramenti sono strumenti della presenza attiva di Dio che salva. C’è la fedeltà che dà sicurezza che queste azioni sono azioni di Cristo, sono azioni del Padre, per mezzo di Cristo e dello Spirito, per la nostra santificazione. E, ripeto ancora, cioè per renderci partecipi della divina natura, perchè Dio possa intrattenersi con noi come con degli amici, perchè ci inviti e ci ammetta alla comunione di vita con sè.
Sicurezza. Dio nella sua condiscendenza – dirà più avanti nella Dei Verbum, la costituzione – ha voluto adattarsi alla nostra natura che ha bisogno di segni, ha bisogno di toccare con mano, ha bisogno di vedere con gli occhi, perciò si è espresso in un linguaggio storico, fatto di parle e di eventi. E queste parole e questi eventi sono ancora presenti con certezza, con sicurezza. Sicurezza, ripeto, basata sulla fedeltà di Dio che non può venir meno nelle azioni liturgico-sacramentali.
Per di più è garantita di questi segni, di questi sacramenti, la efficacia. Noi abbiamo detto con la nostra teologia: producono ciò che significano. Il Padre, per mezzo del Figlio,nello Spirito, porta avanti l’opera della nostra santificazione, della nostra partecipazione alla sua vita.
Da parte nostra ci deve essere disponibilità, ci deve essere il “si” della Fede, della fiducia, della speranza, ci deve essere il “si” dell’amore che accoglie, abbraccia, si abbandona al Dio che ci salva. Allora, come sono religiosi, sacri, misteriosi, nel senso di misterico, di realtà sicura ma nascosta, questi segni! Come sono augusti, come sono santi! E, nello stesso tempo, con quale fiducia noi dobbiamo accostarci a questi segni. La fiducia di trovare, di incontrarci con Dio che vuole stare con noi. La fiducia di trovare la nostra salvezza, in tutte le nostre debolezze, in tutte le nostre miserie, in tutte le nostre colpe, in tutti i nostri peccati, perchè Dio, per mezzo di Cristo, nello Spirito, ci riconcilia con se. Non viene incontro a noi come con degli amici per trovare dei santi. Sa di trovare dei peccatori. E sapete come tratta i peccatori, come si è espresso in Gesù Cristo a riguardo dei peccatori: “non sono i sani che hanno bisogno del medico ma gli ammalati.”
Rispetto alle azioni liturgico-sacramentali noi siamo ministri. Noi siamo coinvolti come protagonisti vicino a Dio, accanto a Dio, vicino a Cristo, accanto a Cristo, nello Spirito. Che cosa grande! Che cosa sconvolgente! Santificandi era detto per i leviti. Che bisogno abbiamo di purificazione, di compunzione, di spirito di compunzione, di contrizione quando noi ci accingiamo a compiere queste azioni! Qui ci può sorprendere l’abitudine. Qui ci può sorprendere l’abitudine! Che pericolo! Che pericolo che compiamo azioni come queste, nelle quali è impegnata la presenza e l’opera salvifica di Dio, come mangiare e bere. Certe tentazioni che ci sono in quelli che vogliono le novità in campo liturgico di secolarizzare, di profanizzare, di banalizzare le azioni liturgiche! Una tavola qualsiasi, vestiti come si è, un pezzo di pane, un bicchiere, del buon vino. No. Sono segni del mistero, sono segni della presenza, devono avere una capacità evocativa e, la nostra persona, prima di tutto, deve avere una capacità evocativa.
Alle volte si sentono lagnanze perchè la liturgia non è abbastanza rinnovata, perchè la liturgia non corrisponde sufficientemente alla sensibilità odierna, perchè la liturgia non è abbastanza lasciata alla creatività del ministro o della assemblea. Ma cosa vogliamo creare? Ciò che è stupendo, è ciò che ha creato Dio. E il segno deve essere segno. Segno di sacro, se volete, anche segno di sacrale, segno di misterico, segno di mistero, ma non deve andare al di là del segno. Non deve diventare spettacolo. Più il segno vuole esprimere una realtà che è irraggiungibile e meno diventa significativo. E la capacità interiorizzatrice degli attori dell’azione liturgico sacramentale, che è segno.
Ogni azione liturgica è sempre nuova se nuovi siamo noi. Questo lo ha affermato Padre Roger o Padre Sults di Tesè parlando del nostro messale. Così come è, può essere nuovo tutti giorni se noi siamo nuovi tutti i giorni. Ma, se siamo banali tutti i giorni allora sentiamo il bisogno o gli altri sentono il bisogno che ci siano delle novità, che ci siano le chitarre o altro. Notate: non sono contrario all’uso della chitarra, ci può stare anche la chitarra. Ripeto per la terza volta: la novità deve essere dentro di noi perchè dentro di noi, nel nostro intimo, ogni incontro con Dio è un fatto nuovo, è un evento nuovo. Dio non si ripete. Dio non permette che noi ci ripetiamo, se noi veramente siamo docili alla Sua azione, all’incontro con Lui. Perciò dobbiamo prendere coscienza che ogni nostra parola presidenziale, che ogni nostro gesto presidenziale è espressione della presenza di Cristo e della sua azione. Non è cosa nostra. In nessuna azione ci dobbiamo tanto impegnare, tanto spersonalizzare, come nellíazione liturgica.
La mia ammirazione per la celebrazione, a cui avevo assistito, di un sacerdote. Con ammirevole ingenuità mi diceva: ‘io ogni messa la dico come se fosse la prima messa’. Ma io gli avrei detto,’ caro fratello, tu con la prima messa hai incominciato a recitare e continui a recitare. Certi gesti troppo espressivi. Certo parlare enfatico che rasenta il sentimentale o qualche cosa del genere. No. Ripugnano, distraggono dalla presenza e dall’azione di Dio. Non la freddezza ma la compostezza, il sapere di portare la propria voce a Cristo, la migliore voce, la più chiara voce, la più distinta voce perchè sia udita e capita da tutti. Ma non forziamo Gesù Cristo a stare negli umori della nostra voce e tanto meno negli umori dei nostri gesti’.
Allora, oltre avere il senso del mistero, il senso del sacro, avere la capacità di valutare la propria assemblea liturgica. Valutarla per sapere a che punto è, fino a che punto partecipa o che è appena attenta, più o meno devota, più o meno partecipe di una partecipazione esteriore per mezzo delle parole e dei canti , al fine di educarla a prendere coscienza che quella a azione è azione di Cristo e del popolo di Dio.
E’ azione di Cristo e del popolo di Dio. Quanta strada c’è da compiere per educare le nostre popolazioni perchè diventino popolo di Dio, perchè diventino assemblee liturgiche e non semplicemente degli assembramenti ecclesiastici.
Al tempo, e alla grazia di Dio e alla nostra buona volontà!